Ordinanza n.117 del 1988

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.117

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della legge della Provincia Autonoma di Trento 9 dicembre 1978, n. 56, () e 2 e 3 della legge della Regione Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, (), promossi con n. 8 ordinanze emesse l'11 luglio 1983 dal Pretore di Mezzolombardo, iscritte ai nn. 706, 707, 711, 712, 713, 714, 715 e 716 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 355 dell'anno 1983 e n. 25 dell'anno 1984;

visti gli atti di costituzione della Provincia Autonoma di Trento e della Federazione Italiana della caccia;

udito nella Camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi di opposizione ex art. 23 l. 24 novembre 1981, n. 689, il Pretore di Mezzolombardo con otto identiche ordinanze in data 11 luglio 1983 (r.o. 706-707, 711-716 del 1983), ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) degli artt. 1, 2, 3 l. prov. di Trento 9 dicembre 1978, n. 56 (), per contrasto con l'art. 105 dello Statuto regionale;

b) degli artt. 2 e 3 l. reg. T.A.A. 30 settembre 1964, n. 30 (), per contrasto con l'art. 18, in relazione all'art. 16 dello Statuto regionale, nonchè con l'art. 18 Cost. e 4 ed 8 del medesimo Statuto;

che i giudizi a quibus hanno tutti ad oggetto ordinanze-ingiunzioni adottate dalla Provincia autonoma di Trento in seguito all'accertamento dell'infrazione concernente l'esercizio della caccia in riserva senza il permesso del concessionario, prevista e punita dall'art. 43 R.D. 5 giugno 1939, n. 1016;

che con la prima delle questioni sollevate il Pretore remittente censura gli artt. 1, 2, 3 della legge prov. di Trento n. 56 del 1978, nella parte in cui recepiscono con un rinvio i precetti e le sanzioni contenente nel predetto art. 43;

che, per l'ordinanza di rimessione tale rinvio contrasterebbe con l'art. 34 comma terzo della legge quadro sulla caccia n. 968 del 1977, che prevede la vigenza del titolo III del R.D. n. 1016 del 1939, soltanto fino ad un anno dopo la sua entrata in vigore (19 gennaio 1979), termine entro il quale, peraltro, le regioni dovranno emanare le proprie norme in materia (comma primo);

che la questione non viene pero sollevata in relazione al profilo, ictu oculi inconsistente, della violazione della citata norma statale (art. 24 legge-quadro sulla caccia), nell'ipotesi che essa possa costituire un principio dell'ordinamento giuridico dello Stato (art. 11 dello Statuto), ma con riferimento, invece, all'art. 105 dello Statuto regionale il quale testualmente dispone che: ;

che il parametro invocato, riferendosi a leggi regionali o provinciali che, secondo il giudice a quo dovrebbero essere necessariamente , risulterebbe violato dall'emanazione di norme che tale natura non hanno, quali quelle impugnate;

che, difatti, le stesse, proprio perchè formalmente e sostanzialmente inserite in una disciplina a carattere transitorio, non sarebbero organiche e non riuscirebbero quindi a mantenere in vita il titolo III del R.D. n. 1016 del 1939 (di cui fa parte l'art. 43 posto a fondamento dell'illecito contestato) oltre il termine annuale previsto dal citato art. 34 della legge quadro sulla caccia;

che, pertanto, non potendosi più ritenere vigente l'art. 43 R.D. n. 1016 del 1939, ne essendo valido a tal fine, e relativamente al territorio della Provincia, il richiamo recettizio operato dalle norme impugnate, ad avviso dello stesso giudice remittente, l'esercizio della caccia in riserva senza il permesso del concessionario, non costituirebbe più illecito, con la conseguenza che: .

Ritenuto, inoltre, che la seconda delle questioni sollevate attiene agli artt. 2 e 3 della legge regionale T.A.A. n. 30 del 1984, che affidano la gestione delle riserve di caccia , demandando la disciplina della gestione - fino alla emanazione di nuove norme legislative-a disposizioni regolamentari appositamente emanate dalla Giunta Regionale;

che, questo secondo gruppo di norme, viene censurato in relazione ai seguenti profili:

a) in quanto l'affidamento della gestione, comprendendo anche una delega di funzioni amministrative (come dimostrano le norme regolamentari al riguardo emanate dalla Giunta Regionale), violerebbe il combinato disposto dagli artt. 16 e 18 dello Statuto che escludono la possibilità di delegare tali funzioni a soggetti giuridici diversi dagli enti locali;

b) in quanto l'esclusivo affidamento della gestione delle riserve alla Federazione italiana della caccia, ponendosi in contrasto con il criterio normativo della previsto dall'art. 15 della legge quadro sulla caccia (n. 968 del 1977) che costituisce principio generale dell'ordinamento o comunque norma fondamentale di riforma economico-sociale, violerebbe i limiti imposti alla potestà legislativa primaria della Provincia dagli artt. 4 e 8 dello Statuto, nonchè l'art. 18 Cost., che garantisce il pluralismo delle strutture associative anche in campo venatorio;

che nei giudizi introdotti con le ordinanze nn. 706 e 707 del 1983, si é costituita la Provincia autonoma di Trento chiedendo che le sollevate questioni vengano dichiarate inammissibili o comunque infondate;

che identiche richieste sono state formulate anche dalla Federazione Italiana della caccia e dalla sua Sezione Provinciale di Trento, intervenute nei giudizi di merito;

Considerato che in relazione alla prima delle questioni sollevate, l'asserito contrasto con l'art. 105 dello Statuto non appare neppure astrattamente ipotizzabile, in quanto dal chiaro tenore letterale della disposizione si evince che la sua ratio consiste nell'impedire un vuoto normativo nella materia, fintantochè la regione o la provincia non abbiano al riguardo legiferato;

che da ciò consegue che se, da un lato, potrebbe ritenersi illegittima una legge statale che pretenda di disciplinare il settore nonostante che la regione o la provincia abbiano a ciò già provveduto, ovvero una legge provinciale o regionale che, pur non regolando la materia, pretenda di impedire l'applicazione di norme statali, dall'altro, non può certo esprimersi lo stesso giudizio nei confronti di disposizioni provinciali, quali quelle impugnate, che, nell'ambito di una regolamentazione transitoria, si limitano a ribadire l'applicabilità delle norme statali;

che inoltre, quest'ultime, secondo la stessa prospettazione del giudice remittente, in quanto abrogate da successive leggi statali, non risulterebbero più applicabili, cosi restando privo di efficacia anche il richiamo contenuto nelle disposizioni denunciate;

che ciò rende evidente l'irrilevanza, ai fini della definizione del giudizio a quo, della questione sollevata, che va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile, anche in ragione del modo in cui si prospetta la violazione del parametro invocato;

che ad identiche conclusioni deve pervenirsi anche in relazione all'asserita illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 della legge regionale T.A.A. n. 30 del 1964, sia perchè l'atto di rimessione é assolutamente carente di qualsiasi motivazione o indicazione circa la rilevanza della questione, sia in quanto quest'ultima, in una fattispecie analoga e limitatamente al profilo che lamenta l'affidamento esclusivo della gestione alla F.I.C., era stata già ritenuta da questa Corte irrilevante (sent. n. 212 del 1970, punto 2);

che un ulteriore motivo di inammissibilità va riscontrato anche in relazione al profilo attinente all'asserita illegittimità della delega di funzioni amministrative alla F.I.C. dal momento che le norme impugnate non prevedono in alcun modo tale delega e che l'attribuzione di funzioni amministrative al predetto soggetto, ove sussistente, non potrebbe che discendere dalle disposizioni regolamentari che lo stesso giudice a quo individua ed erroneamente ritiene, per tale aspetto, attuative della fonte primaria (per l'inammissibilità di analoga questione vedi ordinanza n. 501 del 1987);

visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953 n. 87, e n. 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale;

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, della legge prov. Trento 9 dicembre 1978, n. 56 (), e degli artt. 2 e 3 legge regionale T.A.A. 30 settembre 1964, n. 30 (), in riferimento agli artt. 105, 16 e 18 dello Statuto regionale, nonchè agli artt. 18 Cost. e 4 e 8 del medesimo Statuto, sollevate dal Pretore di Mezzolombardo con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.