Ordinanza n. 270 del 1976
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ORDINANZA N. 270

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 (sull'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia), convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e con l'art. 22, quinto comma, della legge 21 luglio 1965, n. 903, promosso con le seguenti ordinanze:

1. - ordinanza emessa il 16 ottobre 1973 dal tribunale di Genova, nel procedimento civile vertente tra Parodi Emilio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 137 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 146 del 5 giugno 1974;

2. - ordinanza emessa il 21 maggio 1974 dal giudice del lavoro del tribunale di Milano, nel procedimento civile vertente tra Vailati Antonio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 380 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 289 del 6 novembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1976 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.

Ritenuto che con ordinanza 16 ottobre 1973, pronunciata nel corso della causa civile vertente tra Parodi Emilio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, il tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito con l'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e con l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, per violazione dell'art. 3 della Costituzione;

che con l'ordinanza 21 maggio 1974, emessa nel corso del procedimento civile vertente tra Vailati Antonio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, il giudice del lavoro del tribunale di Milano ha impugnato la stessa disposizione di legge, con riferimento agli artt. 3, 29, secondo comma, 31, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione;

che, nei rispettivi giudizi dinanzi alla Corte costituzionale, si sono costituiti il sig. Emilio Parodi, col patrocinio degli avvocati Benedetto Bussi e Salvatore Marino, e il sig. Antonio Vailati a mezzo degli avvocati Angelo Fumarola e Benedetto Bussi, i quali hanno concluso per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata;

che, inoltre, in entrambi i giudizi, si é costituito l'Istituto nazionale della previdenza sociale, col patrocinio degli avvocati G. Battista Doria e Giulio Abati, il quale ha chiesto, invece, che la dedotta questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

Considerato che la stessa questione di legittimità costituzionale (che investe la norma impugnata nella parte in cui, nell'ambito della disciplina delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, dispone che, se viene a morte un pensionato o assicurato e se superstite é il marito, la pensione di riversibilità é a questo corrisposta, nel caso in cui esso sia riconosciuto invalido al lavoro ai sensi del primo comma dell'art. 10 del r.d.l. n. 636 del 1939) é stata già dichiarata non fondata, con riferimento agli artt. 3, 29, 37 e 38 della Costituzione, con sentenza n. 201 del 29 dicembre 1972 e manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza n. 50 del 27 febbraio 1974;

che non sussistono ragioni che inducano a modificare la precedente decisione;

che gli argomenti svolti nella predetta decisione valgono anche per quanto riguarda il profilo della illegittimità della norma denunciata con riferimento all'art. 31, primo comma, della Costituzione, il quale non assume autonomo rilievo rispetto alle altre censure già esaminate e disattese dalla Corte.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e l'art. 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939, numero 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, sostituito dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, e dall'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903; questione proposta, con le ordinanze in epigrafe, dal tribunale di Genova e dal giudice del lavoro del tribunale di Milano, in riferimento agli artt. 3, 29, secondo comma, 31, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 dicembre 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 29 dicembre 1976.