Sentenza n. 246 del 1983

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SENTENZA N. 246

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Antonino DE STEFANO, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 30, comma terzo, e 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali) e degli artt. 41 e 367 cod. proc. civ. (Regolamento di giurisdizione - Sospensione del processo di merito) promossi con ordinanze emesse il 3 marzo 1976 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio e il 12 dicembre 1979 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, rispettivamente iscritte al n. 501 del registro ordinanze 1976 e al n. 175 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 del 1976 e n. 131 del 1980. Visti l'atto di costituzione di Daniele Vittorio e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'll gennaio 1983 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito l'avvocato delo Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 3 marzo 1976, in un giudizio di ottemperanza nel corso del quale l'Amministrazione convenuta aveva proposto regolamento preventivo di giurisdizione, il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 30, terzo comma, della legge n. 1034 del 1971 (a norma del quale "nei giudizi dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali é ammessa domanda di regolamento preventivo di giurisdizione a norma dell'art. 41 c.p.c."), dell'art. 37 della stessa legge (che regola la competenza dei TAR e del Consiglio di Stato sui giudizi di ottemperanza) nonché degli artt. 41 e 367 c.p.c. (che disciplinano i regolamenti preventivi di giurisdizione) in quanto applicabili ai giudizi amministrativi.

Si sostiene che la normativa risultante dagli artt. 30 della legge n. 1034 del 1971, 41 e 367 c.p.c. comportando l'automatica sospensione del giudizio dinanzi al TAR, appare di dubbia legittimità costituzionale, permettendo ad una delle parti di paralizzare il giudizio per un periodo assai lungo mentre gli incidenti di costituzionalità comportano la sospensione del processo solo ove vengano ritenuti dal giudice rilevanti e non manifestamente infondati.

Pur non contestando la legittimità, in generale, del regolamento preventivo di giurisdizione, si sostiene che mentre nel processo civile la sospensione del processo non produce sostanziali pregiudizi per il privato, tenuto anche conto che il giudice a quo é legittimato ad autorizzare il compimento di atti urgenti, viceversa nel giudizio amministrativo essa priva il cittadino della tutela giurisdizionale.

Per la maggior parte, le situazioni tutelabili dal giudice amministrativo sono interessi legittimi ed il privato ha interesse o alla rimozione di un provvedimento sfavorevole, o all'emanazione di un provvedimento favorevole. Solo gli interessi della prima categoria sono tutelabili con la sospensiva (utilizzabile anche in caso di proposizione di regolamento di giurisdizione). Pertanto, per gli altri interessi, la sospensione del processo comporta che essi rimangono privi di ogni forma di tutela per tutta la durata di essa e, talvolta, in via definitiva ove, nelle more, venga meno l'interesse a ricorrere, come per i ricorsi in materia di operazioni elettorali che non vengono decisi prima della scadenza dalla carica.

A proposito dell'art. 37 della legge n. 1034 del 1971, che regola i giudizi di ottemperanza, il giudice a quo evidenzia che la proposizione del regolamento preventivo ritarda non solo la decisione, ma anche l'esecuzione del giudicato, cosicché "la possibilità di ottenere in via giurisdizionale che l'Amministrazione si adegui tempestivamente alla pronuncia é assai ridotta, il che, in ipotesi non marginali, potrebbe tradursi in una sostanziale privazione della tutela giurisdizionale".

Inoltre la circostanza che solo l'Amministrazione possa bloccare l'esecuzione del giudicato proponendo il regolamento preventivo di giurisdizione, comporterebbe per essa un ingiustificato privilegio, con violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Al riguardo si richiama la diversa disciplina esistente per l'esecuzione forzata nel processo civile, nel quale il regolamento preventivo può essere proposto solo in sede di opposizione all'esecuzione e comporta la sospensione necessaria di tale giudizio ma non di quello esecutivo. Si lamenta, altresì, una differenza di disciplina non giustificata fra giudizio di ottemperanza dinanzi ai TAR e dinanzi al Consiglio di Stato, sostenendosi che solo per i primi opererebbe la regola della sospensione necessaria

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che le questioni siano dichiarate non fondate.

Si contesta che il giudice ordinario, dopo la proposizione di un regolamento preventivo di giurisdizione, abbia il potere di compiere atti urgenti, ove sia allegato un difetto assoluto di giurisdizione e si afferma che l'impossibilità giuridica di attività giurisdizionali dopo la proposizione del regolamento tanto nei giudizi ordinari, quanto in quelli amministrativi, é conforme ai principi della Costituzione sulla divisione dei poteri.

Quanto al ritardo nella decisione della causa conseguente alla proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, nell'atto di costituzione si osserva che ciò deriva da disfunzioni non ascrivibili all'istituto e che, comunque, anche nei confronti della P.A. é prevista la responsabilità aggravata ex artt. 91 e 96 c.p.c.

Quanto alle dedotte violazioni dell'art. 3, si osserva che la posizione dell'Amministrazione e quella del privato non sono eguali e, perciò, non possono essere comparate, mentre quanto alla diversità di disciplina fra giudizi dinanzi ai TAR e dinanzi al Consiglio di Stato, essa non sussiste, dovendo i giudizi dinanzi ad entrambi tali organi essere sospesi a seguito della proposizione del regolamento, secondo quanto costantemente statuito dalla Corte di cassazione.

La parte privata chiede che la questione sia dichiarata fondata in base alle stesse argomentazioni contenute nell'ordinanza di rimessione.

Con ordinanza 12 dicembre 1979 del TAR per la Sicilia, nel corso di un giudizio promosso per ottenere l'annullamento di operazioni elettorali, é stata parimenti sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, terzo comma della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, per contrasto con gli artt. 111, terzo comma, 103, primo comma, 113 e 125 della Costituzione, essendo stato proposto dai controinteressati regolamento preventivo di giurisdizione.

Si afferma che la Costituzione assegna alla Corte di cassazione non la conoscenza di tutte le questioni attinenti alla giurisdizione del Consiglio di Stato, che fossero sorte nel corso di giudizi radicati dinanzi a tale Collegio, ma solo la conoscenza di eventuali ricorsi contro le decisioni di quell'organo, proposti per motivi attinenti alla giurisdizione, restando per il resto (art. 103, primo comma) illimitata la giurisdizione amministrativa.

L'art. 111, terzo comma, Cost. andrebbe inteso nel senso che contro le decisioni del Consiglio di Stato é ammesso ricorso in Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, mentre tale ricorso non é ammesso in pendenza di giudizio amministrativo, o contro la sentenza del TAR, organo di giustizia amministrativa di primo grado.

Non si avrebbe pertanto, secondo il dettato costituzionale, la possibilità per il legislatore ordinario di regolare i modi della tutela giurisdizionale nel senso di far decidere anzitutto ed in maniera definitiva la questione di giurisdizione senza la collaborazione del giudice a quo, come invece legittimamente avviene rispetto alle liti radicate dinanzi al giudice civile (sentenza 6 giugno 1973, n. 73 della Corte costituzionale).

Inoltre l'effetto sospensivo del regolamento preventivo deroga al carattere di generalità attribuito dall'art. 113 Cost. alla tutela degli interessi legittimi, tenuto conto che l'effetto automaticamente dilatorio del regolamento preventivo in materia d'interessi legittimi é diverso di quello proprio del campo dei diritti soggettivi, nel quale normale appare la possibilità di restaurazione pecuniaria del torto, cosicché nel processo amministrativo il regolamento preventivo diviene mezzo per neutralizzare per un certo tempo le possibilità di funzionamento della giurisdizione amministrativa.

Anche in tale giudizio si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Nell'atto di costituzione si osserva che la tesi dell'incostituzionalità dell'art. 30 della legge n. 1034/1971, si fonda sul presupposto che scopo dell'art. 111, terzo comma, Cost., sia non solo quello di limitare il controllo della Cassazione sui giudizi amministrativi ai soli motivi inerenti alla giurisdizione, bensì anche quello di negare espressamente qualsiasi verifica della giurisdizione prima della pronuncia definitiva del giudice amministrativo.

Viceversa - si sostiene - l'art. 111, terzo comma, della Costituzione, rappresenta in effetti una eccezione a favore del Consiglio di Stato e della Corte dei conti riguardante l'ambito del sindacato della Cassazione, limitato ai "soli motivi inerenti alla giurisdizione", mentre appare estranea alla volontà del sindacato della Cassazione ed addirittura di vietare specificamente al legislatore ordinario l'utilizzazione dell'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione nel processo amministrativo.

Per il resto ci si riporta, nel sostenere la non fondatezza della questione, a quanto esposto nell'atto di costituzione relativo all'analogo giudizio promosso dal TAR del Lazio.

Considerato in diritto

1. - Le due ordinanze di cui in epigrafe sollevano questioni di legittimità costituzionale identiche o fra loro connesse e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti ai fini di un'unica pronuncia.

2. - Alla Corte vengono sottoposte le seguenti questioni di legittimità costituzionale:

a) se siano costituzionalmente legittimi, con riferimento agli artt. 3, 24, 103, 111, terzo comma, 113 e 125 Cost., gli artt. 30, terzo comma, e 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 ("Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali") nonché 41 e 367 c.p.c. in quanto applicano al processo amministrativo l'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione;

b) se siano costituzionalmente legittime le stesse disposizioni sopra citate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost., in quanto applicano l'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione al giudizio relativo alla esecuzione delle sentenze dei giudici amministrativi;

c) se l'art. 30, terzo comma, della legge n. 1034 del 1971 sia costituzionalmente legittimo, in riferimento agli artt 3, 24, 103, 111, terzo comma, 113 e 125 Cost., nella parte in cui dispone che il processo di merito sia sospeso durante il corso del processo per regolamento preventivo di giurisdizione.

Le questioni non sono fondate.

3. - In ordine alla prima di tali questioni di legittimità costituzionale, questa Corte (sent. n. 73/1973) ha già riconosciuto che l'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione é giustificato da esigenze di economia processuale.

Con successiva sentenza (n. 135/1975) questa Corte ha aggiunto che, tale essendo la ratio dell'istituto in parola, non é dubbio che la stessa valga tanto se l'istanza per regolamento di giurisdizione sia proposta in procedimenti pendenti davanti ad un giudice ordinario quanto se venga proposta in procedimenti pendenti davanti al giudice amministrativo.

La Corte non ha motivo per discostarsi da queste affermazioni, dato che le cennate esigenze di economia proeessuale sussistono anche a proposito del processo amministrativo, data la presenza in questo del pubblico interesse, soprattutto quanto si tratta della giurisdizione generale di legittimità.

Né gli argomenti svolti dai giudici a quibus possono valere a modificare tali conclusioni.

Si assume, infatti, che dall'art. 111, terzo comma, Cost. si dovrebbe desumere che il giudice regolatore della giurisdizione possa pronunciarsi in materia soltanto dopo che il giudice amministrativo abbia potuto manifestare in proposito il suo pensiero in ordine alla giurisdizione con la sua sentenza, attuando in tal modo una forma di collaborazione.

Ora é vero che l'art. 111, terzo comma, letteralmente parla di ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato, ma l'avere preveduto la impugnazione di una sentenza già emessa non ha in alcun modo, né esplicitamente né implicitamente, il significato di un contemporaneo divieto per il legislatore ordinario di introdurre altri sistemi processuali atti a raggiungere il medesimo risultato e ad ottenere, in tema di giurisdizione, la pronuncia conclusiva del giudice a ciò competente, cioè della Corte di cassazione.

Né esiste alcun principio o regola costituzionale dalla quale possa desumersi che per decidere sulla giurisdizione occorra una qualche forma di collaborazione fra i giudici.

Non fondata é anche la ulteriore osservazione secondo cui l'art. 111 consentirebbe il regolamento preventivo di giurisdizione sol quando il processo si trovi dinanzi al Consiglio di Stato e non anche nello stadio di primo grado dinanzi ai TAR, che non sono menzionati nella disposizione: all'epoca della elaborazione della Costituzione i Tribunali amministrativi non esistevano (l'art. 125 prevedeva ed in tempi molto ampi e generali l'istituzione di organi di prima istanza), sicché il richiamo non poteva essere fatto se non all'unico organo allora esistente. Una volta posto in essere il doppio grado di giurisdizione con la legge n. 1034 del 1971, non vi é ragione per non applicare anche nel campo del processo amministrativo, nonostante le differenze che esistono con il processo dinanzi al giudice ordinario, l'art. 41 c.p.c., il quale ammette il regolamento in parola "finché la causa non sia decisa nel merito in primo grado".

Non può, infine, profilarsi, come fa il TAR del Lazio, alcun parallelo con le questioni incidentali di legittimità costituzionale nelle quali il giudice che le solleva é chiamato ad una valutazione preliminare della questione stessa, mentre al giudice della causa di merito in ordine alla quale viene proposto regolamento di giurisdizione non é consentito nulla di simile: si tratta di istituti e di norme completamente diverse, soprattutto ove si tenga conto della ratio del regolamento preventivo di giurisdizione, che incide soltanto sulla appartenenza del potere di decidere ed é inteso ad accelerare il corso dei procedimenti.

4. - Neppure la seconda questione é fondata.

Una volta che il giudizio di c.d. ottemperanza (art. 27, n. 4, del T.U. 16 giugno 1924, n. 1054, e art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034) ha carattere giurisdizionale ed una volta che anche in questa sede possono sorgere, come di fatto sono sorte, questioni attinenti alla giurisdizione, non si vede ragione per negare la possibilità di proporre regolamento di giurisdizione anche in un processo di esecuzione. Anzi potrebbe dirsi che, data la necessità ancor più evidente di accelerare il corso dei giudizi di ottemperanza, la ratio più volte ripetuta si presenta qui con una intensità maggiore.

5. - L'ultima questione, posta da entrambi i giudici a quibus, riguarda l'effetto sospensivo del giudizio di merito, che consegue automaticamente alla proposizione della istanza per regolamento di giurisdizione (art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in relazione agli artt. 41 e 367 c.p.c.).

 

Ad avviso della Corte l'effetto sospensivo del regolamento preventivo di giurisdizione non appare irrazionale sul piano costituzionale, trattandosi di scelta rientrante nella discrezionalità del legislatore.

6. - I giudici a quibus insistono, nelle loro ordinanze, nel prospettare gli inconvenienti che si sono verificati, dato che l'istituto del regolamento preventivo di giurisdizione ha provocato ritardi notevoli nella decisione delle cause, apparendo talvolta addirittura pretestuoso: ma si tratta, ovviamente, di inconvenienti dovuti non già al contenuto della norma di legge, bensì alla distorta applicazione che ne é stata fatta.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 30, terzo comma, e 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 ("Istituzione dei Tribunali amministrativi regionali"), 41 e 367 c.p.c., in quanto applicabili al processo amministrativo, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 111, terzo comma, 113 e 125 della Costituzione, con le ordinanze di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983

Antonino DE STEFANO – Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 28 luglio 1983.