Sentenza n. 139 del 1979
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SENTENZA N. 139

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma secondo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1976 dalla Corte dei conti, sul ricorso di Graziadei Luciana, iscritta al n. 249 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 208 del 26 luglio 1978.

Visto l'atto di costituzione di Graziadei Luciana; udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Guido Astuti;

udito l'avv. Marco Vais per Graziadei Luciana.

Ritenuto in fatto

1. - La Corte dei conti - sezione III giurisdizionale - con ordinanza emessa il 15 dicembre 1976 nel corso del giudizio promosso con ricorso di Graziadei Luciana avverso la decisione di reiezione (ai sensi dell'art. 6 della legge 22 novembre 1962, n. 1646) della domanda di pensione di riversibilità per essere stato il matrimonio con il coniuge, già dipendente dell'Amministrazione provinciale di Venezia, celebrato dopo la cessazione dal servizio senza che fosse nata prole e per essere lo stesso durato meno di due anni, ha sollevato, su eccezione della parte, questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 1646 per contrasto con l'art. 3 Cost.

La norma impugnata nel condizionare, tra l'altro, al trascorso biennio di matrimonio la concessione del trattamento di riversibilità, senza prendere in considerazione la particolare situazione di coloro che hanno celebrato matrimoni successivamente allo scioglimento di precedenti matrimoni (di uno dei coniugi) ma che non hanno soddisfatto la predetta condizione per essere uno dei coniugi deceduto prima che fosse trascorso il biennio, integrerebbe una illogica discriminazione tra coloro che, provenienti da divorzio, sono soggetti alla disciplina della legge n. 1646/1962 (Casse pensioni degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), e coloro il cui trattamento é regolato dalle leggi 12 agosto 1962, n. 1338 e 30 aprile 1969, n. 153 nei cui confronti, per effetto dell'art. 32 della legge 3 giugno 1975, n. 160, si prescinde dal biennio di durata del matrimonio a condizione che lo scioglimento del precedente matrimonio sia intervenuto entro il 31 dicembre 1975.

Nella stessa ordinanza é stata prospettata l'opportunità di estendere l'eventuale dichiarazione di incostituzionalità, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, alla norma di cui all'art. 81, terzo comma, del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, sul trattamento pensionistico degli impiegati civili e militari dello Stato che non prescinde, al pari dell'art. 6 della legge n. 1646, dalla generale condizione del biennio di durata del matrimonio nei confronti di coloro che provengono da divorzio.

2. - Si é costituita nel presente giudizio la parte privata che ha insistito perché la questione sia ritenuta fondata.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte dei conti solleva, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità della disposizione dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, che tra i requisiti per la concessione del trattamento di riversibilità, pone quello che il matrimonio del pensionato sia durato almeno due anni; e ciò in quanto detta disposizione "non prescinde dalla condizione della durata del matrimonio (biennio) quando trattisi di matrimoni successivi a divorzio".

Si osserva nell'ordinanza che l'art. 32 della legge 3 giugno 1975, n. 160, riformando la disciplina delle pensioni erogate dall'Istituto Nazionale per la previdenza sociale, (per le quali, ai fini della concessione del trattamento di riversibilità é del pari richiesto che il matrimonio sia durato almeno due anni), ha disposto che da quel requisito si prescinde quando il matrimonio sia stato contratto dopo lo scioglimento d'un precedente matrimonio a norma della legge 1 dicembre 1970, n. 898, purché entro il 31 dicembre 1975; e che pertanto, in seguito a questa innovazione legislativa, si é verificata una illogica discriminazione tra due categorie di soggetti versanti in condizioni sostanzialmente ed obbiettivamente identiche, i provenienti da divorzio il cui trattamento pensionistico é regolato dalla legge dianzi ricordata, e quelli il cui trattamento pensionistico ricade sotto la disciplina della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (Casse pensioni degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro). L'ordinanza di rimessione prospetta, conseguentemente, la opportunità che la eventuale dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 6 della legge n. 1646 del 1962 venga estesa anche all'analoga disposizione dell'art. 81, terzo comma, del t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

2. - La questione é fondata. Questa Corte, con sentenza 9 gennaio 1975, n. 3 ebbe già a dichiarare non fondata la questione di legittimità dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, e dell'art. 11, secondo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (modificato dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n.252, e ora sostituito dall'art. 81, terzo comma, del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), questione allora prospettata sotto altri profili e anche in riferimento a diversi parametri costituzionali; e ciò osservando, in particolare, che "i criteri limitativi per le pensioni di riversibilità derivanti da matrimoni conclusi da già pensionati sono stati dettati in via generale, dal legislatore, come remora all'ipotesi, non infrequente, di matrimoni contratti non per naturale affetto, e quindi, in tal senso, sospettabili, sicché le condizioni restrittive, volte a garantire, in qualche modo, la genuinità e la serietà del tardivo coniugio, si risolvono anche nella tutela del pubblico erario contro maliziose e fraudolenti iniziative". Ma quella pronuncia, anche nella ricordata motivazione, che qui si conferma, circa la legittimità - in via generale - dei requisiti limitativi per la concessione delle pensioni di riversibilità, non osta alla odierna decisione di accoglimento, che si impone in relazione alla denunciata disparità di trattamento, determinata dalla legge di riforma delle pensioni erogate dall'INPS, con l'introduzione della deroga al requisito della durata minima del matrimonio nella speciale ipotesi di matrimonio successivo a divorzio di uno dei coniugi.

L'art. 32 della legge 3 giugno 1975, n. 160, (che sostituisce il secondo comma dell'art. 7 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, nel testo risultante dall'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153), dispone infatti che da quel requisito si prescinde "per i matrimoni celebrati successivamente alla sentenza di scioglimento del precedente matrimonio di uno dei due coniugi pronunciata a norma della legge 1 dicembre 1970, n. 898, ma non oltre il 31 dicembre 1975". Questa disposizione, intesa a consentire l'accesso alla pensione di riversibilità nei casi non infrequenti in cui l'instaurazione d'un regolare rapporto di coniugio in età avanzata dipendeva dalla preesistente impossibilità giuridica, dovuta alla indissolubilità d'un preesistente vincolo matrimoniale (e in questa prospettiva la norma prevede un termine per la sua efficacia temporale, limitata ai matrimoni celebrati non oltre il 31 dicembre 19751, ha prodotto una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle altre categorie di aventi titolo a pensione di riversibilità, in base alle leggi concernenti i pensionati assistiti dalle Casse degli Istituti di previdenza del Ministero del tesoro, ed i pensionati civili e militari dello Stato. La ratio della norma derogatrice ne esige la estensione anche a beneficio delle ricordate categorie, non potendosi individuare alcun elemento idoneo a giustificare una diversa disciplina del requisito di cui é causa, per la concessione delle pensioni di riversibilità.

Di conseguenza, deve dichiararsi la illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, nonché - a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - dell'art. 81, terzo comma, del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, in relazione al disposto dell'art. 32 della legge 22 novembre 1975, n. 168, in quanto non consente la deroga al requisito che il matrimonio contratto dal pensionato sia durato almeno due anni, introdotta dall'art. 32 "per i matrimoni celebrati successivamente alla sentenza di scioglimento del precedente matrimonio di uno dei due coniugi pronunciata a norma della legge 1 dicembre 1970, n. 898, ma non oltre il 31 dicembre 1975";

dichiara, a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la illegittimità costituzionale, nella stessa parte e nei medesimi termini sopra indicati, dell'art. 81, terzo comma, del t.u. approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 1979.

Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1979.