ORDINANZA N.45
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 58, primo e secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), in relazione agli artt. 10, primo e secondo comma, n. 11 e 11, n. 6, della l. 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) e del titolo IIIo del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, promossi con ordinanze emesse il 17 maggio 1980 dalla Commissione tributaria di primo grado di Forlì e il 21 ottobre 1980 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Cuneo, iscritte rispettivamente al n. 722 del reg. ord. 1980 e al n. 36 del reg. ord. 1981 e pubblicate nella G.U della Repubblica n. 325 dell'anno 1980 e n. 77 dell'anno 198l.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1987 il Giudice relatore Francesco Saja.
Ritenuto che nel corso di un procedimento iniziato dalla Società CO-FA di Balzani Aldo e C., che aveva proposto ricorso avverso l'avviso di accertamento dell'Ufficio IVA di Forlì con cui le erano state contestate varie violazioni alla normativa sull'IVA con conseguente irrogazione della pena pecuniaria di lire 82.653.000, la Commissione tributaria di 1° grado di Forlì sollevava, con ordinanza del 17 maggio 1980, questione di legittimità costituzionale dell'intero titolo IIIo del d.P.R. n. 633 del 1972, in riferimento all'art. 76 Cost., <sotto il profilo della carenza di delega dell'art. 10, comma II, n. 11 della legge n. 825 del 1971>, deducendo l'estrema genericità con cui il legislatore delegante avrebbe disciplinato il sistema sanzionatorio in materia di IVA;
che, inoltre, la stessa commissione sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, 1° comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in riferimento all'art. 76 Cost.;
che, ad avviso del giudice rimettente, la norma censurata violerebbe i limiti della delega di cui al citato art. 10 della legge n. 825 del 1971, la quale prevedeva il mero adeguamento della disciplina vigente alla nuova normativa, anche attraverso il perfezionamento del sistema delle sanzioni amministrative; mentre la norma delegata ha profondamente innovato rispetto al sistema previsto dalla legge n. 4 del 1929, attribuendo in particolare all'Ufficio IVA, e non più all'intendente di finanza, la competenza all'irrogazione della pena pecuniaria e non prevedendo più la fase preliminare diretta a valutare la responsabilità del trasgressore;
che nel corso di un procedimento di appello promosso dall'Ufficio IVA di Cuneo avverso la decisione della locale Commissione tributaria di Io grado, che aveva parzialmente accolto il ricorso della s.r.l. <Biscotti Saint Luc italiana> contro l'avviso di accertamento e di irrogazione della pena pecuniaria di lire 5.312.736, la Commissione tributaria di IIo grado della stessa città sollevava, con ordinanza del 21 ottobre 1980, questioni di legittimità costituzionale sostanzialmente analoghe alle precedenti;
che, in particolare, il giudice rimettente deduce che l'art. 58 citato, stabilendo che l'ufficio IVA procede all'irrogazione delle pene pecuniarie inaudita altera parte, senza la previsione di alcuna normativa a tutela del contribuente nella fase amministrativa di accertamento delle violazioni, da un lato denuncerebbe la carenza della delega legislativa contenuta negli artt. 10, 2° comma n. 11 e 11 n. 6 legge 825/71, per la mancata previsione della tutela del contribuente nella fase amministrativa d'accertamento delle violazioni;
e, dall'altro, determinerebbe la violazione da parte della norma delegata dell'art. 10, Io comma, della citata legge delega, che assicura la tutela del contribuente;
che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni proposte.
Considerato che i giudizi, per la sostanziale identità delle questioni sollevate, vanno riuniti e congiuntamente decisi;
che circa la censura concernente gli artt. 10, II comma, n. 11 e 11, II comma, n. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 per carenza nell'indicazione di criteri direttivi in materia di sistema sanzionatorio e di tutela del contribuente in sede amministrativa, essa é chiaramente infondata: da un lato, infatti, le norme deleganti appaiono dettare principi e criteri direttivi sufficientemente precisi e dettagliati, e, dall'altro, la tutela del contribuente é perfettamente assicurata in sede contenziosa, mentre, come costantemente affermato da questa Corte (da ult., ord. n. 503 del 1987), il principio del c.d. giusto procedimento in sede amministrativa non é assistito da garanzia costituzionale;
che, poi, per quanto concerne l'art. 58 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 -nelle parti in cui attribuisce all'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto il potere di procedere all'irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse e dispone che l'irrogazione delle sanzioni viene comunicata al contribuente con lo stesso avviso di rettifica e di accertamento -rientrava nell'ambito della sfera di discrezionalità del legislatore delegato, nel quadro della riforma del sistema tributario, disciplinare la materia, anche, ovviamente, modificando il procedimento di accertamento;
che, peraltro, non può non rilevarsi che la normativa censurata senza dubbio risponde ai criteri (art. 10, I e II comma, n. 11 legge-delega) della semplificazione dei rapporti tributari e del perfezionamento del sistema delle sanzioni; e che, sul punto della tutela del contribuente, possono ripetersi le considerazioni già svolte;
che, quindi, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26 legge 1l.3.1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10, II comma n. 11, e 11, II comma, n. 6 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, sollevate, in riferimento all'art. 76 Cost., dalle Commissioni tributarie di Io grado di Forlì e di IIo grado di Cuneo con le ordinanze indicate in epigrafe;
b) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, I e II comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dalle Commissioni tributarie di I grado di Forlì e di II grado di Cuneo con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco SAJA, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 21 Gennaio 1988.