Sentenza n.52 del 1985

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SENTENZA N. 52

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) promossi con le ordinanze emesse il 26 giugno 1979 dal Pretore di Milano, il 27 gennaio 1981 dal Pretore di Torino, il 19 febbraio 1982 dal Pretore di S. Vito al Tagliamento, il 27 settembre 1982 dal Pretore di Brescia, il 13 gennaio 1983 dal Pretore di Bari, il 16 dicembre 1982 dal Tribunale di Cuneo, il 12 gennaio 1983 dal Tribunale di Parma e il 3 aprile 1984 dal Pretore di Vicenza, iscritte al n. 906 del registro ordinanze 1979, al n. 201 del registro ordinanze 1981, ai nn. 274 e 847 del registro ordinanze 1982, ai nn. 410, 474 e 509 del registro ordinanze 1983 e al n. 564 del registro ordinanze 1984, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43 del 1980, n. 186 del 1981, n. 262 del 1982, nn. 108, 267, 288 e 308 del 1983 e n. 238 del 1984.

Visti gli atti di costituzione della soc. Cordani, della soc. Locatelli e di Verzella Virna nonché gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 novembre 1984 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

uditi gli avvocati Michele Fiscella per la soc. Cordani, Giovanni Marinangeli per la soc. Locatelli, Luciano Ventura e Luciano Petronio per Verzella Virna e l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con otto successive ordinanze, i Pretori di Milano (Ord. n. 906 del 1979), Torino (Ord. n. 201 del 1981), San Vito al Tagliamento (Ord. n. 274 del 1982), e Brescia (Ord. n. 847 del 1982), i Tribunali di Cuneo (Ord. n. 474 del 1983) e Parma (Ord. n. 509 del 1983) e i Pretori di Bari (Ord. n. 410 del 1983) e Vicenza (Ord. n. 564 del 1984) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della l. 2 aprile 1968 n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), che nello stabilire quali persone debbono considerarsi invalidi civili precisa che vanno ritenuti tali "coloro che siano affetti da minorazioni fisiche, che ne riducano la capacità lavorativa in misura non inferiore ad un terzo" escludendo dal collocamento obbligatorio gli invalidi civili affetti da minorazioni psichiche.

La questione di legittimità é stata sollevata, in riferimento agli artt. 3, 1, 4, 35 della Costituzione nelle ordinanze dei Pretori di Milano e di Brescia, 3,4 e 38 Cost. nelle ordinanze dei Pretori di Torino e Vicenza e del Tribunale di Cuneo, 3, 4, 35 e 38 Cost. nell'ordinanza dei Pretori di S. Vito al Tagliamento e di Bari, ed al solo art. 3 nell'ordinanza del Tribunale di Parma.

2. - Tutte le ordinanze muovendo dal presupposto che la l. 2 aprile 1968, n. 482 esclude dal collocamento obbligatorio gli invalidi civili affetti da minorazioni psichiche ritengono che tale esclusione potrebbe comportare una ingiustificata violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Più specificamente, in ordine al profilo del possibile contrasto con l'art. 3 Cost., l'ordinanza del Pretore di San Vito al Tagliamento, dedica ampio spazio alla portata dell'art. 5 della l. n. 482 del 1968 e sostiene che il tenore letterale della norma chiaramente esclude, dal beneficio dell'assunzione obbligatoria, gli invalidi affetti da minorazioni psichiche di qualsiasi natura.

Né può dubitarsi secondo il giudice a quo che - nonostante le contrarie conclusioni sia di alcuni giudici di merito, sia delle Autorità amministrative, avvalorate da ultimo da una circolare del 14 novembre 1980 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - il menzionato art. 5 non venne affatto esteso ai minorati psichici dalla l. 30 marzo 1971 n. 118 che riguarda i benefici assistenziali in essa previsti, ma non i benefici regolati da leggi diverse, come quella sulle assunzioni obbligatorie.

Tale interpretazione troverebbe ulteriore conferma nell'art. 8, comma quinto, che nel delineare le competenze della Commissione sanitaria provinciale, afferma che gli accertamenti della minorazione e della causa invalidante e la valutazione della natura e del grado d’invalidità degli invalidi civili, affetti da minorazione fisica, sono effettuati dalla Commissione stessa, anche ai fini dell'iscrizione degli interessati nell'elenco di cui all'art. 19 della legge 2 aprile 1968 n. 482. Verrebbe così ribadito che solo le persone affette da minorazioni fisiche godono del diritto all'assunzione obbligatoria. La disparità di trattamento verrebbe così a ledere il fondamentale principio di eguaglianza riconosciuto dall'art. 3 Cost.

L'argomento interpretativo desumibile dall'art. 8, ultimo citato, viene evidenziato anche dal Pretore di Vicenza nell'ordinanza 3 aprile 1984, nonché dal Pretore di Milano nell'ordinanza 26 giugno 1979, nel senso che l' esclusione dal collocamento obbligatorio degli invalidi psichici sarebbe ribadita non solo dall'art. 8, comma quinto, ma anche dall'art. 25 della stessa legge.

Nel senso che la legge 30 marzo 1971 n. 118 prevederebbe soltanto la corresponsione di somme di danaro ai minorati psichici si esprime anche l'ordinanza del Pretore di Torino 27 gennaio 1981.

Secondo l'ordinanza del Pretore di Milano 26 giugno 1979, la discriminazione che l'art. 5 della l. 2 aprile 1968, n. 482 pone a danno dei minorati psichici non può giustificarsi per la pericolosità che costoro presenterebbero per sé, per gli altri, nonché per gli impianti, perché a questo scopo basterebbe un'indagine caso per caso come già previsto dall'art. 20 della legge medesima.

Analoga argomentazione viene svolta nell'ordinanza del Pretore di Torino, 27 gennaio 1981, del Pretore di Brescia, 27 settembre 1982 e del Tribunale di Cuneo, 16 dicembre 1982.

3. - Accanto alla dedotta violazione del precetto costituzionale testé richiamato tutte le ordinanze, salvo quella del Tribunale di Parma, ipotizzano una possibile violazione dell'art. 4 Cost., e questo unitamente a una violazione degli artt. 1 e 35 (ordinanze del Pretore di Milano e di Brescia); 38, comma terzo (ordinanze del Pretore di Torino e del Tribunale di Cuneo); 35 e 38 (ordinanza del Pretore di San Vito al Tagliamento); 35, comma primo e 38, comma terzo (ordinanza del Pretore di Bari); 38 (ordinanza del Pretore di Vicenza).

In particolare, secondo il Pretore di Milano, sembrano violati gli artt. 1, 4 e 35 Cost. nella parte in cui riconoscono a tutti i cittadini il diritto al lavoro, mentre gli invalidi psichici affetti da menomazione superiore ad un terzo resterebbero sprovvisti di ogni tutela, in quanto non vige per loro il collocamento obbligatorio, non possono beneficiare di laboratori protetti per assoluta carenza di strutture e non possono fruire delle provvidenze previste dalla legge n. 118 del 1971, la quale per le prestazioni economiche richiede un'inabilità totale (art. 12) o superiore a due terzi (art. 13).

Analoghe le argomentazioni, a sostegno della dedotta violazione degli artt. 1, 4 e 35 Cost. del Pretore di Brescia.

Secondo il Pretore di Torino la norma sul collocamento obbligatorio, si pone in contrasto con gli artt. 4 e 38, comma terzo, Cost. perché priva una consistente parte dei cittadini, pur aventi una normale intelligenza e una ridotta, ma non irrisoria, capacità lavorativa, del diritto al lavoro per il solo fatto della causa non "fisica" dell'invalidità.

Analoghe le argomentazioni addotte in riferimento agli artt. 4 e 38 dal Tribunale di Cuneo.

Secondo il Pretore di San Vito al Tagliamento, la norma dell'art. 5 della l. n. 482 del 1968 viene a ledere il fondamentale principio del diritto al lavoro riconosciuto dall'art. 4, commi primo e secondo della Cost., giacché detti invalidi mai potrebbero competere con gli altri lavoratori nel libero mercato del lavoro onde, in difetto di assunzione obbligatoria, sarebbero esclusi totalmente dal mondo produttivo.

Situazione questa ancor più inammissibile ove si consideri che gli artt. 23 e 25 della l. 30 marzo 1971 n. 118, rivelano un indubbio atteggiamento promozionale verso i minorati affetti da irregolarità psichica, tendente a favorire, con appositi corsi di addestramento e qualificazione professionale, l'inserimento degli stessi nel mondo del lavoro, compatibilmente con le loro capacità e in conformità alle norme di cui agli artt. 35, comma primo e 38, comma terzo, Cost.

Tali disposizioni "vengono di fatto private della loro portata innovativa e della loro valenza sociale, ove l'ordinamento positivo continui a negare" agli invalidi psichici il beneficio dell'avviamento al lavoro ope legis.

Secondo il Pretore di Bari la previsione di cui agli artt. 4, comma primo, 35, comma primo, e 38, comma terzo, Cost. "sarebbe inoperante nei confronti degli invalidi affetti da minorazioni psichiche, qualora venissero esclusi dal beneficio del collocamento obbligatorio".

Infine, secondo il Pretore di Vicenza, la normativa di cui al più volte menzionato art. 5 appare in contrasto con gli artt. 3, 4 e 38 Cost. in quanto esclude ingiustificatamente dal diritto al lavoro non pochi soggetti che possono risultare in concreto idonei a prestare proficuo lavoro in determinati processi produttivi, in maggior grado di altri soggetti affetti da minorazioni fisiche.

4. - Adempiute le formalità di rito, si sono costituite - nei giudizi promossi dal Pretore di Milano, dal Pretore di Bari e dal Tribunale di Parma - con atti di deduzioni depositati il 2 novembre 1979, il 13 giugno 1983 e il 29 novembre 1983, la S.p.A. Antonio Cordani, la S.p.A. Locatelli, Verzella Virna.

Secondo la S.p.A. Cordani non può sussistere la violazione dell'art. 3 denunziata dal Pretore, in quanto una invalidità psichica, al contrario di quella fisica, non può essere preventivamente valutata essendo soggetta a variazioni temporali frequenti e repentine. Legittimamente, perciò, é previsto il collocamento obbligatorio solo per gli invalidi affetti da minorazioni fisiche, mentre per gli invalidi affetti da minorazioni psichiche la l. 30 marzo 1971, n. 118 ha disposto la creazione di appositi laboratori protetti nei quali l'invalido possa esplicare senza rischio attività lavorativa.

Quanto al contrasto con gli artt. 1, 4 e 35, si osserva che l'art. 1 ha un valore solo di principio ispiratore cui deve attenersi il legislatore ordinario e lo stesso discorso vale anche per l'art. 35 Cost.

Per quanto concerne l'art. 4 Cost. il diritto al lavoro in esso garantito si traduce nella generica possibilità di avere accesso, concorrendone i requisiti, ai posti disponibili e nell'obbligo, pure genericamente imposto al legislatore, di realizzare un ordinamento che renda effettivo questo diritto, senza però escludere che al legislatore rimanga la facoltà di regolare l'esercizio della libertà di scelta dell'attività lavorativa mediante l'adozione di opportune cautele a tutela di altri interessi e di altre esigenze sociali, anche se ciò limita per alcune categorie la possibilità di accedere a determinati posti di lavoro. Il legislatore ordinario di fronte a due soggetti portatori di due diverse forme invalidanti ha previsto due discipline. In particolare per gli invalidi psichici ha previsto la creazione di speciali laboratori protetti, in ciò attuando e rispettando altresì l'art. 38 Cost., non considerato e valutato dal Pretore.

Secondo la S.p.A. Locatelli non può criticarsi il legislatore che agli effetti delle assunzioni obbligatorie distingue tra minorati fisici e minorati psichici, giacché l'utilizzazione dell'attività lavorativa dei secondi pone problemi che esulano dall'organizzazione aziendale, sì che l’utilizzazione stessa non può essere posta a carico degli imprenditori. Né la disciplina contrasta con l'art. 4 Cost. perché non significa che il problema del diritto - dovere al lavoro del minorato psichico debba considerarsi respinto: va solo riconosciuto che la soluzione di tale speciale problema é da ricercare in altre disposizioni di legge ovvero richiede nuove leggi.

Non sussiste nemmeno il contrasto con l'art. 35, comma primo, Cost., in quanto la disciplina delle assunzioni obbligatorie di cui alla l. n. 482 del 1968, necessariamente delimitata ed ancorata a determinati presupposti, é una delle forme di tutela del lavoro. Del pari incongruo é il richiamo al comma terzo dell'art. 38 Cost. dal quale semmai si evincono motivi opposti alla tesi dell'illegittimità costituzionale.

Infatti, il diritto all'educazione e all'avviamento professionale, sancito dal menzionato art. 38 Cost., é cosa diversa dal diritto all'assunzione obbligatoria, disposta dalla l. n. 482 del 1968 indipendentemente da ogni qualificazione, derivante da un'apposita preventiva educazione e da un precedente avviamento professionale. Infine Verzella Virna chiede, in via alternativa, la dichiarazione d’illegittimità della norma in esame nei punti indicati dal Tribunale di Parma, ovvero una pronuncia interpretativa di rigetto che porti a ricomprendere nell'art. 5 della l. n. 482 del 1968 anche i minorati psichici.

5. - L'Avvocatura dello Stato é intervenuta nei giudizi promossi dal Pretore di Milano (ordinanza 26 giugno 1979); dal Pretore di Torino (ordinanza 27 gennaio 1981); dal Pretore di San Vito al Tagliamento (ordinanza 19 febbraio 1982); dal Pretore di Brescia (ordinanza 27 settembre 1982); dal Pretore di Bari (ordinanza 13 gennaio 1983); dal Pretore di Vicenza (ordinanza 3 aprile 1984).

In linea generale, nelle memorie d’intervento si muove dal presupposto che così come ritenuto generalmente, in base alla normativa vigente, non rilevino, agli effetti del collocamento obbligatorio, gli stati invalidanti di origine esclusivamente psichica che non siano collegati a menomazioni dell'organismo fisico obiettivamente rilevabili.

La delimitazione operata dal legislatore nei termini dianzi precisati non appare irragionevole, se si considera che il Consiglio superiore di Sanità, in un parere reso in argomento il 18 marzo 1965, prospetta le difficoltà in ordine al giudizio circa il grado di invalidità di tipo psichico, nonché circa l'utilizzabilità sul piano del lavoro che é estremamente diversa da una malattia psichica ad un'altra, e persino da un soggetto ad un altro pur affetti dalla stessa malattia.

In sostanza, come rilevato anche dal Consiglio di Stato (Sez. II, 12 maggio 1965, n. 207), le cautele disposte dalla legge n. 482 del 1968 per l'inserimento dell'invalido in una comunità organizzata di lavoro possono risultare compromesse, in difetto della possibilità, nei confronti degli invalidi psichici, di rilevazioni e valutazioni di obiettività e attendibilità pari a quelle degli invalidi fisici. Rilevato altresì che l'eventuale insorgenza di una pari situazione di bisogno, in dipendenza di cause invalidanti di natura diversa, non postula affatto la adozione delle stesse misure per fronteggiarle, l'Avvocatura dello Stato afferma che la normativa in esame non é in contrasto con i principi costituzionali relativi all'eguaglianza dei cittadini, al diritto al lavoro ed alla tutela del lavoro.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le ordinanze in epigrafe sollevano identiche o connesse questioni di legittimità costituzionale, concernenti la medesima disposizione di legge e, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti ai fini di un'unica pronuncia.

2. - Dai giudici a quibus é stato denunciato a questa Corte l'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) nella parte in cui, ravvisandosi invalidi civili, agli effetti delle provvidenze recate dalla legge, soltanto coloro che siano affetti da menomazioni fisiche, esclude dall'ambito di applicazione gli invalidi affetti da minorazioni di natura psichica.

Con tutte le ordinanze la norma viene denunciata in riferimento all'art. 3 Cost. Sul rilevato contrasto, inciderebbe - altresì - ma soltanto per taluno dei giudici il riferimento agli artt. 1, 4, 35, primo comma, 38, terzo comma, Cost.

A tale ultimo riguardo va puntualizzato che l'art. 1 é prospettato in causa quale chiave di lettura complessiva col richiamo da esso fatto al lavoro, principio questo energicamente ribadito nel successivo art. 4 ed enunciato ancora nell'art. 35, primo comma, ma sotto più specifica angolazione quale criterio generale, cioé, ispiratore di tutte le disposizioni del titolo III della Costituzione sui rapporti economici (sentenza n. 15 del 1983); fra queste ricomprendendosi la puntuale garanzia tutoria - art. 38, comma terzo - nei confronti degli inabili e dei minorati, oggetto d'esame nella fattispecie di causa.

In definitiva, il confronto della normativa (ordinaria) con i cennati parametri costituzionali viene così offerto per un unico ed intrecciato esame, essendo attribuito ad ogni cittadino, con l'art. 3 della Costituzione, il diritto fondamentale di realizzare lo sviluppo della sua personalità, attuato principalmente attraverso il lavoro.

Esame, adunque, incentrato sul se - quel disposto dell'art. 5, legge n. 482/68 - abbia, o meno, posto in posizione deteriore, sotto la visuale organica e globale della Costituzione e lo spirito informatore di Essa, gli affetti da minorazione psichica, rispetto ai colpiti da invalidità fisica. Nell'affermativa, andrebbero rimossi gli ostacoli alla parità delle situazioni tra i soggetti con minorazione di natura psichica, vulnerati nell'esercizio dei loro garantiti diritti.

Al qual proposito, va qui subito ricordata la giurisprudenza di questa Corte, che qui non può non ribadirsi, secondo cui non sono costituzionalmente, oltre che moralmente, ammissibili esclusioni e limitazioni dirette a relegare su un piano di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, hanno, all'incontro, pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro (sentenza n. 163 del 1983).

3. - Orbene, un'attenta lettura dell'intero contesto della legge n. 482/1968 porta a considerare come già l'art. 1 della dedotta normativa stabilisca che le disposizioni in materia (assunzioni obbligatorie) non trovino applicazione nei confronti di coloro che "per la natura ed il grado della loro invalidità possano riuscire di danno alla salute o all’incolumità dei compagni di lavoro o alla sicurezza degli impianti"; ostacolo obiettivo all'avviamento al lavoro, questo, che trova rispondenza nel procedimento di cui al successivo art. 20, ove si prevede un accertamento sanitario su richiesta non solo da parte del datore di lavoro, bensì anche nell'interesse dell'invalido.

Altra diversa normativa, poi, contenuta nella legge 30 marzo 1971, n. 118 (di conversione del decreto legge 30 gennaio precedente, n. 5), recante provvidenze a favore dei mutilati ed invalidi civili, dopo aver ricompreso fra gli assistiti (art. 2, comma secondo) gli "irregolari psichici", istituisce corsi di addestramento e similari provvidenze fruibili anche da tali minorati (art. 23), Conche poi, per "speciali categorie d’invalidi", sistemi di lavoro protetto (art. 25), demandandosi ad apposite commissioni provinciali (art. 7) le valutazioni tecnico - sanitarie relative. Ciò anche ai fini dell’iscrizione degli interessati negli elenchi degli aventi titolo al collocamento obbligatorio di cui all'art. 19 della legge 2 aprile 1968, n. 482, oggetto specifico - nel suo articolo 5 - della presente disamina.

Quel che può considerarsi, a questo punto, nel disarmonico intrecciarsi delle norme é che alcun soggetto, sol perché vulnerato psichicamente, può considerarsi colpito da una sorta di presunzione legale, a lui oggettivamente contraria, d’incapacità assoluta e - quel che vieppiù desterebbe preoccupate perplessità - di conseguente indiscriminata pericolosità.

Tutto ciò, peraltro, non appare di per sé bastevole ne ad ammettere senz'altro che gli irregolari in questione - concretamente menzionati nella legge n. 118 - debbano intendersi specificamente ricompresi, ai fini del relativo collocamento obbligatorio, nell'art. 5 della legge n. 482; né - all'incontro - che le ridette categorie possano ex se ritenersi escluse da provvidenze diverse da quelle che unicamente conducono ad ambiti lavorativi particolari (protetti), così come strutturato nella legge n. 118.

4. - Il vero é, su di un piano più attentamente esegetico, che il tenore letterale dell'art. 5 della legge n. 482 consentirebbe la valutazione delle sole menomazioni fisiche. Il problema tuttavia, a questo punto della proposta indagine, trascende la mera interpretazione sintomatica della norma; con una disamina non accompagnata, cioé, da alcun altro riferimento o sostrato, ove solo ci s’induca a riflettere o appena soffermarsi - con la scorta della scienza specifica e della relativa letteratura - sulle intersezioni e le interconnessioni, non sempre sceverabili, tra inabilità fisica e minorazioni d'ordine psichico.

Sul punto, é da ricordare subito quel parere del Consiglio di Stato in data 12 maggio 1965 che - sulla scorta di accertamenti tecnici forniti dal Consiglio superiore di sanità - afferma l'estrema variegabilità tra una malattia psichica e l'altra, ovvero - addirittura - nelle manifestazioni esogene di medesima natura, ma tra un soggetto rispetto ad altro. E si conclude ivi che, in presenza di alterazioni psichiche connesse a minorazioni fisiche, possono - e si riconosce, così, il delineato intreccio - valutarsi, per i fini di assunzione obbligatoria, le minorazioni fisiche.

A fronte di tale messe, sia pur meditata, di perplessa incertezza, é d'uopo qui ulteriormente ricordare, sempre sul piano sostantivo, ma con differente ottica di risultanze, la determinazione del Consiglio delle Comunità Europee, relativa ai compiti del Fondo sociale europeo, là dove, per i fini d’incentivazione di tal fondo, s’intendono - tra l'altro - favorire le persone minorate, purché capaci - si afferma - di inserirsi nel mercato del lavoro: s'incentra, in tal guisa, la minorazione su di un versante di abilitazione obiettiva (al lavoro), piuttosto che su elementi d’inseribilità esclusivamente subiettivi. É da osservare, peraltro, che questi ultimi, comunque, non possono non porsi, e sempre, in rapporto - la cui incidenza resta da valutare singulatim - di causa ad effetto circa le possibilità concrete dei soggetti interessati.

La disamina viene ad appuntarsi, pertanto, nei limiti ovviamente consentiti a questa Corte, (cui restano estranee, ancorché non indifferenti, soluzioni in chiave meramente scientifica), proprio sulla trascrivibilità, in termini d'ordine positivo, e in un senso ovvero nell'altro, delle conoscenze d'ordine clinico e sociologico delle minorazioni psichiche.

Orbene, va rilevato che il legislatore é stato solito adoperare quanto alle "minorazioni di natura psichica" (così, testualmente, l'art. 4 della legge 6 agosto 1966, n. 625, recante - già - provvidenze a favore degli invalidi civili), terminologie e definizioni diverse e al certo generiche, quali quella di "irregolari psichici" (art. 2 legge n. 118 cit.), locuzione già di per sé indistinta, come rilevato pure dalla Corte di Cassazione; ovvero, addirittura, di "portatori di handicaps" (legge 4 agosto 1977, n. 517, art. 7, relativo all’attività scolastica di integrazione allo studio per i soggetti così definiti). Ed é noto, come siffatto ultimo non indigeno termine, nei suoi valori semantici (accolti ormai universalmente nell'idioma nostrano) prima ancora che nella identificazione medico-legale, stia a rivelare una situazione di svantaggio, e quindi d'inferiorità, determinata da deficienze, congenite o acquisite, fisiche o psichiche (ovvero d'entrambe le insorgenze), con la derivata incapacità a livello della persona e le conseguenti implicazioni individuali, familiari, sociali.

5. - Può così porsi, nella giusta immagine, come svariate siano, nelle loro origini, nelle loro evoluzioni, nelle conseguenti manifestazioni, appariscenti o intersecanti sovente le connotazioni fisiche, le caratteristiche di coloro che possono con estrema, incerta e onnicomprensiva affermazione, essere qualificati per irregolari psichici. Resta, comunque, nota alla letteratura scientifica moderna la confluenza in siffatta approssimata terminologia dei minorati per forme psichiche di origine organica o derivanti da neurolesione; degli invalidi per forme psichiche cosiddette pure e cioé intrinsecamente endogene; della vastissima gamma di psicosi gravi con connesse labilità riferibili ai cosiddetti psicopatici, d'ordine caratteriale ovvero sociale, soggetti tutti individuabili, in ogni caso, sul piano obiettivo, per una modulazione di rapporti con i terzi assai variabile, ai fini degli inserimenti e delle possibili correlazioni esterne.

Sul piano positivo, per esemplificazione utile su queste ultime correlazioni, va qui ricordata - in proposito - la normazione specifica per l'idoneità militare, essendo la milizia luogo e punto d'incontro dell'individuo con la società, sia pure sotto l'angolazione - e forse proprio per questo di utile riferimento - della peculiare disciplina che ad essa si riconduce.

A tali fini accertativi si volgono, in concreto, particolarmente, gli artt. 28 e 29 della vigente normativa (d.P.R. 28 maggio 1964, n. 496) che definiscono - per la eventuale esclusione dal servizio - talune caratterizzazioni psicopatiche e sindromi psico-neurotiche, previ esami anche d'ordine sociologico, in ciò migliorandosi, all’evidente luce dei più moderni spettri d'indagine, norme già contenute, in gran parte, ma in misura assai più generica e approssimata, nell'art. 27 del precedente d.P.R. 7 maggio 1948, n. 603.

6. - Cosicché, la problematica in esame, indubbiamente grave, indubbiamente pressante, nei suoi valori etico-sociali, per l'apprestamento della corrispondente strumentazione positiva, si colora, sulla scorta dei premessi principi costituzionali, d’indubbie esigenze di normatività sociale, le più puntuali possibili nelle previsioni, per i cospicui interessi e i valori altissimi del recupero in gioco.

La questione, posta in questi essenziali termini, non può, al certo, essere risolta per via di mera, particolare interpretazione, come mostra d'aver tentato, sia pure con lodevole intento, l'autorità amministrativa (vedasi circolare 14 novembre 1980, n. 101 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale), nel supposto della possibilità, in tali fattispecie, di un unico, semplice criterio ermeneutico evolutivo della nozione d’invalidità.

Ed infatti, nell’estrema variegabilità delle situazioni delle quali é occorso qui trattare, un criterio empirico univoco, di cui si é recato or ora cenno, anziché agevolare, favorendola, la risoluzione di tanta e intensa problematica ben facilmente indurrebbe ad un mancato coordinamento e quindi al disordine, se non all'arbitrio, d’innumere casistica, non confortata da criteri normativi ed atta, in tal modo, men che ad appagare nelle sue risultanze, a far lievitare il relativo contenzioso.

Agli avvertiti effetti distorsivi del sistema, é il legislatore - adunque - che é chiamato ad apprestare adeguati rimedi, operando valide e meditate scelte normative, sulla base degli opportuni rilevamenti ed apprezzamenti tecnici e, nell'ambito di soluzioni le più confacenti e idonee ancorché diversificate, nella coerenza del razionale esercizio di un potere che al detto legislatore, e ad esso solo, compete, con una normazione esaustiva, intesa a rispondere alle varie esigenze qui prospettate e - in ogni caso - ad attuare i precetti costituzionali.

Non é dato, infatti, alla Corte operare scelte in tal senso nella sfera, cioé, di complessi necessariamente articolati, la cui ovvia, meditata estensione é di per sé dimostrativa della esigenza di una serie di previsioni che soltanto il legislatore può effettuare compiutamente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i procedimenti, dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile l968, n. 482, sollevata con le ordinanze in epigrafe ed in riferimento agli artt. 1. 3, 4, 35, 38 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1985.

Leopoldo ELIA - Giuseppe BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 22 febbraio 1985.