SENTENZA N. 147
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2671 del codice civile in relazione all'art. 19, primo comma, legge 25 giugno 1943, n. 540; dell'art. 14 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, promosso con l'ordinanza emessa l'11 luglio 1975 dalla Commissione tributaria di primo grado di Genova sul ricorso proposto da Garrone Carlo ed altri iscritta al n. 558 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 dell'anno 1976.
Udito nella camera di consiglio del 6 febbraio 1985 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa l'11 luglio 1975, la Commissione tributaria di primo grado di Genova, nel giudizio promosso su ricorso di Samuel Carlo e Garrone Carlo avverso l'accertamento, effettuato dall'ufficio registro atti giudiziari di Genova ai fini dell'imposta di trascrizione e dei diritti catastali, dei valori dei beni trasferiti in forza di una sentenza non ancora passata in giudicato, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 2671 cod. civ. in relazione all'art. 19, primo comma, legge 25 giugno 1943, n. 540 (ora art. 14, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635).
Nel dare ampio conto della vicenda giudiziaria intercorsa tra i ricorrenti e Lupano Franco, il giudice a quo espone che in data 7 aprile 1966 le parti avevano concluso con scrittura privata un contratto di permuta di beni immobili, sottoponendolo alla condizione che la pubblica autorità competente consentisse la voltura della concessione di uno dei beni oggetto di permuta, costituito da uno stabilimento balneare insistente su arenile demaniale. Non essendo stata la voltura autorizzata, il Samuel ed il Garrone avevano adito il Tribunale di Savona assumendo che la condizione non si era verificata per fatto del Lupano, del quale chiedevano la condanna all'adempimento ed al risarcimento del danno. Respinta la domanda dal Tribunale, la Corte d'appello di Genova, con sentenza del 3 agosto 1972 riteneva che la condizione aveva natura sospensiva, come da ordinanza di rimessione, e dichiarava conseguentemente avvenuto il trasferimento dei beni oggetto della permuta in capo al Samuel ed al Garrone, ancorché essi corressero il rischio di non conseguire il bene permutato.
Tale sentenza, benché impugnata con ricorso per cassazione da tutte le parti che, inoltre, con scrittura autenticata nelle firme il 10 e l'11 maggio 1974 si accordavano per porre nel nulla gli effetti del contratto originario dandosi atto del non intervenuto avveramento della condizione, veniva tuttavia trasmessa dal cancelliere alle competenti Conservatorie dei registri immobiliari perché fosse trascritta a norma degli artt. 2671 cod. civ. e 19, legge 25 giugno 1943, n. 540.
Da qui l'accertamento nella misura di cento milioni di lire per ciascuna delle parti del valore dei beni trasferiti ed il conseguente ricorso alla Commissione tributaria di Genova, la quale ritiene che le norme denunziate, "nella parte in cui impongono al cancelliere di richiedere la trascrizione di una sentenza, che dispone un trasferimento immobiliare, (ed impongono conseguentemente alla parte l'assolvimento del correlativo onere fiscale) non in relazione al momento in cui il trasferimento diviene operante (passaggio in giudicato della sentenza) ma in riferimento alla mera pronuncia del provvedimento", confliggano con entrambi i parametri di cui agli artt. 53 e 3 Cost.. Col primo in quanto solo il passaggio in giudicato della sentenza rende evidentemente effettivo il trasferimento immobiliare, rivelando quella capacità contributiva correlativa all'acquisizione di un diritto reale su un immobile; col secondo poiché si verificherebbe una disparità di trattamento tributario ingenerata dal diverso regime previsto per gli atti privati e pubblici da un lato, e le sentenze dall'altro: mentre, invero, per i primi la trascrizione é richiesta ed effettuata dopo che gli atti stessi hanno acquistato piena efficacia, per le seconde la trascrizione va richiesta dal cancelliere entro trenta giorni dalla pubblicazione, indipendentemente dal fatto che esse vengano o meno impugnate e sovente ancor prima che inizi a decorrere il termine per l'impugnazione. In tale ultimo caso, dunque, l'imposta sarebbe non solo abnormemente dovuta indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza costitutiva che opera il trasferimento, ma non sarebbe neppure consentito ripetere quanto pagato in caso di successiva riforma o cassazione della sentenza giacché l'imposta, in forza delle citate disposizioni, sarebbe stata "regolarmente percetta".
Non vi sono stati costituzione o intervento di parti.
Considerato in diritto
1. - Nel nostro ordinamento, le sentenze che trasferiscono beni immobili sono soggette a trascrizione (art. 2643 c.c.), e l'obbligo di curare che questa venga eseguita, mentre grava in linea generale sul "notaio o altro pubblico ufficiale" (art. 2671, primo comma, c.c.), per le sentenze, invece - ma in genere per gli "atti e provvedimenti ricevuti dal cancelliere" -, viene posto a carico di quest'ultimo, il quale é tenuto a farne richiesta al competente ufficio entro trenta giorni dalla data della loro pubblicazione (art. 14, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635, recante "disciplina delle imposte ipotecarie e catastali"). La menzionata normativa trova integrazione nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, benché dichiarato oggetto di questo sia la "disciplina dell'imposta di registro". Ed invero, per quanto riguarda l'accertamento, la riscossione e la restituzione delle imposte, siano ipotecarie, siano catastali, il d.P.R. n. 635, statuendo che al riguardo "sono applicabili le disposizioni in materia di imposte di registro..." (artt. 9, primo comma, e 22), fa espresso rinvio al d.P.R. n. 634, il cui art. 35 non solo precisa che sono soggetti all'imposta "gli atti dell'autorità giudiziaria ordinaria che definiscono, anche parzialmente, il giudizio", pur se "al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili", ma prevede altresì il "conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato".
Questo é il sistema vigente dal 1 gennaio 1973 - precisamente da tale data dispongono la propria entrata in vigore, sia il d.P.R. n. 635 (art. 25), sia il d.P.R. n. 634 (art. 81) -, che non é poi dissimile (eccettuato il solo punto di cui si dirà ben presto) da quello anteriore e vigente sino al 31 dicembre 1972: l'art. 14, primo comma, del d.P.R. n. 635, infatti, riproduce sostanzialmente l'art. 19, primo comma, della legge 25 giugno 1943, n. 540 ("nuovo testo delle leggi sulle imposte ipotecarie"), il quale é compreso tra le norme espressamente abrogate dall'art. 24, primo comma, del d.P.R. n. 635.
La sola innovazione rispetto al sistema caducato é quella riscontrabile nel menzionato art. 35 del d.P.R. n. 634, e precisamente nella parte, più sopra trascritta, che prevede la ripetibilità dell'imposta, ove in seguito a successiva sentenza passata in giudicato risulti che tale imposta sia stata indebitamente percetta. Anteriormente, viceversa, ai sensi degli artt. 12 e 14 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269 ("approvazione del testo di legge del registro"), l'imposta in parola, una volta pagata, non poteva essere restituita neppure nel caso di riforma o annullamento della sentenza, in base alla quale detto tributo era stato preteso e versato. Senonché questa Corte, con sentenza 29 dicembre 1972, n. 200, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 Cost. e relativamente alle sentenze traslative di diritti, gli artt. 12 e 14 del r.d. n. 3269 del 1923.
Non rileva, ai fini del decidere la presente questione, che successivamente, con sentenza n. 198 del 1976, é stata ribadita l'illegittimità costituzionale degli stessi articoli, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., e relativamente alle sentenze "in cui si contenga l'enunciazione di un atto soggetto a registrazione o da cui si desuma la retrocessione di un diritto". Rileva, invece, tener presente che, travolto dalla prima delle due citate sentenze il divieto di restituzione, l'opposto principio della ripetibilità, introdotto con il già menzionato art. 35 del d.P.R. n. 634 del 1972, é in vigore dal 1 gennaio 1973.
2. - La Corte d'appello di Genova, decidendo in sede di gravame la controversia di cui in narrativa, nata da un contratto di permuta, pronunciava, con sentenza 26 maggio-3 agosto 1972, declaratoria di trasferimento, in capo alle parti, dei beni immobili permutati. Conseguentemente, il cancelliere, in applicazione dell'art. 19, primo comma, legge n. 540 del 1943, trasmetteva tale sentenza all'ufficio del registro atti giudiziari, che la registrava, accertando, ai fini della liquidazione delle imposte ipotecaria e di catasto, il valore di 100 milioni a carico di ognuna delle parti in causa. Da ciò, il ricorso alla commissione tributaria di primo grado di Genova, la quale, con ordinanza emessa l'11 luglio 1975, ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale "dell'art. 2671 c.c., in relazione all'art. 19, primo comma, della legge 25 giugno 1943, n. 540 (ora art. 14, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635)". Più propriamente, detta commissione ritiene che le impugnate norme contrastino con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto prescrivono che la sentenza, la quale dispone il trasferimento di beni immobili, deve essere trascritta, ancorché impugnata o ancora impugnabile. E poiché di conseguenza la parte é tenuta ad assolvere l'onere fiscale anteriormente all'effettivo trasferimento del bene - che diviene operante solo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza -, il giudice a quo ravvisa in tale disciplina "una deviazione dei principi": essa infatti darebbe "luogo ad una disparità di trattamento tributario fra gli atti privati e gli atti pubblici, da un lato, per i quali la trascrizione é richiesta ed effettuata dopo che gli atti stessi hanno acquistato efficacia operativa, e le sentenze, dall'altro lato, per le quali l'imposta é sempre dovuta indipendentemente dalla loro operatività"; inoltre confliggerebbe con il principio stabilito dall'art. 53 Cost., secondo cui l'imposizione fiscale deve essere in rapporto con la capacità contributiva", la quale nasce quando "il trasferimento immobiliare... diventa effettivo".
3. - L'ordinanza di rimessione, oltre quanto più sopra sintetizzato, contiene qualche oscurità, che potrebbe appannare i termini della questione, e perciò fuorviare argomentazione e decisione. Il riferimento é fatto soprattutto all'ambiguità che ad un'attenta analisi rivelano, sia la indicazione degli articoli di legge dei quali si chiede una pronuncia d'incostituzionalità, sia la motivazione a sostegno della sollevata questione di legittimità costituzionale.
La quaestio legitimitatis su cui la Corte viene chiamata a pronunciarsi é in sostanza se sia conforme a Costituzione - e precisamente ai principi di eguaglianza e della capacità contributiva - l'assoggettamento a trascrizione, prima del loro passaggio in giudicato, delle sentenze che dispongono trasferimenti immobiliari. Sono questi i precisi termini della questione, che si ricavano dal dispositivo dell'ordinanza, ove si lamenta appunto che la trascrizione risulta disposta "non in relazione al momento in cui il trasferimento diviene operante (passaggio in giudicato della sentenza) ma in riferimento alla mera pronuncia del provvedimento". Ed é sulla base di tale considerazione che viene denunciata la "illegittimità costituzionale dell'art. 2671 c.c., in relazione all'art. 19, comma primo, legge 25 giugno 1943, n. 540 (ora art. 14, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635), in rapporto agli artt. 3 e 53 Cost.".
Senonché, a parte ogni considerazione sulla improprietà della censura formulata nei confronti dell'art. 2671 c.c., in quanto questo riguarda genericamente ogni atto soggetto a trascrizione - mentre é la normativa sulle imposte ipotecarie e catastali a disporre specificamente la trascrizione degli atti ricevuti dal cancelliere - si deve preliminarmente rilevare che il richiamo all'art. 14, primo comma, del d.P.R. n. 635 del 1972, fatto in via parentetica e subordinata, é da ritenersi meramente enunciativo della mutata realtà normativa e non già indice della volontà di impugnativa autonoma della norma successivamente intervenuta a regolare la materia.
Da ciò consegue - sia in ragione dei surricordati argomenti lessicali, peraltro non confutabili e di per sé significativi, sia in base alla considerazione secondo cui, ove il giudice a quo avesse effettivamente voluto impugnare anche l'art. 14 del citato d.P.R. n. 635 del 1972, questi sarebbe incorso in un palese vizio nella proposizione della questione, sì da renderla inammissibile, perché proposta in via alternativa -, che l'unica questione sollevata e sottoposta all'esame di questa Corte concerne l'art. 19 della legge n. 540 del 1943.
4. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disposizione in oggetto, ritenendo che essa contrasti con l'art. 3, primo comma, Cost. (in quanto creerebbe "disparità di trattamento tributario fra gli atti privati e gli atti pubblici, da un lato,... e le sentenze, dall'altro lato", le quali soltanto vengono assoggettate al tributo prima di acquistare efficacia), e con l'art. 53, primo comma, Cost. (in quanto "dissocia la obbligazione fiscale dal momento costitutivo della capacità contributiva", la quale va valutata al momento in cui "il trasferimento immobiliare... diventa effettivo").
a) Occorre al riguardo di osservare in primo luogo che l'imposta in parola, sebbene sia strutturalmente assimilata alle imposte di registro per ragioni storiche, a rigore non é, tuttavia, al pari di questa, un'imposta sui trasferimenti di ricchezza: il che rende dubbia la pertinenza di una censura di violazione del principio della capacità contributiva, intesa come capacità economica manifestata dal trapasso-acquisto di un bene. E si può aggiungere che in ogni caso il nostro sistema tributario abbonda di fattispecie nelle quali l'acquisto di un bene viene colpito da imposta nella sua mera possibilità e, quindi, anticipatamente, salvo il rimborso, ove la possibilità non si attui o la vicenda non si verifichi, come appunto nel caso in esame.
b) Si può in secondo luogo rilevare che la questione di legittimità costituzionale dell'assoggettamento a trascrizione delle sentenze ancora sub judice va più correttamente posta in riferimento al sistema della pubblicità immobiliare ed a quello processuale, prima ancora che in riferimento ai principi di eguaglianza e della capacità contributiva. Nella stessa ordinanza in esame si riconosce, proprio con riguardo al sistema della pubblicità immobiliare, che "nel caso della trascrizione delle sentenze, l'obbligo imposto al cancelliere (che non differisce, in punto, da quello imposto ai notai e ad ogni altro pubblico ufficiale) non costituisce una prevaricazione dello Stato ai danni del privato", giacché é volta a pervenire "a quella completezza di effetti verso i terzi ed a quella intangibilità che sono assicurate dalla trascrizione". E con riguardo al sistema processuale, va rilevato che il cancelliere non sempre é in grado di conoscere tempestivamente quando una sentenza, in caso d'impugnazione, passi in giudicato. Ma allora, l'assoggettamento ad immediata trascrizione delle sentenze non ancora passate in giudicato, se non costituisce una "prevaricazione" in danno dei privati, stante la finalità perseguita, risulta razionalmente disposto nella logica, sia del sistema della pubblicità immobiliare, sia del sistema processuale. E vale aggiungere che, comportando l'eventuale caducazione della regola della immediata trascrizione conseguenze che vanno ben oltre la singola norma - in sostanza, il riordinamento, se non addirittura il sovvertimento, dei due suddetti sistemi -, é nel potere del solo legislatore di prevedere e disciplinare tali conseguenze.
La questione, come circoscritta nei termini di cui sopra, deve, quindi, dirsi infondata.
5. - L'ordinanza lamenta altresì che la parte, la quale diviene "intestataria del bene in forza della sentenza... non potrà ripetere nel caso di successiva riforma o cassazione" l'avvenuto "immediato pagamento dell'imposta di trascrizione", dato che "in forza delle citate disposizioni, l'imposta é stata regolarmente percetta". La doglianza appare, mediante la trascritta considerazione, legare l'obbligo d’immediata trascrizione all’irripetibilità del tributo. Ora, in proposito non spetta alla Corte costituzionale di pronunciarsi, bensì al giudice a quo. É questo, infatti, che deve stabilire se, essendo stata la sentenza della Corte d'appello di Genova pubblicata il 3 agosto 1972, alla controversia tributaria che ne é derivata si applichi la disciplina vigente sino al 31 dicembre 1972, cioé quella portata dal regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269 - il cui art. 12 effettivamente disponeva che "le tasse di registro regolarmente percette... non possono essere restituite in caso di riforma" - ovvero la disciplina introdotta, dopo la sentenza di questa Corte n. 200 del 1972, con il d.P.R. n. 634 del 1972 (art. 35), a seguito di che dal 1 gennaio 1973 la detta irripetibilità é stata travolta e sostituita dall'opposto principio, che prevede il "conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato". Ma prima ancora rileva che la disposizione sull'irripetibilità - cioé, il già menzionato art. 12 del r.d. n. 3269 del 1923 - non risulta impugnata, e pertanto la doglianza, in quanto genericamente ed incidentalmente espressa nella sola motivazione, non assurge a dignità di censura formale che richieda apposita statuizione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., con l'ordinanza in epigrafe, dalla Commissione tributaria di primo grado di Genova, dell'art. 2671 c.c. in relazione all'art. 19, primo comma, della legge 25 giugno 1943, n. 540 (ora art. 14, primo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635), nella parte in cui impongono al cancelliere di richiedere la trascrizione di una sentenza che dispone un trasferimento immobiliare (ed impongono conseguentemente alla parte l'assolvimento del correlativo onere fiscale) non in relazione al momento in cui il trasferimento diviene operante (passaggio in giudicato della sentenza) ma in riferimento alla mera pronuncia del provvedimento.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1985.
Leopoldo ELIA - Giuseppe FERRARI
Depositata in cancelleria il 9 maggio 1985.