Sentenza n.33 del 1980
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.33

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 bis della legge 12 agosto 1974, n. 351; dell'art. 1 ter della legge 31 luglio 1975, n. 363; dell'art. 1 della legge 22 maggio 1976, n. 349; dell'art. 1 della legge 21 febbraio 1977, n. 28; dell'art. 1 del d.l. 17 giugno 1977, n. 326, conv. in legge 8 agosto 1977, n. 510, promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre 1977 dal Pretore di Roma, nel procedimento civile vertente tra Iovine Sandro e l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 5 aprile 1978.

Visti l'atto di costituzione dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi l'avvocato Salvatore Punzi, delegato dall'avvocato Alfredo Formai, per l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, e il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Viene impugnata, con l'ordinanza in epigrafe, la disposizione dell'art. 1 bis della legge 12 agosto 1974, n. 351, secondo cui < nei contratti di locazione in corso, stipulati successivamente al 1° dicembre 1969, l'ammontare del canone, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, è quello corrispondente al canone dovuto, anche se da altro conduttore, alla data del 1° gennaio 1971 > e, < qualora su tale canone siano stati comunque praticati aumenti, questi sono ridotti in misura tale che non risultino superiori al 10% del canone dovuto alla data del 1° gennaio 1971 >.

L'impugnazione è estesa alle ulteriori disposizioni di pro trazione del blocco e della riduzione dei canoni, di cui agli artt. 1 ter della legge 31 luglio 1975, n. 363; 1 legge 22 maggio 1976, n. 349; 1 legge 21 febbraio 1977, n. 28, e 1 legge 8 agosto 1977, n. 510.

Di detta normativa il giudice a quo deduce vari profili di illegittimità in riferimento sia all'art. 3 che all'art. 42 della Costituzione.

2. - Precedono in ordine logico le censure sub art. 42 della Costituzione.

In relazione a tale parametro, il dubbio di costituzionalità e motivato, in primo luogo, in base al rilievo che la riduzione autoritativa del canone locativo, quale prevista dall'art. 1 bis della legge 12 agosto 1974, n. 351, esautorerebbe di fatto il proprietario della sovranità del bene casa, vanificando la sua capacità di disporre delle utilità relative.

E trae poi argomento ulteriore dalla considerazione che sarebbe comunque la protrazione nel tempo (per effetto delle leggi successive su indicate) del regime di blocco dei canoni, con acquisiti caratteri di ordinarietà, a sacrificare in via definitiva irreversibile il diritto di proprietà.

La questione non è fondata.

Va ricordato, per quanto attiene al primo dei profili prospettati, che la Corte con sentenza n. 3 del 1976, ha già ritenuto la legittimità del regime di blocco dei canoni proprio con riguardo alla menzionata legge n. 351 del 1974: in considerazione della funzione sociale della proprietà, identificabile, in questo caso, nello scopo di assicurare il bene primario dell'abitazione a soggetti non in grado di accedervi secondo le regole del libero mercato.

Questa giustificazione si estende evidentemente anche alla riduzione dei canoni prescritta dall'art. 1 bis della stessa legge n. 35l.

Con la quale disposizione che ha riguardo, in particolare, a contratti conclusi (dopo il 1° dicembre 1969, e perciò non rientranti nel regime vincolistico di cui alla precedente legge 1969, n. 833) in un periodo notoriamente caratterizzato da forti spinte inflazionistiche, riflesse, nel settore, dalla diffusa tendenza alla richiesta di canoni di locazione elevati il legislatore ha inteso ricondurre ad equità rapporti economicamente sperequati, in danno, appunto, della categoria, più debole e socialmente meritevole di tutela, dei conduttori.

Le conclusioni non mutano entrando nel merito del secondo profilo di contrasto con l'art. 42 della Costituzione neppure avendo riguardo alle successive disposizioni confermative di cui agli artt. 1 ter legge 1975, n. 363; 1 legge 1976, n. 349; 1 legge 1977, n. 28 ed 1 legge 1977, n. 510.

In dipendenza delle quali deve infatti escludersi che si sia acquisito al regime di blocco e riduzione dei canoni un carattere di ordinarietà: valendo al riguardo le stesse ragioni per cui nella sentenza n. 32 in pari data, tale carattere è stato negato alla normativa di proroga antecedente alla legge 392 del 1978; in quanto dettata in via interlocutoria e con prospettiva di eccezionalità e temporaneità, in vista della ordinaria e organica disciplina di tutta la materia delle locazioni e sub locazioni degli immobili urbani poi introdotta, appunto, dalla citata legge n. 392 del 1978.

3. - Del pari non fondati sono gli ulteriori profili di violazione dell'art. 3 della Costituzione.

In primo luogo, il precetto dell'eguaglianza non può dirsi violato per la disparità di trattamento tra conduttori e loca tori, così come dedotto, in base al rilievo che il meccanismo riduttivo del canone avrebbe favorito i primi senza tener conto della diminuzione di reddito, in termini reali, già verificatasi per i secondi a causa dell'aumento degli oneri economici e fiscali della proprietà.

Come questa Corte in precedenti occasioni ha già avuto modo di rilevare (cfr. sentenze n. 132 del 1972 e n. 225 del 1976) non è infatti irrazionale e non contrasta con l'art. 3 una normativa che, in funzione della perseguita finalità sociale di garantire l'accesso alla casa anche attraverso il mantenimento dei canoni di locazione a livelli economicamente sopportabili) prenda, per questo, in considerazione la sola situazione dei conduttori.

Neppure, poi, sussiste l'altra disparità di trattamento, ravvisata (questa volta) all'interno stesso della categoria degli inquilini di abitazioni locate per la prima volta (per cui cioè non esista un fitto precedente cui agganciarsi) secondo che abbiano stipulato prima o dopo la data (3 settembre 1974) di entrata in vigore della legge n. 351 del 1974: sotto il profilo che mentre, nel primo caso, i conduttori possono, ex art. 1 bis cpv. della legge citata, richiedere la riduzione del canone a quello iniziale del contratto (se successivo al 1° gennaio 1971), nel secondo caso invece essi rimarrebbero del tutto in balia delle leggi del mercato libero.

Tale prospettazione non è infatti esatta, in quanto omette di considerare che la situazione dei conduttori che hanno stipulato (per la prima volta) dopo il settembre 1974, è stata in realtà a sua volta attinta dalla successiva disciplina vincolistica (pure ricordata ad altri fini dallo stesso pretore) prevedente analoghi meccanismi di riduzione o contenimento del canone.

Difatti, l'art. 1 ter della legge 1975, n. 363 (di conversione del d.l. 1975, n. 255, immediatamente successivo alla menzionata legge n. 351 del 1974) prevede, per i contratti stipulati dopo il 30 giugno 1974 e soggetti a proroga, (addirittura) la facoltà del conduttore di chiedere una riduzione del 10% rispetto al canone iniziale, e, per i contratti in corso non soggetti a proroga, il divieto di aumento, alla scadenza, oltre il 5% del canone iniziale.

Va respinta infine anche l'ultima censura di iniquità e contraddittorietà che si rivolge all'art. 1 bis della legge 1974, n. 351, in quanto prevede la possibilità di riduzione del canone per tutti i conduttori non ostante che l'art. 1 della stessa legge limiti la proroga dei contratti in favore di quelli soltanto meno abbienti.

L'introduzione generalizzata di meccanismi di contenimento e riduzione del canone non è infatti priva di razionalità rivelandosi preordinata ad una obiettiva perequazione e livellamento dei corrispettivi locatizi sia come misura congiunturale per resistere alle spinte inflazionistiche e speculative in atto, sia in vista della precostituzione di una base omogenea per la successiva (allora già profilata) istituzione dell'equo canone.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di costituzionalità dell'art. 1 bis della legge 12 agosto 1974, n. 351 (conversione in legge con modifiche del d.l. 19 giugno 1974, n. 236 recante provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani) e degli artt. 1 ter della legge 31 luglio 1975, n. 363; 1 della legge 22 maggio 1976, n. 349; 1 della legge 21 febbraio 1977, n. 28; ed 1 della legge 8 agosto 1977, n. 510, sollevate, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/03/80.

 Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 25/03/80.