SENTENZA N. 617
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale della legge 3 marzo 1987, n. 59, recante "Disposizioni transitorie ed urgenti per il funzionamento del Ministero dell'Ambiente", promossi con ricorsi dei Presidenti delle Giunte provinciali di Bolzano e Trento, notificati il 2 ed il 3 aprile 1987, depositati in cancelleria il 9 ed il 13 aprile (successivi) ed iscritti ai nn. 11 e 13 del registro ricorsi 1987;
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1987 il Giudice relatore Francesco Greco;
Uditi gli avv.ti Sergio Panunzio per la Provincia di Bolzano e Valerio Onida per la Provincia di Trento e l'avv. dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato in data 2 aprile 1987 la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato la legge 3 marzo 1987 n. 59 (Disposizioni transitorie e urgenti per il funzionamento del Ministero dell'Ambiente) in toto e con particolare riguardo agli artt. 7, primo e quarto comma, e 8, osservando che:
a) il citato art. 7, nella parte in cui attribuisce al Ministero per l'Ambiente il potere di adottare le necessarie misure di salvaguardia atte ad impedire qualsiasi trasformazione dello stato dei luoghi nelle zone da dichiararsi a parchi nazionali, ove interpretato come applicabile anche nei confronti di essa ricorrente, ne violerebbe gravemente le competenze attribuitele dall'art. 8, nn. 3, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21 e 24, dello Statuto Speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione. La menzionata disposizione statutaria prevede, invero, la competenza esclusiva della Provincia, tra l'altro, in materia di tutela del patrimonio storico, artistico e popolare, di urbanistica e piani regolatori, di tutela del paesaggio, di usi civici, di opere di prevenzione e pronto soccorso per calamità pubbliche, di miniere, cave e torbiere, di caccia e pesca, di agricoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna, di agricoltura, foreste e corpo forestale, di opere idrauliche. In attuazione di siffatte previsioni, norme specifiche hanno attribuito alla Provincia stessa ogni potere in materia di misure di salvaguardia delle zone dichiarate o da dichiararsi a Parchi Nazionali: così l'art. 1 del d.P.R. 20 gennaio 1973 n. 115, sul trasferimento alla Provincia di tutti i beni di interesse storico e artistico, già di competenza statale (ivi compresi i parchi, secondo l'identificazione che dei beni così denominati fa la legge 1ø giugno 1939 n. 1089); l'art. 1 del d.P.R. 1ø novembre 1973 n. 670, sulla competenza provinciale esclusiva per l'esercizio dei poteri di tutela e conservazione di tali beni, e, più in particolare, i DD.PP.RR. n. 279 del 22 marzo 1974 e n. 381 di pari data, con i quali alla Provincia é stata attribuita la funzione di vigilanza e di tutela in ordine ai parchi compresi nel suo territorio ed in materia di opere di prevenzione e pronto soccorso per calamità pubbliche.
Inoltre, lo stesso art. 9 della legge istitutiva del Ministro dell'Ambiente (n. 349 del 1986), del quale la norma impugnata costituisce derivazione e completamento, non manca di far salva la competenza provinciale esclusiva nella materia individuata dallo statuto e dalle relative norme di attuazione, ammettendo soltanto che essa possa risultare limitata dall'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento assegnato al Ministro nelle materie previste dalla legge suddetta.
Viceversa, il potere attribuito allo stesso Ministro per l'ambiente dalla norma censurata, comporta limitazioni della competenza provinciale, senza che sia possibile ricondurlo alla menzionata funzione statale, essendo esso attinente a misure da adottare su un territorio di stretto ambito locale, mentre tale funzione postula la cura di un interesse unitario sul piano nazionale e non suscettibile di frazionamento o localizzazione territoriale: al riguardo la ricorrente ricorda i principi sanciti da questa Corte con le sentenze nn. 340 del 1983 e 357 del 1985;
b) considerazioni non dissimili valgono anche relativamente all'art. 8 della legge n. 59 del 1987, che, se ritenuto applicabile anche nei confronti di essa ricorrente, nonostante la salvezza dell'autonomia provinciale sancita dall'art. 9 della citata legge n. 349 del 1986, risulterebbe ugualmente violativo delle sopra elencate competenze della ricorrente stessa, oltre che di quelle ulteriormente previste dagli artt. 9 (nn. 9 e 10) e 16 (comma primo) del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e dalle relative norme di attuazione (contenute, in particolare, nei dd.PP.RR. 20 gennaio 1973, n. 115; 1ø novembre 1973 nn. 690 e 691; 22 marzo 1974 nn. 279 e 381; 28 marzo 1975 n. 474 e successive modifiche; 31 luglio 1978 n. 1017), attribuendo al Ministro per l'Ambiente di emettere ordinanze contingibili e urgenti per la tutela dell'ambiente stesso.
Ai fini di siffatta tutela, del resto, la provincia ricorrente ha ripetutamente legiferato (ad esempio, con la legge 25 luglio 1970 n. 16, sulla tutela del paesaggio; 21 giugno 1971 n. 8, sulle sanzioni amministrative per la violazione di vincoli paesaggistici; 28 giugno 1972 n. 13, sulla protezione della flora alpina; 19 gennaio 1973 n. 6, sul comitato provinciale per la tutela delle risorse naturali; 4 giugno 1973 n. 12, sui provvedimenti contro l'inquinamento dell'aria; 13 agosto 1973 n. 27, sulla protezione della fauna; 6 settembre 1973 n. 61, sulla tutela del suolo da inquinamento; 6 settembre 1973 n. 63, sulla tutela delle acque dall'inquinamento; 24 giugno 1976 n. 23, sulla circolazione dei veicoli a motore in territori vincolati e tutelati; 20 novembre 1978 n. 66, sull'inquinamento da rumore): di tale circostanza non può non tenersi il debito conto perché la stessa funzione statale di indirizzo e coordinamento - in ipotesi, comprensivo del censurato potere - non può estrinsecarsi senza limiti nei confronti della Provincia autonoma, ma é subordinata alla non avvenuta emanazione, da parte di questa, di norme specificamente concernenti la materia oggetto di intervento statale, come sancito da questa Corte con sentenza n. 49 del 1987.
2. - Gli artt. 7, primo e quarto comma, e 8 della legge n. 59 del 1987 sono stati impugnati anche dalla Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 3 aprile 1987, in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 13, 16 e 21; 9, n. 10; 16; e 52 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 ed alle relative norme di attuazione;
a) Circa il potere del Ministro per l'Ambiente di dettare misure di salvaguardia delle aree individuate come zone da destinarsi a parchi nazionali e riserve naturali statali, la ricorrente osserva, in primo luogo, che la norma di previsione costituisce uno strumento surrettizio per provvedere a siffatta destinazione di nuovi territori, senza alcun preciso fondamento costituzionale o legislativo: l'art. 83, quarto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 si limita, infatti, a prevedere - con riguardo alle sole regioni a statuto ordinario - il potere governativo, nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento, di individuare zone nelle quali istituire riserve naturali e parchi di carattere interregionale e non qualifica né le prime come statali né le seconde come regionali; conformemente, l'art. 5 della legge n. 349 del 1986, allorché prevede che siffatto potere si esercita su proposta del Ministro per l'Ambiente, evita, a sua volta, tale qualificazione.
Inoltre, nessuna disposizione costituzionale, statutaria o di legge autorizza lo Stato a esercitare poteri di governo e gestione del territorio, pur nell'ambito di aree destinate a parchi o riserve di carattere interregionale: anzi il citato art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977, implicitamente, ma univocamente, prevede la persistenza di tale potere in capo alle Regioni. Il che vale, poi, a maggior ragione, per la Provincia ricorrente, le cui competenze in materia risultano da specifiche disposizioni dello Statuto Speciale per il Trentino-Alto Adige (art. 8, nn. 5, 6 e 16) e dalle relative norme di attuazione che le attribuiscono, anche per quanto concerne il già esistente Parco Nazionale dello Stelvio, le funzioni amministrative di pianificazione e gestione del territorio;
b) Il potere ministeriale di dettare ordinanze contingibili ed urgenti (art. 8 legge n. 59 del 1987) viene censurato osservando che esso non si configura come un potere statale di intervento straordinario, in funzione sostitutiva di quello non esercitato dalla Provincia competente (come, nei casi di cui all'art. 8, comma terzo, della legge n. 349 del 1986); bensì come un potere generale e generico di provvedere a situazioni di urgente necessità per la tutela degli stessi interessi pubblici la cui cura - almeno in molti ambiti - é costituzionalmente demandata alla Provincia medesima. Il potere di ordinanza, infatti, non é che un'esplicazione della potestà amministrativa attinente a determinate materie e può, pertanto, giustificarsi solo quando vi sia l'effettiva titolarità della potestà stessa. Orbene, anche ove si voglia negare che la materia della tutela dell'ambiente sia per intero di competenza della Provincia autonoma, resta il fatto che questa gode di numerose attribuzioni amministrative proprie (oltre che di competenza legislativa primaria e concorrente) in molti e diversi campi o settori riconducibili al più generale concetto di ambiente; e ciò, stante il suddetto nesso di compenetrazione, necessariamente comporta, almeno con riferimento a tali campi o settori, la titolarità, da parte della Provincia stessa, del relativo potere di ordinanza, con la conseguenza che la generica ed indiscriminata attribuzione di questo ad un organo statale comporta indefettibilmente la violazione delle menzionate attribuzioni provinciali.
3. - Resiste ad entrambi i ricorsi il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, che ha concluso sollecitando la declaratoria di infondatezza delle questioni sollevate ex adverso.
Per quanto concerne le censure svolte relativamente all'art. 7 della legge n. 59 del 1987 l'Avvocatura dello Stato ne eccepisce la tardività rilevando che tale norma non introduce, bensì presuppone una potestà costitutiva, o promotrice della costituzione, di parchi e riserve naturali, che si radica nell'art. 5 della legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente e che trova nella disposizione impugnata un mero strumento di attuazione.
Inoltre, le competenze regionali e provinciali in materia di protezione della natura, come emerge dalla sentenza n. 223 del 1984 di questa Corte, non sono incompatibili con residue competenze statali connesse alla cura, nella medesima materia, di esigenze unitarie, particolarmente imposte dallo adempimento di obblighi interregionali, il cui rispetto costituisce un limite per le stesse competenze delle Province ricorrenti. Alla luce di tale rilievo va riconosciuto che il potere ministeriale di dettare misure di salvaguardia risulta privo di autonomo rilievo, ai fini del richiesto controllo di costituzionalità, restando assorbito in quello della competenza statale a promuovere la creazione di parchi nazionali e riserve statali; e cioè, o il Ministro per l'Ambiente esercita tale funzione in difetto dei presupposti che legittimano l'intervento statale in subiecta materia: ed allora l'invalidità dell'atto si rifletterebbe necessariamente sulle misure di salvaguardia eventualmente dettate per l'area individuata e destinata a parco o riserva; o, nell'opposta ipotesi, il legittimo esercizio della competenza statale alla costituzione del parco o della riserva implica ex se la legittimità delle misure disposte per garantire il buon esito dell'iniziativa.
D'altra parte, non é trascurabile la circostanza che il Ministro, prima di disporre tali misure, deve consultare le regioni e gli enti locali interessati.
Nel merito delle censure svolte in ordine all'art. 8 della legge n. 59 del 1987, l'Avvocatura osserva, poi, che una volta riconosciuta la natura primaria degli interessi pubblici legati all'ambiente (Corte Cost., sentt. nn. 151 e 153 del 1986), appare conseguenziale che anche relativamente ad essi - come già per quelli attinenti all'ordine ed all'incolumità pubblica ed alla sanità - valga il presidio del così detto potere di ordinanza che autorizza l'adozione, da parte di organi statali, di misure innominate, contingibili e urgenti, per la salvaguardia di esigenze essenziali della collettività generale. Il relativo potere dello Stato non viene in conflitto con le competenze provinciali, sia per il carattere residuale che la norma di previsione espressamente gli attribuisce, stabilendo che essa può essere esercitato "quando non si possa altrimenti provvedere", sia perché tale esercizio attiene alla tutela del bene "ambientale" inteso in un'accezione unitaria e globale, che non é equiparabile alla somma aritmetica delle varie competenze attinenti all'uno o all'altro (acque, urbanistica, foreste, agricoltura, fauna, ecc.) degli aspetti specifici che il bene stesso può di volta in volta assumere.
Né può trascurarsi che la temporaneità delle misure che il Ministro può adottare (sei mesi) é pienamente aderente all'eccezionalità della situazione considerata come presupposto delle medesime, oltre che coerente col principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni o Province autonome.
Nell'imminenza dell'udienza ha depositato una memoria la difesa della Provincia Autonoma di Trento. Ivi si contestano gli assunti difensivi dell'Avvocatura dello Stato, in primo luogo negando la pretesa tardività delle censure svolte relativamente all'art. 7 della legge n. 59 del 1987. Si precisa, invero, al riguardo che queste non concernono il potere, residuato allo Stato per effetto dell'art. 83, quarto comma, d.P.R. n. 616 del 1977, di individuare i nuovi territori nei quali istituire riserve o parchi, né quello di istituzione di riserve in adempimento di obblighi internazionali. Si censura, invece, il potere, attribuito ex novo dal citato art. 7, di adottare misure di salvaguardia di contenuto indeterminato e discrezionalmente decise, potere che non rientra né é comunque implicato nell'altro di individuazione delle aree destinande all'utilizzazione suddetta e che non può fondarsi neanche sul rinvio, contenuto nell'art. 83, secondo comma, d.P.R. n. 616 del 1977, ad una "futura normativa di ripartizione di compiti" in materia, facendo tale rinvio riferimento alle sole riserve naturali dello Stato, già esistenti all'epoca dell'entrata in vigore dello stesso d.P.R. n. 616 (Corte Cost. n. 223 del 1984).
Va inoltre rilevato, secondo la difesa della ricorrente, che la norma censurata tende surrettiziamente a forzare i limiti propri delle competenze statali in materia di costituzione di parchi o riserve, trasformando il semplice potere di promozione - espressione delle funzioni di indirizzo e coordinamento - in quello di gestione statale diretta ed esclusiva dei territori interessati da detta costituzione: ciò che non può giustificarsi neanche invocando esigenze di tutela di interessi nazionali, posto che, sul punto, nessuna adeguata specificazione é stata curata dal legislatore.
Per quanto concerne le censure relative all'art. 8 della citata legge n. 59 del 1987 si ribadisce che tale disposizione non si inserisce in uno spazio vuoto, ma occupa spazi già coperti da poteri provinciali di gestione e governo del territorio: in buona sostanza, il potere ministeriale di ordinanza non é meramente residuale, bensì onnicomprensivo ed assorbente, prevalente o concorrente rispetto a tutte le potestà, anche di adozione di provvedimenti di urgenza, configurati dalla legge in capo ad altri organi ed, in particolare, in capo alle Regioni e alle Province Autonome.
Tutto ciò confligge irrimediabilmente con i criteri costituzionali di ripartizione delle competenze e con i principi che regolano i rapporti fra Stato e Regioni o Province Autonome, ivi compreso quello di leale cooperazione (Corte Cost. n. 153 del 1986).
Considerato in diritto
1. - I due ricorsi possono essere riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto sollevano identica questione.
2. - Le Province autonome di Trento e di Bolzano impugnano gli artt. 7, primo e quarto comma, e 8 della legge 3 marzo 1987 n. 59 (Disposizioni transitorie ed urgenti per il funzionamento del Ministero per l'Ambiente) e la stessa legge in toto in quanto, attribuendo al Ministro per l'Ambiente il potere di adottare, nelle aree individuate per la destinazione a parchi nazionali o a riserve naturali statali, le necessarie misure di salvaguardia, dirette a vietare qualsiasi trasformazione dello stato dei luoghi (art. 7, primo e quarto comma), nonché il potere di emettere, in situazioni di grave pericolo di danno ambientale ed allorché non si possa altrimenti provvedere, ordinanze contingibili ed urgenti per la tutela dell'ambiente, invadono le competenze ad esse riservate in materia di tutela dell'ambiente e, quindi, violano gli artt. 2; 3, terzo comma; 8, nn. 3, 4, 6, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21, 24; 9, nn. 9 e 10; 16, primo comma, e 52 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto Speciale per il Trentino-Alto Adige) e le relative norme di attuazione, nonché l'art. 10 Cost. in relazione all'accordo di Parigi 5 settembre 1946.
3. - Le censure non sono fondate.
Anzitutto non ha rilevanza alcuna la impugnazione in toto della legge n. 59 del 1987 in quanto le deduzioni e i rilievi svolti riguardano solo l'art. 7, primo e quarto comma, e l'art. 8 della detta legge.
All'uopo si ricorda che le stesse Province autonome, con ricorsi del 12 agosto 1986, hanno già impugnato varie norme della legge 8 luglio 1986 n. 346, istitutiva del Ministero per l'Ambiente, siccome lesive dell'autonomia loro garantita dalle norme vigenti, tra cui molte di quelle di cui ora lamentano la violazione.
Questa Corte, con sentenza 22 maggio 1987 n. 210, ha dichiarato non fondate le sollevate questioni di legittimità costituzionale.
Non essendo state proposte altre questioni di legittimità costituzionale, nemmeno da parte di altre Regioni, relative a norme della detta legge, in via generale, allo stato non vi é motivo di dubitare della conformità dell'intera legge ai precetti costituzionali che concernono la sfera di autonomia delle Regioni sia a statuto ordinario che a statuto speciale nonché delle Province autonome.
Ai fini della decisione, in particolare va richiamato l'art. 5 della suddetta legge n. 349 del 1986 il quale concerne la potestà del Governo (circa la quale vedi già l'art. 83, quarto comma, d.P.R. n. 616 del 1977), su proposta del Ministro per l'Ambiente, di individuare i territori nei quali istituire riserve naturali e parchi a carattere interregionale (primo comma) ed il trasferimento dal Ministero per l'Agricoltura e Foreste al Ministero per l'Ambiente, delle competenze in materia di parchi nazionali e di individuazione delle zone di importanza naturalistica, nazionale e internazionale, ai fini della promozione in esse della costituzione di parchi e riserve naturali (secondo comma). Ora, l'art. 7, primo e quarto comma, della legge n. 59 del 1987, la quale detta disposizioni transitorie ed urgenti per il funzionamento del Ministero per l'Ambiente, conferisce allo stesso Ministro per l'Ambiente, la potestà di adottare, nelle aree individuate come zone da destinarsi a parchi nazionali e a riserve naturali statali, misure di salvaguardia, il cui contenuto va graduato dallo stesso Ministro in relazione alle esigenze del caso.
Detto potere certamente costituisce estrinsecazione di quello più ampio attribuito allo stesso Ministro dall'art. 5 della legge istitutiva del Ministero, innanzi richiamato, anzitutto in considerazione della stessa natura cautelare delle misure di salvaguardia che, come del resto é specificamente sancito, sono dirette a conservare lo stato dei luoghi in attesa dell'attuazione del provvedimento di individuazione e di costituzione del parco nazionale o della riserva naturale nazionale a livello statale o interregionale.
Inoltre, in base alla stessa norma impugnata, il Ministro deve sentire le Regioni, gli enti locali interessati e le stesse Province autonome ricorrenti nel caso in cui siano interessati i territori che di esse fanno parte; deve richiedere agli stessi un apposito parere e può provvedere solo dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla data della richiesta del parere senza che esso sia stato espresso.
Il potere attribuito si inquadra, quindi, nella funzione di indirizzo e coordinamento spettante in materia allo Stato ed implicante, da un lato, le suddette intese fra Stato stesso, Regioni e Province autonome e, dall'altro, la prevista necessità che l'intervento statale a livello ministeriale si verifichi solo in caso di inerzia delle Regioni: funzione il cui esercizio, evidentemente, é diretto a tutelare gli interessi nazionali ed internazionali che sussistono in materia.
Conseguentemente, in questa situazione deve essere esclusa qualsiasi lesione dell'autonomia assicurata alle Province ricorrenti dalle norme invocate, che non risultano affatto violate.
Peraltro, in concreto non é stata effettuata alcuna individuazione di aree appartenenti al territorio delle ricorrenti.
4. - Per quanto riguarda l'altra censura, cioè quella dell'art. 8 della legge n. 59/1987 si osserva che già il numero tre dell'art. 8 della legge n. 349 del 1986, istitutiva del Ministero per l'ambiente, ha attribuito allo stesso Ministro per l'ambiente, in caso di mancata attuazione o di inosservanza da parte delle Regioni, delle Province e dei Comuni delle disposizioni di legge relative alla tutela dell'ambiente, qualora possa derivare grave danno ecologico, il potere di adottare, con ordinanza cautelare, le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche a carattere inibitorio, di opere, di lavori o di attività antropiche, previa diffida alle amministrazioni interessate a provvedere entro congruo termine, da indicarsi nella stessa diffida. Delle ordinanze é prevista la comunicazione alle amministrazioni interessate.
Eguale intervento é previsto nel caso in cui l'inadempienza é attribuibile agli uffici periferici statali.
L'art. 8 impugnato della legge successiva n. 59, fuori dei suddetti casi attribuisce al Ministro per l'ambiente il potere di emettere, di concerto con gli altri Ministri interessati, a seconda delle varie ipotesi ricorrenti, solo ordinanze contingibili ed urgenti, della durata massima di sei mesi, nel caso in cui si verifichino situazioni di grave pericolo di danno ambientale e non si possa altrimenti provvedere.
4.1. - Le due norme sono sorrette da una identica ratio. Esse sono finalizzate alla tutela del bene ambiente e sono dirette ad evitare situazioni di pericolo di danno ambientale che nella seconda ipotesi assume una maggiore gravità onde la maggiore urgenza di porvi rimedio. Trattasi di misure contingibili, ossia provvisorie, a contenuto libero corrispondente alla situazione cui si intende porre rimedio, per la salvaguardia del bene ambiente da pericoli di danno.
4.2. - Questa Corte (sentt. nn. 201/87; 4/77; 26/61), ha già ritenuto conforme a Costituzione la possibilità che alle autorità amministrative siano affidati i poteri di emissione di provvedimenti diretti ad una generalità di cittadini, emanati per motivi di necessità e di urgenza, con una specifica autorizzazione legislativa che però, anche se non risulti disciplinato il contenuto dell'atto (che rimane, quindi, a contenuto libero), indichi il presupposto, la materia, le finalità dell'intervento e l'autorità legittimata. Inoltre, i provvedimenti devono adeguarsi alle dimensioni territoriali e temporali della concreta situazione di fatto che si deve fronteggiare.
Analoghe considerazioni valgono, ed a maggior ragione, per i poteri derogatori attribuiti, in caso di necessità e urgenza, in relazione ad eventi straordinari di elevata pericolosità; poteri che trovano il loro titolo specifico e i loro limiti nella esigenza della pronta iniziativa e del coordinamento delle attività di intervento e di soccorso.
Il carattere provvisorio delle misure derogatorie da adottare é, peraltro, persino implicito nella natura stessa del titolo specifico di legittimazione.
La spettanza del potere allo Stato trova la sua giustificazione, oltre che nella gravità del pericolo da evitare e nell'urgenza, nella natura stessa del bene da tutelare. Trattasi, infatti, di un bene primario e di un valore assoluto costituzionalmente garantito alla collettività.
Peraltro, quello conferito dalla norma impugnata é un potere residuale attribuito allo Stato quando non si possa altrimenti provvedere. I provvedimenti relativi possono essere anche emessi dagli enti autonomi nell'ambito del potere loro conferito, sicché l'intervento dello Stato sopperisce solo alla loro inerzia e all'inadempimento dei doveri loro incombenti.
Il pericolo imminente di danno grave del bene ambiente, di valore assoluto primario, impone il rimedio urgente e contingibile e rende legittimo l'intervento dello Stato cui é affidata in via principale, anche se non esclusiva, la cura e la tutela di interessi che riguardano beni di tal natura e di tal valore.
La residualità del potere, la specie della situazione da tutelare, la stessa natura del provvedimento, vincolato nel presupposto e nella causa, la sua durata, molto limitata nel tempo (al massimo sei mesi), fanno sì che non risulti lesa l'autonomia dell'ente regionale.
L'esistenza di disposizioni legislative a carattere provinciale o regionale e quella di un potere provinciale di emettere ordinanze contingibili ed urgenti, che comunque vanno fatte salve, riducono ancor più lo spazio di operatività del potere statale.
Pertanto le due questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle ricorrenti non risultano fondate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, primo e quarto comma, e 8 della legge 3 marzo 1987 n. 59, sollevata dalle Province autonome di Trento e Bolzano con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 2, 3, terzo comma; 8 nn. 3, 4, 5, 6, 7, 13, 14, 15, 16, 21, 24; 9, nn. 9 e 10; 16 e 52 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 ed alle relative norme di attuazione, nonché all'art. 10 Cost..
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GRECO
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI