SENTENZA N. 273
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 1, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1986 dal Tribunale di Macerata nel procedimento civile vertente tra Banca Nazionale del Lavoro e S.p.a. Ditta Brugi e Carrera ed altri iscritta al n. 29 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12/1 ss dell'anno 1987;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 2 luglio 1987 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza - emessa il 13 dicembre 1986 (comunicata il 13 e notificata il 14 di gennaio 1987; pubblicata nella G.U. 12/1ss. del 18 marzo 1987 e iscritta al n. 29 reg. ord. 1987) nel giudizio di opposizione proposto con atto di citazione notificato i 22-24 dicembre 1984 dalla Banca Nazionale del Lavoro avverso la sentenza, con la quale il Tribunale di Macerata aveva esteso a Rapari Emma, quale socia di fatto, il fallimento dell'altro socio Gironacci Arduino, in precedenza dichiarato, assumendo di essere legittimata a norma dell'art. 18 l.fall. in quanto titolare di credito garantito da ipoteca per lire 1.250.000 iscritta sui diritti spettanti a Rapari Emma su di un immobile in Macerata intestato alla stessa e al marito Gironacci Arduino e chiedendo nel merito la revoca della sentenza di estensione del fallimento alla Rapari Emma per preclusione da giudicato e per inesistenza della affermata società di fatto - il Tribunale di Macerata giudicò rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 co. 1 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare) là dove impone a "qualunque interessato" diverso dal debitore di proporre opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento entro il termine di quindici giorni dalla affissione di questa per contrasto con l'art. 24 co. 1 e 2 Cost.
2.1. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita; ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri con atto depositato il 18 dicembre 1986 con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha argomentato e concluso per la manifesta infondatezza della proposta questione nella parte relativa alla parola "quindici" e per la infondatezza della stessa nella parte relativa alle parole "dall'affissione della sentenza" di cui all'art. 18 co. 1 l. fall.
2.2. - Nell'adunanza del 2 luglio 1987 in camera di consiglio il giudice Andrioli ha svolto la relazione.
Considerato in diritto
3.1. - Il Tribunale di Macerata, ritenuta rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla debitrice opponente, l'ha giudicata non manifestamente infondata in riferimento all'art. 24 Cost. sul duplice riflesso che la presunzione legale di conoscenza promanante dalla affissione della sentenza dichiarativa, pur operando su tutto il territorio nazionale, é ricollegata ad una attività che si realizza in un solo luogo e che il termine di quindici giorni non sarebbe sufficiente e la ha per contro giudicata infondata in riferimento all'art. 3 Cost. perché la distinzione tra debitore ed altri interessati sarebbe stata evidenziata nella C. cost. n. 151 del 1980.
3.2. - L'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta - nella mancata comparizione delle parti del giudizio di merito - per il Presidente del Consiglio dei ministri, per un verso ha dedotto la manifesta infondatezza della questione nella parte in cui il Tribunale di Macerata si é riferito al lasso del termine di quindici giorni, perché sarebbe stata già definita dalla ripetuta C. cost. n. 151 del 1980, e per altro verso la ha reputata infondata nella parte in cui ha il giudice di merito soffermato la propria attenzione sull'identificazione dell'inizio del termine nella affissione della sentenza dichiarativa vuoi perché gli interessi dei soggetti diversi dal fallito sarebbero marginali vuoi perché l'imposizione dell'onere delle notificazioni della sentenza a ciascuno di costoro sarebbe economicamente gravoso e di arduo adempimento.
4. - In ambo i profili sotto i quali il giudice a quo l'ha dedotta, la questione non é fondata perché l'indeterminatezza degli interessati diversi dal debitore non impedisce di sperimentare l'opposizione se non giovandosi della tecnica dei pubblici proclami, di cui il legislatore ordinario fa uso con rescrivere l'art. 150 c.p.c., il quale - é appena il caso di avvertirlo - disciplina (non già il processo per pubblici proclami sibbene) la notificazione per pubblici proclami.
Certo, non sfugge a questa Corte che l'art. 150 delinea garanzie del diritto di difesa del destinatario dell'atto che non si esauriscono nell'affissione dell'atto stesso, ma l'elevazione di tali garanzie ad oggetto di normativa sott’ordinata é compito del legislatore ordinario, che, in non diversa guisa del "diritto vivente", non ha purtroppo dato sinora prova di eccessiva diligenza nel colmare la lacuna provocata dalla C. cost. n. 151 del 1980.
Né diversa sorte merita la puntualizzazione sulla durata del termine di quindici giorni perché quel che conta é non la durata ma l'individuazione del suo termine iniziale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 co. 1 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) sollevata, in riferimento all'art. 24 co. 1 e 2 Cost., nei termini di cui in narrativa (sopra 3.1.) dal Tribunale di Macerata con ordinanza 13 dicembre 1986 (n. 29 reg. ord. 1987).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 3 luglio 1987
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: ANDRIOLI
Depositata in cancelleria il 16 luglio 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI