Sentenza n. 20 del 1982
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SENTENZA N. 20

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 3 del d.l. 1 ottobre 1973, n. 580 (Misure urgenti per l'università), come modificato dalla legge di conversione 30 novembre 1973, n. 766, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 16 febbraio 1977 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cairella Michelangelo contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 241 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 del 29 giugno 1977;

2) ordinanza emessa il 19 aprile 1978 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Baroni Carlo ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 456 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 354 del 20 dicembre 1978;

3) ordinanza emessa il 18 giugno 1980 dalla Corte costituzionale nel giudizio di legittimità costituzionale promosso con le due ordinanze che precedono, iscritta al n. 501 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 187 del 9 luglio 1980;

4) ordinanza emessa il 3 dicembre 1980 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Amari Salvatore ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 292 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 234 del 26 agosto 1981.

Visti gli atti di costituzione di Cairella Michelangelo, Baroni Carlo ed altri, Cirenei Anacleto e Lentini Sirio e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1981 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

uditi l'avv. Aldo Sandulli per Cirenei Anacleto e Lentini Sirio, l'avv. Giuseppe Guarino per Cairella Michelangelo e l'avv. Walter Prosperetti per Baroni Carlo ed altri e l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 16 febbraio 1977 il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, così come convertito e modificato dall'articolo unico della L. 30 novembre 1973, n. 766, nella parta in cui esclude dall'inquadramento nei ruoli universitari, secondo il procedimento da esso previsto, gli assistenti ordinari che siano stati dichiarati maturi in un concorso a cattedra.

L'ordinanza é stata emessa nel corso di un giudizio promosso da Cairella Michelangelo il quale, esponendo di essere assistente ordinario di terapia medica sistematica presso l'Università di Roma e di essere stato dichiarato maturo nel concorso per la medesima materia bandito con D.M. 6 marzo 1968, lamentava che gli fosse stato negato l'inquadramento nei ruoli universitari ai sensi dell'art. 3 della L. 30 novembre 1973, n. 766.

Il TAR del Lazio, nell'ordinanza di rimessione, rileva che la normativa impugnata ha riconosciuto titolo all'inquadramento su detto ai professori aggregati, ai vincitori di concorso a professore aggregato, ai direttori di ruolo delle scuole autonome di ostetricia, agli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794, ai ternati di concorsi universitari, escludendone ogni altra categoria. Peraltro - secondo il TAR del Lazio - tale esclusione, per quanto concerne gli assistenti ordinari dichiarati maturi in un concorso a cattedra, sarebbe irragionevole e discriminatoria, e quindi in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.

Si osserva in proposito nell'ordinanza di rimessione, che la categoria anzi detta, esclusa dall'inquadramento, si trova in posizione identica a quella delle categorie alle quali é stato riconosciuto titolo per ottenerlo e si sostiene che "una volta constatato che, il legislatore, ai fini dell'inquadramento nei ruoli di professore universitario, ha ritenuto rilevante o lo stabile insediamento nella attività didattica universitaria a livello più o meno inferiore a quella di professore (aggregati, aggregati-clinici, e direttori di ostetricia) o l'idoneità specifica (riconosciuta all'interessato in un concorso a cattedra: inserimento in una terna) congiunta ad un inserimento più o meno stabile nell'attività didattica, é innegabile che all'assistente ordinario dichiarato maturo in un concorso universitario, se fossero stati seguiti gli stessi criteri, si sarebbe dovuto riconoscere il titolo all'inquadramento". Pertanto non sarebbe manifestamente infondato il dubbio circa la sussistenza nel caso in esame di una ingiustificata disparità di trattamento.

Davanti a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, essendo la scelta dei requisiti per l'inquadramento nei ruoli universitari materia riservata al legislatore ordinario e non essendo suscettibile di riesame alla stregua dell'art. 3 della Costituzione il giudizio di valore da esso operato al riguardo.

Nell'atto di intervento si osserva che, comunque, la figura del professore "maturo" non é prevista nel diritto vigente e trae riscontro solo nella prassi delle commissioni di concorso.

Si é costituita anche la parte privata chiedendo che la questione sia dichiarata fondata. In particolare essa sostiene, a sostegno della dedotta irragionevole disparità di trattamento, che la posizione del "maturo" sarebbe identica a quella del "ternato" in un concorso a cattedra, ove i candidati fossero meno di tre: in tal caso, infatti, il maturo é automaticamente "ternato".

La parte privata ha sostenuto inoltre che, colui il quale avesse conseguito una declaratoria formale d'idoneità e fosse assistente ordinario, per tale sua doppia qualità si sarebbe trovato in una posizione migliore rispetto al "ternato", ancora non chiamato da alcuna facoltà e che non fosse assistente ordinario e quindi irragionevolmente la normativa de qua lo avrebbe trattato in modo deteriore.

Più macroscopica apparirebbe poi la differenza di trattamento rispetto agli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794, che non sono vincitori di alcun concorso universitario, ma solo primari del Pio Istituto S. Spirito, nonché degli aggregati vincitori di concorso ma non nominati. Questi ultimi, infatti, avrebbero superato un concorso molto simile a quello superato dagli assistenti, ma non comparabile al concorso a cattedra; così come di rango minore dovrebbe ritenersi pure il concorso superato dai direttori delle scuole di ostetricia.

Con altra ordinanza 19 aprile 1978, il TAR del Lazio ha sollevato anche, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, così come modificato dalla L. 30 novembre 1973, n. 766, "nella parte in cui esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori universitari gli assistenti ordinari, incaricati di un insegnamento nella facoltà di medicina e rivestenti la qualifica di primari ospedalieri ai sensi del d.P.R. n. 129 del 1969".

L'ordinanza é stata emessa nel corso di un giudizio promosso da Baroni Carlo ed altri professori incaricati stabilizzati presso la facoltà di medicina dell'Università di Roma, i quali, dopo avere esposto di essere anche assistenti ordinari, nonché di avere la qualifica di primari ospedalieri, lamentavano che fosse stato loro negato l'inquadramento nel ruolo dei professori straordinari, essendone esclusi a norma del su detto art. 3 del D.L. n. 580/1973, così come modificato dalla legge di conversione.

Secondo l'ordinanza di rimessione, l'esclusione degli assistenti ordinari, incaricati di un insegnamento in una facoltà di medicina e muniti della qualifica di primari ospedalieri, dall'inquadramento anzidetto, sarebbe irragionevole e discriminatoria, ove si paragoni la loro posizione con quella di altre categorie ammesse all'inquadramento ed in particolare con quella degli aggregati clinici.

Infatti - si osserva nell'ordinanza - essi hanno, a somiglianza degli aggregati clinici, un rapporto stabile di impiego, ma - e ciò dovrebbe costituire titolo preferenziale ai fini dell'inquadramento tra il personale docente universitario - tale rapporto sussiste con l'Università e non (come avveniva per gli aggregati clinici) con un Ente ospedaliero; inoltre essi, in quanto assistenti ordinari, già appartengono al personale docente universitario, mentre gli aggregati clinici sono alle dipendenze del Pio Istituto (anche se da quest'ultimo considerati come personale universitario e pagati con un assegno uguale a quello corrisposto ai professori incaricati ai sensi dell'art. 7 della Convenzione approvata con r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794). Inoltre ancora, l'attività didattica che essi svolgono, quali incaricati, non si esaurisce nell'insegnamento pratico al letto del malato (come avviene per gli aggregati clinici ex art. 11 della Convenzione citata), ma comprende l'insegnamento scientifico e pratico universitario, assolutamente identico a quello dei professori ordinari, relativamente alla disciplina della quale sono docenti incaricati, con piena autonomia nell'indirizzo scientifico dell'insegnamento, autonomia che non hanno invece gli aggregati clinici, i quali debbono seguire l'indirizzo scientifico del direttore della clinica (art. 11 cit.).

Si é costituito davanti a questa Corte il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo che anche detta questione sia dichiarata non fondata. Nell'atto d'intervento, a sostegno di tale richiesta, l'Avvocatura generale dello Stato premette che nel testo originario dell'art. 3 del D.L. n. 580 del 1973, l'inquadramento tra i professori straordinari era previsto solo per i professori aggregati in servizio ed i "ternati". A tali categorie furono aggiunte dalla legge di conversione anche quelle dei vincitori di concorso a professori aggregati, dei direttori di ruolo delle scuole di ostetricia e degli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794. La ratio di tale inclusione nonché dell'esclusione delle altre categorie di docenti secondo l'Avvocatura sarebbe da ricercarsi "nella natura stabile della loro posizione giuridica (decisamente differenziata da quella degli incaricati d'insegnamento per i quali, sino all'entrata in vigore dello stesso D.L. n. 580/1973, la posizione giuridica era caratterizzata dalla temporaneità a breve durata - un anno - dell'incarico), nonché nella derivazione di codesta posizione giuridica dalla vittoria di un concorso". Poiché per gli assistenti universitari incaricati di un insegnamento universitario tale duplice condizione non ricorre, la loro esclusione dall'inquadramento fra i professori straordinari sarebbe razionale.

Si sono costituite con unico atto anche tutte le parti private, chiedendo che la questione sia ritenuta fondata e sottolineando, nelle deduzioni depositate, che gli aggregati clinici non sono vincitori di alcun concorso universitario. Costoro avrebbero avuto una posizione - all'atto dell'entrata in vigore della norma impugnata - deteriore rispetto a quella dei professori incaricati che fossero anche assistenti ordinari e primari ospedalieri, con la conseguente irragionevolezza dell'esclusione di questi ultimi dall'inquadramento tra i professori straordinari. In particolare - dopo avere richiamato quanto esposto in proposito nell'ordinanza di rimessione - si rileva come gli aggregati clinici, a differenza dei professori incaricati, non fanno parte degli organi di governo universitario e possono svolgere la loro attività anche facendo capo ad una cattedra coperta da un incaricato.

La Corte costituzionale, con ordinanza del 18 giugno 1980, dopo avere riunito i due giudizi di legittimità costituzionale, sollevava dinanzi a sé questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, come mod. dalla legge 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui prevede la possibilità d'inquadramento nel ruolo dei professori universitari, con la qualifica di straordinari, degli aggregati clinici di cui al R.D.L. 8 febbraio 1937, n. 794, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 33 della Costituzione.

Nel giudizio così instaurato intervenivano due parti private - i professori Cirenei Anacleto e Lentini Sirio - i quali avevano spiegato atto d'intervento dinanzi al TAR del Lazio (nel giudizio a suo tempo proposto dal prof. Baroni Carlo ed altri e Cairella Michelangelo) successivamente alla ordinanza 18 giugno 1980 della Corte costituzionale.

Dette parti private deducevano di essere i soli due aggregati clinici inquadrati nel ruolo di professori universitari ai sensi dell'art. 3 del D.L. n. 580 del 1973, convertito nella legge n. 766 del 1973. Deducevano di avere attualmente conseguito la nomina a professori ordinari, di avere fatto parte di commissioni di concorso a cattedra, di essere direttori di scuole di specializzazione.

Deducevano altresì che la posizione degli aggregati clinici non apparirebbe diversa, ai fini dell'inquadramento operato dalle norme impugnate, rispetto a quella dei professori aggregati e dei direttori delle scuole di ostetricia, categorie in relazione alle quali nessuna questione di legittimità costituzionale é stata sollevata. Chiedevano, pertanto, che la questione fosse dichiarata non fondata, tenuto conto della discrezionalità legislativa in argomento, usata in modo non lesivo dell'art. 3 della Costituzione; del fatto che il diritto delle Università di darsi ordinamenti autonomi, stabilito dall'art. 33 della Costituzione, deve essere esercitato nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato e non é leso dalla norma impugnata; della previsione contenuta nell'art. 97 della Costituzione, che l'accesso agli impieghi pubblici, in casi stabiliti dalla legge, possa avvenire anche senza concorso.

Dopo che la Corte aveva sollevato dinanzi a sé la suddetta questione di legittimità costituzionale, il TAR del Lazio (nel corso di un procedimento proposto da Amari Salvatore ed altri), con ordinanza 3 dicembre 1980 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 3 del D.L. n. 580 del 1973, conv. nella legge 30 novembre 1973, n. 766, "nella parte in cui esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori universitari, gli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati e con libera docenza confermata all'atto dell'entrata in vigore della norma stessa", in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Secondo tale ordinanza la ratio della normativa contenuta nell'articolo impugnato andrebbe individuata nel rilievo che il legislatore ha attribuito, ai fini dell'inquadramento nei ruoli dei professori universitari, allo stabile inserimento nell'attività didattica universitaria a livello più o meno inferiore a quello di professore ordinario, nonché all'effettivo espletamento in via continuativa dell'attività scientifica nell'ambito della stessa Università. Stante tale ratio, sarebbe irragionevole e discriminatoria l'esclusione dal novero degli aventi diritto all'inquadramento degli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati con libera docenza confermata.

In particolare - si sottolinea - detta esclusione apparirebbe particolarmente discriminatoria nei confronti degli aggregati clinici, che non erano neppure legati da rapporto d'impiego con l'Università.

Nel giudizio così promosso si sono costituite le parti private chiedendo che la questione sia dichiarata fondata per le ragioni esposte nell'ordinanza di rimessione.

 

Considerato in diritto

 

1. - I giudizi promossi con le ordinanze 16 febbraio 1977 del TAR del Lazio (n. 241. r.o. 1977) e 19 aprile 1978 (n. 456, r.o. 1978) dello stesso tribunale (già riuniti dalla ordinanza 18 giugno 1980, n. 95 di questa Corte (n. 501, r.o. 1980), nonché con la or citata ordinanza di questa Corte e con la ulteriore ordinanza 3 dicembre 1980 (n. 29, r.o. 1981) del medesimo TAR del Lazio, avendo ad oggetto questioni fra loro connesse, possono essere riuniti ai fini di un'unica decisione.

2. - Le questioni sottoposte all'esame della Corte, nell'ordine logico, sono le seguenti:

a) legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580 ("Misure urgenti per l'Università"), come modificato dalla legge di conversione 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui prevede la possibilità d'inquadramento nel ruolo dei professori universitari, con la qualifica di straordinari, degli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794, sollevata da questa Corte, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e terzo comma, e 33 della Costituzione (ordinanza 18 giugno 1980, n. 501, r.o. 1980);

b) legittimità costituzionale dell'art. 3 del suddetto D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, come convertito e modificato dalla citata legge di conversione, nella parte in cui esclude dall'inquadramento nei ruoli universitari gli assistenti ordinari che siano stati dichiarati maturi in un concorso a cattedra, in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza TAR Lazio, n. 241, r.o. 1977);

c) legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, citato, come modificato dalla ripetuta legge di conversione, nella parte in cui esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori straordinari gli assistenti ordinari, incaricati di un insegnamento nelle facoltà di medicina e rivestenti la qualifica di primari ospedalieri ai sensi del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 ("Ordinamento interno dei servizi di assistenza delle cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura"), in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza TAR Lazio, n. 456 r.o. 1978);

d) legittimità costituzionale dell'art. 3 del ripetuto D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, come modificato dalla legge 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori universitari gli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati e con libera docenza confermata all'atto dell'entrata in vigore della norma stessa, in riferimento all'art. 3 della Costituzione (ordinanza TAR Lazio, n. 292 r.o. 1981).

3. - Nel giudizio promosso dalla ordinanza 18 giugno 1980 di questa Corte si sono costituiti i sigg. Sirio Lentini e Anacleto Cirenei, che non erano state parti nel giudizio che si svolgeva dinanzi al TAR del Lazio e nel corso del quale con la ordinanza 16 febbraio 1977 era stata sollevata questione di legittimità costituzionale del più volte citato art. 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580.

Tale costituzione deve ritenersi ammissibile.

La giurisprudenza della Corte ha invero ripetutamente escluso (ord. 5 dicembre 1956; 31 ottobre 1962: 12 gennaio 1972; 4 luglio 1972) che possano costituirsi nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale soggetti che non erano state parti nel giudizio a quo ed in effetti tanto il Lentini quanto il Cirenei non si erano costituiti nel giudizio che si svolgeva dinanzi al TAR del Lazio.

Ma questa giurisprudenza non é applicabile al caso di specie, in quanto i predetti non erano toccati dal ricorso da altri proposto dinanzi al TAR del Lazio al fine di conseguire la nomina a professore straordinario di università in base all'art. 3 del D.L. citato: essi, infatti, avevano già conseguita tale nomina e non avevano motivo alcuno per difendersi da un ricorso che non mirava all'annullamento della loro nomina, ma da questa anzi traeva motivo per chiedere che anche ai ricorrenti in quella sede fosse conferito lo status di professori universitari.

Quando, però, questa Corte, con la ripetuta ordinanza n. 95 del 1980, ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della norma (art. 3 cit.) in base alla quale il Lentini ed il Cirenei erano stati nominati professori straordinari, in essi é certamente sorto l'interesse a difendere la posizione già acquisita: in queste condizioni non può negarsi loro il diritto di costituirsi in questo giudizio.

4. - Passando al merito, la Corte osserva che la questione di legittimità costituzionale da essa sollevata con l'ordinanza n. 95 del 1980 risulta fondata.

Allo scopo di venire incontro alle più urgenti necessità delle Università italiane e, in particolare, allo scopo di rendere il corpo docente universitario numericamente più adeguato alle esigenze che da tempo si erano verificate, con il citato D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, sono state adottate varie misure di carattere straordinario, fra le quali quelle contenute nell'art. 3.

Con questa disposizione si é stabilito di inserire nei ruoli dei professori ordinari (la cui dotazione numerica é stata di molto accresciuta con l'art. 1) alcune categorie di docenti universitari e precisamente (art. 3, primo comma) i professori aggregati già in servizio alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge e (art. 3, secondo e terzo comma) coloro che, pur essendo stati compresi nella terna dei vincitori di un concorso a cattedra universitaria espletato o bandito anteriormente al medesimo decreto-legge non fossero ancora professori di ruolo e fossero in servizio presso le scuole e facoltà universitarie in qualità di professori incaricati o di assistenti di ruolo (da questo secondo requisito si prescindeva soltanto per coloro che fossero compresi in una terna ancora valida alla data di entrata in vigore del ripetuto decreto n. 580).

In virtù di questa disposizione, quindi, potevano essere collocati in ruolo soltanto i soggetti i quali avessero superato (per essere stati compresi nella terna) i normali concorsi a cattedra universitaria, ovvero che avessero conseguito la nomina a professore aggregato di cui alla legge 25 luglio 1966, n. 585 ("Istituzione del ruolo dei professori aggregati per le università e gli istituti di istruzione universitaria").

Mentre i primi, come si é detto, hanno conseguito, nella normale sede concorsuale, il riconoscimento della loro capacità scientifica e didattica ad esercitare l'insegnamento universitario, per i secondi, in virtù dell'ordinamento dettato dalla citata legge n. 585 del 1966, la scelta e la immissione nel ruolo universitario avviene a seguito di un procedimento che può essere assimilato a quello normale per la nomina a docente ordinario: infatti essa avviene a seguito di concorso (per titoli e per esame), al quale possono essere ammessi soggetti compresi in categoria già operanti nell'ambito universitario (ternati, professori, incaricati, ecc.) od anche estranei alla Università, ma in possesso di determinati requisiti, da esaminarsi dalla commissione esaminatrice che deve rendere conto dei motivi della ammissione nella sua relazione (art. 5). Giudice del concorso é poi (art. 6) una commissione composta da docenti universitari.

D'altro canto la loro attività consiste nell'insegnamento istituzionale o monografico e nella direzione di settori di ricerca, di laboratori o di reparti (art. 2) e, in relazione a tali compiti, la legge (art. 2, sesto comma) esplicitamente li definisce "professori ufficiali" ai sensi dell'art. 62 dell'ordinamento generale universitario (r.d. 31 agosto 1933, n. 1592).

Dal tenore dell'art. 3 del D.L. n. 580 emerge chiaramente che il legislatore ha inteso discostarsi il meno possibile dal metodo tradizionale ed usuale per la scelta dei professori universitari di ruolo, che a partire dalla prima legge universitaria dell'Italia unificata (r.d. 13 novembre 1859, n. 3725, c.d. "legge Casati") consiste in un concorso di carattere del tutto speciale, nel corso del quale (art. 73, secondo comma, T.U. n. 1592/1933) si deve giudicare se i candidati siano "degni di coprire il posto messo a concorso" e del quale é giudice un collegio composto da professori universitari, sicché, come é stato ripetutamente riconosciuto, non tornano applicabili gli usuali criteri che stanno a base di ogni altro concorso a pubblico impiego. Di conseguenza l'art. 3, in sostanza, ha apportato deroga ai principi tradizionali esclusivamente a favore di soggetti i quali avessero partecipato ad altri concorsi di carattere universitario (intesi, cioè, a saggiare la capacità scientifica e didattica dei singoli), di portata nazionale e giudicati da altri docenti universitari.

Questo intendimento risponde alle esigenze proprie dell'insegnamento universitario destinato (art. 1 del T.U. n. 1592 del 1933) a "promuovere il progresso della scienza ed a fornire la cultura scientifica necessaria per l'esercizio degli uffici e delle professioni" e li armonizza, quindi, con il principio del buon andamento della P.A. (art. 97, primo comma, Cost.) che nell'ambito universitario non può non tradursi nella necessità di un corpo insegnante che, come si é ricordato, sia "degno" del "posto" ricoperto.

In sede di conversione in legge del citato D.L., tuttavia, ritenendo che con la normativa ricordata non fosse possibile venire incontro alle esigenze concrete delle Università, si allargò la cerchia dei soggetti da immettere nei ruoli universitari e si inserirono nella norma dell'art. 3 le categorie dei vincitori di concorsi a professore aggregato espletati o banditi anteriormente al D.L. n. 580 del 1973, i direttori di ruolo delle scuole autonome di ostetricia e gli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794 ("Approvazione della convenzione stipulata il 7 novembre 1936 fra la regia università di Roma ed il Pio istituto di S. Spirito ed Ospedali riuniti di Roma, circa il nuovo ordinamento del policlinico "Umberto I""), convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739.

Ciò posto, osserva la Corte che per i vincitori di concorsi a professore aggregato e per i direttori delle scuole autonome di ostetricia non possono superarsi i dubbi sollevati in quanto é da ritenere che nei loro riguardi sussistono condizioni non dissimili da quelle proprie delle altre due categorie precedentemente indicate.

I vincitori dei concorsi per professore aggregato, infatti, si trovano nelle medesime condizioni sostanziali di coloro che a seguito del concorso hanno già conseguito la nomina, mentre per quel che concerne i direttori delle scuole autonome di ostetricia va rilevato che l'art. 8 del r.d.l. 15 ottobre 1936, n. 2128 ("Ordinamento delle scuole di ostetricia e disciplina giuridica della professione di levatrice"), convertito nella legge 25 marzo 1937, n. 921, stabilisce esplicitamente che "ai professori-direttori si applicano, in quanto sia possibile, le disposizioni sullo stato giuridico dei professori universitari, comprese quelle per i concorsi, le nomine, i conferimenti del grado di ordinario, ecc.".

Se ne deduce, quindi, che non ad arbitrio questi professori-direttori (come espressamente li denomina la legge) sono stati assimilati alle altre categorie, in quanto la loro scelta avvenne a seguito di concorso parificabile a quello proprio dei professori di ruolo di università.

Diversa, invece, é la situazione degli aggregati clinici di cui alla convenzione approvata con il r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794.

Premesso che detta convenzione ebbe lo scopo di assicurare un più efficace coordinamento delle attività sia scientifiche sia ospedaliere dei due Enti nonché la semplificazione dei loro rapporti, l'art. 7 stabilì che i primari ospedalieri assegnati all'Istituto S. Spirito ed Ospedali riuniti di Roma "assumono" il titolo di "aggregati primari clinici" e, ferma restando la loro appartenenza al personale sanitario degli Ospedali riuniti, devono essere considerati, nei rapporti con l'Istituto, come personale universitario: essi (art. 8) dipendono dal rettore dell'Università solo per quel che attiene alla funzione didattica, per ogni altro aspetto rimanendo alle dipendenze degli organi dell'Istituto, sicché, verificandosi la necessità di allontanare dall'Istituto il primario che "non risultasse adatto alle sue particolari mansioni per ragioni di ordine scientifico, professionale, morale e disciplinare", il rettore deve chiedere alla amministrazione ospedaliera la adozione dei provvedimenti del caso.

Quanto alla nomina l'art. 10 prevede che in caso di vacanza di posto una commissione composta pariteticamente da rappresentanti dei due Enti può proporre la nomina di un altro primario ospedaliero; solo ove ciò non sia possibile i due Enti bandiscono un concorso la cui commissione giudicatrice è composta da due membri clinici, due membri ospedalieri e un presidente nominato dal comitato direttivo del Policlinico e che deve attenersi ai programmi ed alle modalità stabilite dai regolamenti ospedalieri.

L'art. 11, infine, impone ai primari aggregati l'obbligo dell'insegnamento "pratico al letto del malato", seguendo l'indirizzo scientifico del direttore della clinica, e l'art. 12 stabilisce ancora che spetta al preside della Facoltà di medicina il coordinamento della attività didattica degli aggregati in base a programmi e criteri di massima da sottoporre alla approvazione del rettore.

In questa disciplina tutta particolare non é dato riscontrare una situazione paragonabile agli ordinamenti universitari né per quel che concerne la nomina (affidata in primo luogo alla libera scelta di un organo collegiale essenzialmente amministrativo e solo in via subordinata ad un organo collegiale nel quale la rappresentanza universitaria é ridotta e che é tenuto a seguire i criteri propri di concorsi ospedalieri) né per quel che riguarda lo svolgimento della attività didattica, che dato il disposto dell'art. 12 citato - risulta priva della autonomia che é propria dei docenti universitari (art. 85 del T.U. n. 1592 del 1933), essendo subordinata ad interventi di autorità accademiche che non sono previsti per alcun altro docente universitario. Può anche osservarsi che il r.d.l. del 1937 non adopera mai, per i soggetti in parola, la denominazione di professori, limitandosi a parlare di "aggregati primari clinici".

In tal modo il legislatore del 1973 si é discostato notevolmente dai criteri non irragionevoli ai quali esso medesimo aveva dimostrato di volersi attenere nell'allargare le possibilità di nomina senza concorso a cattedra universitaria. Così facendo sono stati trattati alla stregua del personale preso in considerazione nella medesima disposizione di legge soggetti che, quale che sia il loro valore personale, certamente non presentano elementi comuni con gli altri, senza che di ciò sia possibile dare una logica spiegazione: rimane pertanto violato il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Si deve conseguentemente dichiarare la illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, come modificato con la legge di conversione, nella parte in cui consente che siano collocati nel ruolo dei professori straordinari "gli aggregati clinici di cui al regio decreto-legge 8 febbraio 1937, n. 794".

5. - Le questioni sollevate con le altre ordinanze di cui in epigrafe non sono fondate.

Posto, invero, che lo stesso legislatore ha ritenuto di porre alla base delle sue norme il criterio di consentire la immissione in ruolo senza concorso soltanto a soggetti la cui capacità scientifica e didattica sia stata valutata in maniera solo in parte dissimile da quella propria per la selezione occorrente per lo svolgimento di una attività di così alto livello culturale (concorso nazionale giudicato da altri docenti universitari), per nessuna delle categorie la cui esclusione é stata denunciata dai giudici a quibus si rinvengono elementi tali da farli considerare alla stregua di coloro che rimangono compresi nella norma dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale or ora pronunciata (e cioè professori aggregati già in servizio, ternati già in servizio o compresi in terne ancora valide, vincitori di concorso a professore aggregato, direttori di scuole autonome di ostetricia).

Infatti:

a) per quel che concerne gli assistenti ordinari dichiarati maturi (ordinanza 16 febbraio 1977) in un concorso a cattedra é sufficiente osservare che gli assistenti stessi conseguivano la nomina a seguito di concorso, ma, come appare di tutta evidenza, trattavasi di concorso di carattere ben diverso rispetto a quello per il conferimento della qualifica di professore straordinario, data la profonda diversità esistente fra le funzioni proprie dei professori e di quelle degli assistenti, che per l'art. 3 della legge 18 marzo 1958, n. 349 ("Norme sullo stato giuridico ed economico degli assistenti universitari") sono chiamati a coadiuvare i professori stessi.

Né vale a far mutare la situazione la dichiarazione di "maturo" ottenuta in un concorso a cattedra.

Come esattamente afferma l'Avvocatura dello Stato, si tratta di una dichiarazione la quale non trova disciplina alcuna nella legge e che é stata creata da una prassi neppure generalizzata, non essendo stata seguita da tutte le commissioni giudicatrici: né basta citare talune disposizioni (art. 9 del r.d.l. 20 giugno 1935, n. 1071; art. 1 del D.L. 27 marzo 1948, n. 397; art. 9 legge n. 349 del 1958; art. 7 legge 24 febbraio 1967, n. 62) che hanno fatto menzione di una tale dichiarazione, ma a fini limitati (trattamento economico o scelta degli incarichi, ecc.) senza dare alla materia alcuna regolamentazione e senza operare alcun riconoscimento esplicito e generale di un tale giudizio;

b) per quel che riguarda gli assistenti ordinari incaricati di insegnamento nelle facoltà di medicina e rivestenti la qualifica di primari ospedalieri ai sensi del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 ("Ordinamento interno dei servizi di assistenza delle cliniche e degli istituti di ricovero e cura") alle considerazioni già svolte sub a), per quanto attiene alla qualifica di assistente, può aggiungersi che, mentre non può avere rilievo la circostanza che in un solo soggetto si cumulino più posizioni, la qualifica di professore incaricato non si prestava neppur essa ad una qualche assimilazione con il personale predetto, dato che il conferimento dell'incarico universitario avveniva a seguito di scelta degli organi competenti (anche se da effettuare nell'ambito di categorie predeterminate: art. 4, quinto comma, D.L. n. 580/1973) con modalità ben diverse da quelle del concorso universitario.

La qualifica di primario ospedaliero, d'altro canto, é al di fuori dell'ordinamento universitario e, come tale, non può essere presa in considerazione ai fini in parola, neppur quando essa si cumuli con quella di docente universitario. Né dal d.P.R. n. 129 del 1969 può dedursi alcunché di diverso, perché tale normativa (come chiarito nella sentenza di questa Corte n. 126 del 1981) ha lo scopo essenziale di precisare i rapporti fra cliniche universitarie ed istituti di cura, stabilendo, fra l'altro, soprattutto negli artt. 2 e 3, che i professori universitari (di ruolo od incaricati) che siano responsabili di una divisione assumono la qualifica di primari ospedalieri e, quindi, i relativi diritti e doveri: ma ciò non apporta modifiche al loro status di docenti universitari;

c) per quel che riguarda, infine, gli assistenti ordinari, incaricati stabilizzati con libera docenza confermata (ordinanza 3 dicembre 1980 del TAR del Lazio), fermo restando quanto già fin qui osservato, é da rilevare che certamente il conferimento della abilitazione alla libera docenza avveniva, come é noto, a seguito di un esame nel quale anche era saggiata la capacità scientifica e didattica del candidato. Ma non meno certamente sia la finalità dell'esame sia le sue modalità di svolgimento erano diverse da quelle del concorso per professore di ruolo, donde la esclusione di costoro dalla immissione nei ruoli non appare irrazionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580 ("Misure urgenti per l'Università"), nel testo risultante dalla legge di conversione 30 novembre 1973, n. 766, nella parte in cui consente che siano collocati nel ruolo dei professori con qualifica di straordinario "gli aggregati clinici di cui al r.d.l. 8 febbraio 1937, n. 794" ("Approvazione della convenzione stipulata il 7 novembre 1936 fra la regia università di Roma ed il Pio Istituto di S. Spirito ed Ospedali riuniti di Roma, circa il nuovo ordinamento del policlinico "Umberto I" "), convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739;

b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, suddetto - nella parte in cui esclude dall'inquadramento nel ruolo dei professori straordinari gli assistenti ordinari dichiarati maturi in un concorso a cattedra, gli assistenti ordinari incaricati di un insegnamento nelle facoltà di medicina e rivestenti la qualifica di primari ospedalieri, nonché gli assistenti ordinari incaricati stabilizzati e con libera docenza confermata - sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con le ordinanze 16 febbraio 1977, 19 aprile 1978 e 3 dicembre 1980 del TAR del Lazio, indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1982.