Sentenza n. 26 del 1982
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SENTENZA N. 26

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, comma primo, legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1 e 1 bis del decreto legge 1 febbraio 1977, n. 12 recante "Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza" convertito in legge, con modificazioni, con la legge 31 marzo 1977, n. 91, iscritto al n. 26 registro referendum.

Vista l'ordinanza 11 dicembre 1981 con la quale l'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta.

Udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 1982 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone.

Udito l'avv. Valerio Onida per i presentatori.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - L'Ufficio Centrale per il referendum, costituito presso la Corte di Cassazione, ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni la richiesta di referendum popolare presentata il 14 gennaio 1981 da Romanelli Stefano, Rinaldi Enrico, Midulla Maria Grazia, Mancino Leonardo, Cavallari Maria, Fabbri Maurizio Roberto, De Petris Loredana, De Angelis Spada Marco, Catelani Carlo, Zandri Maurizio Claudio e Castiglione Morelli Pasquale sul seguente quesito: "Volete che siano abrogati gli artt. 1 e 1 bis del decreto legge n. 12 del 1 febbraio 1977 recante il titolo "Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza", convertito in legge con l'art. 1 della legge n. 91 del 31 marzo 1977?"

2. - Con ordinanza dell'11 dicembre 1981 l'Ufficio centrale ha dato atto che la richiesta é stata preceduta dall'attività di promozione conforme ai requisiti di legge, che é stata presentata da soggetti che vi erano legittimati, che il deposito é avvenuto nel termine di tre mesi dalla vidimazione dei fogli, che la richiesta di abrogazione é stata regolarmente formulata e trascritta su ciascun foglio, che il numero definitivo delle sottoscrizioni regolari supera quello di 500.000 voluto dalla Costituzione.

Considerato poi che é indubbio il carattere legislativo dell'atto normativo sottoposto a referendum e che al riguardo non sono intervenuti atti di abrogazione né pronunce di illegittimità costituzionale, ha dichiarato legittima la richiesta anzidetta.

Ricevuta comunicazione dell'ordinanza il Presidente di questa Corte ha fissato per la conseguente deliberazione il giorno 15 gennaio, dandone, a sua volta, comunicazione ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'art. 33, comma secondo, della legge 25 maggio 1970, n. 352.

3. - In una memoria presentata l'11 gennaio 1982 il Comitato promotore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Valerio Onida, osserva quanto segue.

Premesso che, col decorso del tempo ed a causa della progressiva inflazione, l'erosione del valore reale dell'indennità di fine rapporto che deriva dall'applicazione delle norme oggetto del quesito referendario diviene sempre più sensibile, per l'esclusione degli aumenti dell'indennità di contingenza dal 31 gennaio 1977 in poi ai fini del calcolo della base retributiva cui deve commisurarsi l'indennità stessa, e che tale fenomeno rischia di determinare gravi squilibri, in difetto di adeguate compensazioni che, peraltro, non sono fino ad oggi intervenute, così come la Corte già avrebbe posto in evidenza con la sent. 142/80, i promotori passano ad esaminare e a controbattere le eventuali obbiezioni che potrebbero muoversi all'ammissibilità del proposto referendum.

Richiamandosi ai criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte in materia e segnatamente alla sentenza n. 16/78, con la memoria si afferma anzitutto che, al riguardo, non potrebbero trovar luogo valutazioni di opportunità politica che spetterebbero al corpo elettorale o, eventualmente, al legislatore, attraverso l'adozione di interventi preventivi atti a far venir meno l'oggetto del referendum ai sensi dell'art. 39 legge 25 maggio 1970 n. 352.

Quanto alla rispondenza della formulazione del quesito ai criteri enunciati dalla Corte si afferma, in primo luogo, che esso presenta chiaramente i richiesti caratteri di semplicità, univocità e chiarezza, investendo appunto il problema unitario dell'esclusione degli scatti di contingenza dal calcolo della retribuzione a cui si commisura l'indennità di anzianità. Il quesito porrebbe in termini limpidamente dilemmatici la questione della abrogazione o della conservazione dei testi legislativi considerati, e sarebbe quindi evidente che, nella specie, non sorgono problemi in ordine al significato ed alla portata della soppressione delle norme in discussione.

D'altra parte le norme stesse non potrebbero considerarsi a contenuto costituzionalmente vincolato, riflettendo una scelta legislativa discrezionale in materia di retribuzione del lavoro. Né potrebbe ritenersi che nella specie ci si trovi di fronte a norme tributarie, come tali espressamente escluse dal referendum con carattere di tassatività a norma dell'art. 75 Cost.. Tratterebbesi infatti di norme concernenti la disciplina del rapporto di lavoro e precisamente della retribuzione del lavoro dipendente, di cui l'indennità di contingenza é parte integrante.

E neppure facendo riferimento alla funzione previdenziale dell'indennità potrebbero modificarsi dette conclusioni, giacché si tratterebbe di una forma di previdenza interamente svolgentesi nell'ambito del rapporto di lavoro e quindi fuori del campo degli interventi previdenziali realizzati mediante erogazioni a carico dello Stato o di istituti pubblici ai sensi dell'art. 38 Cost.

Esulerebbero pertanto i caratteri distintivi della materia tributaria, identificabili, come é noto, nel prelievo forzoso di risorse economiche dei soggetti a favore dello Stato o di altro ente pubblico per la destinazione a fabbisogni pubblici. E d'altra parte il provvedimento in questione si proponeva soltanto il fine di un contenimento del costo del lavoro, il che del resto sarebbe stato riconosciuto dalla Corte con la sentenza 141/80, quando ha evidenziato che beneficiari dell'operazione di eliminazione delle scale mobili anomale sono i datori di lavoro.

Non potrebbe neppure individuarsi nella specie una prestazione patrimoniale imposta, ai sensi dell'art. 23 Cost., data la natura della disciplina, che si limita a dettare criteri per la determinazione dell'indennità, senza mirare direttamente a impoverimenti o arricchimenti patrimoniali dei soggetti interessati.

Esulerebbe comunque dalla fattispecie anche la ratio ispiratrice dell'esclusione dal referendum delle leggi tributarie, ravvisabile nella salvaguardia dell'interesse dello Stato alla conservazione della disponibilità delle entrate tributarie, difettando ogni contrapposizione fra gli interessi degli elettori contribuenti e l'interesse dell'apparato statale percettore di tributi, ed essendo invece presente solo il fine di realizzare una composizione di interessi riconducibili esclusivamente a gruppi o categorie sociali e non allo Stato apparato.

Ancor meno potrebbe ricondursi la disciplina legislativa de qua alle leggi di bilancio che l'art. 75, secondo comma, Cost. sottrae al referendum abrogativo. Invero si tratterebbe di una disciplina particolare e circoscritta che non svolgerebbe comunque alcun ruolo particolare di indirizzo o in ordine al rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento.

Neppure potrebbe poi parlarsi di una legge di pianificazione economica generale trattandosi, come già detto, di una scelta circoscritta e puntuale di politica economica e del lavoro, non interpretabile come un piano generale economico e, oltre tutto, di natura provvisoria e specifica.

D'altra parte, mentre, in tesi generale, non dovrebbero ritenersi incluse nel divieto di referendum tutte le leggi in materia finanziaria, sarebbe comunque evidente, per quanto già detto, che le norme in discorso non potrebbero qualificarsi tali, riguardando esclusivamente l'imprenditoria privata ed il rapporto di lavoro, anche se non possono escludersi connessioni di fatto tra costo del lavoro, economia del settore privato e finanza pubblica, che non varrebbero peraltro ad estendere il campo dell'esclusione dal referendum a leggi come quella in esame poiché, in caso contrario, dovrebbero escludersi dal referendum le leggi che in qualche modo, provochino direttamente o indirettamente ripercussioni sull'andamento dell'economia nazionale, cioé quasi tutte le leggi di un certo rilievo.

Né infine si potrebbe sostenere che la disciplina oggetto del referendum si riferisca anche ai dipendenti pubblici e che pertanto gli oneri derivanti dall'abrogazione farebbero capo allo Stato. Invero é noto che l'indennità di buonuscita corrisposta ai dipendenti pubblici di regola é calcolata sullo stipendio, non comprensivo dell'indennità integrativa speciale (equivalente all'indennità di contingenza), per cui l'eventuale abrogazione delle dette disposizioni non avrebbe riflesso sul bilancio dello Stato.

Ed anche per quanto riguarda i dipendenti degli enti locali, essendo la buonuscita corrisposta dall'Istituto previdenziale competente con fondi alimentati da apposite ritenute sulle retribuzioni, l'abrogazione non produrrebbe oneri finanziari, data appunto la presenza del sistema contributivo. Comunque, eventuali oneri indiretti sulla finanza pubblica, non potrebbero avere per effetto di rendere inammissibile il referendum, poiché il divieto di cui all'art. 75 Cost. riguarderebbe solo le leggi tributarie e non qualsiasi legge che disciplini la spesa pubblica.

La memoria pertanto conclude chiedendo dichiararsi ammissibile il proposto referendum.

4. - Ad integrazione del contraddittorio espressamente previsto dall'art, 33, terzo comma, della legge n. 352 del 1970, nella camera di consiglio del 15 gennaio 1982 é stato udito l'avv. prof. Valerio Onida per il comitato promotore del referendum mentre nessuno si é presentato per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La richiesta di referendum sulla cui ammissibilità la Corte deve pronunciarsi riguarda gli artt. 1 e 1 bis del decreto legge 1 febbraio 1977 n. 12, concernente norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 31 marzo 1977 n. 91.

Il primo di detti articoli, sostituendo espressamente l'articolo 2121 codice civile e modificando gli artt. 361 e 923 del codice della navigazione, dispone l'esclusione dal computo della indennità di anzianità di quanto dovuto come aumenti della indennità di contingenza o di emolumenti di analoga natura "scattati" posteriormente al 31 gennaio 1977.

Il secondo, dopo avere precisato che la detta esclusione riguarda tutte le forme di indennità di anzianità, di fine lavoro, di buonuscita comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate, dispone che, dal 1 febbraio 1977, i miglioramenti retributivi per effetto di variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione sono corrisposti in misura non superiore ed in applicazione dei criteri di calcolo nonché con la periodicità stabilita dagli accordi interconfederali 15 gennaio 1957 e 25 gennaio 1975 operanti nel settore dell'industria, escludendo inoltre sia il conglobamento dei detti miglioramenti nella retribuzione, sia la computabilità degli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione in difformità della normativa prevalente prevista dagli anzidetti accordi interconfederali e dai contratti del detto settore per i corrispondenti elementi retributivi e limitatamente a tali elementi.

La legge di conversione n. 91 del 1977 con l'art. 2 ha delegato poi il governo a determinare con decreto del Presidente della Repubblica l'utilizzazione delle somme derivanti "nell'anno 1977" dalla differenza fra i trattamenti discendenti dalle regolamentazioni come sopra modificate con decreto legge n. 12 del 1977, nonché a regolare le modalità di riscossione e i relativi controlli e sanzioni, precisando altresì che, nel determinare la destinazione delle predette somme "sarà osservato il criterio, secondo indicazioni di priorità indicate dal CIPE, di conseguire, attraverso l'attenuazione di oneri gestionali, il contenimento dei costi di servizi di interesse collettivo".

2. - La Corte deve ora verificare se esistono cause ostative alla ammissibilità del detto quesito in relazione a quanto disposto dall'art. 75 Costituzione.

Al riguardo si rileva, in primo luogo, essere di tutta evidenza che la normativa oggetto del quesito referendario non può rientrare nelle ipotesi escluse riguardanti le leggi di bilancio, di amnistia e indulto e di autorizzazione a ratificare trattati internazionali di cui al citato art. 75, secondo comma, Cost.. Inoltre, per quanto si dirà, la normativa stessa non rientra neppure fra quelle "leggi tributarie" che sono anche esse escluse dal referendum ai sensi della detta norma costituzionale.

Deve rilevarsi in proposito che, in forza del D.P. delegato 6 giugno 1977 n. 384, l'unico emesso in materia, essendo la delega disposta con la legge di conversione, espressamente limitata, come si é visto, al solo anno 1977, le somme non corrisposte ai lavoratori dipendenti per il detto periodo, in quanto derivanti dalla differenza fra i trattamenti discendenti dalla regolamentazione modificata con il decreto legge 1 febbraio 1977 n. 12 convertito nella legge 31 marzo 1977 n. 91, sono state destinate alle finalità di pubblico interesse indicate nello stesso provvedimento.

Ma dal 1 gennaio 1978 in poi per le somme non corrisposte allo stesso titolo non risulta imposto alcun obbligo di destinazione, talchi "la permanenza delle somme nel patrimonio dei datori di lavoro rappresenta il traguardo della disciplina normativa in materia" (sent. 141/80).

Mancano nella specie gli elementi basilari indispensabili alla qualificazione di una legge come tributaria, difettando sia l'elemento della ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico, sia la loro destinazione allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell'ente impositore, ed essendo invece caratterizzante, come si é detto, il fine di regolare rapporti intersoggettivi fra privati in materia di retribuzione del lavoro subordinato.

É ben vero che questa Corte, con la sentenza n. 16/78, ha affermato che l'interpretazione letterale dell'art. 75, secondo comma, Cost., deve essere integrata con criterio logico sistematico, per cui vanno sottratte a referendum quelle disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all'ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall'art. 75 Cost. da far risultare "sottintesa" la preclusione.

Ma la Corte in tal modo ha accolto esclusivamente un criterio di interpretazione estensiva della norma costituzionale. Giungere a ricomprendere nel divieto di referendum per le leggi tributarie anche la legge in esame, in vista di una ratio ispiratrice del divieto stesso, identificata nell'intento di sottrarre al referendum tutte norme implicanti un sacrificio economico da parte degli elettori, comporterebbe una interpretazione di carattere analogico, ovviamente inammissibile nella specie per la sua evidente esorbitanza dai limiti interpretativi posti da questa Corte con la citata sentenza n. 16/78.

3. - Non é poi il caso di soffermarsi sulla valutazione delle altre ipotesi di estensione del divieto di referendum alla fattispecie, che nella memoria dei promotori vengono prospettate per escluderne la fondatezza, essendo ancor più evidente, in relazione ad esse, il procedimento di interpretazione analogica cui dovrebbe far seguito l'estensione prospettata.

4. - Né sussistono infine dubbi sulla univocità, semplicità e chiarezza del quesito, - requisiti pure ritenuti essenziali da questa Corte - in quanto le norme investite sono istitutive di un meccanismo unitario, riduttivo del costo del lavoro subordinato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 1 e 1 bis del decreto legge 1 febbraio 1977 n. 12 recante "Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza" convertito in legge, con modificazioni, con la legge 31 marzo 1977 n. 91, dichiarata legittima con ordinanza dell'11 dicembre 1981 dell'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di Cassazione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1982.