Ordinanza n.325 del 1988

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ORDINANZA N.325

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 31, ultimo comma, del codice di procedura penale, nel testo introdotto dall'art. 1 della legge 31 luglio 1984, n. 400 (Nuove norme sulla competenza penale e sull'appello contro le sentenze del Pretore), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1985 dal Pretore di Urbino, iscritta al n. 865 del registro ordinanze 1985 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 prima s.s. dell'anno 1986.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 1988 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto, in fatto, che con ordinanza 26 ottobre 1985 il Pretore di Urbino sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, ult. co., cod. proc. pen., nel testo introdotto dall'art. 1 l. 31 luglio 1984 n. 400, con riferimento all'art. 3, primo co., Cost.;

che, secondo il Pretore, l'attribuzione alla competenza pretorile di taluni reati, che appartenevano alla competenza del Tribunale, ha determinato una situazione di disuguaglianza per coloro che hanno commesso il fatto dopo l'entrata in vigore della nuova legge sotto più di un profilo;

che l'incompatibilità rispetto al principio di cui al primo co. dell'art. 3 Cost. si verificherebbe, infatti, perchè imputati di reati anche meno gravi, o almeno di pari gravita, e coloro che hanno commesso il fatto prima dell'entrata in vigore della nuova legge, restano affidati alla superiore competenza di un organo collegiale, che offre garanzie di maggiore ponderatezza del giudizio, e di terzietà, in quanto restano distinte in quel procedimento le funzioni requirenti da quelle giudicanti, a differenza di quanto accade nel procedimento pretoreo dove lo stesso magistrato giudica al dibattimento dopo avere magari compiuto atti di istruttoria;

che si é costituito nel giudizio innanzi alla Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata.

Considerato, in diritto, che nella specie trattasi di maltrattamenti nei confronti del coniuge, accertati dai carabinieri in istato di quasi flagranza dell'ultimo episodio, per essere accorsi a seguito di segnalazione telefonica dei vicini, trovando tracce di violenza recentissima sul mobilio e sul corpo della moglie, dalla quale avevano ricevuto denunzia dell'abituale reiterazione di tali episodi;

che, pertanto, non sembra sussistessero nella specie particolari problemi di prova-come si asserisce teoricamente nell'ordinanza-in guisa da doversi invocare le maggiori garanzie dell'organo collegiale e dell'istruttoria attribuita ad organo diverso;

che, comunque, questa Corte ha già valutato gli argomenti addotti dal rimettente dichiarandoli non fondati con sent. 15 dicembre 1986 n. 268;

che, peraltro, non sembrano irrazionali i criteri di scelta utilizzati dal legislatore nell'attribuire al Pretore la competenza in ordine a taluni delitti, prescindendo dalla misura della pena, in quanto é stato dato rilievo alla minore gravita sociale delle conseguenze, ed é ormai notorio che legge-delega e progetto del nuovo codice processuale prevedono espressamente siffatta attribuzione, che, del resto, discende dai poteri discrezionali del legislatore;

che, infine, come pure é stato rilevato nella citata sentenza, non vi può essere diversa alternativa, quanto alla data, se non quella di far discendere gli effetti voluti a far epoca dall'entrata in vigore della legge che dispone un diverso assetto processuale: salva l'ipotesi di un diritto transitorio per i procedimenti in corso, che però dipende esclusivamente da quei poteri discrezionali del legislatore che in questa sede non possono essere censurati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 31, ult. co., cod. proc. pen., nel testo introdotto dall'art. 1 della l. 31 luglio 1984 n. 400, sollevata dal Pretore di Urbino con ordinanza 26 ottobre 1985, in riferimento all'art. 3, primo co., Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 17 Marzo 1988.