SENTENZA N. 131
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 del disegno di legge nn. 735-1113-1118, approvato il 23 aprile 1986 dall'Assemblea regionale siciliana, recante ("Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri comunali, provinciali e di quartiere"), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Sicilia, notificato il 30 aprile 1986, depositato in cancelleria il 5 maggio 1986 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 1986;
Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;
Udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1986 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;
Uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, e l'avvocato Silvio De Fina, per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. - Il Commissario dello Stato per la regione Sicilia, con ricorso notificato il 30 aprile 1986 ha impugnato l'art. 20 del disegno di legge regionale approvato nella seduta del 23 aprile 1986, recante "Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri comunali, provinciali e di quartiere" (promulgata con il n. 31 il 24 giugno 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale regionale).
Si osserva in ricorso:
a) che la disposizione denunciata recita testualmente "la disposizione del secondo alinea del n. 4 dell'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, come sostituito dall'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, deve intendersi nel senso che la cessazione dalle funzioni ivi previste riguarda esclusivamente gli assessori comunali e provinciali, mentre per i sindaci ed i presidenti delle amministrazioni provinciali la cessazione dalle funzioni deve aver luogo entro i termini previsti dall'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 nel testo precedente alla sostituzione operata con l'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20";
b) che l'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, dopo aver stabilito, al primo comma, l'ineleggibilità a deputato regionale di sindaci e assessori di taluni comuni di particolare rilevanza nonché dei presidenti e degli assessori provinciali, prevedeva, al secondo comma, che "nella prima applicazione delle disposizioni del comma precedente del presente articolo la cessazione dalle funzioni per dimissioni o altra causa ivi prevista deve aver luogo entro quindici giorni dall'entrata in vigore della presente legge" (id est: 22 aprile 1986);
c) che la previsione di tale più breve termine, rispetto a quello di centottanta giorni stabilito in linea generale, era da porre in correlazione alla imminente scadenza elettorale per il rinnovo dell'Assemblea regionale (fissato per il 22 giugno 1986) e rispondeva dunque all'evidente finalità di porre la categoria di soggetti contemplata dalla norma in condizione di esercitare, comunque, il diritto elettorale passivo;
d) che, in virtù dell'impugnata disposizione - solo apparentemente interpretativa, ma in realtà innovativa -, i sindaci ed i presidenti delle amministrazioni provinciali devono lasciare i rispettivi incarichi almeno novanta giorni prima del compimento del quinquennio dalla data delle precedenti elezioni regionali ( ex art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 nel testo precedente l'ultima modifica di cui all'art. 19, legge regionale n. 20 del 1986), e dunque in una data già decorsa al momento di entrata in vigore della legge (22 aprile 1986), posto che il quinquennio sarebbe scaduto il 21 giugno 1986;
e) che, non sortendo altro effetto se non quello di precludere ai predetti soggetti la possibilità di candidarsi alle prossime elezioni regionali, essa concretizza un'abnorme violazione dell'art. 51 Cost., che garantisce a tutti i cittadini l'accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, in quanto integrante una sostanziale modificazione della disciplina transitoria nell'imminenza della competizione elettorale, quando ormai le relative procedure preparatorie erano state già avviate in base alla vigente normativa regionale.
2. - La Regione siciliana si é costituita in giudizio sostenendo che la norma interpretativa riguarda il primo e non il secondo comma dell'art. 19, legge regionale 22 aprile 1986, n. 20 ed instando, quindi, per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. - L'art. 8, primo comma, n. 4, della legge regionale siciliana 20 marzo 1951, n. 29 ("elezione dei deputati all'Assemblea regionale siciliana") prevedeva l'ineleggibilità dei Sindaci dei Comuni capoluoghi di circoscrizione elettorale o con popolazione superiore a 40.000 abitanti, salvo che cessassero effettivamente dalle funzioni "almeno 90 giorni prima della data del decreto di convocazione dei comizi elettorali". Con la legge 22 aprile 1986, n. 20, il termine di decorrenza della cessazione dalle funzioni - lasciato invariato dalla precedente legge 18 febbraio 1958, n. 6 - é stato raddoppiato, mentre l'ineleggibilità, già estesa (con l'art. 1, cpv., l.r. n. 6 del 1958) ai Presidenti delle amministrazioni provinciali, veniva ulteriormente ampliata (con l'art. 19, primo comma, l.r. n. 20 del 1986) sino a comprendervi gli Assessori dei Comuni e delle Province. L'art. 19, infatti, dispone (primo comma) che l'effettiva cessazione dalle funzioni deve verificarsi "almeno 180 giorni prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedente elezione regionale", aggiungendo peraltro una norma transitoria (secondo comma), a sensi della quale "nella prima applicazione" la suddetta cessazione dalle funzioni "deve aver luogo entro 15 giorni dall'entrata in vigore della presente legge". Ma poco più di due mesi dopo l'emanazione di tale legge, e precisamente nella seduta del 23 aprile 1986, l'Assemblea regionale approvava un disegno di legge - recante, fra l'altro, "norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i Consiglieri comunali, provinciali e di quartiere" - col quale rielaborava la predetta norma transitoria, disponendo all'art. 20 che questa "deve intendersi nel senso che la cessazione dalle funzioni ivi previste riguarda esclusivamente gli assessori comunali e provinciali, mentre per i Sindaci ed i Presidenti delle amministrazioni provinciali la cessazione dalle funzioni deve aver luogo entro i termini previsti dall'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 nel testo precedente alla sostituzione operata con l'art. 19 della legge regionale 22 aprile 1986, n.20".
1.1. - Il Commissario dello Stato per la Regione impugnava il su riportato art. 20 per violazione dell'art. 51 Cost. A suo avviso, infatti, dalla nuova disposizione discendeva che quei Sindaci ed i Presidenti delle Province dovevano dimettersi "almeno 90 giorni prima". E poiché "il quinquennio dalla data della precedente consultazione elettorale andrà a scadere il prossimo 21 giugno 1986, sicché é già da ora chiaramente superato il termine di novanta giorni prima del quale i Sindaci e i Presidenti delle amministrazioni provinciali avrebbero dovuto cessare dalle rispettive funzioni", "la disposizione regionale de qua non ha altra conseguenza, dunque, se non quella di precludere ai predetti soggetti la possibilità di candidarsi alle prossime elezioni regionali". Nonostante l'impugnativa, tuttavia, il Presidente della Regione promulgava egualmente il disegno di legge - ivi compreso l'impugnato art. 20 -, che diveniva così la legge 24 giugno 1986, n. 31.
2. - La questione si risolve sulla base dei dati temporali. La legge regionale siciliana n. 20 del 1986, che ribadisce l'ineleggibilità a deputato dell'Assemblea regionale dei Sindaci dei Comuni capoluoghi di circoscrizione o con popolazione superiore ai quarantamila abitanti e dei Presidenti delle amministrazioni provinciali, dispone che la suddetta ineleggibilità può essere fatta venir meno con la effettiva cessazione dalle su indicate cariche "almeno centottanta giorni prima del compimento di un quinquennio dalla precedente elezione regionale". Essendo tale legge entrata in vigore il 22 aprile 1986, é di tutta evidenza che, anteriormente a tale data, trovava applicazione la precedente legge n. 6 del 1958, che aveva esteso l'ineleggibilità ai Presidenti delle amministrazioni provinciali, novellando così la legge n. 29 del 1951. Ora, a sensi delle precitate leggi del 1951 e 1958, la cessazione dalle funzioni doveva verificarsi "novanta giorni prima del compimento" della legislatura. Ne consegue che i suddetti Sindaci e Presidenti delle amministrazioni provinciali, per rimuovere la causa di ineleggibilità in esame, avrebbero dovuto cessare dalle loro cariche novanta giorni prima del 21 giugno 1986, non potendosi negare la vigenza, nel mese di marzo 1986, della legge n. 6 del 1958. Se essi non hanno provveduto a dimettersi entro tale ultima data - cioè entro i novanta giorni prescritti, che costituiscono termine di decadenza -, devono imputare a se stessi, non già al legislatore, la perdita della possibilità di candidarsi alle elezioni regionali fissate per il 22 giugno con il decreto 7 maggio di indizione dei comizi elettorali. Diversamente opinando, dovrebbe ritenersi che l'art. 19 della legge 22 aprile 1986, n. 20 avrebbe disposto una rimessione in termini a favore di quei Sindaci e Presidenti di amministrazioni provinciali che non hanno osservato la legge che li riguardava; ma di tale rimessione in termini, peraltro priva di giustificazione, non si rinviene alcun indizio nella menzionata legge n. 20 del 1986.
L'ineleggibilità di cui trattasi, già prevista sin dal 1951 e 1958 per i suddetti Sindaci e Presidenti delle amministrazioni provinciali, é stata, viceversa, disposta per la prima volta nei confronti degli assessori dei medesimi enti proprio con la legge 22 aprile 1986, n. 20, cioè quindici giorni prima dell'indizione dei comizi elettorali e due mesi prima delle elezioni. Non potendosi conseguentemente a riguardo di tali assessori far richiamo ad alcuna legge, il legislatore siciliano ha stabilito, in via eccettiva e transitoria, che essi potevano candidarsi per l'elezioni a deputato regionale, cessando dalle funzioni "entro quindici giorni dall'entrata in vigore" della legge che ne disponeva l'ineleggibilità. Un termine doveva essere fissato solo per gli assessori, in quanto solo allora compresi nella categoria degli ineleggibili, e questo é il significato della locuzione "nella prima applicazione", che non avrebbe senso, se riferita anche ai capi degli enti territoriali in oggetto, per i quali il termine di novanta giorni era già previsto da una legge pienamente in vigore. Non é agevole ravvisare la ragione per cui si sarebbe dovuto applicare a questi ultimi la norma derogatoria e transitoria, dettata a favore degli assessori, cioè per consentire loro, "nella prima applicazione" della legge, l'esercizio del diritto di elettorato passivo, dal quale altrimenti sarebbero rimasti esclusi in forza della regola generale. Inoltre, la contraria opinione risulta inaccettabile anche perché contrastante con quella linea di rigore - recentemente adottata dal legislatore siciliano in materia -, su cui questa Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi (sentenza n. 130 del 1987).
Le considerazioni che precedono portano a riconoscere la legittimità costituzionale dell'impugnato art. 20 legge regionale n. 31 del 1986, il quale ha correttamente ricostruito la disciplina delle ineleggibilità di che trattasi, precisando quanto era già desumibile dall'art. 19 legge n. 20 del 1986, cioè che i Sindaci ed i Presidenti delle amministrazioni provinciali ivi previsti dovevano cessare dalle loro cariche in osservanza del termine stabilito con la legge n. 6 del 1958. Non configurandosi pertanto l'"abnorme violazione del disposto dell'art. 51 della Costituzione" denunciata dal Commissario dello Stato, il ricorso va rigettato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge regionale siciliana 24 giugno 1986, n. 31, ("Norme per l'applicazione nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennità degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità per i consiglieri comunali, provinciali e di quartiere"), sollevata in riferimento all'art. 51 Cost. dal Commissario dello Stato per la regione siciliana con ricorso 30 aprile 1986 (reg. ric. n. 15/1986).
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1987.
Il Presidente: LA PERGOLA
Il Redattore: FERRARI
Depositata in cancelleria il 15 aprile 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI