SENTENZA N. 168
ANNO 1982
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt 1, 9, 12 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 (disposizioni sulla stampa) e dell'art. 57 cod. pen. (responsabilità per reati commessi col mezzo della stampa) promossi con le ordinanze emesse dal Tribunale di Roma in data 29 ottobre 1980, 9 maggio (due ordinanze), 27 maggio, 28 aprile, 3 giugno, 8 luglio, 17 giugno (due ordinanze), 4 luglio e 24 giugno 1981, dalla Corte d'appello di Roma in data 6 luglio 1981 e dal Tribunale di Roma il 3 novembre e il 20 ottobre 1981, iscritte ai nn. 32, 558, 559, 560, 561, 606, 641, 642, 643, 644, 669, 743, 826 e 827 registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7 e 325 del 1981 e nn. 12, 26, 68 e 82 del 1982.
Visti gli atti di costituzione di Zanetti Livio e Fabiani Roberto e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 1 giugno 1982 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
uditi gli avvocati Claudio Emeri e Adolfo Gatti per Zanetti Livio e Fabiani Roberto e l'avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.1. - Con decreto di citazione del 27 aprile 1979 vennero tratti a giudizio direttissimo avanti il Tribunale di Roma per l'udienza del 7 luglio 1979, sotto l'imputazione di diffamazione aggravata a mezzo stampa, Zanetti Livio e Fabiani Roberto, l'uno direttore del settimanale "L'Espresso" e l'altro quale autore di articolo apparso nel numero del 6 marzo 1977 del settimanale.
Su eccezione della difesa degli imputati, resistita da parti civili e pubblico ministero, l'adito Tribunale, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1980, comunicata il 1 e notificata il 22 del successivo mese di dicembre, pubblicata nella G. U. n. 7 dell'11 marzo 1981 e iscritta al n. 32 R.O. 1981, ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., per essere ingiustificata la diversa disciplina prevista per i reati commessi a mezzo della stampa rispetto a quelli commessi con il mezzo della pubblicità costituita dalle trasmissioni radiotelevisive. Diversità espressa - ha precisato il giudice a quo - dalla minore asprezza delle pene comminate per gli imputati di reati commessi per mezzo delle trasmissioni radiotelevisive, la cui obiettività é soggetta al controllo del competente organo parlamentare di vigilanza.
1.2. - Avanti la Corte si sono costituiti nell'interesse di Livio Zanetti gli avv.ti Claudio Emeri e Oreste Flamminii Minuto giusta delega in calce all'atto di deduzione depositato il 24 novembre 1980; successivamente si é costituito per Zanetti,in virtù di procura con firma autenticata per not. M. Festa di Roma (rep. n. 14384), depositata il 26 maggio 1982, anche l'avv. Adolfo Gatti.
Nella memoria depositata il 19 maggio 1982, la difesa dello Zanetti riproduce in virgolato 1) la motivazione della ordinanza emessa il 6 marzo 1982, con cui il Tribunale di Roma ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9, 12 e 13 della legge 47/1948, 2) la motivazione della ordinanza emessa il 17 aprile 1982, con cui lo stesso Tribunale ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge 47/1948, nonché la motivazione dell'ordinanza 6 luglio 1981 della Corte d'appello di Roma (n. 743 R.O. 1981).
Non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1. - Nel giudizio direttissimo contro Cingoli Giorgio, direttore responsabile del quotidiano "Paese Sera", e Santini Andrea, autore di articolo apparso nel numero del 18 aprile 1974 del quotidiano, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981) senza svolgere alcuna motivazione, ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 9 maggio 1981, comunicata il 19 e notificata il 29 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 325 del 25 novembre 1981 e iscritta al n. 558 R.O. 1981.
2.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
3.1. - Nel giudizio direttissimo contro Zanetti Livio, direttore del settimanale "L'Espresso", e Iannuzzi Raffaele, autore di articolo apparso nel numero del 17 novembre 1974 del settimanale, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, senza svolgere alcuna motivazione, ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57cod. pen., con ordinanza emessa il 9 maggio 1981, comunicata il 19 e notificata il 29 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 325 del 25 novembre 1981 e iscritta al n. 559 R.O. 1981.
3.2. - Avanti la Corte si sono costituiti, nell'interesse dello Zanetti, gli avv.ti Claudio Emeri e Oreste Flamminii Minuto giusta delega in calce all'atto di deduzioni depositato il 16 novembre 1981; successivamente si é costituito per Livio Zanetti, giusta procura con firma autenticata per not. M. Festa di Roma (rep. n. 14384) versato nell'incidente iscritto al n. 558 R.O. 1981 e depositata in copia il 27 maggio 1982, anche l'avv. Adolfo Gatti.
Non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
4.1. - Nel giudizio direttissimo contro Scalfari Eugenio, direttore del quotidiano "La Repubblica", e Bianchini Roberto, autore di articolo apparso nel numero del 1 novembre 1979 del quotidiano, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata la ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 27 maggio 1981, comunicata l'8 e notificata il 9 del successivo mese di giugno, pubblicata nella G. U. n. 325 del 25 novembre 1981 e iscritta al n. 560 R.O. 1981.
4.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
5.1. - Nel giudizio direttissimo contro Langer Alexander, direttore responsabile del quotidiano "Lotta continua", imputato di diffamazione a mezzo stampa per la pubblicazione, sul quotidiano, di articolo di cui non era stato identificato l'autore, il Tribunale di Roma, richiamata la ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 28 aprile 1981, comunicata il 26 maggio e notificata il 18 giugno dello stesso anno, pubblicata nella G. U. n. 325 del 25 novembre 1981 e iscritta al n. 561 R.O. 1981.
5.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita néha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
6.1. - Nel giudizio direttissimo contro Ambrosi Benito, imputato di aver fatto fabbricare e diffuso in Fiuggi numerosi volantini con i quali si offendeva la reputazione del sindaco e di assessori del Comune, e, quindi, del reato di cui all'art. 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 595 cod. pen., il Tribunale di Roma, richiamata la ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 3 giugno 1981, notificata l'11 e pubblicata il 16 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 12 del 13 gennaio 1982 e iscritta al n. 606 R.O. 1981.
6.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
7.1. - Nei giudizi direttissimi contro Zanetti Livio, direttore responsabile del settimanale "L'Espresso", e Iannuzzi Raffaele, autore di articolo comparso nel numero del 16 maggio 1981 del settimanale (nonché contro Giovannini Alberto e Capello Pietro, direttore responsabile del quotidiano "Il Giornale d'Italia" l'uno e autore di articolo apparso nel numero dei 28 - 29 maggio 1971 del quotidiano l'altro, a favore dei quali era poi intervenuta remissione di querela), imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa l'8 luglio 1981, notificata il 21 e comunicata il 29 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 12 del 13 gennaio 1982 e iscritta al n. 641 R.O. 1981.
7.2. - Avanti la Corte si sono costituiti nell'interesse dello Zanetti gli avv.ti Claudio Emeri e Oreste Flamminii Minuto giusta delega in calce all'atto di deduzioni depositato il 16 novembre 1981; sempre per lo Zanetti si é costituito, giusta procura autenticata per not. M. Festa di Roma (rep. n. 14384), depositata in copia il 26 maggio 1982, anche l'avv. Adolfo Gatti.
Il Presidente del Consiglio dei ministri non ha spiegato intervento.
8.1. - "Nel giudizio direttissimo contro Zanetti Livio e Calderoni Pietro, direttore responsabile del periodico "L'Espresso" l'uno e autore di articolo apparso il 12 ottobre 1980 del periodico l'altro, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 17 giugno 1981, notificata il 14 e comunicata il 29 del successivo mese di luglio, pubblicata nella G. U. n. 12 del 13 gennaio 1982 e iscritta al n. 642 R.O. 1981.
8.2. - Avanti la Corte si sono costituiti nell'interesse dello Zanetti gli avv.ti Claudio Emeri e Oreste Flamminii Minuto giusta delega in calce all'atto di deduzioni depositato il 16 novembre 1981; sempre per lo Zanetti si é costituito, giusta procura con firma autenticata per not. M. Festa di Roma (rep. n. 14384), depositata in copia il 26 maggio 1982, anche l'avv. Adolfo Gatti.
Il Presidente del Consiglio dei ministri non ha spiegato intervento.
9.1. - Nel giudizio direttissimo contro Scalfari Eugenio e Mariniello Francesco, l'uno direttore responsabile del giornale "La Repubblica" e l'altro autore di vignette apparse nel numero del 5 novembre 1980 del giornale, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata la ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 17 giugno 1981, notificata il 2 e comunicata il 29 del successivo mese di luglio, pubblicata nella G. U. n. 12 del 13 gennaio 1982 e iscritta al n. 643 R.O. 1981.
9.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti é comparsa né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
10.1. - Nel giudizio direttissimo contro Letta Gianni e Cavallini Pierluigi, l'uno direttore responsabile del quotidiano "Il Tempo" e l'altro autore di due articoli apparsi nei numeri del 5 e del 7 gennaio 1978 del quotidiano, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 4 luglio 1981, notificata il 31 luglio e comunicata il 12 agosto dello stesso anno, pubblicata nella G. U. n. 12 del 13 gennaio 1982 e iscritta al n. 644 R.O. 1981.
10.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
11.1. - Nel giudizio direttissimo contro Coppola Aniello, direttore responsabile del periodico "Paese Sera", Lopez Onofrio, autore di articolo comparso nel numero del 25 settembre 1979 del periodico, Zollo Antonio, autore di articolo comparso nel periodico "L'Unità" del 25 settembre 1979, e Dini Olinto, autore di comunicato stampa, pubblicato sui periodici "Paese Sera" e "L'Unità" del 25 settembre 1979 riportato nei due articoli di cui sopra, imputati di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 24 giugno 1981, comunicata il 12 e notificata il 29 del successivo mese di agosto, pubblicata nella G. U. n. 26 del 27 gennaio 1982 e iscritta al n. 669 R.O. 1981.
11.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituitan é ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
12.1. - Nel giudizio direttissimo contro Scalfari Eugenio, direttore responsabile del periodico "La Repubblica", imputato di aver pubblicato nel numero del 30 novembre 1979 del periodico un articolo di autore sconosciuto lesivo della reputazione altrui, e, quindi, di diffamazione a mezzo stampa, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il3 novembre 1981, comunicata il 17 e notificata il 21 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 82 del 24 marzo 1982 e iscritta al n. 826 R.O. 1981.
12.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
13.1. - Nel giudizio direttissimo contro Domenico Moreschi, direttore responsabile del periodico "La coscienza del cittadino", imputato di diffamazione a mezzo stampa per aver pubblicato nel numero del 2 giugno 1980 del periodico un articolo di cui il medesimo era autore, lesivo dell'altrui reputazione, il Tribunale di Roma, richiamata l'ordinanza 29 ottobre 1980 (n. 32 R.O. 1981), ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 cod. pen., con ordinanza emessa il 20 ottobre 1981, notificata il 26 e comunicata il 29 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. n. 82 del 24 marzo 1982 e iscritta al n. 827 R.O. 1981.
13.2. - Avanti la Corte nessuna delle parti si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
14.1. - Provvedendo sull'appello proposto da Zanetti Livio e Fabiani Roberto avverso la sentenza 1 luglio 1977, con cui la Sezione I penale del Tribunale di Roma li aveva riconosciuti colpevoli in concorso tra loro di diffamazione a mezzo stampa condannandoli alla multa di lire 250.000 ciascuno, al risarcimento e alla riparazione dei danni a favore della parte civile ed adottando pronunce accessorie, la Corte d'appello di Roma, ritenuto che l'art. 12 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, nel prevedere il potere del giudice penale di infliggere al responsabile di diffamazione commessa col mezzo della stampa la condanna, oltre al risarcimento dei danni ex art. 185 cod. pen., al pagamento di una somma a titolo di riparazione da determinarsi in relazione alla gravità dell'offesa e alla diffusione dello stampato, creerebbe disparità di trattamento tra l'autore di diffamazione commessa col mezzo della stampa e gli autori dello stesso reato commesso con altri mezzi di diffusione del pensiero quali la radio e la televisione, ha giudicato rilevante e, in riferimento all'art. 3 Cost., non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione impugnata comecché lesiva del principio di parità di trattamento tra autori di fattispecie di efficacia lesiva quanto meno analoga. Il tutto con ordinanza emessa il 6 luglio 1981, notificata il 27 e comunicata il 29 dello stesso mese, pubblicata nella G. U. 68 del 10 marzo 1982 e iscritta al n. 743 R.O. 1981.
14.2. - Avanti la Corte si sono costituiti nell'interesse di Livio Zanetti gli avv.ti Claudio Emeri e Oreste Flamminii Minuto, giusta delega in calce all'atto di deduzioni depositato il 16 novembre 1981; sempre per lo Zanetti si é costituito, giusta procura autenticata per not. M. Festa di Roma (rep. n. 14384), depositata in copia il 26 maggio 1982, anche l'avv. Adolfo Gatti.
Per il Presidente del Consiglio dei ministri ha spiegato intervento con atto depositato il 25 dicembre 1981 l'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso per l'inammissibilità e/o per l'irrilevanza e, in ipotesi, per la infondatezza della questione deducendo in ordine alle eccezioni preliminari che la ipotizzata analogia tra le due situazioni condurrebbe a difformità dell'ordinamento dalla Costituzione (non già nella parte in cui la normativa più rigorosa punisce i diffamatori a mezzo stampa sibbene) nella parte in cui la normativa più rigorosa non é estesa anche alla diffamazione "via etere" e, nel merito, che i due mezzi di diffusione non sarebbero strutturalmente né funzionalmente identici e, infine, che per la sent. 20 gennaio 1977 n. 42 della Corte la sottrazione di alcune fattispecie alla normativa generale per ricomprenderle in altra speciale più rigorosa costituisce oggetto di scelta politica e, pertanto, l'estensione del regime della stampa alla emittenza via etere, in aggiunta a quella già operata con l'art. 7 della legge 14 aprile 1975 n. 103, costituirebbe oggetto di valutazione discrezionale del legislatore.
La stessa Avvocatura, sotto la data del 25 maggio 1982, ha inoltrato istanza di fissazione dell'udienza di discussione dell'incidente e depositato memoria illustrativa, in cui ha distinto nella violazione del principio di uguaglianza l'ipotesidi irragionevolezza dalla ipotesi di incompletezza, la quale, se rilevata, conduce (non già alla eliminazione della disposizione impugnata, ma) alla pronuncia di sentenza manipolativa per addizione o sollecitatoria, é tornata a sottolineare la discrepanza corrente tra stampa e diffusione radiotelevisiva ponendo in rilievo che la legge 47/1948 sulla stampa venne approvata dalla stessa Assemblea Costituente in attuazione della disposizione XVII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione per disciplinare il diritto della libertà di stampa sancito dall'art. 21 Cost., mentre il legislatore, nella legge 103/1975, ha esteso, con l'art. 7, l'applicabilità della legge sulla stampa limitatamente agli artt. 5, 6, 8 e 21 (modificati - ma ad effetti non rilevanti ai fini dell'incidente - dalla legge 5 agosto 1981 n. 416) alla emittenza pubblica in regime di monopolio, e, con l'art. 31, in misura maggiore, ma non totale (per essere il rinvio limitato agli artt. 3, 5, 9, 13, 14, 15 e 21) l'applicabilità della legge sulla stampa alla emittente privata via cavo ma nulla ha disposto per l'emissione privata via etere. In sintesi si delineano quattro livelli in materia di tutela della reputazione della persona in sede penale: alla base il regime "comune" del codice penale e al sommo il regime della stampa; in posizione intermedia il regime dell'emittenza radiotelevisiva pubblica (di poco aggravato rispetto al regime comune) e quello della emittenza radiotelevisiva privata - via cavo - (di poco attenuato rispetto al regime della stampa). Dal che l'Avvocatura erariale é tornata a inferire che il minor rigore usato per l'emittenza pubblica rispetto a quella privata é giustificato dai controlli e dalla vigilanza cui é sottoposta e che la diversità di trattamento, pur nell'ambito delle comunicazioni radiotelevisive assunte a parametro dal giudice a quo, comproverebbe il pieno rispetto del canone della ragionevolezza.
15. - Alla pubblica udienza del 1 giugno 1982, nella quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, gli avv.ti Gatti e Emeri per le parti private costituite e l'avv. dello Stato Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri hanno ampiamente svolto le argomentazioni esposte e le conclusioni formulate negli scritti.
Considerato in diritto
16. - La connessione tra le questioni sollevate dal Tribunale e dalla Corte d'appello di Roma giustifica la riunione dei quattordici incidenti.
17.1. - In tredici ordinanze il Tribunale di Roma ha denunciato, in riferimento all'art. 3 Cost., gli artt. 1, 9 e 131. 8 febbraio 1948 n. 47 perché non si giustificherebbe la diversa disciplina prevista per i reati commessi a mezzo della stampa rispetto a quelli commessi con il mezzo della pubblicità costituita dalle trasmissioni radiotelevisive; diversità che si esprime nella minore asprezza delle pene comminate per gli imputati di reati commessi per mezzo delle trasmissioni radiotelevisive via etere, la cui obiettività per quella RAI TV é per giunta soggetta a controllo del competente organo parlamentare di vigilanza.
Giova premettere che nel quadro dell'art. 595 c.p. al primo comma, il quale incrimina chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione punendolo con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a diecimila lire, si contrappone il terzo comma, il quale, se l'offesa é recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, punisce il reo con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a ventimila lire.
La legislazione successiva non ha inciso sulla concezione della maggiore pericolosità del mezzo della stampa e di qualsiasi mezzo di pubblicità rispetto allo schema generale della diffamazione delineato nel primo comma dell'art. 595, ma ha operato nell'area del terzo comma dapprima con l'impugnato art. 13 ("nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire centomila"), poi con la l. 14 aprile 1975 n. 103 (nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), la quale prevede sì il diritto di rettifica, considerato anche dall'art. 8 della legge del '48, ma soggiunge che la rettifica non esclude le responsabilità penali e civili nelle quali si é incorsi. Inoltre la legge medesima estende parte della normativa del '48, ivi compreso l'art. 13.
Tale essendo la posizione sistematica della normativa, di cui fan parte le disposizioni impugnate, ne discende che le norme complementari, non innovando al sistema delineato nell'art. 595, hanno, nell'area coperta dal terzo comma, modificato - per quel che attiene alla misura della pena - il regime della stampa, quale veicolo di diffamazione, e non anche il regime degli altri mezzi di pubblicità, ma la specialità impressa agli schemi delineati nel comma terzo dell'art. 595 non consente di ravvisare negli altri mezzi di pubblicità il genus rispetto al quale la disciplina della stampa si profili come (in maggior grado) speciale.
Sul piano giuridico - formale gli or esposti rilievi, che hanno trovato collocazione nella sent. 42/1977 di questa Corte, sarebbero sufficienti a giudicare infondata la proposta questione di costituzionalità degli artt. 1 (definizione di stampa o stampato), 9 (pubblicazione obbligatoria di sentenza) e 13 (pena per la diffamazione) della legge del '48; sebbene in quell'incontro i giornalisti radiotelevisivi resistessero all'applicazione in loro pregiudizio della legge 8 febbraio 1948 n. 47, eadem é la ratio decidendi da cogliersi in ciò che non può estendersi una normativa speciale ad attività diverse, e speciali - rispetto al modulo generale del primo comma - sono pur sempre le normative che disciplinano la diffamazione a mezzo stampa o per mezzo di altre forme di pubblicità.
Né va pretermesso che la stampa viene anche in dottrina riguardata come mezzo di diffamazione ben più pericoloso di altri mezzi di pubblicità talché anche nei tempi presenti, in cui si registrano sempre più cospicue masse di spettatori, la stampa non ha cessato di profilarsi quale più pericoloso veicolo di diffamazione e, pertanto, non é irrazionale la taxatio maggiore rispetto alla tecnica radiotelevisiva. Ciò naturalmente non toglie che nell'area della l. 103/1975 possano cogliersi discrasie e che il legislatore possa ridurre il solco che separa la legge dell'48 dalla più recente legge del '75, ma qui si nega che tale compito, la cui attuazione implica indagini sociologiche e socio-politiche, possa essere esplicato dalla Corte, la quale deve limitarsi - in ciò riecheggiando le ultime battute della motivazione della sentenza dell'77 - a richiamare l'attenzione del legislatore sulla infuocata materia.
17.2. - Rimane l'art. 12 (riparazione pecuniaria) della legge dell'48 nell'impugnazione del quale si esaurisce la denuncia della Corte d'appello di Roma, ma, se a modello di razionalità della normativa dell'48 si assume la legge del '75, il mancato richiamo, nell'art. 31 della legge del '75, riflettente l'emittenza privata via cavo, dell'art. 12 di questa, toglie alla censura della Corte d'appello di Roma la base normativa, seppur non sia illecito - più a monte - rilevare le non poche disparità di trattamento tra varie specie di diffusione per mezzo della radio e della televisione, poste in luce dall'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri; diversità che privano la legislazione del '75 di quella uniformità, in difetto della quale non può la diffusione per mezzo della radio e della televisione fungere da modello di razionalità.
18. - Né le superiori considerazioni consentono di riservare miglior sorte alla impugnazione dell'art. 57 Cod. pen., per il quale dei reati a mezzo stampa il direttore viene come tale incriminato, mentre secondo l'interpretazione del giudice a quo non sarebbe fatto segno il direttore dei telegiornali e del giornale radio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 9 e 13 legge 8 febbraio 1948 n. 47 (disposizioni sulla stampa) e 57 cod. pen. sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Roma con le ordinanze di varia data iscritte ai nn. 32, 558 a 561, 606, 641 a 644, 669, 826, 827 R.O. 1981;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge 8 febbraio 1948 n. 47, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte d'appello di Roma con ordinanza 6 luglio 1981 (n. 743 R.O. 1981).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 1982.
Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1982.