SENTENZA N. 179
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 4 marzo 1958, n. 174 (Modificazione delle norme sul finanziamento degli organi turistici periferici e sul credito alberghiero), promossi con due ordinanze emesse il 2 marzo 1977 e il 31 gennaio 1979 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna sui ricorsi proposti dalla S.p.a. Fratelli Feltrinelli, iscritte al n. 245 del registro ordinanze 1977 e al n. 381 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 183 dell'anno 1977 e n. 189 dell'anno 1979.
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1985 il Giudice relatore Oronzo Reale;
udito l'Avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con due distinte ordinanze, emesse rispettivamente in data 2 marzo 1977 (n. 245 del reg. ord. 1977) e 21 febbraio 1979 (n. 381 del reg. ord. 1979), la Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 4 marzo 1958, n. 174, per asserito contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione.
La società Feltrinelli Legnami S.p.A., a carico della quale era stata notificata la cartella dei pagamenti per la riscossione del contributo speciale di cura per gli anni 1963- 1965 e 1968-1972, dopo aver adito senza successo la Commissione tributaria di primo grado di Ravenna, aveva riproposto in sede di gravame la tesi secondo cui detto contributo non potrebbe essere imposto a soggetti che non ritraggono un vantaggio economico particolare dall'esistenza in loco della stazione di soggiorno e cura, ed aveva prospettato la incostituzionalità dell'art. 8 citato in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
L’adita Commissione tributaria di secondo grado rilevava che l’identificazione dei soggetti tenuti al pagamento del contributo speciale di cura era oggi operata dall'art. 8 sopra citato, innovativo rispetto all'art. 14 del d.l. 15 aprile 1926, n. 765, che nel predeterminare i soggetti tenuti al pagamento del contributo speciale faceva riferimento alla circostanza che le categorie obbligate dovevano trarre "vantaggi economici particolari dall'esistenza della stazione di cura, di soggiorno o di turismo". L'attuale formulazione della norma colpisce invece tutti coloro che nelle località riconosciute stazioni di soggiorno, cura e turismo esercitano industrie, commerci, arti e professioni, indipendentemente dal conseguimento di un diretto vantaggio.
Tanto premesso, la Commissione riteneva ingiustificata l'esclusione da tale imposizione di altre fasce di contribuenti (portatori di redditi di fabbricati, terreni, capitali e, in genere, di redditi da lavoro); sussisterebbe disparità di trattamento in forza della quale risulterebbero esenti dall'imposizione soggetti che per l'attività espletata traggono indubbio beneficio dalla particolare classificazione della località, mentre ad essa risultano soggetti contribuenti che, come l'attuale ricorrente, non solo non traggono vantaggio dall'esistenza della stazione ma, in ipotesi, "per il particolare mercato determinato dal turismo" sopporterebbero una situazione svantaggiosa.
Da ciò discenderebbe violazione dell'art. 53 della Costituzione che chiama i cittadini a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Ma violato risulterebbe altresì l'art. 3 della Costituzione, primo comma, in quanto la norma de qua sancisce, per coloro che operano nella stessa località, un diverso trattamento basato esclusivamente sul tipo di attività esercitata e non giustificato da una diversa posizione nei confronti del contributo in relazione al lavoro espletato.
É intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la proposta questione sia dichiarata infondata.
All'uopo si osserva che il contributo speciale di cura era originariamente configurato come addizionale all'imposta sull'industria, professioni ed arti e alla tassa di patente e che ne erano, come ora, esclusi i proprietari di fabbricati e di terreni. Successivamente il contributo veniva corrisposto come addizionale all'ICAP, o, in mancanza, all'imposta di ricchezza mobile.
Secondo l'Avvocatura questo collegamento "dà luogo alla generalizzazione presuntiva" che gli stessi soggetti, in quanto soggetti all'ICAP, determinata dal reddito accertato e iscritto a ruolo per l'imposta di ricchezza mobile, traggono particolari vantaggi dall'esistenza della stazione.
Secondo la tesi sin qui esposta l'essere soggetti all'ICAP é presupposto sufficiente per la soggezione al contributo di cura; il trarre un particolare vantaggio sarebbe un "(superfluo) enunciato di principio" sulla natura del tributo, non una condizione che integra il presupposto "che possa essere verificato caso per caso (con inconcepibili discrezionalità)".
Non vi sarebbe perciò contrasto con l'art. 53 della Costituzione atteso che é certo consentito al legislatore di individuare i soggetti obbligati per categorie e sulla base di presunzioni assolute.
Qualora si volesse invece attribuire alla norma denunciata portata innovativa rispetto all'art. 14 della legge n. 765 del 1926, dovrebbe riconoscersi che l'innovazione consisterebbe nell'aver disancorato il tributo dal vantaggio; ciò che implicherebbe trasformazioni del contributo speciale di cura in una vera e propria imposta speciale caratterizzata dall'irrilevanza dell'utilità che il soggetto passivo ritragga dall'attività oggetto dell'imposizione, pur essendo individuato per classi, categorie o gruppi di persone.
Quanto alla prospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione si rileva che in ogni manifestazione del sistema tributario esistono differenze profonde tra i redditi di impresa e di professione e gli altri redditi, di talché nessun confronto sarebbe possibile; e che i redditi fondiari, seppure con meccanismi diversi, non si sottraggono alla tassazione per quella parte che é incrementata dall'esistenza della stazione di cura, soggiorno e turismo.
Considerato in diritto
1. - Le due ordinanze della Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna indicate in epigrafe, eguali nel dispositivo e anche nella motivazione, prospettano la stessa questione.
I relativi giudizi vanno pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - A differenza dell'art. 14 della legge 15 aprile 1926, n. 765, secondo il quale "il contributo speciale di cura é dovuto da tutti coloro i quali per l'esercizio di commerci, industrie, professioni e uffici, traggono vantaggi economici particolari dalla esistenza della stazione di cura, di soggiorno o di turismo", l'art. 8 della legge 4 marzo 1958, n. 174, stabiliva che il detto contributo, a partire dal 1 luglio 1958, "é dovuto da tutti coloro che nelle località riconosciute stazioni di cura o di turismo esercitano industrie, commerci, arti o professioni".
Il detto contributo é stato poi abolito con decorrenza 1 gennaio 1974 dall'art. 82, lett. e, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e dall'art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598 (rispettivamente: Istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche).
La S.p.A. F.lli Feltrinelli Commercio Legnami, con deposito in Ravenna, chiamata a corrispondere il contributo relativo agli anni 1968-1972 e quello relativo agli anni 1963- 1965, proponeva ricorsi alla Commissione tributaria sostenendo che l'allora vigente art. 8 della legge n. 174 del 1958, non diversamente dall'art. 14 della legge n. 765 del 1926, imponeva il contributo solo agli esercenti che avessero tratto "vantaggi economici particolari" dall'esistenza di stazioni di cura, soggiorno o turismo, fra i quali non poteva essere compresa essa società Feltrinelli. E soggiungeva che se, invece, l'art. 8 della legge n. 174 del 1958 escludesse la necessità, per l'assoggettamento al contributo, dei "vantaggi economici particolari", la norma violerebbe l'art. 53 della Costituzione.
La Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, alla quale pervennero i ricorsi dopo che la Commissione di primo grado li aveva rigettati, con le due ordinanze che hanno promosso il giudizio di questa Corte, afferma e dimostra che l'art. 8 della legge n. 174 del 1958 "ha apportato una modifica sostanziale nella indicazione dei soggetti tenuti al versamento del contributo", dovendosi prescindere per la sua applicazione dai "vantaggi economici particolari"; e dubita della legittimità costituzionale della norma con riferimento agli artt. 53 e 3 della Costituzione.
L'Avvocatura dello Stato, nei suoi atti di intervento innanzi a questa Corte, contesta che l'art. 8 della legge n. 174 del 1958 abbia apportato "innovazioni sostanziali all'art. 14 della legge n. 765 del 1926", essendo, tanto per l'una che per l'altra disposizione, "presupposto sufficiente per la soggezione al contributo speciale di cura" l'esercizio di commerci, industrie, arti e professioni. Tale contestazione, peraltro, a parte la sua dubbia fondatezza, in ispecie di fronte alla interpretazione spettante al giudice di merito, non sposta la questione di legittimità costituzionale dai termini nei quali la pongono le due ordinanze della Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, poiché la norma in discussione é quella dell'art. 8 della legge n. 174 del 1958 la quale sia nella interpretazione dei giudici rimettenti, sia in quella dell'Avvocatura, esclude il riferimento ai "vantaggi economici particolari".
3. - Ma la questione non é fondata.
Sono chiamati in causa gli artt. 53 e 3 della Costituzione perché "non si vede... come possa giustificarsi la esclusione dall'obbligo di versare il contributo, di altre fasce di contribuenti quali i portatori di redditi di fabbricati, terreni, capitali, i portatori di reddito da lavoro - che pure agiscono nelle località di soggiorno, cura e turismo".
Ora la Corte ha avuto più volte occasione di affermare che non é necessaria una "causalità specifica dell'imposta ai fini della relativa potestà dell'imposizione, essendo sufficiente il collegamento dell'imposta ad un presupposto rivelatore di ricchezza" (sent. n. 41 del 1975; n. 63 del 1982); e proprio per negare la fondatezza della censura con la quale era stata investita la SOCOF per il fatto che tale imposta veniva a gravare solo alcune categorie di reddito, escludendo le altre, la Corte nella recentissima sentenza n. 159 del 1985 ha affermato che la discrezionalità del legislatore in materia può essere censurata solo quando il suo esercizio si traduca in scelte irrazionali ed arbitrarie, e tali non sono, ancorché discutibili, quelle scelte che collegano l'onere tributario a fonti di reddito che il legislatore con non manifesta arbitrarietà reputa genericamente favorite dalla destinazione del tributo. Né, per quanto riguarda la questione oggi sottoposta alla Corte, può prescindersi dal rilievo della difesa dello Stato, che il contributo di cura, sin dall'origine, fu costituito da un'addizionale all'imposta sul redditi prodotti nel comune dagli esercenti un'industria, un commercio, un'arte o una professione, già regolata dall'art. 8 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2538 e poi dal capo IX del T.U. per la finanza locale n. 1175 del 1931, imposta gravante pur essa, e per definizione, solo su alcune categorie di redditi.
Che tutti questi tributi comunali (sulle industrie, commerci, arti o professioni, di famiglia, di patente, sul valore locativo, sulle opere di fognatura; di cura, sui pubblici spettacoli e di musica nelle stazioni di cura, soggiorno e turismo; camerali; addizionali locali su vari tributi) siano stati aboliti, come si é già ricordato, dai d.P.R. nn. 597 e 598 del 1973 é la conseguenza del riordinamento e ammodernamento del sistema dei tributi operato dal legislatore appunto con la riforma tributaria, cioé di un'apprezzabile scelta del legislatore, che non implica, peraltro, alcun riconoscimento della illegittimità costituzionale delle scelte precedenti, per discutibili che esse fossero.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge 4 marzo 1958, n. 174 (Modificazione delle norme sul finanziamento degli organi turistici periferici e sul credito alberghiero), sollevata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Ravenna, con riferimento agli artt. 53 e 3 della Costituzione, con le due ordinanze di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1985.
Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE
Depositata in cancelleria il 13 giugno 1985.