Sentenza n. 170 del 1982
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SENTENZA N. 170

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 71, 72, 80, comma secondo e 83 della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) promossi con le ordinanze emesse dalla Corte d'Appello di Roma in data 5 e 14 ottobre 1976, 20 e 27 gennaio e 24 febbraio 1977, dal Tribunale di Cremona in data 21 giugno 1977, dalla Corte d'appello di Roma in data 12 e 26 gennaio 1978, dal Tribunale di Roma in data 6 gennaio 1979,dal Tribunale di Macerata in data 14 dicembre 1979 e dal Giudice istruttore del Tribunale di Rovereto in data 21 maggio 1980, rispettivamente iscritte ai nn. 21, 45, 156, 208, 460 e 526 del registro ordinanze 1977, al n. 119 del registro ordinanze 1978, ai nn. 40 e 281 del registro ordinanze 1979 ed ai nn. 50 e 645 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 59, 80, 134, 148 e 334 del 1977, n. 25 e 135 del 1978, nn. 80 e 168 del 1979 e nn. 85 e 304 del 1980.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1) Con sette ordinanze, di identico contenuto, la Corte d'appello di Roma solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 72, primo e secondo comma, e 80, secondo comma, della legge 22 dicembre 1975, n. 685, in quanto non contenendo indicazioni di sorta in relazione alla portata dell'espressione "modiche quantità" di sostanze stupefacenti o psicotrope impiegata dalle norme denunziate, violerebbero l'art. 25, secondo comma, della Costituzione.

2) Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

Nei giudizi dinanzi alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nel chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque non fondata, l'Avvocatura osserva, quanto al primo punto, che le norme denunziate, secondo quanto ammesso dalla Corte d'appello, sono norme più favorevoli al reo di quelle vigenti all'epoca della commissione dei fatti. Stando così le cose, un'eventuale sentenza della Corte che ritenesse l'illegittimità di tali norme non potrebbe spiegare effetti nei giudizi a quibus che dovrebbero pur sempre decidersi in base ai disposti normativi più favorevoli. Del resto, osserva l'Avvocatura, sembra che l'incidente di costituzionalità sia stato sollevato più per "interpretare autenticamente" le norme denunziate che per eliminarle dall'ordinamento; funzione di interpretazione che tuttavia non spetta alla Corte.

Nel merito l'Avvocatura richiama la copiosa giurisprudenza di questa Corte secondo cui il principio di legalità deve ritenersi rispettato non solo con la tassativa descrizione dei fatti ma anche con il ricorso a nozioni di comune intellegibilità e la espressione impiegata nella specie consentirebbe una elaborazione giurisprudenziale tale da conferirle un significato univoco. Infatti, considerando anche i lavori preparatori, la formula "modica quantità" appare consapevolmente adottata dal legislatore per operare un discrimine tra produttori e trafficanti di droga, da un lato, piccoli spacciatori e consumatori dall'altro, finalità che non si sarebbe potuta raggiungere con l'indicazione di quantitativi fissi, data la necessità di valutare le singole fattispecie caso per caso in relazione ad elementi variabili.

3) Il Giudice istruttore presso il Tribunale di Rovereto, con ordinanza emessa il 21 maggio 1980, solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, 72 e 83 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nella parte in cui non distinguono ai fini del reato di importazione di stupefacenti tra importazioni di modiche quantità e importazioni in quantità non modiche, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La parificazione di queste fattispecie si rivelerebbe infatti arbitraria, considerando come lo stesso legislatore ai fini di altre attività illecite quali la detenzione, il trasporto, l'offerta, l'acquisto, la vendita, la distribuzione e la cessione di stupefacenti ha graduato la severità della risposta penale a seconda se si tratti o meno di modiche quantità. D'altra parte l'irragionevole parificazione si rivelerebbe anche dalla circostanza che se l'importazione riguarda quantità non modiche essa é punita allo stesso modo della detenzione, del trasporto, dell'offerta ecc. di quantità non modiche di stupefacenti.

4) L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Nel chiedere che la questione venga dichiarata non fondata, l'Avvocatura osserva che nella specie si tratta di valutazioni discrezionali del legislatore tali da sfuggire ad ogni sindacato di legittimità, a meno che la sperequazione assuma dimensioni tali da non risultare sorretta dalla benché minima giustificazione. Nella specie, peraltro, considerando come l'importazione di sostanze stupefacenti comporti di regola un impegno organizzativo diverso e maggiore da quello del piccolo spaccio o della modica detenzione, evidente sarebbe la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

5) Con due ordinanze di rimessione (Tribunale di Cremona 21 giugno 1977; Tribunale di Roma 6 gennaio 1979) é sottoposta alla Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nella parte in cui punisce o comunque prevede le stesse pene per il detentore attuale di non modiche quantità di stupefacenti a fine di uso personale e il detentore delle medesime quantità a fine di spaccio.

Osservano i giudici a quibus che siffatta parificazione sarebbe chiaramente contraria alla ratio della legge n. 685, nel suo complesso, rivolta a trattare in maniera completamente diversa gli spacciatori di droga e coloro che di essa fanno uso personale, tanto più che l'art. 80 dichiara non punibili coloro che abbiano in passato detenuto quantità anche non modiche di droga, ove ne sia stato accertato l'uso personale.

6) Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

Nel giudizio promosso dal Tribunale di Cremona dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.

Osserva al riguardo che la mancata distinzione tra la detenzione di quantità non modiche a fini di spaccio o di uso personale dipende dalla ragionevole presunzione del pericolo derivante dall'accumulazione di sostanze stupefacenti, oggettivamente destinabili allo spaccio. Il fatto che il legislatore esima il giudice dalla ricerca del motivo preciso della detenzione obbedirebbe pertanto alla logica delle cose normalmente prevedibili.

7) Il Tribunale di Macerata, con ordinanza emessa il 14 dicembre 1979, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, in riferimento al primo comma della legge 22 dicembre 1975, n. 685, sia nella parte in cui punisce la detenzione e la ricezione di sostanze stupefacenti e psicotrope contenute nella tabella II di cui all'art. 12 della legge stessa (hashish, cannabis indica), sia nella parte in cui equipara ai fini della pena l'attività di ricezione e detenzione di tali droghe con la cessione e la messa in commercio delle stesse.

Quanto alla prima questione il Tribunale fa proprie le conclusioni peritali dallo stesso richieste secondo cui gli effetti dell'alcool in dosaggio superiore a quelli minimi sarebbero più nocivi di quelli della cannabis.

Di qui l'irrazionalità del perseguire penalmente la ricezione e la detenzione della cannabis.

Quanto alla seconda questione il Tribunale osserva che lo spaccio secondo la coscienza comune costituirebbe attività di maggior disvalore sociale che non la ricezione o la detenzione.

8) L'ordinanza é stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Dinanzi alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni siano dichiarate inammissibili o comunque infondate.

L'inammissibilità deriverebbe dal fatto che il Tribunale avrebbe sollevato in realtà solo critiche alle scelte di politica criminale operate dal legislatore, scelte peraltro insindacabili in sede di controllo di legittimità costituzionale.

Nel merito comunque l'Avvocatura ricorda come la persecuzione penale della detenzione e ricezione anche delle cosiddette droghe leggere derivi da convenzioni internazionali cui l'Italia aderisce, laddove la scienza medica e quella tossicologica non conforterebbero affatto le conclusioni del perito del Tribunale di Macerata.

Quanto poi alla parificazione tra la detenzione e lo spaccio di non modiche quantità, anch'essa avrebbe fonte nella Convenzione conclusa a New York il 30 marzo 1961 (art. 36) ed essa sarebbe stata ritenuta costituzionalmente legittima da questa Corte con sentenza n. 9 del 1972.

 

Considerato in diritto

 

1. - La Corte d'appello di Roma non si dà carico di chiarire in quali precisi termini richieda la dichiarazione di illegittimità costituzionale della espressione "modica quantità" impiegata nelle norme impugnate, con l'effetto di impedire a questa Corte la valutazione delle conseguenze suscettibili di derivare dalla natura di norme penali più favorevoli degli articoli impugnati. A questo scopo occorreva invece precisare se si intendesse mandare esente da pena la detenzione per uso personale di qualsiasi quantità di sostanze stupefacenti, ovvero estendere anche alla detenzione di modica quantità la disciplina dettata dalla legge n. 685 del 1975 per le quantità non modiche, ovvero ancora far rivivere l'art. 6 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041, applicata in primo grado nei giudizi di merito.

Per l'assoluta mancanza di elementi idonei ad identificare la questione sottoposta all'esame della Corte, é dunque inammissibile la denunzia degli artt. 72, primo e secondo comma e 80, secondo comma, della legge 22 dicembre 1975, n. 685, contenuta nelle ordinanze in epigrafe.

2. - Per violazione del principio di eguaglianza sotto il profilo della irragionevole parificazione del trattamento penale di chi importi modiche quantità di sostanze stupefacenti e di chi importi invece quantità non modiche, vengono impugnati dal Tribunale di Rovereto gli artt. 71, 72 e 83 della legge n. 685 del 1975.

La questione non é fondata.

A parte il rilievo dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui l'importazione anche di modiche quantità suppone in genere un impegno organizzativo diverso e maggiore dalla detenzione, trasporto, offerta, acquisto, vendita, distribuzione e cessione di modiche quantità, ragionevolmente il legislatore ha inteso punire comportamenti idonei ad accrescere il quantitativo di sostanze stupefacenti presenti nel territorio nazionale e quindi di ancor maggiore pericolosità che non quelli attinenti alla mera circolazione del quantitativo preesistente.

Così operando inoltre si é adempiuto a precisi obblighi internazionali, secondo cui lo Stato era ed é impegnato a punire qualsiasi forma di importazione di sostanze stupefacenti. Né é censurabile, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, salvo il caso di palese irrazionalità, la misura della pena comminata dalle norme denunziate, prevista peraltro con un'ampia possibilità di determinazione tra il minimo e il massimo, di modo che se ne possa adeguare l'entità al caso concreto.

3. Per la maggiore pericolosità sociale del comportamento di chi spacci non modiche quantità di stupefacenti rispetto a chi detenga non modiche quantità delle stesse sostanze per uso personale, é denunciata dai Tribunali di Cremona e di Roma la parificazione quoad poenam delle due fattispecie operata dall'art. 71, quarto comma, della più volte citata legge n. 685 del 1975, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

La questione non é fondata.

Nel punire la accumulazione di quantità di stupefacenti, anche quando se ne possa ipotizzare la destinazione ad uso personale, il legislatore ha avuto di mira l'oggettiva pericolosità della condotta, possibile fomite di ulteriori delitti, rimesso com'è l'uso soltanto personale ad una scelta del tutto libera e sempre modificabile da parte del detentore. L'argomento tratto dall'art. 80 della legge secondo cui non vengono puniti coloro che abbiano in passato detenuto quantità anche non modiche di sostanze stupefacenti di cui sia stato accertato l'uso personale, convalida semmai quanto appena detto. É infatti evidente che in questo caso, già esauritasi l'azione, é cessata altresì quella pericolosità insita invece nella detenzione attuale.

4) Sempre in relazione al principio di eguaglianza, il Tribunale di Macerata solleva infine questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, in relazione al primo, della legge n. 685 del 1975, nella parte in cui punisce nello stesso modo chi detenga quantità non modiche di cannabis indica e chi detenga altre specie di stupefacenti.

La questione non é fondata.

É riservata al potere discrezionale del legislatore la valutazione della nocività delle droghe, valutazione i cui risultati non sono sindacabili da questa Corte, a meno che non ne sia evidente l'arbitrarietà. Ciò non ricorre nella specie, ove si consideri soltanto come le convenzioni internazionali, che hanno ricevuto la più larga adesione e alle quali l'Italia si é obbligata ad adempiere, includano la cannabis indica nelle sostanze stupefacenti la cui diffusione va inibita e penalmente sanzionata. Va del pari ritenuto inconferente il richiamo alla nocività dell'uso di bevande alcooliche, dovendosi ritenere che il legislatore, nel nostro contesto storico sociale, abbia ragionevolmente apprezzato l'entità del danno che per l'ordinato vivere sociale comporta l'uso di tali bevande col penalizzare soltanto l'ubriachezza manifesta (sent. n. 104/1982).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara:

1) inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 72, primo e secondo comma, e 80, secondo comma, della legge 22 dicembre 1975, n. 685;

2) non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 71,72 e 83 della legge 22 dicembre 1975, n. 685;

3) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, anche in relazione al primo, della legge 22 dicembre 1975, n. 685;

questioni promosse in riferimento agli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione, dalle ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 26 ottobre 1982.