Sentenza n.70 del 1981
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SENTENZA N. 70

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge approvata il 24 luglio 1978 e riapprovata il 26 aprile 1979 dal Consiglio regionale della Puglia, della legge approvata il 25 luglio 1979 e riapprovata il 10 ottobre 1979 dal Consiglio regionale del Piemonte e della legge approvata il 21 maggio 1979 e riapprovata il 4 febbraio 1980 dal Consiglio regionale dell'Umbria (aventi per oggetto la disciplina della classificazione alberghiera) promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, rispettivamente notificati il 17 maggio e il 30 ottobre 1979 e il 22 febbraio 1980, depositati in cancelleria il 26 maggio e l'8 novembre 1979 e il 3 marzo 1980 ed iscritti ai nn. 9 e 23 del registro ricorsi 1979 ed al n. 4 del registro ricorsi 1980, ricorsi dei quali è stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 154 del 6 giugno 1979, 310 del 13 novembre 1979 e 71 del 12 marzo 1980.

Visti gli atti di costituzione della Regione Piemonte e della Regione Umbria;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, l'avv. Alberto Romano, per la Regione Piemonte e l'avv. Dante Duranti, per la Regione Umbria.

Ritenuto in fatto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ricorreva contro il Presidente della Regione Puglia, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale approvata il 24 luglio 1978 e riapprovata il 26 aprile 1979, recante "Disciplina della classificazione alberghiera", con atto in data 15 maggio 1979, notificato il 17 maggio 1979.

La materia della classificazione alberghiera, si osservava nel ricorso, dovrebbe ritenersi sottratta alla competenza regionale, esistendo un interesse nazionale alla omogeneità dei criteri relativi conseguente ad un'esigenza di garanzia del turista. I criteri di classificazione costituirebbero inoltre principi fondamentali della materia "turismo", riservati, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, allo Stato.

L'accennata esigenza di omogeneità ha indotto gli organi di governo delle Regioni ad accordarsi sui criteri da adottare; ma tale accordo, pur menzionato nel dibattito al Consiglio regionale in sede di riapprovazione, non potrebbe assicurare la richiesta uniformità di disciplina, non vincolando gli organi legislativi delle Regioni medesime.

La Regione Puglia non si costituiva.

2. - Ricorso di analogo contenuto veniva proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri contro il Presidente della Regione Piemonte, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale approvata il 25 luglio 1979 e riapprovata il 10 ottobre 1979, recante "Classificazione delle aziende alberghiere", con atto in data 25 ottobre 1979, notificato il 30 ottobre 1979.

La Regione si costituiva con atto in data 27 novembre 1979 chiedendo il rigetto della domanda.

Osservava, innanzitutto, che, in seguito al generale incremento del tenore di vita, gli alberghi offrono ormai prestazioni assai superiori a quelle degli anni in cui venne adottata la normativa statale (r.d.l. 18 gennaio 1937, n. 975; r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1729) che regola il settore e che questa dunque deve considerarsi ormai obsoleta.

Le Regioni si sono date carico di venire incontro ad evidenti esigenze di riforma delle classificazioni, con ciò esercitando una competenza che ad esse esplicitamente riconoscerebbe l'art. 1, lett. g), del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 6, altrochè, implicitamente, l'art. 56 del d.P.R. n. 616 del 1977.

Il ricorso dello Stato si paleserebbe in ogni caso contraddittorio, per il suo oscillare tra la denunzia di una violazione dei principi della materia, che presupporrebbe una competenza regionale quanto meno nei dettagli, e di un asserito interesse nazionale all'omogeneità dei criteri di classificazione, che escluderebbe in radice tale competenza.

3. - Un terzo ricorso, di contenuto analogo ai primi due, veniva proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri, contro il Presidente della Regione Umbria, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale approvata il 21 maggio 1979 e riapprovata il 4 febbraio 1980, recante "Disciplina della classificazione delle aziende ricettive, alberghiere e all'aria aperta", con atto in data 19 febbraio 1980, notificato il 22 febbraio 1980.

Si costituiva la Regione Umbria eccependo l'inammissibilità del ricorso, per mancata indicazione delle norme impugnate. Il ricorso investe formalmente l'intera legge senza specificare quali parti di essa contrasterebbero con i valori costituzionali invocati, ma risulterebbe evidente che non tutte le norme della legge stessa potrebbero interferire con i medesimi; non quelle, ad esempio, che contengono la disciplina delle competenze e dei procedimenti o che concernono la vigilanza e le sanzioni.

L'assunto secondo cui il sistema di classificazione introdotto dagli atti legislativi del 1937 e del 1938 avrebbe valore di principio generale si fonderebbe su considerazioni di carattere soggettivo e politico, come tali non rilevanti in sede di giudizio di legittimità.

I criteri contenuti nella legislazione dello Stato sarebbero del resto inidonei a comprendere varie categorie di aziende di ricezione venute in essere negli ultimi tempi: non le aziende ricettive all'aria aperta (e cioè i campeggi ed i villaggi turistici) e neppure i motels, i villaggi- albergo, i residences ed i multi-residences. Almeno con riferimento a tali aziende dovrebbe ritenersi mancante una legislazione dello Stato e dunque inesistente un sistema di principi della materia cui la legge regionale dovrebbe uniformarsi.

L'intero settore in ogni caso verserebbe in stato di estrema confusione, non potendo le vecchie previsioni normative tenere il passo con l'evoluzione dei tempi. Si verificherebbe nella realtà la classificazione di aziende che pur forniscono identici servizi in diverse categorie; le tariffe risulterebbero svincolate dalla classificazione (che verrebbe così a perdere una delle sue principali ragioni di esistere) e sarebbero invece collegate solo alla quantità e qualità dei servizi. In presenza di tale situazione di ineffettività della disciplina vigente sarebbe assurdo desumere da essa i principi della materia.

4. - Con successive memorie la Regione Piemonte e la Regione Umbria ribadivano i rispettivi assunti.

La Regione Piemonte faceva valere la inammissibilità del ricorso per mancata indicazione delle norme interposte violate. Troppo generico, ad avviso della resistente, è il semplice riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione ed all'esigenza di rispettare i principi fissati dalle leggi dello Stato, quando tali principi, come nel caso in esame, non vengano indicati e precisati. Nel merito poi la legge della Regione Piemonte sarebbe rispettosa dei valori fondamentali della legislazione dello Stato, ricollegando i criteri di classificazione alla quantità e qualità dei servizi resi ed articolando la classificazione stessa in un numero di categorie corrispondenti.

La Regione Umbria osservava, tra l'altro, che leggi di altre Regioni in materia di aziende ricettive all'aria aperta erano state approvate senza contrasti da parte dello Stato.

5. - Nell'udienza di discussione le parti costituite sviluppavano le rispettive tesi.

Considerato in diritto

1. - I tre ricorsi, malgrado qualche diversità di contenuto delle leggi regionali impugnate e dei motivi già enunciati nei telegrammi con i quali il Governo le rinviava per nuovo esame, sottopongono a questa Corte le stesse questioni e possono pertanto essere decisi con unica sentenza.

Nei ricorsi la Presidenza del Consiglio - rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato - chiede che venga dichiarata la illegittimità costituzionale delle leggi delle Regioni Puglia e Piemonte, vertenti entrambe sulla classificazione delle aziende alberghiere, e della legge della Regione Umbria, che disciplina anche le aziende ricettive all'aria aperta. Le tre leggi contrasterebbero con l'art. 117, primo comma, della Costituzione perchè sarebbe leso l'interesse nazionale alla uniformità - in tutto il territorio della Repubblica - dei criteri di classificazione delle imprese ricettive; ed in quanto non rispetterebbero il limite dei principi fondamentali stabiliti in materia dalle leggi dello Stato.

Quanto al secondo motivo dell'impugnazione si è eccepito da parte delle Regioni resistenti che la genericità con cui esso è enunziato (riguardo all'intera legge, senza precisa indicazione delle singole disposizioni ritenute illegittime, dei principi violati nonché di individuati precetti della legislazione nazionale dai quali enucleare i principi stessi) dovrebbe comportare la inammissibilità della questione relativa alla violazione del limite dei principi. Peraltro, le proposizioni non molto precise contenute in proposito nei ricorsi consentono di individuare almeno una interpretazione di esse che dà luogo ad una questione sicuramente ammissibile (affermazione di un principio fondamentale della materia preclusivo di ogni intervento normativo regionale nella submateria "classificazione alberghiera"). Pertanto si deve passare all'esame del merito, cominciando dalla questione che, se accolta, escluderebbe in radice la competenza regionale in ordine alla disciplina delle imprese di ricezione: e cioè da quella concernente la lesione dell'interesse nazionale.

2. - I ricorsi non sono fondati.

In questo, come in altri casi già sottoposti a questa Corte (si veda per tutte la sent. n. 58 del 1958), la lesione dell'interesse nazionale comporta che per un settore di materia sia preclusa ogni possibilità di intervento della Regione. Ma la sottrazione della submateria "classificazione alberghiera" (rispetto alla più ampia materia del turismo ed industria alberghiera) dall'ambito dei poteri trasferiti alle Regioni non trova sostegno nei testi normativi.

In primo luogo l'art. 1, lett. g) del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 6, trasferisce alle Regioni, tra gli altri settori della materia, le funzioni amministrative concernenti "la classificazione e la locazione di immobili adibiti ad uso di albergo, pensione, locanda; i complessi ricettivi extraalberghieri (campeggi, villaggi turistici, ostelli)"; e certo la formula più ampia usata nell'art. 56 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 per definire il turismo e l'industria alberghiera non potrebbe interpretarsi in senso riduttivo rispetto al trasferimento disposto dal d.P.R. n. 6 del 1972, e cioè in contrasto con quanto è disposto in modo espresso dall'art. 136 del d.P.R. n. 616 del 1977. Né si rinvengono riserve allo Stato nell'ambito della submateria "classificazione alberghiera", nel d.P.R. n. 6 del 1972 (articoli 3 - 5) e neppure nel d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 58).

D'altra parte non si può - in mancanza di deroga legittimamente disposta dal legislatore - venir meno al parallelismo tra funzioni amministrative e legislative (più volte riaffermato da questa Corte: tra l'altro nella sent. n. 39 del 1971), anche se può ammettersi che una disciplina riguardante il passaggio delle funzioni amministrative statali alle Regioni non è in grado di risolvere compiutamente i problemi delle corrispondenti funzioni legislative.

Infine non si può trascurare un dato normativo sicuramente contrastante con l'affermazione di un interesse nazionale alla uniformità della disciplina legislativa in tema di classificazione alberghiera, uniformità che dovrebbe ovviamente farsi valere in tutto il territorio nazionale. Infatti l'art. 8, comma primo, del d.P.R. 27 marzo 1952, n. 354 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), conteneva questa regola: "I criteri che le leggi dello Stato prescrivono per la determinazione delle classifiche alberghiere e le disposizioni a carattere nazionale in materia di tariffe alberghiere valgono anche per la Regione"; orbene, questa disposizione non figura più nel testo del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di turismo e di industrie alberghiere), che all'art. 10 abroga espressamente il citato d.P.R. 27 marzo 1952, n. 354.

Ed è significativo, anche se non decisivo, che senza opposizione del Governo abbiano potuto essere adottate varie leggi regionali in tema di classificazione dei complessi ricettivi all'aperto (legge reg. Puglia 20 giugno 1979, n. 35; legge reg. Veneto 10 agosto 1979, n. 56; legge reg. Piemonte 31 agosto 1979, n. 54). Si può certo rilevare che di tali complessi non fa parola il r.d.l. 18 gennaio 1937, n. 975 (convertito con modifiche in legge 30 dicembre 1937, n. 2651 e modificato con r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1729), e cioè l'unico testo legislativo statale vigente in questo settore: ma, ove si trattasse di vero interesse nazionale all'uniformità di disciplina, l'obbiezione risulterebbe formalistica, data l'identità della ratio a favore della unicità dei criteri classificatori a livello nazionale e data anche la mancanza di serie giustificazioni per una sottovalutazione degli esercizi ricettivi extraalberghieri (sottovalutazione già rilevabile peraltro nella legge n. 326 del 1958 ed ora nell'art. 60, lett. c) del d.P.R. n. 616 del 1977). Ciò che si è esposto dimostra anche come l'attuale pronunzia, dato il diverso quadro normativo in cui si iscrive, non contraddice alla sentenza di diverso segno a suo tempo adottata da questa Corte nella stessa materia (sent. n. 15 del 1956).

3. - Quanto alla censura circa la violazione del limite dei principi fondamentali della legislazione statale, essa è riferita innanzitutto alla esistenza di un principio fondamentale della materia che escluderebbe ogni possibilità di intervento normativo delle Regioni in una submateria (in questo caso la "classificazione alberghiera"). Ma un principio fondamentale siffatto non può darsi nel quadro dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, dovendo i principi riguardare in ogni caso il modo di esercizio della potestà legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della materia dall'ambito di essa. Altrimenti non troverebbero rispondenza nella realtà dell'ordinamento i criteri fissati da questa Corte in occasione del giudizio relativo all'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (criteri che, nel trasferire la submateria "classificazione alberghiera", la normativa in vigore ha pienamente osservato); infatti secondo la sentenza n. 39 del 1971, "unitariamente interpretato, l'art. 17 vuole che alle Regioni siano assegnate per intero le materie indicate nell'art. 117 della Costituzione; ma vuole, d'altro lato, che, sia attraverso la esplicita enunciazione dei "principi fondamentali", di cui allo stesso art. 117, sia in altre e diverse forme, che non si risolvano in una preventiva e generale riserva allo Stato di settori di materie, lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme agli interessi unitari della collettività statale".

Infine, per l'altra interpretazione della censura sulla violazione del limite dei principi fondamentali, "quali si desumono dalle leggi vigenti" per regolare l'esercizio del potere legislativo concorrente delle Regioni, è sufficiente rilevare che qui ed ora tali principi consistono in criteri generalissimi (livello delle attrezzature, dell'arredamento e della prestazione di servizi) che la disciplina contenuta nelle leggi regionali non contraddice da nessun punto di vista. Né potrebbero assurgere a dignità di principi fondamentali della legislazione taluni dei requisiti indicati nella tabella del decreto-legge del 1937, non già perchè essi non sono più rilevanti ai fini di una aggiornata classificazione, ma piuttosto perchè non suscettibili, in sé e per sé, di costituire limite e indirizzo per la legislazione regionale concorrente. Le esigenze di sostanziale corrispondenza tra le classificazioni adottate nelle varie Regioni possono essere soddisfatte mediante interventi del potere statale pienamente compatibili con l'integrità delle funzioni attribuite agli enti regionali e ciò a prescindere dalla possibilità di un autocoordinamento in sede interregionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale della legge regionale riapprovata dal Consiglio della Regione Puglia il 26 aprile 1979, recante "Disciplina della classificazione alberghiera", della legge regionale riapprovata dal Consiglio della Regione Piemonte il 10 ottobre 1979, recante "Classificazione delle aziende alberghiere", della legge regionale riapprovata dal Consiglio della Regione Umbria il 4 febbraio 1980, recante "Disciplina della classificazione delle aziende ricettive, alberghiere e all'aria aperta", proposte in riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione, dalla Presidenza dei Consiglio dei ministri, con i ricorsi in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 aprile 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Deposito in cancelleria il 26 maggio 1981.