SENTENZA N. 112
ANNO 1986
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Livio PALADIN, Presidente
Prof. Antonio LAPERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL’ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art 134, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), promosso con ordinanza emessa il 31 agosto 1981 dal Giudice istruttore presso il Tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Bais Maurizio, iscritta al n. 656 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 345 dell'anno 1981;
udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1986 il Giudice relatore Giovanni Conso.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento penale a carico di Bais Maurizio, imputato del reato di cui agli artt. 158 e 160 n. 1 del codice penale militare di pace perché iscritto di leva, si era procurato, mentre si trovava nell'aula del consiglio di leva di Udine per affrontare i tests attitudinali, lesioni personali, il Giudice istruttore presso il Tribunale militare di Padova ha sollevato questione di legittimità dell'art. 134, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, "nella parte in cui stabilisce che gli iscritti di leva, che commettono i reati militari previsti dagli artt. da 157 a 163 del codice penale militare di pace, siano sottoposti alla giurisdizione militare".
Rilevato che la retta nozione di appartenente alle Forze armate é quella fornita, in via esclusiva, dalle leggi militari, stando alle quali la posizione di "militare" si assume solo in base all'atto di arruolamento (art. 61, lettera e, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, modificato dall'art. 14 della legge 31 maggio 1975, n. 191), il giudice a quo ha ravvisato nella norma impugnata contrasto anzitutto con l'art. 103, terzo comma, della Costituzione, perché negli iscritti di leva difetterebbe lo stato di appartenenti alle Forze armate richiesto dall'indicato precetto costituzionale per la giurisdizione dei tribunali militari in tempo di pace, e poi con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, perché dall'attribuzione della cognizione dei reati commessi dagli iscritti di leva alla giurisdizione militare deriverebbe come conseguenza la loro sottrazione al giudice naturale precostituito ex lege, che é l'autorità giudiziaria ordinaria.
L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 345 del 16 dicembre 1981.
Nel giudizio non vi é stato né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri né costituzione della parte privata.
Considerato in diritto
1. - L'ordinanza di rimessione sottopone al vaglio di questa Corte il secondo comma dell'art. 134 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), "nella parte in cui stabilisce che gli iscritti di leva, che commettono i reati militari previsti dagli artt. da 157 a 163 del codice penale militare di pace, siano sottoposti alla giurisdizione militare".
2. - Più precisamente, trattandosi di un comma la cui formulazione é imperniata su particolari fattispecie criminose anziché su particolari categorie di soggetti attivi ("I reati di cui al comma precedente - e, cioé, i reati previsti negli artt. da 157 a 163 del codice penale militare di pace e dall'art. 115 del codice penale militare di guerra, commessi dagli iscritti di leva o dai militari in congedo - appartengono alla cognizione della autorità giudiziaria militare"), la proposta questione di legittimità viene a coinvolgere il secondo comma dell'art. 134 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nella parte in cui stabilisce che i reati previsti dagli artt. da 157 a 163 del codice penale militare di pace appartengono alla cognizione dell'autorità giudiziaria militare quando siano commessi da iscritti di leva.
3. - Come chiaramente emerge sia dalla fattispecie concreta oggetto del procedimento a quo (reato commesso da un iscritto di leva prima della "pronuncia di arruolamento") sia dal concomitante e contrapposto richiamo dell'art. 134, primo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, alla categoria dei "militari in congedo", sicuramente comprensiva degli iscritti di leva che siano stati arruolati, per "iscritti di leva" devono qui intendersi gli iscritti di leva in senso stretto, cioé gli iscritti di leva per i quali non é stata ancora adottata dal Consiglio di leva competente una di quelle decisioni (pronuncia di arruolamento, pronuncia di riforma, pronuncia di esclusione dal far parte delle Forze armate) cui l'ordinamento ricollega una qualifica positivamente o negativamente "determinante" ai fini della prestazione del servizio militare (arruolato, riformato, escluso).
4. - Ad avviso del giudice a quo, la norma così individuata e puntualizzata sarebbe in contrasto, anzitutto, con l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione, perché agli iscritti di leva farebbe "difetto" quello "stato di appartenenti alle Forze armate" in mancanza del quale mai potrebbe trovare giustificazione costituzionale, nemmeno a fronte di reati militari, la giurisdizione militare in tempo di pace. La conseguente sottrazione dell'iscritto di leva all'autorità giudiziaria ordinaria si risolverebbe, altresì, in una violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione.
5. - Affrontata con riferimento al primo dei due parametri costituzionali invocati, la questione risulta fondata.
La qualità di "appartenente alle Forze armate", che l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione assume ad ineludibile condizione per la sottoponibilità alla giurisdizione dei tribunali militari in tempo di pace, non può non implicare l'esistenza di un rapporto di attuale soggezione alla speciale potestà dell'amministrazione militare e, quindi, l'attribuzione dello status di militare (v. sentenza n. 48 del 1959).
Ad evitare che l'inserimento nelle Forze armate abbia luogo senza la dovuta serietà ed attendibilità l'insorgere di un tale status non può essere la conseguenza di un automatismo indiscriminato, quale sarebbe quello basato sulla semplice iscrizione nelle liste di leva, richiedendo, invece, puntuali verifiche, da raggiungere attraverso adeguati sviluppi procedimentali.
L'iscrizione nelle liste di leva, qualunque ne sia la regolamentazione, rappresenta nulla più che il punto d'avvio di un iter procedimentale all'esito del quale, e soltanto all'esito del quale, diventa possibile stabilire nei confronti del singolo se egli abbia acquisito lo status di militare, entrando così a far parte delle Forze armate, o se, invece, per la mancata acquisizione di tale status, ne sia rimasto estraneo.
In nessun caso ed in nessun modo, quindi, gli iscritti di leva possono essere ricondotti nell'ambito della nozione di "appartenenti alle Forze armate".
6. - L'anzidetta conclusione trova puntuale riscontro tanto nel sistema normativo sul quale si basava l'organizzazione delle Forze armate all'atto dell'approvazione della Carta costituzionale quanto nella successiva regolamentazione della materia, comprese le norme attualmente in vigore, un sistema ed una regolamentazione del tutto coincidenti in quello che può ben dirsi un costante, preciso, punto-cardine dell'ordinamento militare italiano: l'iscritto di leva acquisisce lo status di militare, entrando a far parte dell'istituzione delle Forze armate, solamente con l'arruolamento (cioé, con l'inserimento nei ruoli militari e la conseguente iscrizione in tali ruoli) e, quindi, mai prima di esso né tanto meno, senza di esso.
7. - Nell'ambito della normativa preesistente alla Costituzione, vanno soprattutto ricordati gli artt. 61 e 74 del testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'Esercito, approvato con il regio decreto 14 febbraio 1938, n. 329: alla stregua del primo, "Il Consiglio di leva o la commissione mobile... procede all'esame personale degli iscritti, pronunciando... l'arruolamento di tutti coloro che risultano idonei al servizio militare", mentre, in forza del secondo, "Gli iscritti di leva sono dopo l'arruolamento mandati in congedo illimitato provvisorio in attesa della chiamata alle armi; possono però anche essere immediatamente inviati sotto le armi". Si tratta, peraltro, di disposizioni già all'epoca della loro emanazione assolutamente non nuove, ritrovandosi per entrambe numerosi precedenti pressoché identici nei testi unici per l'Esercito del 1932 (artt. 61 e 74), del 1927 (artt. 60 e 71) e del 1911 (artt. 38 e 116), nonché nel testo unico delle disposizioni legislative riguardanti la leva marittima (artt. 26 e 34) approvato con il regio decreto 28 luglio 1932, n. 1365, e nella legge 23 giugno 1927, n. 1066, sulla leva marittima (artt. 19 e 26): il tutto con ancor più lontani riscontri nella legislazione della seconda metà del secolo scorso, fino alla legge organica 20 marzo 1854 del Regno di Sardegna.
Quanto al codice penale militare di pace del 1941 - il quale non fa parola degli iscritti di leva nelle disposizioni generali dettate dagli artt. da 1 a 13, limitandosi a menzionarli nel solo, più specifico, art. 160 n. 1, come categoria a sé stante, nettamente distinta sia dai militari in servizio sia dai militari in congedo illimitato - l'importanza determinante, che l'avvenuto arruolamento assume ai fini dell'applicabilità delle norme penali militari agli appartenenti alle Forze armate, risulta ulteriormente sottolineata dalla particolare prescrizione inserita nell'art. 16, secondo cui "La legge penale militare si applica alle persone appartenenti alle Forze armate dello Stato, ancorché posteriormente al reato commesso, sia dichiarata la nullità dell'arruolamento o la incapacità di appartenere alle forze stesse".
Risalendo, infine, ai lavori preparatori del codice, particolarmente significativo si rivela un brano della relazione al progetto preliminare del 1932: nel disattendere una proposta volta ad includere tra i soggetti attivi di talune fattispecie criminose anche l'iscritto di leva, la relazione ne spiegava il mancato accoglimento "perché l'iscritto di leva non arruolato non é militare, in quanto l'arruolamento é appunto l'atto che lo fa diventare tale" (n. 113, pag. 134). Di fronte all'insistito reiterarsi di tale proposta non era rimasta, per superare l'ostacolo indicato, altra via che quella del dar vita ad una previsione apposita (via, del resto, già seguita dall'art. 5 del regio decreto-legge 9 dicembre 1935, n. 2447, a modifica degli allora vigenti codice penale per l'esercito e codice penale militare marittimo): quella, appunto, che sarebbe stata poi trasfusa nel più sopra ricordato art. 160 n. 1 del codice penale militare di pace.
8. - La situazione fin qui descritta non é sostanzialmente mutata dopo l'entrata in vigore della Costituzione: e ciò perché da un lato, l'impianto del codice penale militare di pace non ha subito variazioni di rilievo per quanto riguarda l'enucleazione delle categorie soggettive, mentre, dall'altro lato, gli artt. 61 e 74 del testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento dell'Esercito, approvato con il regio decreto 14 febbraio 1938, n. 329, hanno trovato sostanziale corrispondenza dapprima nell'art. 61 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, e poi nell'art. 14 della legge 31 maggio 1975, n. 191 (Nuove norme per il servizio di leva). Questi due articoli, dal testo perfettamente coincidente in tutto quanto interessa nella presente sede, dedicano il primo comma alle decisioni del Consiglio di leva, legittimandolo, fra l'altro, a pronunciare "l'arruolamento di tutti coloro che risultino idonei al servizio militare" e "l'arruolamento senza visita per gli iscritti che abbiano ottenuto l'ammissione all'eventuale dispensa dal compiere la ferma di leva ecc., mentre nel secondo comma stabiliscono che "gli iscritti di leva sono, dopo l'arruolamento, collocati in congedo illimitato provvisorio in attesa della chiamata alle armi; possono però anche essere immediatamente avviati alle armi"
Analogamente, per quanto riguarda la leva di mare, gli artt. 26 e 34 del testo unico approvato con il regio decreto 28 luglio 1932, n. 1362, hanno trovato sostanziale corrispondenza dapprima nell'art. 64 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, e poi nell'art. 16 della legge 31 maggio 1975, n. 191, entrambi con parziale rinvio alle correlative norme sulla leva di terra.
Norme, tutte, da raccordare con le disposizioni generali di cui agli artt. 7, 8 e 9 dello stesso d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237: per il primo, "Coloro che, nel concorso alla leva, siano stati riconosciuti, per condizioni fisiche, idonei al servizio alle armi, debbono essere arruolati nell'Esercito, nella Marina o nell'Aeronautica"; per il secondo, "Tutti gli arruolati sono iscritti nei ruoli militari dell'anno in cui sono nati..."; per il terzo, "Gli iscritti di leva arruolati sono personalmente obbligati al servizio militare dal giorno dell'arruolamento sino...".
Anche ora, dunque, la legislazione militare ordinaria chiaramente esclude che gli iscritti di leva entrino a far parte delle Forze armate prima del loro eventuale arruolamento.
9. - In ogni caso, il ritenere che l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione possa legittimare una nozione di appartenenza alle Forze armate più ampia di quella sistematicamente adottata dal legislatore ordinario militare, così da ricomprendere anche persone che quest'ultimo mai vi inserisce, incontrerebbe un ostacolo insormontabile nell'eccezionalità della deroga che tale precetto consente di apportare al principio dell'unità della giurisdizione (v. ancora sentenza n. 48 del 1959). Una deroga la cui eccezionalità é sottolineata, per giunta, dall'uso dell'avverbio "soltanto", ad esprimere "la volontà che la giurisdizione militare in tempo di pace sia circoscritta nei limiti soggettivi e oggettivi a tal fine precisati" (sentenza n. 29 del 1958), da intendere quali "limiti massimi" (sentenza n. 81 del 1980), il che conferma l'esigenza che "non siano per nessuna ragione oltrepassati nei confronti della giurisdizione ordinaria la quale perciò é da considerare, per il tempo di pace, come la giurisdizione normale" (sentenza n. 29 del 1958).
L'art. 134, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nel sottoporre alla cognizione dell'autorità giudiziaria militare reati commessi da semplici iscritti di leva, come tali non ancora arruolati e, quindi, tuttora in attesa di una decisione qualificante ad opera del Consiglio di leva, oltrepassa sicuramente il limite soggettivo che l'art. 103, terzo comma, secondo periodo, della Costituzione pone alla giurisdizione nei tribunali militari in tempo di pace, donde l'illegittimità costituzionale della norma in questione.
Resta con ciò assorbita l'altra censura di illegittimità prospettata dal giudice a quo nei confronti della stessa norma in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 134, secondo comma, del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica), nella parte in cui stabilisce che i reati previsti dagli artt. da 157 a 163 del codice penale militare di pace appartengono alla cognizione dell'autorità giudiziaria militare quando siano commessi da iscritti di leva.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1986.
Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE
Depositata in cancelleria il 24 aprile 1986.