SENTENZA N. 141
ANNO 1981
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI, Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 163, comma secondo, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Dipendenza di infermità o lesioni da causa di servizio-riesame), promosso con ordinanza emessa il 25 marzo 1977 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale, sui ricorso proposto da Cavalieri Tarcisio, iscritta al n. 316 dei registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 264 del 1978.
Udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1981 il Giudice relatore Edoardo Volterra.
Ritenuto in fatto
1. - Tarcisio Cavalieri, assunto quale usciere presso il Ministero degli interni, il 7 febbraio 1972 chiedeva, in costanza di rapporto di impiego, il riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell'infermità "eteroplasia endocranica con edema papillare sintomatico". La domanda corredata da relazione favorevole della Presidenza del Consiglio, da parere parimente favorevole della Commissione medica ospedaliera di Roma e del medico provinciale, veniva quindi accolta, previa deliberazione del Consiglio di amministrazione del Ministero degli interni, dal decreto ministeriale 6 maggio 1974.
Il Cavalieri nelle more collocato a riposo, con istanza datata 14 giugno 1974 domandò il conferimento della pensione privilegiata ma il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie nella seduta del 26 marzo 1976, in difformità dalla proposta favorevole dell'Amministrazione, espresse parere di non dipendenza da causa di servizio dell'infermità surriferita; da qui il decreto 10 agosto 1976, n. 34 con il quale il Ministero degli interni respinse con la stessa motivazione l'istanza del Cavalieri.
Avverso tale provvedimento l'interessato propose ricorso alla Corte dei conti insistendo nella sua pretesa.
Il Procuratore Generale della Corte dei conti, dopo aver rilevato che la questione relativa alla dipendenza da causa di servizio dell'infermità in contestazione, già decisa con il decreto ministeriale 6 maggio 1974, non può essere riesaminata in conformità di quanto disposto dall'art. 163, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, concluse per l'accoglimento del ricorso.
La Corte dei conti a sua volta, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale del citato art. 163, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione ed in relazione ai criteri posti dall'art. 6 della legge di delegazione 28 ottobre 1970, n. 775.
Secondo la Corte dei conti la norma denunziata (che testualmente prevede "nel caso in cui l'amministrazione abbia già adottato un provvedimento definitivo sulla dipendenza di infermità o lesioni, ai sensi delle norme concernenti lo stato giuridico del personale, le questioni risolute con detto provvedimento non possono essere riesaminate ai fini del trattamento di quiescenza privilegiato") preclude ogni giudizio di merito della Corte dei conti (su impugnazione dell'interessato, su ricorso del Procuratore, o incidenter tantum) sulla dipendenza da servizio dell'infermità, sia che il provvedimento sia stato positivo, quanto se esso sia stato negativo.
La violazione dell'art. 76 della Costituzione discenderebbe dunque dalla circostanza che il governo nell'esercizio della delega legislativa, accordatagli dall'art. 6 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, avrebbe travalicato il limite oggettivo della delega stessa, concernente il riordinamento dell'amministrazione dello Stato e i procedimenti amministrativi, disciplinando i poteri giurisdizionali della Corte dei conti, che in materia di pensione privilegiata si estendono per regola generale al riesame del merito.
Questa esclusione comporterebbe altresì violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione per aver limitato al diritto di difesa di alcuni dipendenti statali (con disparità di alcuni rispetto ad altri) i quali non possono sottoporre in sede giurisdizionale il riesame del merito della dipendenza da causa di servizio. Né tale disparità potrebbe ritenersi compensata dall'accertamento avvenuto durante il servizio, perchè questo accertamento, essendo soggetto unicamente al controllo giurisdizionale di legittimità, istituzionalmente più esteriore e limitato, non costituisce l'equivalente del riesame di merito cui ogni dipendente avrebbe diritto in sede di liquidazione della pensione.
Più in generale la Corte dei conti osserva che la norma impugnata tende ad eliminare il contrasto, qualche volta verificatosi tra i giudizi di dipendenza adottati nel corso del servizio rispetto a quelli emessi in sede di liquidazione della pensione. Ma il legislatore, privilegiando il procedimento previsto dalle norme sullo stato giuridico del personale, rispetto a quello previsto nelle norme sul pensionamento, avrebbe dato maggior valore al procedimento meno rigoroso perchè non accompagnato dal parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
Di qui un ulteriore profilo di violazione dell'art. 76 Cost., per non aver il legislatore delegato osservato i criteri del "coordinamento" e della "non essenzialità" delle formalità eliminabili, secondo il disposto dell'art. 6, più volte citato, della legge n. 775 del 1970.
Argomenta infatti la Corte dei conti che se il parere del Comitato è stato ritenuto "essenziale" ai fini della concessione del trattamento di privilegio, tanto che è obbligatorio e in parte vincolante per l'Amministrazione, ai sensi degli artt. 166 e 179 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092, appare non coordinata e contrastante con tale essenzialità la norma impugnata che conferisce efficacia decisiva all'accertamento fatto ai fini della stessa pensione privilegiata secondo le norme dello stato giuridico, che non prevedono quel parere.
Sulla rilevanza della proposta questione di costituzionalità si osserva infine che allo stato attuale della legislazione il ricorso meriterebbe di essere senz'altro accolto, mentre con l'eliminazione della norma impugnata si renderebbe possibile e opportuno il riesame di merito della questione concernente la dipendenza da causa di servizio dell'invalidità lamentata dal ricorrente, con la conseguente necessità di una nuova istruttoria.
2. - L'ordinanza è stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte costituzionale non s'é avuta costituzione di parte ne è intervenuta l'avvocatura dello Stato.
Considerato in diritto
1. - La Corte è chiamata a decidere se l'art. 163, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, inteso - come esposto in narrativa - nel senso che preclude alla Corte dei conti nel giudizio pensionistico il riesame di merito del provvedimento amministrativo emesso in costanza di servizio, che afferma o nega la dipendenza di un'infermità da causa di servizio, sia in contrasto con l'art. 76 della Costituzione per aver violato il limite oggettivo e quello dei criteri della delega contenuta nell'art. 6 della legge di delegazione 28 ottobre 1970, n. 775, e con gli artt. 3 e 24 della Costituzione per aver limitato la tutela giurisdizionale di alcuni dipendenti dello Stato.
2. - La questione non è fondata, in quanto appare errato il presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo.
Ed infatti l'interpretazione letterale, logica e sistematica della norma impugnata (anche in relazione alla legge delega) non offre alcuno spunto per ritenere che la norma suddetta sia in qualche modo diretta a disciplinare il giudizio pensionistico.
D'altra parte sono la natura stessa del giudizio pensionistico (che verte sul rapporto e non sull'atto amministrativo) e l'ampiezza dei poteri di indagine e di pronunzia affidati alla Corte dei conti (così come riconosciuti in tutte le sedi dottrinali e giurisdizionali e da questa Corte con la sentenza n. 8 del 1976) che consentono di ritenere come tale accertamento giurisdizionale non possa soffrire limitazioni di ordine formale.
Infatti la Corte dei conti non si limita a conoscere dell'atto amministrativo dopo di ché il vero oggetto del giudizio è il riconoscimento (o il disconoscimento) di un diritto soggettivo imprescrittibile, inserito in un rapporto paritetico, a fronte del quale l'atto amministrativo (sia quello conclusivo, sia quello presupposto) si pone solo come sintomo di un atteggiamento contestativo (o favorevole) dell'amministrazione.
In altri termini, proprio perchè la controversia riguarda la spettanza del diritto, al giudizio pensionistico non possono applicarsi i limiti propri del giudizio di impugnazione dell'atto amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità. Ciò non solo in relazione all'atto impugnato, ma anche con riguardo all'atto presupposto che, sotto il profilo sostanziale, viene "incorporato" nel riconoscimento o nel diniego della posizione soggettiva.
Tale essendo l'interpretazione che deve darsi alla norma impugnata, la questione di legittimità costituzionale non appare pertanto fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 163, secondo comma, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, promossa dalla Corte dei conti con l'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 giugno 1981.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 21 luglio 1981.