ORDINANZA N.120
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 43, lett. d), della legge 12 febbraio 1968, n. 132, (<Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera>) e degli artt. 47, primo e terzo comma, e 133 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, (<Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri>), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1976 dal T.A.R. della Toscana, iscritta al n. 843 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 321 dell'anno 1984;
visto l'atto di costituzione di Acconcia Angelo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella Camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che nel corso di un giudizio concernente l'impugnazione di un provvedimento con cui si dava concreta attuazione alle norme limitative dell'attività libero-professionale dei medici ospedalieri presso le case di cura private, il T.A.R. della Toscana, con ordinanza in data 23 giugno 1976 (r.o. 843 del 1984), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 97 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 43 lett. b) legge 12 febbraio 1968, n. 132 (<Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera>), 47, commi primo e terzo, e 133 d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (<Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri>);
che, le disposizioni impugnate vengono censurate nella parte in cui, stabilendo per il personale sanitario l'incompatibilità con l'esercizio dell'attività professionale in case di cura private, non impongono a tutti gli enti ospedalieri di tenere appositi locali qualitativamente idonei all'esercizio della predetta attività e fissano un termine perentorio oltre il quale la stessa e comunque vietata a prescindere dalla concreta disponibilità di ambienti idonei ad esercitarla all'interno degli ospedali;
che, tali norme, ad avviso del giudice a quo, si porrebbero in contrasto:
a) con gli artt. 3 e 4 Cost. in quanto, facendo dipendere dalla mera volontà dell'ente la possibilità di praticare l'esercizio professionale intramurale, creerebbero una ingiustificata disparità di trattamento tra sanitari dipendenti da enti ospedalieri che hanno apprestato ambienti idonei all'esercizio della libera attività professionale, e sanitari dipendenti da ospedali che non hanno voluto o potuto apprestare tali ambienti, violando, in relazione a quest'ultimi, il principio del diritto al lavoro e alla promozione delle condizioni che ne rendono effettivo il relativo esercizio;
b) con l'art. 97 Cost., in quanto la suddetta disparità di trattamento fra sanitari ospedalieri e la conseguente ed ingiustificata diversità di regolamentazione del settore, che si potrebbe di fatto creare fra gli enti, violerebbe il principio di buon andamento;
che la parte, ricorrente nel giudizio a quo, si é costituita chiedendo l'emanazione di una pronuncia di illegittimità costituzionale, mentre, l'Avvocatura Generale dello Stato, inter venendo, ha sostenuto la manifesta infondatezza della questione;
Considerato che le norme impugnate, pur non essendo più in vigore (in quanto implicitamente abrogate dagli artt. 47 n. 4 della legge 23 dicembre 1978, n, 833, e 35, quinto comma, lett. c), del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, che hanno garantito il diritto all'esercizio della libera attività professionale anche al di fuori delle strutture e dei servizi dell'unita sanitaria locale), trovano tuttavia ancora applicazione nel giudizio a quo, in relazione agli effetti medio tempore prodotti;
che la sollevata questione, con riguardo all'asserita violazione degli artt. 3 e 4 Cost., é stata già dichiarata non fondata da questa Corte con la sentenza n. 103 del 1977, e manifestamente infondata con la successiva pronuncia n. 175 del 1982;
che ad identiche conclusioni, in relazione ai menzionati parametri, deve dunque pervenirsi anche nel presente giudizio, non essendo stati addotti argomenti nuovi che possano indurre a discostarsi dalle precedenti decisioni;
che nella citata sentenza n. 103 del 1977 la Corte ha affermato che l'esistenza o meno di idonee attrezzature all'interno degli ospedali costituisce <un fatto accidentale>, inerente all'attuazione della legge, e quindi cagione di una disparità di mero fatto, irrilevante sotto il profilo del rispetto del principio di eguaglianza;
che, pertanto, non sussiste neanche l'asserito contrasto con l'art. 97 Cost., dal momento che esso viene prospettato come diretta conseguenza della diversità di situazioni che può determinarsi, sia fra medici ospedalieri che fra enti di uno stesso settore, in ragione, appunto, dell'esistenza o meno di locali idonei all'esercizio dell'attività libero-professionale;
che, quindi, anche in relazione a tale parametro é manifesta l'infondatezza della questione;
visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953 n. 87, e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 43 lett. b) legge 12 febbraio 1968, n. 132, (<Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera>), 47, commi primo e terzo, e 133 d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (<Statuto giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri>), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 97 Cost., dal T.A.R. Toscana con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.