SENTENZA N. 88
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 136 del codice di procedura civile e dell'art. 45 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 1974 dalla Corte di appello di Caltanissetta, nel procedimento civile vertente tra Giannazzo Orazio e l'INAIL, iscritta al n. 420 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974.
Visto l'atto di costituzione dell'INAIL;
udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1977 il Giudice relatore Leonetto Amadei;
udito l'avv. Valerio Flamini per l'INAIL.
Ritenuto in fatto
Con atto di citazione notificato in data 2 marzo 1973 Giannazzo Orazio proponeva appello avverso la sentenza 30 dicembre 1972 resa dal Tribunale di Nicosia in una controversia con l'INAIL.
L'appellante non iscriveva la causa a ruolo (cosa che faceva invece l'Istituto convenuto), né si presentava alla prima udienza del 27 giugno 1973 né alla successiva fissata, sì come dispone l'art. 348 del codice di procedura civile, per il 3 ottobre 1973 e comunicatagli ai sensi dell'art. 136 c.p.c. e 45 delle disposizioni di attuazione, e veniva pertanto dichiarato contumace.
La Corte di appello rilevava peraltro che la comunicazione, effettuata dal cancelliere a mezzo di servizio postale, non poteva considerarsi perfezionata con la spedizione del piego raccomandato ma (come é disposto dall'art. 149 c.p.c.) solo con la attestazione del ricevimento di essa da parte del destinatario. Da ciò derivavano, secondo la Corte di appello, due distinte violazioni della Costituzione: l'una dell'art. 3 per la diversa regolamentazione della comunicazione a mezzo posta dalla notificazione effettuata nello stesso modo, l'altra per la violazione dell'art. 24 in quanto sia l'art. 136 c.p.c. sia l'articolo 45 delle disposizioni di attuazione porrebbero in condizione di minorata difesa colui al quale viene inviata per posta la comunicazione del cancelliere e che può non essere ricevuta.
L'ordinanza veniva regolarmente comunicata e notificata e si costituiva in giudizio davanti alla Corte il solo Istituto assicurativo il quale sosteneva che non si può fare alcun paragone tra notificazione e comunicazione di un atto essendo la prima destinata agli atti più importanti ed effettuata in modo integrale mentre la seconda si riferisce ad atti meno rilevanti che vengono comunicati all'interessato solo per estratto: pertanto le due norme darebbero vita a due diverse situazioni giuridiche che non potrebbero in alcun modo essere comparate.
Considerato in diritto
1. - La proposta questione di legittimità costituzionale degli artt. 136 codice di procedura civile e 45 delle disposizioni di attuazione in relazione all'art. 149 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, non é fondata.
Secondo l'ordinanza de qua la omissione della indicazione di avviso di ricevimento da parte dell'interessato della comunicazione a mezzo posta inviatagli dal cancelliere, costituirebbe una irragionevole differenziazione dalla notificazione, sempre a mezzo posta, effettuata dall'ufficiale giudiziario e che, secondo l'art. 149 c.p.c. esige che la copia dell'atto sia spedita in piego raccomandato con avviso di ricevimento da allegare all'originale.
2. - La questione non é fondata in riferimento all'art. 3 della Costituzione perché esiste una netta distinzione tra notificazione e comunicazione avendo, così come si esprime la dottrina, la prima, a differenza della seconda, come elemento qualificante quello della indispensabile intermediazione dell'ufficiale giudiziario nel rapporto fra l'interessato e il destinatario.
L'interessato, infatti, dopo aver predisposto l'oggetto da trasmettere e l'indicazione del destinatario, deve valersi dell'ufficiale giudiziario per lo svolgimento dell'attività di notificazione. Nelle comunicazioni, invece, manca la intermediazione necessaria del terzo estraneo (ufficiale giudiziario), ed il soggetto interessato alla trasmissione di una notizia é esso stesso autore della attività materiale di trasmissione sia che provveda oralmente e direttamente, sia che consegni personalmente il documento, o che si avvalga di un qualunque strumento materiale di trasmissione (come ad es. il servizio postale).
Così é per le comunicazioni del cancelliere che, prescritte dalla legge o disposte dal giudice, e trasmesse a mezzo dell'ufficiale giudiziario, non per questo si trasformano in notificazioni, poiché in questo caso l'ufficiale giudiziario agisce non in forza di un potere proprio (come nelle notificazioni), ma come semplice ausiliario del cancelliere. Le comunicazioni si distinguono ancora dalle notificazioni perché si presentano come partecipazione di notizie relative a fatti processuali e provengono sempre dal cancelliere, mentre le notificazioni discendono dalla volontà delle parti e del P.M. e riguardano la copia conforme dell'atto che ne costituisce l'oggetto.
3. - Comunicazione e notificazione appartengono pertanto a due distinte categorie di trasmissione di documenti che legittimano una diversa regolamentazione se effettuate attraverso il servizio postale e non esiste, in questa differenziazione, violazione alcuna dell'art. 3 della Costituzione.
4. - Ma la questione di legittimità costituzionale é parimenti non fondata in riferimento alla inviolabilità del diritto alla difesa (art. 24 Cost.) perché tale violazione non può discendere dal fatto che per le comunicazioni del cancelliere tramite il servizio postale non si richieda, come per le notificazioni, l'avviso di ricevimento.
Le comunicazioni non hanno per regola l'effetto che hanno normalmente le notificazioni di segnare il momento per la decorrenza dei termini. Esiste tuttavia una serie di casi in cui il giorno del compimento della comunicazione é assunto come dies a quo per la decorrenza di termini perentori: termine per la proposizione del regolamento di competenza (articolo 47, secondo comma); termine per la proposizione di reclamo avverso la ordinanza pronunziata fuori udienza (articolo 78); termine per il reclamo avverso l'ordinanza di estinzione del processo di cognizione (art. 308) ecc.
Orbene, per siffatte comunicazioni, la Corte di cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata, ha ritenuto che qualunque sia il modo (quindi anche il servizio postale) al quale il cancelliere ricorra per dare alle parti le comunicazioni prescritte dalla legge o dal giudice, si rende sempre necessario, quando dalla data di comunicazione decorre il termine per una impugnazione, che si conosca il giorno in cui la notizia é pervenuta al destinatario. Ed ha fissato il principio per cui, ove il biglietto di comunicazione (art. 45 disp. att. c.p.c.) sia stato rimesso per posta a mezzo raccomandata, non basti a dimostrazione del suo perfezionamento la sola inserzione in fascicolo della ricevuta della raccomandata, ma sia necessaria la attestazione del ricevimento che potrebbe esser data da un certificato tratto dal duplicato dell'avviso di ricevimento che rilascia la amministrazione postale a norma dell'art. 157 del R.D. 18 aprile 1940, n. 689, certificato che può essere richiesto, sempre secondo la Corte di cassazione, oltre che dal mittente, anche dal destinatario.
5. - Così essendo stabilito con ripetuta e costante giurisprudenza della Corte di cassazione, questa Corte pur nella sua piena autonomia di giudizio, "non può non tenere il debito conto di una costante interpretazione giurisprudenziale che conferisce al precetto legislativo il suo effettivo valore nella vita giuridica se é vero, come é vero, che le norme sono non quali proposte in astratto, ma quali sono applicate nella quotidiana opera del giudice, intesa a renderle concrete ed efficaci" (Sent. Corte cost. n. 3/1956). Da quanto sopra discende che gli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. non violano il diritto di difesa (art. 24 Cost.), poiché non si avranno decadenze di diritti per decorrenza di termini perentori ove manchi la prova del ricevimento della comunicazione effettuata a mezzo del servizio postale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 136 c.p.c. e 45 disp. att. stesso codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di appello di Caltanissetta con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1977.