Ordinanza n.294 del 1987

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ORDINANZA N. 294

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 617- ter del codice penale, in relazione agli artt. 485 stesso codice e 89 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), dell'art. 98 stessa legge n. 689 del 1981, riversato nell'art. 640, ultimo comma, del codice penale, dell'art. 10 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 (Provvedimenti per l'ordinamento del credito agrario); e art. 338 del codice penale promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 26 settembre 1983 dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Levi Franco iscritta al n. 967 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 dell'anno 1984;

2) ordinanza emessa il 7 giugno 1983 dal Pretore di Mondovì nel procedimento penale a carico di Bellocchio Margherita iscritta al n. 5 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 155 dell'anno 1984;

3) ordinanza emessa il 6 gennaio 1984 dal Pretore di Napoli-Barra nel procedimento penale a carico del Legale Rappresentante della Soc. Assicuratrice "Mutuo Soccorso Ariete" iscritta al n. 548 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 287 dell'anno 1984;

4) ordinanza emessa il 27 settembre 1984 dal Tribunale di Casale Monferrato nel procedimento penale a carico di Saletta Enrico iscritta al n. 1208 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65- bis dell'anno 1985;

Visto l'atto di costituzione dell'Unione Svizzera per il commercio del formaggio S.A. di Berna nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1987 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

Ritenuto:

che con le ordinanze indicate in epigrafe i Tribunali di Milano e di Casale Monferrato dubitano, in riferimento all'art. 3 Cost., rispettivamente, della legittimità costituzionale degli artt. 617ter c.p. (falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche) e 10 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 (deterioramento o distrazione di oggetti sottoposti a privilegio per credito agrario);

che il dubbio, in entrambi i casi, trae origine dall'introduzione, nel capo quarto della legge 24 novembre 1981, n. 689 ("Modifiche al sistema penale") di una serie di casi di perseguibilità a querela di parte, ed é in particolare fondato sulla ritenuta analogia dei suddetti reati, rispettivamente, con quelli di cui agli artt. 485 c.p. (falso in scrittura privata) e 338, terzo comma, c.p. (sottrazione, distruzione o deterioramento di cose sottoposte a pignoramento, sequestro giudiziario o conservativo), introdotto - quest'ultimo - con l'art. 87 della citata legge n. 689 del 1981: analogia che renderebbe priva di giustificazione la mancata estensione ai primi del regime di perseguibilità a querela previsto per i secondi dalla citata legge n. 689 del 1981;

che il Tribunale di Casale Monferrato impugna anche il citato art. 388, terzo comma, c.p., in quanto non estende tale previsione alla fattispecie di cui al predetto art. 10 della legge n. 1760 del 1928;

che il Pretore di Mondovì, con l'ordinanza indicata in epigrafe dubita, a sua volta, sempre in riferimento all'art. 3 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 98 della citata legge n. 689 del 1981, in quanto prevede la perseguibilità a querela di parte per il reato di truffa semplice (art. 640 c.p.) e non anche per quello di frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.), nonostante che - secondo il predetto giudice - il primo sia più grave sotto il profilo oggettivo e soggettivo e che entrambi mirino a tutelare interessi patrimoniali;

che il Pretore di Napoli-Barra, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dubita, per converso, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., della legittimità costituzionale del medesimo art. 98, assumendo che la perseguibilità a querela di parte per il delitto di truffa ivi prevista introduca una non giustificata eccezione al principio d'obbligatorietà dell'azione penale ed accomuni forme di truffa lievi ad altre più gravi, avvantaggiando, tra gli autori di tale reato, quelli maggiormente pericolosi;

che il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenuto in tutti i predetti giudizi, ha chiesto che sia dichiarata l'infondatezza delle questioni sollevate, attesa l'ampia discrezionalità da riconoscersi al legislatore nelle scelte in ordine al regime processuale (perseguibilità d'ufficio o a querela) e la diversità dei beni tutelati dai reati posti a raffronto;

che analoghe tesi ha sostenuto, nel giudizio instaurato dal Pretore di Mondovì, l'Unione Svizzera per il Commercio del formaggio S.A. di Berna, parte civile nel procedimento a quo;

Considerato:

che i predetti giudizi involgono questioni fondamentalmente comuni, sicché essi possono essere trattati e decisi congiuntamente;

che questa Corte ha già precisato, nella sentenza n. 7 del 1987, che la scelta di subordinare, mediante la perseguibilità a querela, la persecuzione di certi reati alle determinazioni delle parti private offese risponde ad esigenze di vario ordine, non necessariamente connesse alla minore gravità degli illeciti, e sottende bilanciamenti di interessi e valutazioni di politica criminale spesso assai complesse, rispetto alle quali deve perciò riconoscersi al legislatore un'ampia discrezionalità, non sindacabile da questa Corte se non sia affetta da manifesta irrazionalità;

che nelle scelte operate con la legge n. 689 del 1981, accanto alla ritenuta non rilevante gravità degli illeciti per i quali si é introdotto il regime per la perseguibilità a querela, ha avuto rilievo decisivo la finalità di conseguire, anche per questa via, una significativa deflazione dei carichi giudiziari, strumento necessario - pur se non certo unico - per avviare a soluzione il prioritario problema costituito dall'intollerabile lentezza della giustizia penale;

che in quest'ottica il legislatore, pur senza escludere successivi interventi nello stesso senso, ha ragionevolmente orientato le proprie scelte su reati che, oltre ad essere non gravi, hanno notoriamente una rilevante incidenza sul lavoro giudiziario;

che alla stregua di tale criterio si giustifica che siano stati inclusi nell'area della perseguibilità a querela i reati di cui agli artt. 485 e 640 c.p., e che ne siano stati esclusi, invece, quelli di cui agli artt. 617- ter c.p.p. e 10 della legge n. 1760 del 1928, la cui incidenza statistica é pressoché nulla e che sono d'altra parte posti a garanzia di beni giuridici non omogenei a quelli tutelati dagli illeciti assunti come tertia comparationis;

che, inoltre, non può certo ritenersi irragionevole la scelta del legislatore di mantenere la perseguibilità d'ufficio per un reato posto a salvaguardia dell'ordine economico - e non del solo patrimonio della vittima - quale la frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.), che é espressione di un costume commerciale contrario alle regole di probità e buona fede, pericoloso sia nei confronti della massa dei consumatori che degli stessi produttori e commercianti, nei cui confronti esso concretizza una forma di concorrenza sleale;

che infine, una volta che si ritenga giustificata, per le ragioni anzidette, l'introduzione del regime di perseguibilità a querela per il delitto di truffa semplice, un sindacato della Corte su tale scelta legislativa non potrebbe comunque avere ingresso in relazione a talune forme di manifestazione di tale delitto - che il Pretore di Napoli-Barra differenzia dalle altre e ritiene abbisognevole di un regime di perseguibilità d'ufficio - posto che esse non hanno configurazione giuridica autonoma;

che, pertanto, tutte le predette questioni si appalesano manifestamente infondate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 617- ter c.p., sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Tribunale di Milano con ordinanza del 26 settembre 1983 (r.o. 967/83);

b) degli artt. 10 della legge 5 luglio 1928, n. 1760 (provvedimenti per l'ordinamento del credito agrario) e 388, terzo comma, c.p. - nel testo sostituito con l'art. 87 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) - sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Tribunale di Casale Monferrato con ordinanza del 27 settembre 1984 (r.o. 1208/84);

c) dell'art. 98 della predetta legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dal Pretore di Mondovì con ordinanza del 7 giugno 1983 (r.o. 5/84);

d) del medesimo art. 98 della legge n. 689 del 1981, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost. dal Pretore di Napoli-Barra con ordinanza del 6 gennaio 1984 (r.o. 548/84).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: SPAGNOLI

Depositata in cancelleria il 28 luglio 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI