SENTENZA N. 49
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 20, legge 8 agosto 1977, n. 556 (Semplificazione delle procedure dei concorsi di accesso alle carriere del personale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, modificazione dei ruoli organici del personale operaio dell'Amministrazione stessa e modifiche alla legge 14 novembre 1967, n. 1095); art. 112 r.d. 14 giugno 1941, n. 577 (Ordinamento dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio); art. 16 legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e art. 87 d.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, promossi con ordinanze emesse il 23 novembre 1977 e il 7 giugno 1978 dal Pretore di Orvieto (n. 5 ord.) e l'8 giugno 1978 dal Pretore di Genova, iscritte ai nn. 270,549,550, 551,552 e 618 del registro ordinanze 1978 e pubblicate nella G. U. della Repubblica n. 235 del 1978 e nn. 31 e 45 del 1979.
Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Antonio La Pergola;
udito l'Avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con cinque ordinanze di analogo contenuto emesse una il 23 novembre 1977 e le altre il 7 giugno 1978 (R.O. 270, 549, 550, 551 e 552/1978), il Pretore di Orvieto ha sollevato, in riferimento all'art. 32 Cost., questione di costituzionalità dell'art. 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556.
Il giudice a quo, visti gli atti a carico degli imputati del reato di cui all'art. 730, secondo comma, c.p., per "aver posto in vendita tabacchi, mediante distributori automatici di sigarette", posti all'esterno dell'esercizio, e quindi accessibili senza controllo ai minori degli anni quattordici, rileva che la norma denunciata, entrata successivamente in vigore, ha ammesso l'installazione dei suddetti distributori da parte dei rivenditori di generi di monopolio nell'immediata adiacenza della rivendita.
Il Pretore, osservato che in precedenza l'installazione era autorizzata da una norma regolamentare, che come tale non poteva derogare all'art. 730 c.p., ritiene rilevante la suddetta questione di costituzionalità, in quanto, se ritenuta fondata, consentirebbe nella fattispecie l'applicazione della richiamata norma penale.
Inoltre la questione non sarebbe manifestamente infondata, dato che la vendita di prodotti di tabacco é vista con cautela dallo stesso legislatore, che in considerazione delle conseguenze nocive alla salute (specie se il consumo del tabacco inizi in giovane età) vieta la pubblicità dei prodotti da esso derivati.
Il Pretore conclude affermando che "la vendita indiscriminata del tabacco, di fatto consentita dalla norma denunciata, appare motivo di grave turbamento per la salute dei minori".
2. - Interviene nel presente giudizio il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, la quale ritiene che la censura del Pretore di Orvieto muova da un'errata interpretazione del sistema normativo in materia. Infatti non sembra sussistere l'ipotesi contravvenzionale di cui all'ultimo comma dell'art. 730 c.p. se il tabacco viene solo posto in vendita e non effettivamente venduto. Infatti la vendita si ha nel momento in cui l'acquirente fa in modo che il distributore gli consegni le sigarette.
Nella specie la contravvenzione si consuma solo quando l'apparecchio consegna effettivamente il prodotto da fumo all'acquirente. Il rivenditore ha tuttavia l'obbligo di fare il possibile per evitare che il tabacco sia venduto a minori degli anni quattordici. Spetta al giudice di merito valutare nelle singole fattispecie il concreto comportamento, attuato in tal senso, dal rivenditore.
Pur in presenza della norma censurata, la contravvenzione di cui all'art. 730 c.p. sussiste appunto se risulta in concreto che il rivenditore non abbia frapposto ostacoli per evitare la vendita di tabacco ai minori di quattordici anni.
Alla luce delle premesse considerazioni l'Avvocatura ritiene che la questione sollevata, prima ancora che infondata, sia insussistente.
3. - Con ordinanza emessa l'8 giugno 1978 (R.O. 618/1978), il Pretore di Genova, nel corso di un procedimento penale a carico di vari imputati della medesima contravvenzione, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 20 legge n. 556 del 1977, e, per quanto occorra, degli artt. 112 R.D. 14 giugno 1941, n. 577, 16 legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e 87 d.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, in riferimento non solo all'art. 32, ma anche agli artt. 3, primo comma, e 31, secondo comma Cost..
In seguito ad esposto-denuncia del Presidente dell'Unione Consumatori il Pretore, ex art. 219 c.p.p., disponeva in data 8 luglio 1977 il sequestro su tutto il territorio nazionale dei distributori automatici di sigarette, adducendo la violazione dell'art. 730, secondo comma, c.p..
Contro l'ordinanza di rigetto dell'incidente d' esecuzione, proposto da 45 rivenditori, gli imputati ricorrevano in Cassazione. La Suprema Corte cassava senza rinvio, con sentenza dell'11 gennaio 1978, tanto il decreto di sequestro, quanto l'ordinanza con la quale veniva respinta l'opposizione al detto decreto. Secondo la Cassazione non ricorrono nel caso di specie i presupposti per l'adozione dei citati provvedimenti, in quanto, in mancanza della prova che i minori di quattordici anni abbiano fatto uso dei distributori, non é configurabile la contravvenzione di cui al secondo comma dell'art. 730 c.p., e quindi la possibilità del ricorso all'art. 219 c.p.p..
Comunque la Cassazione ha ritenuto nella specie ravvisabile l'esimente di cui all'art. 51 c.p., e ciò sulla base dell'art. 112 R.D. 14 giugno 1941, n. 577 e appunto del sopravvenuto art. 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556. In base all'entrata in vigore di tale norma lo stesso Pretore aveva revocato il sequestro con provvedimento in data 20 dicembre 1977.
La rilevanza della questione di costituzionalità sollevata discenderebbe da un lato dal fatto che, a differenza di quanto ritenuto dalla Cassazione, anche la semplice installazione di distributori automatici in luogo pubblico, o aperto al pubblico, integra la fattispecie di cui all'ultimo comma dell'art. 730 c.p., e dall'altro lato dalla constatazione dell'effettiva esistenza, ove la norma censurata sia ritenuta costituzionalmente legittima, dell'esimente di cui all'art. 51 c.p..
Quanto al primo punto, e cioé al mancato accoglimento dell'interpretazione data dalla Suprema Corte, il giudice a quo osserva che un concetto di somministrazione che implichi comunque la materiale traditio dell'oggetto, oltre ad essere troppo affine a quello della vendita, non terrebbe conto della necessità di adeguare i concetti giuridici alla realtà in evoluzione; andrebbe poi soprattutto considerato che nella diversa fattispecie criminosa di cui al primo comma dell'art. 730 si fa uso del verbo "consegnare".
L'interpretazione della Cassazione non risponderebbe neppure alla nozione di somministrazione acquisita dal codice penale, in base alla quale si designerebbe come tale ogni forma di messa a disposizione del pubblico di qualsiasi merce. Ricorda ancora il Pretore che nel codice civile la somministrazione é definita dall'art. 1559 come esecuzione di prestazioni periodiche e continuative di cose, dietro corrispettivo di un prezzo, esecuzione che avviene nelle ipotesi classiche (fornitura di gas, acqua, elettricità) attraverso l'ausilio di apparecchiature meccaniche, senza l'intervento materiale del somministratario.
Nel caso dei distributori in questione nessun atto é richiesto al gestore, ai fini della vendita del prodotto contenuto nelle apparecchiature. Rileva ancora il giudice a quo che le norme penali che contemplano l'ipotesi della somministrazione impongono tutte all'agente un controllo che, nel caso dei distributori in questione, anche a causa delle loro finalità, é impossibile compiere sempre. Essi infatti sono installati anche per consentire l'acquisto del prodotto da fumo quando l'esercizio al quale siano attigui sia chiuso.
Secondo il Pretore, dunque, l'interpretazione della Cassazione si pone in netto contrasto con la sostanza e la ratio dell'incriminazione.
Ciò premesso sulla rilevanza, quanto al merito il Pretore osserva che per quanto riguarda l'asserito contrasto con l'art. 3 Cost. esso sarebbe determinato da una disparità di trattamento "fra rivenditori di tabacco ed il resto della comunità nazionale". I primi, infatti, in base alla norma censurata, si sottraggono all'operatività nei loro confronti della norma penale di cui all'art. 730 c.p., applicabile a qualunque altro cittadino, anche a chi offra ad un minore una sola sigaretta. Peraltro l’attività dei fruitori di tale presunto trattamento di favore, lungi dall'essere costituzionalmente tutelabile, si porrebbe in contrasto con interessi appunto costituzionalmente protetti, quali quelli alla salute e alla tutela dell'infanzia.
L'attività in questione ha peraltro ad oggetto beni dannosi e la cui mancanza per breve tempo sul mercato non recherebbe pregiudizi né agli individui, né alla collettività.
Dalle suddette considerazioni deriverebbe il contrasto dell'art. 20 della legge n. 556 del 1977 anche con gli artt. 31, secondo comma, e 32, primo comma, Cost., contenenti principi la cui precettività ed importanza sono sottolineate, rileva il Pretore, nella sentenza di questa Corte n. 27 del 18 febbraio 1975. É ormai fuori dubbio, infatti, che il fumo arrechi gravi danni alla salute.
4. - Interviene nel presente giudizio il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che, alla stregua della suddetta sentenza della Cassazione, sostiene l'irrilevanza della presente questione.
Quanto alle argomentazioni del Pretore per confutare le affermazioni della Suprema Corte, si rileva da parte dell'Avvocatura che, anzitutto, non può cogliersi in chi installa un distributore di sigarette la volontà di somministrare tabacco ai minori di quattordici anni; inoltre, la condotta che, secondo il Pretore, configurerebbe un'ipotesi di somministrazione, realizzerebbe al massimo un tentativo di vendita; essendo l'ipotesi di cui all'art. 730 c.p. una contravvenzione, la suddetta norma non sarebbe in ogni caso applicabile, in quanto non é previsto il tentativo di contravvenzione.
L'Avvocatura rileva poi che, ferma l'impossibilità, affermata dalla Cassazione, di configurare nel caso della semplice installazione di distributori la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 730 c.p., tale norma sarebbe tuttavia applicabile, ove il minore degli anni quattordici sia sorpreso nell'operazione di acquisto e sussistano gli elementi soggettivi ed oggettivi del reato. La norma censurata non precluderebbe la tutela penale della salute dei minori e pertanto non contrasterebbe con la Costituzione.
5. - Nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il giudice La Pergola ha svolto la relazione e l'Avvocatura dello Stato ha ribadito e precisato le conclusioni già adottate.
Considerato in diritto
1. - Forma oggetto del presente giudizio l'art. 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556, la quale detta norme in ordine all'Amministrazione autonoma dei tabacchi. Detta disposizione é denunziata per la parte in cui consente che i rivenditori dei generi di monopolio installino distributori automatici di sigarette all'esterno delle rivendite e nelle immediate adiacenze. La questione é sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 31, secondo comma, 32, primo comma, Cost.. dai Pretori di Orvieto e di Genova. Quest'ultimo giudice estende la censura agli artt. 112 R.D. 14 giugno 1941, n. 577, 16 legge 22 dicembre 1957, n. 1293 e 87 d.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, "per quanto occorre", com'é detto nel dispositivo del provvedimento di rimessione: e cioé, in quanto la Corte ritenga che tali altre disposizioni incorrano anch'esse nel medesimo vizio d' incostituzionalità denunciato con riguardo al citato art. 20 della legge del 1977, che discenderebbe dall'avere la normativa in discorso permesso la vendita del tabacco, anche al minore degli anni quattordici, mediante distributore automatico, e quindi senza alcuna possibilità di verificare l'età dell'acquirente. Più precisamente, si prospetta alla Corte il seguente problema di costituzionalità:
A) agli imputati nel giudizio a quo é ascritto il reato configurato nell'art. 730 del codice penale, che vieta e sanziona penalmente la vendita (o la somministrazione) di tabacco ai minori degli anni quattordici. Il censurato disposto di legge deroga espressamente tale divieto - assume il giudice a quo - con il risultato di escludere dalla previsione incriminatrice del codice la vendita del prodotto che venga effettuata, senza discriminazioni o controlli, per mezzo del distributore automatico. Di qui l'asserita offesa alla statuizione costituzionale che concerne specificamente la salute (art. 32, primo comma, Cost.);
B) il legislatore ordinario si sarebbe, del resto, adeguato all'esigenza di tutelare il bene che si assume leso con varie disposizioni limitatrici della pubblicità dei tabacchi e del relativo consumo, nonché con lo stesso art. 730 del codice. La deroga a quest'ultima norma, introdotta per autorizzare la distribuzione automatica delle sigarette, é pertanto denunciata sull'assunto che la vendita indiscriminata del tabacco costituisca, alla stregua delle ormai consolidate risultanze della scienza medica, un evidente pericolo, specialmente nei confronti del minore: il quale, si dice, viene agevolato "fin dall'adolescenza e anche prima" nell'assuefazione ad un prodotto, tanto più nocivo per la salute, in quanto si abbia riguardo a quella fascia dell'età giovanile;
C) il Pretore di Genova prospetta, altresì, la violazione dell'art. 31 Cost., posto a tutela della gioventù, nonché del principio costituzionale di eguaglianza. Tale ultima censura é, in sostanza, così argomentata: il legislatore non avrebbe razionalmente valutato, in sede di tutela penale, il bene fondamentale della salute del minore in rapporto agli altri interessi presi in considerazione nella specie; e per questo si deduce un'ingiustificata disparità fra il trattamento disposto, da un canto per il rivenditore di tabacchi, il quale si giova dell'apparecchio distributore delle sigarette e rimane sottratto all'operatività della norma contenuta nell'art. 730 del c.p., dall'altro per tutti i destinatari di tale norma, i quali soggiacciono alla proibizione ivi posta: proibizione, si soggiunge, che continua ad operare anche nei riguardi di chi, per esempio, fornisca al minore una sola sigaretta.
2. - La difesa del Presidente del Consiglio eccepisce l’inammissibilità della questione, prima ancora di dedurne l'infondatezza. Osserva, infatti, l'Avvocatura - a proposito dell'ordinanza emessa dal Pretore di Genova: ma il rilievo vale anche per gli altri provvedimenti introduttivi dell'attuale controversia - che l'art. 20 della legge n. 556 del 1977 é censurato sulla base di un erroneo presupposto nell'interpretazione dell'assetto normativo della materia. Il giudice a quo, si soggiunge, ritiene che, in difetto della disposizione censurata, l’installazione del distributore automatico di sigarette, in luogo pubblico o aperto al pubblico, basterebbe ad integrare gli estremi del reato contravvenzionale configurato dall'art. 730 c.p.. Questa norma, ad avviso del Pretore, disegna la fattispecie penale prevedendo, come ipotesi alternativa alla vendita, la somministrazione, e cioé la messa a disposizione del pubblico, sotto qualsiasi forma, di merce nociva alla salute, fermo restando che chi somministra la merce é tenuto a controllare il rispetto delle prescrizioni di legge, e così , nel caso in esame, la età dell'acquirente. Senonché prosegue l'Avvocatura, tale interpretazione dell'art. 730 é disattesa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione: la quale ha stabilito che l'evento criminoso previsto da detta norma si consuma solo quando sia effettivamente intervenuta - non importa se nella rivendita, o per il tramite dell'apparecchio - la vendita (o la somministrazione) del prodotto al minore. Anche se il tabacco fosse da quest'ultimo acquistato mediante distributore, il reato potrebbe, allora, ugualmente delinearsi, sempre che di esso, beninteso, ricorrano gli estremi soggettivi ed oggettivi, la cui sussistenza spetta al giudice, volta a volta, di accertare. La tesi così accolta dal Supremo Collegio - osserva l'Avvocatura - conduce alla conclusione che la norma censurata non intacca la tutela penale accordata alla salute del minore, lasciando sussistere l'illecito previsto dal ricordato precetto del codice. Di qui, appunto, l'asserita irrilevanza della questione, che avrebbe per oggetto una disposizione ininfluente sulla decisione della causa di merito.
3. - Giova all'esame di questo pregiudiziale profilo della questione ricordare come le ordinanze di rinvio risultino motivate, in punto di rilevanza. Il Pretore di Genova, afferma, al riguardo, che l'art. 730 c.p. contempla, sotto l'ipotesi della somministrazione, il semplice impianto del distributore, con il quale il tabacco é offerto ad ogni possibile utente dell'apparecchio, incluso il minore; il Pretore di Orvieto ritiene, dal canto suo, che la norma censurata deroghi "parzialmente" - e cioé in ordine alla modalità della vendita o somministrazione - il disposto della norma punitiva del codice; sulla base delle premesse testé richiamate l'uno e l'altro giudice deducono, comunque, che la richiesta declaratoria d’incostituzionalità verrebbe a ricondurre la specie sotto le previsioni dell'art. 730 c.p.. Va aggiunto che, nei procedimenti da cui trae origine la presente questione, agli imputati é ascritto solo il fatto di aver installato il distributore fuori dalla rivendita: non risulta che alcun minore abbia acquistato tabacco, utilizzando l'apparecchio.
Ora, l'Avvocatura correttamente rileva che l'art. 730 incrimina la vendita o somministrazione effettiva del tabacco al minore degli anni quattordici, mentre il porre in vendita - con la semplice offerta al pubblico della merce contenuta nel distributore - non integra gli estremi né della vendita, né quelli della somministrazione; e neppure ricorre, é appena il caso di aggiungere, l'ipotesi del tentativo, giacché ci troviamo di fronte a figure di reato contravvenzionale. Detto ciò, diviene evidente che con tutte le ordinanze in esame si chiede alla Corte una pronunzia, dalla quale dovrebbe risultare la produzione di una nuova fattispecie penale, diversa da quella prevista nel vigente testo dell'art. 730. Senonché un tale risultato può esclusivamente conseguire alla scelta discrezionale del legislatore, come la Corte ha più volte affermato, in forza del fondamentale precetto dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione: e basta ciò per concludere che la questione é inammissibile. Del resto, la conclusione non muterebbe, pur a voler ammettere che la norma censurata abbia introdotto, come si assume nei provvedimenti di rimessione, una scriminante del reato tipizzato nell'art. 730 del codice. La questione rimane inammissibile, anche se si adotta quest'ultimo punto di vista, in quanto essa é sollevata in relazione a casi di specie, in cui non si é verificato il fatto - la vendita o la somministrazione del tabacco al minore - che, punito dal codice, sarebbe, invece, indebitamente configurato come penalmente lecito dalla disposizione sottoposta al giudizio della Corte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556, sollevata, in riferimento all'art. 32 Cost., dal Pretore di Orvieto con le ordinanze indicate in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556, 112 del RD. 14 giugno 1941, n. 577, 16 della legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e 87 del d.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1074, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 31, secondo comma, e 32, primo comma, Cost., dal Pretore di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1985.
Leopoldo ELIA - Antonio LA PERGOLA
Depositata in cancelleria il 22 febbraio 1985.