Sentenza n.154 del 1987

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SENTENZA N. 154

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

        ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 58 della legge 26 luglio 1961, n.709 (Stato giuridico ed avanzamento dei militari di truppa e norme sui vicebrigadieri del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 12 febbraio 1986 dalla Corte dei Conti sul ricorso proposto da Pappaluca Basilio, iscritta al n. 640 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54, prima s.s. dell'anno 1986;

Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1987 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 12 febbraio 1986, la Corte dei Conti sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 58 della legge 26 luglio 1961, n. 709, in riferimento all'art. 3 Cost., ritenendo - sul piano interpretativo - che la norma impugnata, richiamando il precedente art. 18 lett. a), e venendo integrata dall'art.52 del T.U. 29 dicembre 1973, n.1092, richiede per i militari di truppa un'anzianità di servizio minima di venti anni.

La questione veniva sollevata in occasione del ricorso di un agente del corpo delle guardie di P.S. che si doleva di non essere stato ammesso al trattamento di quiescenza perché licenziato, con perdita di grado e rimozione, dopo oltre quindici anni di servizio utile, ma con anzianità inferiore ad anni venti.

In merito la Corte rimettente si riferiva ai precedenti costituiti dalle sentenze nn.144/1971, 255/1982 e 236/1985 di questa Corte, alle cui argomentazioni pienamente aderiva. Si rilevava, infatti, nell'ordinanza che nessuna razionale giustificazione era alla base della norma che consentiva al militare di P.S. di conseguire il trattamento di quiescenza solo se in possesso di un'anzianità pensionabile diversa e più elevata di quella richiesta ad ufficiali e sottufficiali, quando avesse perduto il grado nelle medesime condizioni e per gli stessi motivi per cui veniva perduto da ufficiali e sottufficiali delle FF.AA. (a maggior ragione, poi se appartenenti alla medesima Arma o Corpo). A nulla rileverebbe, infatti, la differenza di Corpo, grado o posizione gerarchica, giacché la sostanziale identità ed affinità del servizio prestato, sia pure a livelli diversi, esigerebbe identità di trattamento ai fini di quiescenza.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Nessuno si é costituito dinanzi alla Corte Costituzionale né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

Secondo quanto esposto in narrativa, la Corte Costituzionale, in riferimento questa volta alle norme che regolano il trattamento di quiescenza degli agenti delle guardie di P.S. (art. 58 della legge 26 luglio 1961, n. 709), é nuovamente chiamata a decidere se contrasti col principio d'eguaglianza la disparità di disciplina esistente in ordine al conseguimento della pensione prima dell'emanazione del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092, tra ufficiali da un lato e militari di truppa dall'altro, se dimessi con rimozione e perdita del grado.

Al riguardo la Corte deve ancora rilevare che, mentre ufficiali e sottufficiali di P.S. maturavano il diritto al trattamento pensionistico al quindicesimo anno di servizio, le guardie di P.S., per effetto della norma impugnata, avrebbero potuto ottenere lo stesso diritto solo al compimento del ventesimo anno.

Simile disparità, però, non appare sorretta da alcun fondamento, quando si tratti di persone appartenenti alle stesse forze armate che abbiano analoghi doveri e versino nelle stesse condizioni, perché - come la Corte rimettente ha osservato - la differenza di grado non può avere alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione (sentenze nn. 236/1985, 255/1982 e 114/1971).

Talché, limitatamente agli effetti di applicazione della disposizione denunziata alla fattispecie normativa nella quale rientra l'ipotesi in esame, va dichiarata l'illegittimità della norma in parte qua.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 58 della legge 26 luglio 1961, n. 709 (stato giuridico ed avanzamento dei militari di truppa e norme sui vicebrigadieri del Corpo delle guardie di P.S.), nella parte in cui non prevedeva che anche gli agenti di P.S. potessero conseguire la pensione al compimento di quindici anni di servizio se dispensati dal servizio di autorità, o rimossi dal grado o cessati comunque dal servizio per effetto di condanna penale.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta il 6 maggio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: GALLO

Depositata in cancelleria il 13 maggio 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE