ORDINANZA N. 218
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 168 e 169 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie) e dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1975, n. 706 (Sistema sanzionatorio delle norme che prevedono contravvenzioni punibili con l'ammenda) promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1981 dal Pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Morgante Paolo ed altri, iscritta al n. 521 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 325 del 1981;
visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 giugno 1983 il Giudice relatore Leopoldo Elia.
Ritenuto che il Pretore di Roma con l'ordinanza in epigrafe ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 168 e 169 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, nonché dell'art. 1 legge 24 dicembre 1975, n. 706, in relazione all'art. 3 della Costituzione.
Considerato che il pretore ritiene che in forza del complesso normativo denunziato e a seguito della depenalizzazione disposta con legge 24 dicembre 1975, n. 706, i1 commerciante di medicinali risponda penalmente della vendita di specialità medicinali non registrate, mentre il farmacista sarebbe ormai punito soltanto con sanzione amministrativa, lamentando quindi un'irrazionale disparità di trattamento fra farmacisti e non farmacisti e chiedendo l'abolitio criminis anche per i secondi;
che, a parte il rilievo dell'Avvocatura secondo cui la fattispecie assunta come depenalizzata é nella prevalente giurisprudenza di merito configurata tuttora come reato (v. ultima parte del primo comma dell'art. 169 e cfr. art. 32 legge 24 novembre 1981, n. 689), questa Corte (sent. n. 168/1982) ha affermato il principio per cui non é censurabile una disciplina penale che ragionevolmente tuteli un interesse, argomentando che interessi di pari grado, se non di maggiore, non abbiano ricevuto analoga tutela.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 168 e 169 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, nonché dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1975, n. 706, sollevata dall'ordinanza in epigrafe in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'l luglio 1983.
Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI – Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 1 luglio 1983.