SENTENZA N. 291
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 26, secondo comma, 58, prima parte, 59, n. 1, e 64, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 ("Disciplina delle locazioni di immobili urbani"), promosso con ordinanza emessa il 31 maggio 1980 dal Giudice conciliatore di Forano Sabino nel procedimento civile vertente tra Bartoli Maria Pia e Diociaiuti Raniera, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 172 dell'anno 1981;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 31 maggio 1980 il Giudice conciliatore di Forano Sabino solleva questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 16, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 31, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 26, secondo comma, 58, prima parte, 59, n. 1, 64, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui escludono l'applicabilità dell'azione di recesso per necessità del locatore prevista dall'art. 59, n. 1, ai contratti aventi ad oggetto immobili siti in Comuni con meno di 5.000 abitanti.
Dubita il giudice a quo che il combinato disposto delle norme impugnate:
- determini una irragionevole "disparità di trattamento tra i contratti soggetti a proroga, utile solo per determinarne la durata (art. 64), e contratti soggetti a proroga da considerare prorogati (art. 58), risolvendosi il criterio distintivo del limite dei 5.000 abitanti (art. 26) nella violazione degli artt. 3 e 16 della Costituzione";
- crei una arbitraria disparità di trattamento a favore di chi abita in Comuni con più di 5.000 abitanti, con la conseguenza di lasciare disattese, nei Comuni minori, le aspettative della famiglia di origine, di impedire la formazione di nuovi nuclei familiari;
- violi il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, primo comma, Cost.), in quanto attribuisce il diritto di agire al solo locatore (contrariamente a quanto prevedeva l'art. 4 della legge 23 maggio 1950, n. 253), valorizzando l'art. 59 soltanto la "natura obiettiva della necessità", anziché l'elemento soggettivo dell'intenzione dei nubendi, che restano esclusi dalla possibilità di esercizio dell'azione.
Oggetto del procedimento de quo é l'istanza del locatore diretta ad ottenere il rilascio dell'immobile, sito in Forano Sabino (comune con meno di 5.000 abitanti), allegando la necessità di adibirlo ad abitazione della figlia, prossima alle nozze.
2. - É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, assumendo l'infondatezza della questione sollevata, in quanto la sua proposizione discenderebbe da una non corretta interpretazione delle norme denunciate, in particolare dell'art. 64.
Questa norma, infatti, - secondo l'Avvocatura - non comporta l'esclusione dell'applicazione dell'art. 59 sul recesso per necessità nei Comuni con meno di 5.000 abitanti.
Il giudice a quo non avrebbe avvertito che una interpretazione tutta letterale delle norme impugnate, incentrata esclusivamente sul rilievo che l'art. 64 richiama l'art. 58 "per la durata", é inaccettabile, in quanto non tiene conto del nuovo sistema normativo nel suo complesso, obliterando così l'insegnamento di questa Corte. Nella sentenza n. 22 del 1980 é stato infatti chiarito come una diversità di disciplina contrattuale "non scalfisce l'elemento fondamentale, comune alle due ipotesi prese in comparazione - quello della pari necessità di tutti i locatori che versino nelle ipotesi di legge - di ottenere la disponibilità dell'immobile dato in locazione a prescindere dalle condizioni economiche dei rispettivi conduttori e dalle conseguenti diversità di disciplina contrattuale, irrilevanti rispetto allo stato di necessità".
Ne consegue - secondo la difesa dello Stato - che anche nei riguardi dei contratti di locazione prorogati, relativi ad immobili siti in Comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti, il locatore può recedere nei casi previsti dall'art. 59, dovendosi ancora ritenere irrilevante la diversa disciplina di tali contratti, in particolare quanto al canone, rispetto a quell'elemento di "necessità", cui si riferisce questa Corte quale "elemento comune".
Verrebbe quindi escluso ogni contrasto delle norme denunciate con gli artt. 3, 16, 29, 31 e 42 della Costituzione.
Quanto alla supposta violazione dell'art. 24, essa non é per l'Avvocatura neppure ipotizzabile. Se é pacifico in giurisprudenza che il locatore possa agire per ottenere la disponibilità dell'immobile per la necessità del figlio che deve sposarsi, non si vede quale lesione del diritto di agire consegua nei riguardi del figlio nubendo, che tra l'altro non ha alcun diritto sul bene di cui il genitore vuole riacquistare la disponibilità.
Considerato in diritto
1. - Il Giudice conciliatore di Forano Sabino, con ordinanza del 31 maggio 1980, solleva questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 16, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 31, primo comma, 42, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 26, secondo comma, 58, prima parte, 59, n. 1, 64, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui escludono l'applicabilità dell'azione di recesso per necessità del locatore, prevista dall'art. 59, n. 1, ai contratti aventi ad oggetto immobili siti in Comuni con meno di 5.000 abitanti; per il dubbio che tali disposizioni determinino una ingiustificata disparità di trattamento tra locatori, a seconda che siano proprietari di immobili situati in Comuni con più o meno di 5.000 abitanti, e violino il diritto alla tutela giurisdizionale, limitando l'azione di recesso ai soli genitori nell'ipotesi prevista dall'art. 59, n. 1, senza estenderla ai figli nel cui interesse il recesso viene chiesto.
2. - La questione é infondata.
É insegnamento di questa Corte che "l'istituto della necessità come causa di cessazione della proroga legale ha assunto, nella comune interpretazione adeguatrice (cfr. sentenza di questa Corte n. 132/1972), carattere strumentale per la composizione dei contrapposti interessi, prevalendo di regola quelli dei conduttori, che rimangono sacrificati di fronte all'esigenza del locatore-proprietario di ottenere la disponibilità dell'immobile in caso di necessità" (sent. 22 febbraio 1980, n. 22). Questa Corte ha successivamente (sent. 15 luglio 1983, n. 250) ribadito che "in presenza di una protrazione autoritativa del rapporto locatizio, comunque denominata e articolata, non sono consentite, stante la sostanziale identità delle situazioni (scil. contratti prorogati, contratti non prorogati), discipline differenziate rispetto al potere di recesso da parte del locatore (...) il recesso deve trovare applicazione necessaria nei rapporti in corso in virtù di una protrazione imposta autoritativamente dalle leggi, restandone esclusi soltanto quelli pendenti per effetto dell'autonomia negoziale delle parti".
3. - L'art. 64, comma primo, della legge 27 luglio 1978, n. 392, recita: "Ai contratti di locazione di cui all'articolo 26, comma primo, lettera d), e comma secondo, soggetti a proroga secondo la legislazione vigente, si applicano per la durata le disposizioni dell'art. 58".
I contratti richiamati sono quelli relativi alle locazioni di immobili inclusi nelle categorie catastali A/8 e A/9 nonché di immobili siti in Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. Che a tali contratti si applichino le disposizioni dell'art. 58 "per la durata" non significa affatto - come invece ritiene il Giudice conciliatore remittente - che il richiamo a detto specifico fine escluda l'applicabilità del regime del recesso del locatore come previsto dall'art. 59.
É di tutta evidenza che la lettura esegetica del combinato disposto delle quattro norme citate - artt. 64, 58, 26 e 59 - come é esposta nell'ordinanza di rimessione, é erronea rispetto alla strutturazione sistematica della ratio legis e in ogni caso superata dal principio dell'applicazione necessaria del recesso, elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte.
4. - Quanto alla pretesa violazione dell'art. 24 della Costituzione, perché l'esercizio del diritto di recesso é consentito al solo locatore e non anche al figlio nubendo, giova osservare che chi non ha diritto su un immobile non ha neppure il correlato diritto di azione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 26, secondo comma, 58, prima parte, 59, n. 1, 64, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 ("Disciplina delle locazioni di immobili urbani") in riferimento agli artt. 3, 16, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 31, primo comma, 42, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Giudice conciliatore di Forano Sabino con ordinanza del 31 maggio 1980 (reg. ord. n. 138/1981).
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1987.
Il Presidente: ANDRIOLI
Il Redattore: CASAVOLA
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI