SENTENZA N. 138
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, d.l. 1 ottobre 1973 n. 580 (Misure urgenti per l'Università) convertito nella l. 30 novembre 1973 n. 766 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1 ottobre 1973, n. 580, recante misure urgenti per l'Università); articolo unico sedicesimo comma, d.l. 23 dicembre 1978 n. 817 convertito nella legge 19 febbraio 1979 n. 54, promosso con ordinanza emessa il 22 ottobre 1982 dal TAR per il Veneto sul ricorso proposto da Fusaro Antonio c/Università degli Studi di Padova ed altro, iscritta al n. 265 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 191 dell'anno 1983.
Visti gli atti di costituzione del Ministero della Pubblica Istruzione e dell'Università degli studi di Padova, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 22 aprile 1986 il Giudice relatore Ettore Gallo;
udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri, per il Ministero della Pubblica Istruzione e per l'Università degli Studi di Padova.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza 22 ottobre 1982, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del decreto legge 1 ottobre 1973, n. 580, convertito con modificazioni, nella legge 30 novembre 1973, n. 766, nonché dell'articolo unico, sedicesimo comma, del decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817, convertito con modificazioni, nella legge 19 febbraio 1979, n. 54, nella parte in cui, in violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, non ammettono alla stabilizzazione gli incaricati nelle scuole di specializzazione e perfezionamento di cui alle lettere b) e c) dell'art. 20 T. U. 31 agosto 1933, n. 1592.
La questione incidentale si era profilata in occasione del ricorso del dr. Antonio Fusaro, avverso provvedimento del Rettore dell'Università di Padova che aveva respinto la sua domanda di stabilizzazione quale incaricato nella Scuola di specializzazione in medicina interna della Facoltà di Medicina. Osservava il Tribunale amministrativo che, in base alla normativa vigente, l'istituto della stabilizzazione andava riferito soltanto agli insegnamenti ufficiali, per cui il ricorso si sarebbe dovuto respingere.
Soggiungeva peraltro il Tribunale che tale esclusione avrebbe realizzato un'ingiustificata disparità di trattamento tra gli incaricati delle Facoltà e gli incaricati delle Scuole di specializzazione e di perfezionamento. Infatti, poiché l'istituto della stabilizzazione era stato introdotto in vista della riforma universitaria, esso si sarebbe dovuto estendere anche ai docenti incaricati in scuole di specializzazione e di perfezionamento, non essendo rilevante l'osservazione secondo cui le due categorie di incarichi assumerebbero nel contesto della normativa universitaria, una diversa posizione giuridica.
Ad avviso del giudice a quo, infatti, qualsiasi considerazione fondata sulla diversa disciplina giuridica cui sono soggetti gli incarichi nelle scuole di specializzazione e perfezionamento, rispetto a quelli conferiti nelle Facoltà, non influirebbe sulla ratio della stabilizzazione degli incarichi di insegnamento "che consiste nella cristallizzazione della situazione fino al momento della riforma universitaria, destinata, a coinvolgere anche le istituzioni di cui si tratta".
La normativa denunciata, quindi, sarebbe anche in contrasto sia con l'art. 51 della Costituzione che stabilisce l'accesso dei cittadini ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza, sia con l'art. 97, che prevede i principi di buon andamento ed imparzialità dell'Amministrazione.
2. - L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Dinanzi la Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.
Richiamando l'art. 20 del T. U. 31 agosto 1933, n. 1592, l'Avvocatura osserva che esso prevede testualmente che presso l'Università possono essere costituite scuole di specializzazione o perfezionamento, sia con insegnamenti ad esse particolari, sia con opportuni raggruppamenti o coordinamenti propri di altre facoltà, per cui gli Statuti delle singole Università sono liberi di disciplinare compiutamente il rapporto degli insegnanti in quelle scuole.
In altri termini, mentre per le Facoltà statuti e regolamenti hanno natura esecutiva ed integrativa della normativa statale, per le scuole e i corsi di cui alle lett. a), b), e c) del citato art. 20 del T. U., é il regolamento la fonte primaria disciplinatrice del rapporto con il proprio personale.
Inoltre, gli incarichi di insegnamento nelle Facoltà sono direttamente retribuiti a carico del bilancio statale (art. 21, l. 18 marzo 1958, n. 311), mentre gli incarichi, nelle scuole di perfezionamento e specializzazione, sono retribuiti a carico del bilancio universitario; i primi, poi, vengono conferiti con vera e propria procedura concorsuale, espressamente disciplinata da norme legislative (dapprima l'art. 7 della l. 24 febbraio 1967, n. 62 e poi l'art. 4 del più volte citato d.l. 580 del 1973, convertito nella legge 766/73): norme che non sono state mai dettate per gli insegnamenti nelle scuole in parola.
Ritiene, pertanto, l'Avvocatura che gli incarichi di insegnamento nelle scuole di specializzazione non siano assimilabili, né formalmente né sostanzialmente, a quelli svolti nei normali corsi di laurea o di diploma di cui alla tab. 1 annessa al R.D. del 30 settembre 1938 n. 1652, in quanto sono diversi la fonte normativa, le procedure di conferimento, le finalità, i contenuti e la stessa durata. Conseguentemente al titolare dell'incarico in esame non é applicabile la normativa della stabilizzazione negli incarichi di insegnamento di cui all'art. 4 d.l. 1 ottobre 1973 n. 580, convertito nella l. 30 novembre 1973, n. 766: né ciò determina alcuna disparità di trattamento, mentre poi non sarebbe nemmeno configurabile un contrasto con gli artt. 51 e 97 Cost.
Considerato in diritto
1. - Va premesso che - come risulta, del resto, anche dall'epigrafe della presente sentenza - l'ordinanza di rimessione, sia nella parte motiva che nel dispositivo, fa riferimento, fra l'altro, al comma sedicesimo dell'articolo unico del d.l. 23 dicembre 1978 n. 817, convertito poi, con modificazioni, nella l. 19 febbraio 1979 n. 54. Basta, però, la semplice lettura per rendere evidente che si tratta di errore materiale nell'indicazione del comma. Quello citato, infatti, concerne l'assegno di studio universitario e le condizioni per avere titolo a conseguirlo, oggetto manifestamente estraneo alla questione proposta. É, invece, il comma quindicesimo, vale a dire quello che immediatamente precede il comma citato (e che spiega, perciò, l'inesatta indicazione dovuta evidentemente ad erroneo computo dei commi) che riguarda i professori incaricati.
Trattandosi, perciò, di errore materiale, evidente ictu oculi, l'indicazione dell'ordinanza può essere corretta dalla Corte (cfr. sent. n. 47 del 1962).
2. - Secondo l'ordinanza di rimessione, la violazione dell'art. 3 Cost. si fonderebbe su di un duplice ordine di motivi, innanzitutto perché ambo le situazioni in esame, e cioé sia quella concernente gli incaricati nelle scuole di specializzazione o di perfezionamento, avevano carattere di precarietà. In secondo luogo perché una volta disposta la prima proroga degli incarichi a semplice domanda, anche per quelli delle scuole di perfezionamento e specializzazione, non esisteva alcuna ragione per escludere questi ultimi dalle proroghe successive e quindi poi dalla stabilizzazione. Specie se si considera che la ratio dell'istituto della stabilizzazione era quella di cristallizzare le situazioni precarie fino alla riforma che avrebbe dovuto avviarle a soluzione definitiva.
Ma nessuna di queste ragioni ha consistenza. Che ambo le situazioni fossero di precariato non implica necessariamente che esse dovessero trovare nella legge identico trattamento, visto che, dal docente universitario all'operaio, numerosissime erano e sono le categorie in situazione di precarietà. Ma proprio per questo é conforme a ragionevolezza che il legislatore non debba essere tenuto a risolverle tutte nello stesso modo, giacché l'elemento che accomuna le situazioni, agli effetti dell'art. 3 Cost., non può essere ravvisato in qualche carattere generalissimo, bensì in peculiari caratteristiche che le renda omogenee in termini di natura giuridica, di finalità specifiche.
Ora, é proprio all'interno stesso della categoria dei docenti precari di livello universitario che le due situazioni, di cui si va parlando, mostrano invece la loro decisa diversità. Già la legge fondamentale, infatti, il T. U. 31 agosto 1933 n. 1592, tiene nettamente distinte all'art. 20 le Facoltà dalle scuole dirette a fini speciali, e da quelle di perfezionamento, così come da ambo le predette distingue i Corsi di integrazione e di cultura: e tutta la successiva legislazione, fino al d.P.R. 10 marzo 1982 n. 162 che ha riordinato completamente quelle Scuole, sopprimendo quelle di perfezionamento, si é rigorosamente ispirata a tale precisa distinzione.
Così, mentre per le Facoltà la fonte primaria di ogni organizzazione é la legge, per cui é soltanto il legislatore a disciplinare organici, ruoli, reclutamento, stato giuridico e trattamento economico dei professori, al contrario costituzione, funzionamento e ordinamento anche del personale delle Scuole sono lasciati all'autonomia degli Atenei che organizzano e disciplinano le Scuole, mediante gli statuti e i regolamenti, presso le singole Facoltà o anche attraverso intese interfacoltà. Nelle Facoltà, invece, anche quando Statuti e regolamenti dispongano dell'interna organizzazione, si tratta sempre di semplice funzione esecutiva od integrativa della legge.
In particolare, il trattamento economico dei professori incaricati nei Corsi ufficiali delle Facoltà gravava - come quello dei professori straordinari ed ordinari - sul bilancio dello Stato, mentre quello degli incaricati nelle scuole era a carico del bilancio dell'Università.
Da tutto ciò, risulta evidente che i professori incaricati nei corsi ufficiali di laurea erano dipendenti precari dello Stato, e che i professori incaricati nelle scuole erano invece dipendenti delle Università. La stessa possibilità di esistenza di questi ultimi era, perciò, soltanto eventuale, perché condizionata all'istituzione dell'una o dell'altra scuola che l'Università era libera di decidere a proprio insindacabile giudizio: al contrario, la presenza degl'incaricati nei Corsi ufficiali della Facoltà era obbligatoria in caso di mancanza del titolare della cattedra ed era rigorosamente disciplinata per legge.
Si tratta, perciò, di situazioni giuridiche sostanzialmente diverse, che il legislatore é libero di disciplinare, nell'ambito del suo discrezionale potere, secondo differenti criteri, in tutto o in parte. Pur riconoscendo che la ratio che presiedeva all'istituto della stabilizzazione ben poteva essere quella indicata dall'ordinanza, ciò non poteva comportare che tutte indistintamente le situazioni di precariato dovessero avere lo stesso trattamento, parificando categorie e aspettative fra loro non sempre comparabili in un giudizio di legittimità costituzionale.
Né può avere rilevanza che una tantum, in occasione del rinnovo dell'incarico a semplice domanda per il primo anno, le due categorie in esame abbiano avuto la stessa disciplina. Questa Corte ha affermato in più occasione che soltanto una lunga, inequivoca ed ininterrotta uniformità di disciplina può consentire, nel contesto di altri eventuali favorevoli elementi, una ragionevole opinione di sostanziali affinità fra due situazioni giuridiche. (Cfr. da ultimo, Sent. n. 212 del 1985).
Per tutte le stesse indicate ragioni non può ritenersi vulnerato il principio di imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), e tanto meno quello di uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici a parità di requisiti di attitudine (art. 51 Cost.). A proposito del quale ultimo principio é soltanto suggestivo l'argomento che sostiene l'esigenza di più elevata preparazione per i docenti delle scuole di specializzazione, in quanto dirigono il loro insegnamento a chi é già edotto della disciplina (Assistenti universitari od ospedalieri), a fronte di coloro che impartiscono nozioni istituzionali a studenti in fase di apprendimento. In realtà, il docente dei Corsi ufficiali della Facoltà, proprio perché deve introdurre lo studente in discipline a lui affatto sconosciute, deve possedere una vasta preparazione di base e una grande esperienza didattica che, pur se desiderabile anche nello specializzatore, non é tuttavia strumento immediato e imprescindibile in chi deve soltanto affinare o approfondire un singolo particolare ramo di una certa disciplina: finalità per la quale si richiede, invece, sopra tutto esperienza specifica nel ramo.
La questione proposta non é, pertanto, fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 primo comma, d.l. 1 ottobre 1973 n. 580, convertito, con modificazioni nella l. 30 novembre 1973 n. 766, nonché dell'articolo unico, quindicesimo Comma del d.l. 23 dicembre 1978 n. 817, convertito, con modificazioni, nella l. 19 febbraio 1979 n. 54, sollevata dal T.A.R. per il Veneto con ord. 22 ottobre 1982, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 Cost.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1986.
Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA
Depositata in cancelleria il 18 giugno 1986.