Sentenza n. 169 del 1986

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SENTENZA N. 169

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente 

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 20 settembre 1980 n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense); degli artt. 7, quinto comma, e 25, secondo comma, legge 3 gennaio 1981 n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 novembre 1984 dal Pretore di Forlì nel procedimento civile vertente tra Bandini Laura e Cassa nazionale di previdenza e assistenza per avvocati e procuratori iscritta al n. 1335 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 91 bis dell'anno 1985;

2) ordinanza emessa il 6 dicembre 1984 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Fontana Maria e Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e architetti iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 226 bis dell'anno 1985;

3) ordinanza emessa il 25 giugno 1985 dal Pretore di Sanremo nel procedimento civile vertente tra Piccon Giovanna e Cassa nazionale di previdenza e assistenza per avvocati e procuratori iscritta al n. 561 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8/1 s.s. dell'anno 1986;

visti gli atti di costituzione della Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli avvocati e procuratori e di Fontana Maria nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1986 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

uditi l'avv. Annibale Marini per la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per avvocati e procuratori, l'avv. Nicolò Mattiello per Fontana Maria e l'avvocato dello Stato Ignazio Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1 - a) Le ordinanze n. 1335 del 1984 R.O. e n. 561 del 1985 R. O., emesse rispettivamente dal Pretore di Forlì il 14 novembre 1984 e dal Pretore di Sanremo il 25 giugno 1985, sollevano la medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 legge 20 settembre 1980 n. 576 (modificato dalla legge n. 175 del 1983) nella parte in cui limita la concessione della pensione indiretta alle sole vedove di avvocati che si siano iscritti alla Cassa nazionale prima del compimento del quarantesimo anno di età, per contrasto con gli artt. 3 e (ord. n. 561/1985) 38 Cost.

L'ordinanza del Pretore di Forlì rileva inoltre come la legge n. 576 del 1980 abbia stabilito, per i rapporti pregressi, l'applicazione della precedente normativa (più favorevole) soltanto in favore dei superstiti dei professionisti defunti entro il 31 dicembre 1981, con ciò creando una disparità di trattamento nei confronti delle vedove (come la ricorrente) di professionisti deceduti dopo tale data.

I giudizi nel corso dei quali sono state emesse le citate ordinanze risultano promossi rispettivamente da Laura Bandini, vedova dell'avv. Antonio Frontoni, e da Giovanna Piccon, vedova dell'avv. Nicola Giorgio Muratore, per il riconoscimento del diritto alla pensione indiretta. In entrambi i casi, i professionisti si iscrissero alla Cassa nazionale dopo il compimento del quarantesimo anno di età.

Per il Pretore di Forlì la norma creerebbe "situazioni di grave disparità fra i superstiti" dato che la ricorrente, in base alla normativa vigente all'atto dell'iscrizione alla Cassa (art. 17 l. 25 febbraio 1963 n. 289), avrebbe avuto diritto all'erogazione di una pensione indiretta trovandosi il marito nella situazione di iscritto da almeno cinque anni (senza aver maturato tuttavia il diritto a pensione).

Per il Pretore di Sanremo l'art. 7 l. n. 576 del 1980, privo di logica giustificazione, contrasterebbe anche con l'art. 38 Cost. "ponendo nel nulla le finalità assistenziali della Cassa".

1 - b) Nel giudizio promosso con l'ordinanza del Pretore di Forlì si é costituita la Cassa nazionale di previdenza e assistenza degli avvocati e procuratori, che ha segnatamente richiamato precedente giurisprudenza della Corte costituzionale, circa l'ammissibilità di un differenziato trattamento, nel tempo, applicato alla stessa categoria di soggetti; così che non potrebbe "ritenersi violativa dell'art. 3 Cost. la disciplina dettata dalla l. 576/80 nel punto in cui regolamenta in modo differenziato la situazione del professionista deceduto entro il 31 dicembre 1982 - recte 1981 - (sotto il vigore della vecchia legge) o dopo tale data (sotto il vigore della nuova legge)".

La norma, comunque, sarebbe razionale essendo "evidente che l'iscritto ultra quarantenne, per l'età più avanzata, é portatore di un rischio di spesa più alto rispetto all'iscritto non quarantenne, sia sotto il profilo dell'erogazione della pensione indiretta che dell'acquisizione dei contributi".

La Cassa di previdenza si é analogamente costituita nel giudizio instaurato con l'ordinanza del Pretore di Sanremo, deducendo che non sussisterebbe la violazione dell'art. 3 Cost. poiché il legislatore sarebbe "libero di porre un limite alla nascita di un determinato diritto in relazione all'età stessa"; la disposizione avrebbe quindi la ratio di evitare un eccessivo rischio per la Cassa, essendo "l'ultraquarantenne più vicino (almeno statisticamente) alla morte".

In entrambi i giudizi ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la dichiarazione di non fondatezza della questione, attesa la affermata non configurabilità "di un diritto dell'iscritto all'intangibilità del trattamento pensionistico vigente al momento in cui ebbe inizio l'iscrizione" in un "sistema previdenziale prevalentemente ispirato a principi solidaristici".

2. - Con ordinanza emessa il 6 dicembre 1984 (n. 361 del 1985 R.O.) il Pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 7, penultimo comma, e 25, secondo comma, l. 3 gennaio 1981 n. 6 nella parte in cui escludono il diritto alla pensione di reversibilità per il coniuge superstite dell'ingegnere che si sia iscritto alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza ad un'età non inferiore ai quaranta anni e nella parte, ancora, in cui limitano l'applicazione, in via transitoria, della previgente più favorevole normativa ai casi in cui il pensionato sia defunto prima del 1 gennaio 1983, per contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione.

La causa di cui il Pretore di Roma é investito risulta promossa al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità da parte di Maria Fontana, vedova di un ingegnere iscrittosi alla Cassa di previdenza all'età di sessantatré anni e deceduto in data 11 marzo 1983; in base alla legislazione precedente (artt. 8, 12 e 14 d.P.R. 31 marzo 1961 n. 521) la ricorrente, si sostiene nella parte introduttiva dell'ordinanza, avrebbe avuto diritto alla pensione.

Il giudice a quo appunta specificamente le proprie censure sulla non estendibilità della nuova normativa, sostanzialmente restrittiva "a chi, in base alle leggi prima vigenti, aveva diritto alla pensione di reversibilità". Ciò contrasterebbe anche con l'art. 38 Cost. in quanto "viene sottratta, a posteriori, la tutela previdenziale a soggetti che, perlomeno nell'immediato, non hanno la possibilità di ovviare alla situazione di disagio economico".

Nel giudizio si é costituita Maria Fontana chiedendo una pronuncia di illegittimità costituzionale delle norme denunciate.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni strettamente connesse: i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2.1. - L'art. 17 della legge 25 febbraio 1963, n. 289 stabiliva, in tema di trattamento di quiescenza a favore della classe forense, che per il decesso di professionista iscritto alla relativa Cassa di previdenza senza avere ancora maturato il diritto a pensione, questa - nella misura prevista - spettasse al coniuge. Senonché con successiva disposizione contenuta nell'art. 7 della legge 20 novembre 1980, n. 576 (modificato dalla legge 2 maggio 1983, n. 175) si limitò il diritto dei superstiti nel senso che, per dare ingresso alla pensione indiretta, il professionista doveva risultare iscritto alla Cassa da data anteriore al quarantesimo anno di età. La normativa così intervenuta dispiegò efficacia a far tempo dal 1 gennaio 1982, sicché nulla poteva essere reclamato per il descritto titolo, da coniuge superstite di soggetto iscritto dopo il compimento del quarantesimo anno e deceduto, comunque, posteriormente alla nuova più restrittiva legge.

2.2 - Secondo i Pretori di Forlì (ord. 1335/84) e di Sanremo (ord. 561/1985), la normativa anzidescritta contrasterebbe con l'art. 3 Cost. poiché rimarrebbero discriminati - non foss'altro sotto il profilo temporale del passaggio dalle vecchie alle nuove disposizioni - i superstiti di avvocato, iscrittosi postquarantenne. Per il Pretore di Sanremo vi sarebbe, altresì, contrasto del detto art. 7 l. n. 576 con l'art. 38 Cost., posto che la norma porterebbe a vanificare l'unicità di intenti previdenziali della Cassa forense.

La questione non é fondata.

La ridetta condizione ostativa alle prestazioni della Cassa forense per iscrizione del soggetto successivamente ai suoi quarant'anni é stata già in tali negativi sensi risolta da questa Corte, sia pure con riferimento al trattamento di invalidità del professionista. Si é ravvisato in punto che la norma, a questo specifico titolo impugnata, non comporta violazione del principio di eguaglianza per irragionevolezza e disparità di trattamento. Il legislatore ha abbandonato, infatti, nell'area della previdenza, precedenti strutturazioni e connotazioni mutualistiche, privilegiando ora sistemi decisamente improntati a carattere solidaristico (sentenza n. 132 del 1984).

Cosicché é venuta a cadere la rigida correlazione tra oneri contributivi e prestazioni previdenziali, restando di conseguenza chiaramente giustificata la discrezionale previsione di condizioni e di limiti ai benefici, con riguardo ad un'età d'iscrizione più matura rispetto alla normale.

Né la Corte, per la fattispecie qui dedotta, devesi discostare dalle conclusioni cui essa era già pervenuta, sol perché si versi nell'ipotesi di trattamento indiretto ai superstiti anziché di invalidità del soggetto direttamente inciso.

Come é configurata nella norma in esame, la pensione indiretta - da erogarsi cioé ai superstiti di professionista deceduto in costanza di attività - costituisce tipica espressione, anch'essa, del delineato sistema solidaristico, dal momento che consegue - identicamente al trattamento di invalidità - in pro di beneficiari impossibilitati in radice, se non fosse intervenuto l'evento invalidante ovvero il decesso, a vantare alcunché a titolo di pensione, per non essere stato maturato - come invece nell'ipotesi di reversibilità - il previsto periodo di contribuzione.

A questo punto é bene precisare, per la necessaria chiarezza degli enunciati principi ed a fugare equivoci, che il concetto di trattamento pensionistico indiretto rispetto a quello di reversibilità viene a divergere nella previdenza forense - così come positivamente delineato - dalla nozione che dei due istituti é invece fornita in altri generali ordinamenti (rapporto di impiego pubblico; rapporto di lavoro privato). In tali indicate aree, infatti, le due connotazioni (pensione indiretta; pensione di reversibilità) rivelano una diversità più che altro formale: per il decesso del dante causa perdurante la sua attività nell'un caso (trattamento indiretto) ovvero successivamente alla di lui cessazione di attività nell'altro (trattamento di reversibilità); dovendo in entrambe le ipotesi comunque, perché sorgano diritti in capo ai superstiti, sussistere la maturazione del diritto a pensione.

2.3 - E dunque, invece, nell'ipotesi qui contemplata il legislatore - come s'é detto - restava facultato a porre restrizioni e limitazioni nell'ambito di una complessiva discrezionale valutazione del sistema adottato. Nessuna violazione, perciò, ricorre dell'art. 3 e neppure del successivo art. 38 (secondo comma) Cost. Tale secondo precetto consente che il diritto alle prestazioni possa venire subordinato a determinate condizioni o requisiti (sent. n. 3/1975).

Né é il caso, poi, di insistere sull'assunta disparità nel tempo, tra soggetti ricadenti nell'area della precedente normativa e soggetti incisi dalla norma meno favorevole, essendo bastevole ricordare che la fissazione di un momento temporale di decorrenza si pone inevitabile là dove si determini una qualsiasi modificazione normativa. In tali termini, proprio in ordine alle finalità di cui alla legge n. 576/1980 si é già ravvisato non configurabile (sentenza n. 132/1984, citata) un diritto dell'iscritto (e perciò anche dei suoi aventi causa) alla intangibilità del trattamento pensionistico vigente al momento in cui erasi formalizzata l'iscrizione.

3. - Il Pretore di Roma (ord. n. 361/1985) per una fattispecie concernente la pensione di reversibilità al coniuge superstite di ingegnere, già in godimento in vita della pensione diretta, ravvisa contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. della norma (art. 7, comma quinto, della legge 3 gennaio 1981, n. 6) ostativa alla detta liquidazione al coniuge per non risultare il professionista iscritto, alla relativa Cassa, anteriormente al compimento del quarantesimo anno di età.

I termini dell'incidente concernono, dunque, il diritto al trattamento di reversibilità: vale a dire, secondo quanto precisato innanzi (supra n. 2.2), alla pensione che consegue in favore dei superstiti, alla morte del soggetto già titolare - egli stesso - di pensione diretta.

La questione é fondata.

L'esclusione dal novero degli aventi diritto al trattamento di reversibilità, operata dalla norma impugnata nei confronti dei superstiti di pensionati, in precedenza iscritti alla Cassa dopo il compimento del quarantesimo anno d'età, risulta gravemente discriminatoria e non sorretta da alcuna giustificazione razionale.

Valutazioni attinenti ad una politica di gestione globale dei fondi previdenziali della Cassa, incidente su soggetti (o loro superstiti) iscrittisi in età più avanzata, si infrangono, nell'ambito dei principi costituzionali prospettati dal remittente, a fronte del conseguito beneficio già erogato in testa all'iscritto. Cosicché il cespite pensionistico, per il fatto stesso dell'intervenuta sua liquidazione e dell'inerente godimento all'atto del decesso, si é posto - tangibilmente - quale indice di sopperimento alle esigenze di vita e di sostentamento familiare, consolidatosi intra domesticos parietes.

Più concretamente, la disciplina della pensione di reversibilità, nell'intero complesso della legislazione previdenziale, resta naturalmente avvinta, proseguendolo, al pregresso istituto della pensione diretta fruita dal lavoratore, né può essere in alcun modo sottratta, perciò, ai superstiti che ne abbiano, comunque, titolo per vincolo familiare.

Il riconoscimento in radice di tale principio assorbe ogni altra considerazione appuntata dal remittente, in subordine, sulla operatività temporale della restrizione ex art. 7, giusta il successivo art. 25, secondo comma, della ridetta legge n. 6/981.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi:

- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 20 settembre 1980 n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense) - modificato dalla legge 2 maggio l983, n. 175 -, sollevata, per contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost., dai Pretori di Forlì e di Sanremo con le ordinanze in epigrafe;

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, penultimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti) limitatamente alle parole "di reversibilità ed".

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 giugno 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 1 luglio 1986.