Sentenza n. 15 del 1977
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SENTENZA N. 15

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 435, secondo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, promossi con ordinanze emesse il 27 maggio ed il 10 giugno 1975 dalla Corte d'appello di Catanzaro nelle cause di lavoro vertenti tra Greccia Salvatore e l'I.N.P.S. e tra orsi Francesca e l'I.N.P.S., inscritte ai nn. 352 e 353 del registro ordinanze 1975 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 268 dell'8 ottobre 1975.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 ottobre 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanze (di identica motivazione) 27 maggio e 10 giugno 1975, la Corte di appello di Catanzaro (essendo stata, nei relativi procedimenti, eccepita dall'appellato INPS l'inammissibilità del gravame, per notifica del ricorso oltre il prescritto termine perentorio di 10 giorni dall'emissione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione davanti al Collegio) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 435, secondo comma, cod. proc. civ., come modificato dall'art. 1 della legge 1973, n. 533, per la parte, appunto, in cui prevede che il termine di dieci giorni per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale decorra dalla data del decreto stesso.

La detta disposizione determinerebbe, infatti - ad avviso della Corte - "una situazione di incertezza e precarietà in ordine al momento iniziale del termine con violazione dei diritti della difesa".

2. - Nel giudizio innanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la non fondatezza della questione, sul presupposto della natura meramente ordinaria del termine in questione ed in considerazione, comunque, della sua "decorrenza da un fatto che non può essere ignorato usando la normale diligenza".

Considerato in diritto

1. - Per la identità delle questioni sollevate con le due ordinanze della Corte di appello di Catanzaro, i relativi giudizi si riuniscono per la decisione con unica sentenza.

2. - Come in narrativa detto, la Corte é investita della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 435, comma secondo, del codice di procedura civile (come modificato dall'art. 1 della legge n. 533 del 1973), nella parte in cui prescrive (relativamente al giudizio di secondo grado) che il decreto di fissazione dell'udienza di discussione davanti al Collegio deve essere notificato (unitamente al ricorso) entro il termine di giorni dieci, decorrenti dal deposito del decreto stesso (anziché dalla sua comunicazione all'appellante).

3. - La questione é fondata.

Con sentenza n. 14 del 1977, questa Corte ha già avuto modo di affermare, richiamando la propria precedente giurisprudenza (cfr. sent. 1971, n. 159; 1974, n. 255), che, nel quadro della garanzia costituzionale della difesa, ove un termine sia prescritto per il compimento di tale attività, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all'interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli.

Con siffatto principio, appunto, contrasta la disposizione impugnata, giacché ricollega il dies a quo del termine per la notificazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza ad un evento (quale il deposito del provvedimento) di cui é ben possibile che la parte non abbia tempestiva conoscenza.

Né le conseguenze pregiudizievoli per il diritto di difesa possono essere, nella specie, superate accedendo alla tesi (condivisa dalla prevalente dottrina) che il termine in questione sia di tipo ordinatorio.

La ritenuta non perentorietà del termine consentirebbe, infatti, di escludere, che pur dopo il suo decorso, resti all'appellante preclusa la notificazione del decreto, ma non lo porrebbe al riparo dalle conseguenze che - con particolare riguardo al procedimento di impugnazione - possono riconnettersi alla violazione del termine a comparire che - proprio in dipendenza della non tempestiva conoscenza del decreto - l'appellante non fosse stato in grado di rispettare.

Il pregiudizio della difesa (nel senso sopra indicato) neppure può essere, d'altra parte, (sempre) evitato con l'uso della normale diligenza da parte del procuratore dell'appellante.

Basta considerare l'ipotesi in cui il Presidente del tribunale abbia (come gli é consentito dal comma primo dell'art. 435 cit.) fissato l'udienza di discussione in coincidenza con la scadenza del termine (di 35 giorni) risultante dall'esatto computo di dieci giorni previsti per la notifica del ricorso (ex comma secondo) e dei 25 giorni stabiliti come termine minimo di comparizione (ex comma terzo art. 435 cit.).

Con riferimento a tale ipotesi, la diligenza dovrebbe, infatti, spingersi (con ciò superando il limite della normalità) fino al punto di un controllo giornaliero: anche oltre il termine (meramente ordinatorio) di giorni cinque (dal deposito del ricorso) per la emanazione del decreto presidenziale di fissazione d'udienza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 435, comma secondo, del codice di procedura civile, come modificato dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533 (sul nuovo rito del lavoro), nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all'appellato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 gennaio 1977.