Sentenza n. 128 del 1983

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SENTENZA N. 128

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 41 e 73 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni degli immobili urbani) e degli artt. 38, 39, 40 e 41, comma secondo, della detta legge, promossi con le ordinanze emesse il 6 giugno 1980 dal Tribunale di Bassano del Grappa, il 24 febbraio 1981 dal Tribunale di Lecce, il 18 marzo 1982 dal Tribunale di Salerno e il 7 luglio 1982 dalla Corte Costituzionale, rispettivamente iscritte al n. 585 del registro ordinanze 1980, al n. 320 del registro ordinanze 1981 e ai nn. 400 e 536 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 291 del 1980, n. 262 del 1981 e n. 324 del 1982.

Visti l'atto di costituzione di Cortese Bruno e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 1983 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

uditi l'avv. Marcello Morabito, per Cortese Bruno e l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 6 giugno 1980, emessa nel giudizio promosso da Cortese Bruno, conduttore di un immobile adibito a studio professionale, venduto dal proprietario ad un terzo senza la previa comunicazione prevista dall'art. 38 della l. 27 luglio 1978, n. 392 al fine di consentire l'esercizio del diritto di prelazione stabilito a favore del conduttore dallo stesso art. 38, il Tribunale di Bassano del Grappa, in ordine alla domanda dell'attore di essere ammesso ad esercitare il diritto di riscatto dell'immobile in questione ai sensi dell'art. 39 della suddetta legge, che appunto prevede tale diritto, e dell'art. 73 successivo che, per i contratti in corso all'entrata in vigore della legge concernente immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, dichiara applicabili "le disposizioni di cui agli artt. da 35 a 39" della stessa legge, che tra l'altro, appunto, statuiscono e regolano il diritto di prelazione e di riscatto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del detto art. 73 in relazione all'art. 3 Cost. E ciò in quanto, interpretando letteralmente tale disposizione, il diritto di prelazione dei conduttori di immobili urbani destinati ad uso professionale risulterebbe immotivatamente escluso per i soli contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge stessa e si violerebbe così il principio di eguaglianza.

Il Tribunale, peraltro, con la stessa ordinanza ha prospettato anche una possibile contrapposta interpretazione logico- sistematica dell'art. 73 suddetto secondo cui sarebbe da ritenere invece ivi implicitamente richiamato anche l'art. 41 della legge, che esclude espressamente l'operatività del diritto di prelazione in relazione ai rapporti di locazione concernente immobili urbani adibiti ad uso di studio professionale. In base a tale interpretazione, sempre secondo il giudice a quo, dovrebbe dubitarsi della legittimità dello stesso art. 41 per possibile contrasto con gli artt. 3, 35 e 42 Cost., giacché anche per i professionisti, come per gli esercenti attività industriali, commerciali ed artigiane, ammessi invece al diritto di prelazione, avrebbe normalmente rilievo l'esercizio della attività in un determinato luogo e quindi competerebbe il detto diritto, concesso proprio per favorire la prosecuzione delle attività lavorative negli stessi locali ove vengono già esercitate.

Con ordinanza del 24 febbraio 1981 il Tribunale di Lecce, in analogo giudizio promosso da Metrangolo Piergiovanni, ritenuta esatta la letterale interpretazione dell'art. 73 della citata legge n. 392 del 1978, ha sollevato questione di legittimità della norma stessa per preteso contrasto con l'art. 3 Cost. per motivi analoghi a quelli al riguardo prospettati dal Tribunale di Bassano del Grappa, ponendo altresì in luce il contrasto della discriminazione lamentata con la "ratio" della legge, la quale tenderebbe alla regolamentazione unitaria di tutte le categorie di contratti senza differenziazioni derivanti dalla data di stipulazione.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che ha depositato fuori termine le proprie deduzioni nel giudizio proveniente dal Tribunale di Bassano del Grappa, e si é ritualmente costituita nel giudizio proveniente dal Tribunale di Lecce.

Sulla base della interpretazione logico-sistematica l'Avvocatura nega la fondatezza della questione sollevata contro l'art. 41 affermando che l'esclusione del diritto di prelazione relativamente agli studi professionali sarebbe ampiamente giustificata perché tale istituto, complementare all'indennità di avviamento, non avrebbe ragione di sussistere in una ipotesi in cui non potrebbe parlarsi di avviamento in senso tecnico, data la natura essenzialmente personale del rapporto fra il professionista e la sua clientela.

All'udienza del 26 gennaio 1982 le due questioni provenienti da detti Tribunali sono state discusse avanti a questa Corte che, in data 7 luglio 1982, ha emesso un'ordinanza con cui ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 38, 39, 40 e 41, comma secondo, della legge 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui conferiscono il diritto di prelazione ai locatari di immobili urbani esercenti attività industriali, commerciali ed artigianali, in riferimento all'art. 3 Cost.

La Corte al riguardo ha osservato che in sede di interpretazione dell'art. 73 della legge n. 392 del 1978 doveva ivi ritenersi implicitamente contenuto il richiamo all'art. 41, concernente l'espressa menzione del limite di applicabilità del diritto di prelazione in relazione alle locazioni concernenti immobili urbani adibiti a studi professionali.

Tale esclusione, prosegue la Corte, potrebbe apparire ingiustificatamente discriminatoria nei confronti dei locatari e l'eventuale disparità di trattamento potrebbe essere eliminata sia dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui esclude il diritto di prelazione, sia dichiarando l'illegittimità costituzionale delle norme che il diritto di prelazione conferiscono. Essendo già sollevata la questione concernente l'esclusione dei professionisti dal diritto di prelazione, appare pregiudizialmente necessario, prosegue ancora l'ordinanza, salvo ogni pronuncia nel merito, sollevare incidentalmente anche questione di legittimità dei menzionati artt. 38, 39, 40 e 41, comma secondo, nella parte in cui conferiscono il diritto di prelazione a favore dei locatari esercenti attività industriali, commerciali ed artigianali, in riferimento all'art. 3 Cost., per il dubbio che essi accordino un ingiustificato privilegio a favore di queste categorie.

In detto giudizio si é costituita l'Avvocatura Generale dello Stato in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

L'Avvocatura insiste sostanzialmente sulle tesi già svolte che, afferma, varrebbero anche con riguardo alla questione sollevata con l'ordinanza della Corte circa il dubbio di legittimità della attribuzione del diritto di prelazione ai soggetti indicati dalla legge, per la "perfetta simmetria" di detta questione rispetto a quella sollevata nelle menzionate ordinanze dai giudici di merito.

L'Avvocatura pone in particolare evidenza il collegamento fra il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento ed il "correlato ed equipollente" diritto di prelazione, posti entrambi a tutela del locatario che svolga particolari attività, e riafferma che per avviamento debba intendersi soltanto quello connesso ad una attività commerciale, sia pure in senso lato, esercitata a diretto contatto col pubblico in modo da incrementare il pregio intrinseco del bene. Tutto ciò non potrebbe affermarsi per uno studio professionale poiché "che un noto avvocato o un illustre clinico abbiano profuso le proprie energie intellettuali o i tesori della propria scienza in un determinato locale da essi preso in locazione é fatto che potrà, al più, in qualche caso limite, interessare la storia e la scienza, ma che in nessun caso appare in grado di accrescere, neppure di una lira, il valore di scambio o l'uso dell'immobile medesimo". Ed anche se non può negarsi la sussistenza di un certo interesse del professionista a conservare, per motivi più o meno personali, la sede del suo studio, ciò non potrebbe costituire utile base per il riconoscimento di un diritto come quello in discussione, rispondente agli elementi essenzialmente oggettivi già sopra illustrati.

Con ordinanza del 18 marzo 1982 pure emessa in giudizio analogo ai precedenti, promosso da Pellegrino Nicola, il Tribunale di Salerno, adottando l'interpretazione logico- sistematica dell'art. 73 della l. n. 392 del 1978 analoga a quella prospettata nell'ordinanza del Tribunale di Bassano del Grappa, ha sollevato questione di legittimità dell'art. 73 stesso nella parte in cui, indirettamente richiamando l'art. 41, secondo comma, della medesima legge, esclude dal diritto di prelazione i rapporti di locazione relativi ad immobili destinati all'esercizio di attività professionali, in riferimento all'art. 3 Cost.

Al riguardo il Tribunale propone argomentazioni analoghe a quelle svolte nelle precedenti ordinanze, ponendo con diffuse argomentazioni particolarmente in evidenza che la pur riconosciuta legittimità (sent. n. 36/80) dell'esclusione dei professionisti dal diritto alla indennità di avviamento non potrebbe valere per escludere anche il diritto alla prelazione all'acquisto ed al riscatto, in quanto fra i due benefici solo l'avviamento inerisce oggettivamente all'immobile in cui l'attività lavorativa viene esercitata, mentre la prelazione inerirebbe anche all'elemento organizzativo ed imprenditoriale che é caratteristica peculiare pure del lavoratore autonomo professionista almeno in misura non deteriore rispetto a taluni degli operatori riconosciuti beneficiari di tale diritto come l'artigiano ed il commerciante.

 

Il che sarebbe indirettamente confermato dall'art. 27 della l. n. 392, che accomunerebbe nei suoi aspetti generali l'attività del lavoratore autonomo professionista all'attività degli altri operatori economici anzidetti. Anche in quest'ultimo giudizio si é costituita ritualmente l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, svolgendo sostanzialmente argomentazioni analoghe a quelle della sopra ricordata difesa e ponendo particolarmente in luce come al professionista potrebbe se mai riconoscersi un mero interesse soggettivo a proseguire l'attività in un determinato locale, interesse da non confondersi peraltro con il fenomeno economico dell'avviamento che ha carattere oggettivo e si risolve in un incremento di valore dell'immobile.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze riguardano questioni strettamente connesse, e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Va preliminarmente dato atto che nell'ordinanza di questa Corte in data 7 luglio 1982 risultano, per mera svista, il nome e la sottoscrizione del giudice costituzionale professore Giovanni Conso; il provvedimento suddetto va di conseguenza corretto.

3. - Va poi rilevato che le argomentazioni svolte nella motivazione dell'ordinanza del Tribunale di Bassano del Grappa risultano ivi riferite alla pretesa violazione degli artt. 3, 35 e 42 Cost. e consistono, in sostanza, nell'affermazione che anche per i professionisti, al pari degli altri esercenti attività industriali, commerciali e artigianali, nelle quali vi é contatto diretto con il pubblico degli utenti o dei consumatori, avrebbe normalmente rilievo l'esercizio dell'attività in un determinato luogo per cui dovrebbe essere attribuito anche a costoro il diritto di prelazione in caso di alienazione dell'immobile.

Mentre la pertinenza della suddetta argomentazione é evidente per quanto riguarda le pretese violazioni del principio di eguaglianza, e della garanzia del lavoro, rispettivamente sanciti dagli artt. 3 e 35 Costituzione, nessun elemento viene indicato dal giudice "a quo" per chiarire, in difetto di altre ragioni, l'incidenza della ricordata motivazione circa la doglianza riferita all'art. 42 Cost.

D'altra parte, mentre nel dispositivo dell'ordinanza di rinvio sono espressamente richiamati quali parametri di raffronto della norma impugnata gli artt. 3 e 35 Cost., non vi é nessuna menzione dell'art. 42.

Tale norma deve pertanto ritenersi solo occasionalmente richiamata nell'ordinanza di rinvio e la questione sollevata dal Tribunale di Bassano del Grappa deve considerarsi circoscritta alla pretesa violazione degli artt. 3 e 35 Cost.

 

4. - Con l'ordinanza sopra citata questa Corte si é pronunciata in ordine alla interpretazione dell'art. 73 della legge n. 392 del 1978, in relazione all'art. 41 della stessa legge, ritenendo, in conformità dell'opinione prevalente, che, in base ad una interpretazione logico-sistematica, appare evidente il richiamo implicito, nell'art. 73, della disposizione dell'art. 41, secondo comma, che esclude il diritto di prelazione per i rapporti di locazione relativi ad immobili destinati all'esercizio di attività professionale. Tale esclusione comprende perciò anche i contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge n. 392 del 1978.

L'anzidetta decisione comporta la dichiarazione di non fondatezza della prima questione proposta dal Tribunale di Bassano del Grappa e dell'unica questione sollevata dal Tribunale di Lecce, che presuppongono invece l'inapplicabilità dell'art. 41, comma secondo, in quanto non espressamente richiamato nell'art. 73 della stessa legge. Pertanto l'indagine va limitata alla seconda questione sollevata dal Tribunale di Bassano del Grappa, nei limiti sopra precisati, poi proposta sostanzialmente anche dal Tribunale di Salerno, concernente l'assunta disparità di trattamento nei confronti dei rapporti locativi riguardanti immobili destinati a studio professionale per la dedotta irrazionalità dell'esclusione di tali rapporti dal beneficio della prelazione e riscatto in caso di vendita dell'immobile.

5. - Il campo di indagine é stato, peraltro, ampliato dall'ordinanza di questa Corte che, ai fini della verifica di legittimità, e per dare completezza logica alla impostazione della problematica relativa, ha ritenuto opportuno di estendere l'esame all'intero sistema normativo che regola il diritto di prelazione e riscatto nelle locazioni di immobili urbani) allo scopo di stabilire, attraverso la visione globale della disciplina legislativa, se il cennato beneficio possa o meno costituire, per il modo come é regolato, un ingiustificato privilegio a favore delle categorie di conduttori ai quali é accordato.

6. - La questione sollevata con l'ordinanza di questa Corte é preliminare rispetto all'altra, in quanto nell'ipotesi di dichiarazione di totale illegittimità delle norme che istituiscono il diritto di prelazione e riscatto per i rapporti di locazione riguardanti immobili urbani, resterebbe assorbita la questione concernente la illegittimità della esclusione dal beneficio dei conduttori di immobili destinati a studi professionali.

Esaminata la questione, la Corte é dell'avviso che il dubbio non sia fondato. Il legislatore ha stabilito, per le locazioni di immobili urbani non destinati ad abitazione, un complesso di agevolazioni che vanno dalla durata del rapporto (art. 27) alla sublocazione, alla cessione e successione nel contratto (artt. 36 e 37). Nell'ambito delle categorie di conduttori degli immobili anzidetti ha fatto ulteriori distinzioni, agevolando rispetto agli altri quelli che svolgano attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori ed ha attribuito ad essi, oltre alla indennità per la perdita dell'avviamento ed al diritto di prelazione in caso di nuova locazione già previsti dalla legge n. 19 del 1963, anche il diritto di prelazione e riscatto in caso di vendita dell'immobile locato. Sono stati espressamente esclusi dal beneficio i conduttori di immobili destinati all'esercizio di attività professionali e quelli la cui attività, pur caratterizzata dal rapporto con il pubblico, sia transitoria o svolta in locali interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti e negli altri immobili indicati nell'art. 35 della legge.

Scopo delle anzidette disposizioni é la conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate, tutelate mediante il mantenimento della clientela, che costituisce una componente essenziale dell'avviamento commerciale.

Tale intento del legislatore si desume chiaramente dalla esclusione di quelle attività per le quali non può parlarsi di avviamento in senso tecnico, cioé come fenomeno che accede all'impresa esercitata, ma inerisce soprattutto all'ubicazione dell'immobile.

E non é contestabile che spetti alla discrezionale valutazione del legislatore l'identificazione di quelle situazioni economiche o di mercato che, a suo giudizio, consigliano agevolazioni anche nell'interesse della collettività (v. sent. 29/75).

Né può dirsi irragionevole la scelta legislativa in questione, sia in riferimento alla limitazione del beneficio a determinati conduttori, sia in relazione all'attribuzione ad essi del duplice beneficio dell'indennità di avviamento e del diritto di prelazione.

Sul primo punto é sufficiente considerare che il legislatore, per gli immobili destinati ad abitazione, ha ritenuto - e non importa indagare con quale efficacia - di risolvere le difficoltà esistenti mediante il meccanismo dell'equo canone; per gli immobili destinati ad uso diverso ha ritenuto meritevole di particolare tutela quelle aziende, generalmente di piccola o media dimensione, che nel contatto diretto "con il pubblico degli utenti e dei consumatori" trovano la fonte e la ragione prevalenti del loro avviamento. La conservazione di esso costituisce l'oggetto specifico della tutela legislativa.

Né può ritenersi valicato il limite della ragionevolezza per la attribuzione di un duplice beneficio a tutela di uno stesso interesse. Invero l'indennità per la perdita dell'avviamento ed il diritto di prelazione, pur se collegati dal fine comune, mirando entrambi alla tutela dell'avviamento, adempiono tuttavia a funzioni diverse.

Va anzitutto ricordato che i due benefici non si sommano in quanto, in caso di vendita dell 'immobile, opera la prelazione ma non l'indennità di avviamento, dovuta, per l'art. 34 della legge, in caso di cessazione del rapporto locativo per cause diverse dalla vendita dell 'immobile e non imputabili al conduttore.

 

Inoltre, l'indennità di avviamento ha contenuto riparatorio del danno subito dal locatario per la perdita dell'avviamento stesso, del quale potrebbe beneficiare il locatore subentrando al conduttore nella medesima attività o lucrando sulla locazione dell'immobile a terzi, che trarrebbero vantaggio dall'avviamento dovuto all'attività del precedente conduttore.

Il diritto di prelazione, invece, solo mediatamente tutela il personale interesse del conduttore, essendo volto a soddisfare esigenze sociali, quale é la conservazione delle aziende.

Pur se discutibile sul piano legislativo, non é dunque arbitraria la attribuzione del diritto di prelazione agli operatori economici considerati. L'eventuale estensione del beneficio ad altre categorie di conduttori di immobili urbani é compito esclusivo del legislatore, al quale spetta la valutazione delle esigenze della collettività e la identificazione dei settori meritevoli del suo particolare intervento.

Recentemente, del resto, con la legge 22 aprile 1982 n. 168, il diritto di prelazione é stato attribuito anche ai conduttori di immobili destinati ad abitazione di proprietà di enti pubblici previdenziali, di imprese di assicurazione o che abbiano per oggetto l'acquisto, la gestione o l'alienazione di immobili.

Ciò dimostra la tendenza del legislatore ad estendere il beneficio ad altre categorie di conduttori, ma in base a valutazioni e scelte discrezionali.

7. - Le considerazioni innanzi esposte dimostrano altresì la non fondatezza del dubbio di legittimità costituzionale, anche sotto il profilo considerato nelle ordinanze di rinvio dei giudici di merito.

Non é invero rilevabile, nelle ipotesi di esclusione del beneficio, quell'elemento che, come si é detto, il legislatore ha invece voluto tutelare, cioè, l'inerenza diretta all'ubicazione dell'immobile dell'avviamento creato dal conduttore, giacché trattasi di attività in cui ordinariamente prevale l'elemento soggettivo indipendentemente dalla sede in cui viene esercitata (v. sent. 36/80).

Non può quindi riscontrarsi nella fattispecie considerata omogeneità di situazioni tra operatori economici ed esercenti attività professionali.

E pertanto infondata la censura sollevata sotto il profilo della pretesa violazione dell'art. 3 Cost.

8. - Egualmente infondata é poi la censura riferita all'art. 35 Cost. Tale precetto costituzionale, invero, che enuncia soltanto un generale principio di garanzia del lavoro, non esclude che al legislatore sia riconosciuto il potere di attuare una distinta protezione delle svariate forme ed applicazioni del lavoro (sent. 165/72), ovviamente nei limiti del rispetto di criteri di ragionevolezza che, per quanto si é detto, nella specie risultano osservati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Corretta nei sensi di cui in motivazione l'ordinanza di questa Corte n. 136 in data 7 luglio 1982;

 

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 38, 39, 40 e 41 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost. con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 136 del 7 luglio 1982.

2) Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 73 e 41 della detta legge n. 392 del 1978, sollevate con riferimento agli artt. 3 e 35 Cost., con ordinanza del Tribunale di Bassano del Grappa del 6 giugno 1980.

3) Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 73 della ripetuta legge n. 392 del 1978 sollevate in riferimento all'art. 3 Costituzione con le ordinanze del Tribunale di Lecce del 24 febbraio 1981 e del Tribunale di Salerno del 18 marzo 1982.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1983.

Leopoldo ELIA -  Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO  

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 5 maggio 1983.