SENTENZA N. 205
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, lett. a, 3, primo comma, 4, primo, terzo e quarto comma, del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito in legge 18 gennaio 1968, n. 10, e degli artt. 9 e 10 del d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, (norme disciplinanti materie oggetto di regolamenti CEE), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 26 giugno 1975 dalla Corte suprema di cassazione - sezioni unite civili - nel procedimento civile vertente tra l'Amministrazione delle finanze dello Stato e la ditta fratelli Grassi, iscritta al n. 476 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 313 del 26 novembre 1975;
2) ordinanza emessa il 18 dicembre 1975 dalla Corte suprema di cassazione - sezioni unite civili - nel procedimento civile vertente tra l'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo (AIMA) e Greco Rocco Michele, iscritta al n. 100 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 17 marzo 1976.
Visti gli atti di costituzione di Greco Rocco Michele, dell'Amministrazione delle finanze dello Stato e dell'AIMA;
udito nell'udienza pubblica del 14 giugno 1976 il Giudice relatore Guido Astuti;
uditi l'avv. Nicola Catalano, per Greco Rocco Michele, il vice Avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per l'AIMA, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per l'Amministrazione delle finanze dello Stato.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento civile vertente tra l'Amministrazione finanze dello Stato e la ditta fratelli Grassi, le sezioni unite civili della Corte di cassazione, accogliendo l'eccezione proposta dal Procuratore generale, hanno sollevato questione di legittimità degli artt. 9 e 10 d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione.
Si afferma nell'ordinanza di rinvio che le norme impugnate, relative alla disciplina delle restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali, avrebbero recepito le norme comunitarie esistenti in materia, contenute nell'art. 16 del regolamento 13 giugno 1967, n. 120, del Consiglio della CEE e nell'art. 3 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, della Commissione CEE. Avendo i citati regolamenti comunitari compiutezza di contenuto dispositivo, con conseguente efficacia automatica nell'ordinamento giuridico italiano, le norme interne, di carattere riproduttivo, sarebbero in contrasto con gli articoli 10, primo comma, e 11 della Costituzione.
Ancora le sezioni unite civili della Corte di cassazione, nel corso di un procedimento civile vertente tra l'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo e Greco Rocco Michele, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 11 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma secondo, lettera a), 3, comma primo, 4, commi primo, terzo e quarto, del d.l. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, così accogliendo l'eccezione proposta dal Procuratore generale.
Le norme impugnate, secondo l'ordinanza di rinvio, nel prevedere una integrazione di prezzo a favore dei produttori di olive, anziché dei produttori di olio, come previsto dall'art. 10, paragrafo 1, del regolamento 22 settembre 1966, n. 136, del Consiglio della CEE, e dal regolamento n. 754/67 ancora del Consiglio CEE, si porrebbero in contrasto con gli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione.
Si é costituito in giudizio Greco Rocco Michele, deducendo la fondatezza della questione proposta con argomenti analoghi a quelli indicati nella relativa ordinanza di rimessione.
Si sono altresì costituite in giudizio l'Amministrazione finanze dello Stato e l'Azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo, entrambe a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato.
Questa in ordine alla questione sollevata nel giudizio vertente tra l'Amministrazione finanze dello Stato e la ditta fratelli Grassi, ha dedotto la irrilevanza della questione medesima, atteso il carattere riproduttivo delle norme nazionali, che, quindi, avrebbero uguale contenuto e uguale portata precettiva rispetto alle norme comunitarie a cui fanno riferimento.
Irrilevante sarebbe anche la questione proposta nel giudizio vertente tra l'AIMA e Greco Rocco Michele, atteso che nel giudizio a quo dovrebbe essere preliminarmente risolto il problema della qualificazione giuridica (interesse o diritto soggettivo) della pretesa all'integrazione e, quindi, il problema della giurisdizione, autonomo ed indipendente rispetto a quello di merito attinente alla titolarità della pretesa stessa.
La questione sarebbe, comunque, infondata. La disciplina denunziata non sostituirebbe affatto alla norma comunitaria una autonoma concessione della integrazione, ma si limiterebbe a dettare la necessaria normativa attinente alle modalità esecutive ed alla organizzazione amministrativa e procedimentale della concessione dell'integrazione di prezzo, indiscutibilmente rientrante nella competenza del legislatore nazionale.
Considerato in diritto
1. - Con la prima ordinanza le sezioni unite civili della Corte di cassazione sollevano, in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, nella parte in cui riproducono le disposizioni relative alle cosiddette restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali contenute nell'art. 16 del regolamento 13 giugno 1967, n. 120, del Consiglio della CEE, e nell'art. 3 del regolamento 21 dicembre 1967, n. 1041, della Commissione della CEE; le quali, presentando compiutezza di contenuto dispositivo, hanno piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilità nell'ordinamento interno à sensi dell'art. 189 del Trattato di Roma.
Con la seconda ordinanza, le sezioni unite civili sollevano, in riferimento alle stesse disposizioni della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo comma; 4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, "nella parte in cui accordano il diritto all'integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 1967/68 ai produttori di olive anziché ai produttori di olio di oliva"; osservando che le disposizioni denunciate riproducono, modificandola, la disciplina stabilita dall'art. 10, paragrafo 1, del regolamento 22 settembre 1966, n. 136, del Consiglio della CEE, con cui é accordata una integrazione del prezzo "ai produttori di olio di oliva prodotto nella Comunità con olive raccolte nella Comunità", disciplina avente anch'essa piena ed automatica efficacia obbligatoria nell'ordinamento italiano.
Avendo per oggetto la medesima questione di costituzionalità, i due giudizi possono essere riuniti, e definiti con unica sentenza.
2. - L'Avvocatura generale dello Stato, nelle deduzioni prodotte nel primo giudizio per l'Amministrazione delle finanze, e nel secondo per l'Azienda per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), ha prospettato, pur senza sollevare formale eccezione, il dubbio sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale ai fini della decisione dei due giudizi, osservando che nel primo, dato il carattere meramente riproduttivo delle norme nazionali rispetto alle norme comunitarie, non dovrebbe avere rilievo lo stabilire quale sia la fonte giuridica di quella unica e medesima disciplina; e che anche nel secondo, essendo la Corte di cassazione chiamata anzitutto a decidere la questione di giurisdizione, pronunciandosi sulla qualificazione giuridica della pretesa all'integrazione come diritto soggettivo o interesse legittimo, tale questione dovrebbe considerarsi del tutto autonoma e indipendente dalle questioni di legittimazione sostanziale, ossia di titolarità dell'interesse dedotto in giudizio, rilevanti solo per la definizione delle cause di merito.
Ma il dubbio non ha ragion d'essere, di fronte alla chiara motivazione di entrambe le ordinanze, in cui si osserva come l'individuazione della fonte normativa applicabile incida, sotto vari profili, sulla definizione dei giudizi, poiché la decisione pregiudiziale circa l'applicablità delle norme comunitarie o delle successive norme interne é influente sia per la soluzione della questione di giurisdizione, sia per altre questioni proposte con diversi motivi di ricorso. Ancora sul punto della rilevanza della questione di legittimità costituzionale, le ordinanze della Cassazione osservano che "in tanto la Corte potrebbe porre quesiti interpretativi dei regolamenti comunitari alla Corte di giustizia delle Comunità europee (art. 177 del Trattato CEE), in quanto avesse risolto il preliminare problema sull'alternativa delle fonti normative applicabili, a favore dei regolamenti comunitari, il che postula necessariamente la decisione in senso affermativo sull'inapplicabilità delle norme interne, perché costituzionalmente illegittime".
3. - La dedotta questione di costituzionalità é fondata, e in ordine ad essa questa Corte non può che richiamarsi ai principi già enunciati nelle sue decisioni 27 dicembre 1973, n. 183, e 30 ottobre 1975, n. 232. I regolamenti emanati dal Consiglio e dalla Commissione delle Comunità europee hanno, a norma dell'art. 189 del Trattato di Roma, piena efficacia obbligatoria in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri; pertanto, sempreché essi presentino completezza di contenuto dispositivo, non debbono essere oggetto di successivi provvedimenti statali a carattere riproduttivo, integrativo o esecutivo, che possano comunque differirne o condizionarne l'entrata in vigore, e tanto meno sostituirsi ad essi, derogarvi o abrogarli anche parzialmente. E principio fondamentale del sistema comunitario che questi regolamenti entrino contemporaneamente in vigore nei diversi Paesi della Comunità, e vi conseguano applicazione puntuale, uguale ed uniforme nei confronti della generalità dei destinatari. Gli Stati membri hanno soltanto il potere-dovere di emanare le norme esecutive di organizzazione interna o concernenti modalità di attuazione, che possano essere richieste dagli stessi regolamenti comunitari, o risultino comunque indispensabili per la loro effettiva applicazione; e sono altresì tenuti, ove occorra, a provvedere alla copertura finanziaria delle spese eventualmente occorrenti.
Consegue a questi principi che la successiva emanazione di norme legislative interne, anche di contenuto puramente riproduttivo, integra violazione delle disposizioni degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma, in quanto la trasformazione del diritto comunitario in diritto interno ne disconosce la diretta efficacia obbligatoria ed automatica applicabilità, e ne sottrae l'interpretazione in via definitiva alla Corte di giustizia delle Comunità, necessaria e fondamentale garanzia di uniformità di applicazione in tutti gli Stati membri. Delle norme legislative italiane che abbiano recepito e trasformato in legge interna disposizioni dei regolamenti comunitari direttamente applicabili deve pertanto essere dichiarata la illegittimità costituzionale, per il rilevato contrasto con il disposto degli artt. 189 e 177 del Trattato di Roma e con i principi fondamentali del sistema comunitario, che comporta violazione dell'art. 11 della Costituzione.
4. - Le disposizioni degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, denunciate con la prima ordinanza della Corte di cassazione, riproducono la disciplina delle restituzioni all'esportazione nel settore dei cereali, stabilita dall'art. 16 del regolamento n. 120/1967 del Consiglio della CEE relativo alla organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, e dall'art. 3 del regolamento n. 1041/1967 della Commissione della CEE, che fissa le modalità di applicazione delle restituzioni alla esportazione nel settore dei prodotti sottoposti ad un regime di prezzo unico. L'ordinanza di rimessione rileva che queste disposizioni dei regolamenti comunitari hanno compiutezza di contenuto dispositivo, in quanto racchiudono un precetto completo, di per sé attuabile, e sono state "integralmente recepite, nella parte che viene in considerazione agli effetti della controversia, negli artt. 9 e 10", dianzi citati. Si deve qui aggiungere che entrambi i regolamenti comunitari recano la clausola finale "il presente regolamento é obbligatorio in tutti i suoi elementi ed é direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri", e che sulla corrispondenza tra le norme comunitarie e quelle interne non può sussistere dubbio: anche la difesa del Ministero delle finanze ha espressamente ammesso che le successive norme nazionali "in sostanza hanno uguale contenuto e uguale portata rispetto alle norme comunitarie cui esse fanno riferimento". Si impone di conseguenza la declaratoria della loro illegittimità costituzionale.
5. - Le disposizioni degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo comma; 4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, "Norme per l'erogazione della integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 1967-68", denunciate con la seconda ordinanza della Corte di cassazione, sono espressamente dirette all'attuazione delle disposizioni del regolamento n. 136/1966 del Consiglio della CEE, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi; il quale stabilisce all'art. 10, paragrafo 1, che quando il prezzo indicativo alla produzione sia superiore al prezzo indicativo di mercato d'inizio campagna, viene accordata una integrazione, pari alla differenza esistente tra questi due prezzi, "ai produttori di olio d'oliva prodotto nella Comunità con olive raccolte nella Comunità". Tale disciplina é confermata dai successivi regolamenti comunitari n. 165/1966, n.168/1966, n. 186/1966, n. 754/1967, n. 830/ 1967, tutti in materia di integrazione di prezzo dell'olio di oliva, e contenenti la rituale clausola di obbligatorietà e diretta applicabilità in ciascuno degli Stati membri.
L'ordinanza di rimessione rileva che il regolamento comunitario n. 136/1966 "ha compiutezza di contenuto dispositivo, racchiudendo un precetto di per sé attuabile", ed osserva come le successive disposizioni di diritto interno, pur richiamandosi alla normativa comunitaria, prevedano in deroga ad essa la concessione dell'integrazione di prezzo a favore dei produttori di olive anziché dei produttori di olio.
Secondo l'ordinanza, "che la norma interna di attuazione contrasti con quella comunitaria non può formare oggetto di dubbio"; su questo punto, anche davanti a questa Corte le parti hanno ampiamente discusso, sostenendosi dall'Azienda di Stato la corrispondenza della legge italiana allo spirito ed alle finalità delle disposizioni comunitarie, le quali sarebbero state dettate a sostegno degli olivicultori ed avrebbero rimesso al legislatore nazionale la identificazione dei destinatari dell'integrazione; e replicandosi dalla parte privata che il denunciato contrasto effettivamente sussiste, ma in questa sede viene contestata non tanto la difformità delle norme interne quanto l'illecita riproduzione e sostituzione con esse delle corrispondenti norme comunitarie, direttamente applicabili, che accordano l'integrazione di prezzo ai produttori di olio d'oliva.
Non sfugge a questa Corte la gravità ed importanza del problema interpretativo, che dovrà essere risolto nelle competenti sedi giurisdizionali, salva in ultima istanza la pronuncia della Corte di giustizia delle Comunità, cui l'art. 177 del Trattato di Roma riserva la definitiva decisione sulla validità ed interpretazione dei regolamenti comunitari. Ma tale problema esorbita manifestamente e sicuramente dall'ambito del presente giudizio di costituzionalità, nel quale la Corte non é chiamata a stabilire quali debbano essere i beneficiari delle provvidenze comunitarie, bensì esclusivamente ad accertare che le disposizioni dei regolamenti CEE n. 136/1966 e 754/ 1967, aventi piena efficacia obbligatoria e diretta applicabilità nell'ordinamento interno di tutti gli Stati membri, sono state indebitamente sostituite dalle corrispondenti norme della successiva legge italiana, emanata per dare attuazione ai detti regolamenti, norme di cui pertanto deve essere qui dichiarata la illegittimità. Eliminate queste norme, sarà compito dei giudici chiamati a decidere la causa che ha dato luogo al giudizio di costituzionalità, di pronunciarsi sull'interpretazione ed applicazione dell'art. 10, paragrafo 1, del regolamento n. 136/1966 e delle altre disposizioni comunitarie relative alla integrazione di prezzo per l'olio di oliva, ferma la competenza riservata alla Corte di giustizia delle Comunità dal già ricordato art. 177 del Trattato di Roma.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 9 e 10 del decreto-legge 20 febbraio 1968, n. 59, convertito in legge 18 marzo 1968, n. 224, "Organizzazione comune dei mercati nei settori dei cereali, ecc.", nella parte in cui hanno sostituito le corrispondenti disposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti CEE 13 giugno 1967, n. 120, e 21 dicembre 1967, n. 1041;
dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 2, secondo comma, lett. a; 3, primo comma; 4, primo, terzo e quarto comma, del decreto-legge 21 novembre 1967, n. 1051, convertito con modificazioni nella legge 18 gennaio 1968, n. 10, "Norme per l'erogazione della integrazione di prezzo per l'olio di oliva di produzione 1967-68", nella parte in cui hanno sostituito le corrispondenti disposizioni, direttamente applicabili, dei regolamenti CEE 22 settembre 1966, n. 136, e 26 ottobre 1967, n. 754.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1976.