SENTENZA N. 200
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge il gennaio 1951, n. 25 (norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario), e dell'art. 10, secondo comma, del d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573 (testo unico delle norme sulla dichiarazione unica annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette), promosso con ordinanza emessa il 20 novembre 1973 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra Sacchi Antonio e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 del 24 luglio 1974.
Visto l'atto di costituzione dell'Amministrazione delle finanze dello Stato;
udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1976 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito il vice avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per l'Amministrazione finanziaria dello Stato.
Ritenuto in fatto
Nel giudizio civile in grado di appello promosso da Sacchi Antonio contro l'Amministrazione finanziaria dello Stato, avente ad oggetto la legittimità dell'accertamento della base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile cat. B e di quella complementare sul reddito, per gli esercizi finanziari 1955-56 e 1956-57 (commisurate ai sensi degli artt. 18 legge 11 gennaio 1951, n. 25, e 10, comma secondo, d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573, con ragguaglio ad anno, al reddito di nuova produzione percepito nel periodo 4 maggio-31 dicembre 1955), la Corte di appello di Milano, con ordinanza del 20 novembre 1973, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle citate norme, ritenendole in contrasto con gli artt. 53 e 3 della Costituzione. La Corte di appello osserva che, secondo le norme
impugnate, le imposte dirette accertate nei confronti dei contribuenti, non tassati in base a bilancio, erano dovute per l'esercizio finanziario avente inizio al 1 luglio di ogni anno, ed erano commisurate sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente (art. 18 legge n. 25 del 1951) e che la dichiarazione doveva comprendere i redditi mobiliari prodotti nell'anno precedente, ai fini della tassazione dal 1 luglio dell'anno in cui la dichiarazione era presentata (art. 10 d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573). Il che, aggiunge la Corte di appello, comportava la tassazione in via definitiva dei redditi mobiliari per il periodo corrispondente all'esercizio finanziario, sulla base di quelli prodotti nell'anno solare anteriore o in una frazione dell'anno stesso (in tal caso ragguagliati ad anno), anche nell'ipotesi in cui, come nella specie, fosse mancato del tutto il reddito per il periodo per il quale erano dovute le imposte, pur perdurando l'attività produttiva del soggetto passivo.
In tal modo, secondo il giudice a quo, le norme impugnate avrebbero operato il riferimento, alla sfera del debitore di imposta, del relativo presupposto, utilizzando un criterio di collegamento fittizio, costituito dalla presunzione assoluta che i redditi conseguiti in un determinato anno solare o in una frazione di esso dovessero continuare a prodursi nella stessa misura per il periodo compreso fra la fine dell'anno solare stesso e la fine dell'esercizio finanziario successivo, cioé in concreto per 18 mesi. Detta presunzione, dato il suo carattere di assolutezza, non potrebbe considerarsi ragionevole, perché trascura la eventualità, sempre possibile, del venir meno del reddito, in un primo tempo derivato dall'attività produttiva dell'obbligato, e si porrebbe così in contrasto con la garanzia dell'art. 53 Cost. che esigerebbe un collegamento reale tra l'imposizione e la capacità contributiva, legittimamente rivelata soltanto dalla effettiva produzione del reddito.
In particolare, il cennato collegamento sarebbe ancora più evidentemente fittizio nel caso in cui, come nella specie, si tratti di commisurazione del reddito in base a ragguaglio ad anno di redditi prodotti soltanto in una frazione di anno e presunti come riproducentisi senza interruzione per ben diciotto mesi dalla cessazione dell'anno solare precedente quello della dichiarazione.
Infine, poiché nella legge n. 25 del 1951 gli artt. 3, 19, 20 e 46 prevederebbero anche, per alcune categorie di contribuenti, il sistema dell'iscrizione provvisoria salvo conguaglio, per effetto delle norme in questione, si sarebbe anche determinata una disparità di trattamento tra contribuenti, solo alcuni dei quali verrebbero a corrispondere l'imposta in base ai redditi effettivi.
L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 24 luglio 1974.
Avanti a questa Corte si é costituita l'Amministrazione delle finanze dello Stato in persona del Ministro pro-tempore, rappresentata e difesa come per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha tempestivamente depositato le proprio deduzioni.
L'Avvocatura osserva che, in linea di principio, come avrebbe stabilito la giurisprudenza della Corte, deve ammettersi il ricorso a presunzioni legali in materia fiscale, purché basate su elementi di fatto adeguati in relazione alla normalità dei casi.
Nella specie, la presunzione risponderebbe a detti criteri essendo applicabile solo in caso di continuità dell'attività produttiva e mediante diretto riferimento al reddito effettivamente prodotto nell'anno solare precedente alla dichiarazione quale base di commisurazione dell'imposta dovuta per il successivo esercizio finanziario.
D'altra parte, secondo l'Avvocatura, pur ricorrendosi formalmente all'istituto della presunzione legale, l'oggettiva situazione del reddito prodotto nell'esercizio finanziario successivo alla dichiarazione, sarebbe poi stata considerata ai fini delle tassazioni da effettuarsi per i successivi esercizi finanziari, perché il sistema creato dalla legge in esame conduce alla esenzione delle imposte per i periodi di mancato reddito, sia pure attraverso lo spostamento dovuto al sistema stesso, consentendosi così, in definitiva, di riequilibrare la situazione di contribuzione.
Con ciò, secondo l'Avvocatura, sarebbe dimostrata la ragionevolezza della presunzione in esame che legittimerebbe anche i casi, marginali, nei quali occorreva ragguagliare ad anno il reddito prodotto in una frazione dell'anno solare precedente.
Per quanto riguarda in particolare la lamentata disparità di trattamento derivante dalla esistenza nella stessa legge n. 25 del 1951, di casi in cui l'iscrizione a ruolo dei debiti di imposta avveniva a titolo provvisorio, e salvo conguaglio, l'Avvocatura osserva, infine, che le situazioni stesse, previste dagli artt. 3, 19, 20 e 46 della detta legge, sarebbero del tutto diverse da quelle regolate dall'art. 18 impugnato, per cui ben avrebbe potuto il legislatore disciplinare diversamente.
Considerato in diritto
1. - L'art. 18 della legge n. 25 del 1951 sulla perequazione tributaria disponeva, a partire dall'esercizio finanziario 1952-53, che le imposte dirette, accertate in confronto dei contribuenti non tassati in base a bilancio, erano dovute dal 1 luglio ed erano commisurate sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente. L'art. 10 d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573, traducendo detto principio nei criteri di compilazione della dichiarazione unica annuale dei redditi ai fini fiscali, disponeva, poi, che la dichiarazione stessa, da presentare entro il 31 marzo di ogni anno, doveva comprendere i redditi mobiliari prodotti nell'anno solare precedente a quello della dichiarazione, da tassare a far tempo dal 1 luglio dell'anno di presentazione della dichiarazione, stabilendo, in particolare, che la tassazione dei redditi di nuova produzione decorresse dal giorno dell'inizio della produzione.
Il meccanismo in tal modo predisposto dalle dette norme tendeva quindi, in sostanza, a determinare un periodo di produzione di reddito accertato, considerandolo poi riprodotto in un periodo successivo, in relazione al quale era dovuta l'imposta, e precisamente individuava il periodo di produzione del reddito nell'anno solare o nella frazione di anno solare precedente, ed indicava il periodo 1 luglio-30 giugno, cioé l'esercizio finanziario, come quello in relazione al quale era dovuta l'imposta.
Per quanto riguarda, in particolare, i redditi di nuova produzione, cui si riferisce la fattispecie sottoposta al giudice a quo, in base al combinato disposto dei citati artt. 18 della legge n. 25 del 1951 e 10 del T.U. n. 573 del 1951, si verificava, in concreto, la circostanza che, in relazione ai redditi stessi, anche se riferiti ad un assai breve periodo dell'anno solare, l'imposta cominciava a decorrere dal giorno di inizio della produzione, comportando una tassazione che colpiva il reddito dalla sua formazione al termine dell'anno finanziario in corso e, successivamente, per tutto l'anno finanziario seguente. Secondo l'interpretazione praticamente adottata in sede di applicazione delle dette norme, l'imposta era poi calcolata sui redditi in esame ragguagliati ad anno, cioé considerandoli riprodotti, proporzionalmente, per tutto l'anno finanziario successivo a quello durante il quale si era iniziata la produzione. Detto sistema é stato poi sostanzialmente modificato con le disposizioni del T.U. n. 645 del 1958 (artt 3, 4, 174, 175, 176) in base alle quali il tributo era invece dovuto per ogni periodo di imposta sul reddito prodotto nel periodo stesso, attraverso il sistema della tassazione così detta a consuntivo, con l'iscrizione a ruolo provvisoria dell'imposta, salvo conguaglio in sede di accertamento definitivo. Veniva così abbandonata la fictio iuris in base alla quale, come si é detto l'imposta dovuta per un periodo veniva commisurata al reddito prodotto in un periodo precedente, e con l'art. 7 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 tali principi sono stati sostanzialmente riconfermati in sede di riforma tributaria, ribadendosi espressamente il principio che "l'imposta é dovuta per anni solari a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma".
2. - La Corte di appello di Milano lamenta, con fondatezza, che gli artt. 18 della legge n 25 del 1951 e 10 d.P.R n. 573 del 1951, sopra menzionati, hanno posto in essere una presunzione assoluta di percezione del reddito per il periodo successivo a quello di commisurazione, non razionalmente giustificabile a causa della ripetuta irrilevanza ai fini tributari della eventuale riduzione o addirittura dell'annullamento del reddito nel periodo menzionato, sancita dalle norme impugnate. E a maggior ragione la presunzione sarebbe irrazionale nel caso dei redditi di prima produzione, che, dato il sistema sopra descritto, comporterebbe un'alea ancora maggiore per quanto riguarda la effettiva probabilità della riproduzione del reddito.
Ora, é ben vero che, secondo giurisprudenza di questa Corte (v. sent. n. 77 del 1967), non é arbitrario ritenere che il reddito denunciato dal contribuente per un periodo di imposta si riproduca nella stessa misura in periodi immediatamente successivi, sembrando ragionevole prevedere che, ove permanga la fonte produttiva, si formi un imponibile per lo meno uguale. Ma ciò la Corte ha affermato nel caso della iscrizione provvisoria a ruolo, in base agli imponibili di periodi di imposta precedenti, prevista dall'art. 176 T.U. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, ponendo in chiara evidenza che, in ogni modo, l'eventuale differenza in meno dell'imponibile accertato rispetto a quello iscritto provvisoriamente, avrebbe condotto al rimborso in sede di conguaglio a seguito dell'accertamento definitivo; per cui il contribuente, in conclusione, avrebbe pagato l'imposta sul reddito effettivo, e quindi in ragione della sua capacità contributiva. Nella specie, invece, trattasi di imposte commisurate al reddito del periodo precedente in via definitiva, per cui resta escluso il farsi luogo a conguagli di sorta. E la giurisprudenza della Corte concernente le presunzioni legali in materia fiscale ha costantemente riconosciuto la necessità che le presunzioni, per poter essere considerate in armonia con il principio della capacità contributiva sancita dall'art. 53 Cost. debbono essere confortate da elementi concretamente positivi che le giustifichino razionalmente (sent. nn. 103 del 1967, 109 del 1967, 99 del 1968, 107 del 1971). Invero, il principio suddetto, nei termini in cui é accolto dall'art. 53 Cost., risponde alla esigenza di garantire che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza dai quali sia razionalmente deducibile l'idoneità soggettiva all'obbligazione d'imposta.
3. - Nella specie sottoposta al giudizio di questa Corte, il meccanismo apprestato dalla legge, integrato dalla interpretazione in sede di applicazione. se pure considera un elemento certamente oggettivo come quello costituito dal reddito percepito ed accertato in un determinato periodo di tempo (che peraltro, per quelli di nuova produzione, può essere anche brevissimo), lo assume, tuttavia, quale unico indice positivo concretamente rivelatore di capacita contributiva, senza che all'interessato sia offerta la possibilità di fornire la prova della eventuale diminuzione o dell'annullamento del reddito stesso. Con ciò deve escludersi clic al sistema in esame possano riconoscersi quei caratteri di logicità e rispondenza ai dati della comune esperienza che, come si é detto, stanno alla base della distinzione fra presunzioni legittime ed illegittime, e tendono a garantire il diritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere alle pubbliche spese, solo in quanto in possesso di effettiva capacità contributiva e di idoneità effettiva, quindi, al pagamento delle imposte, così come é richiesto appunto dall'art. 53 della Costituzione.
Invero, la produzione dei redditi in esame é certamente un fatto economico-sociale legato a determinate condizioni oggettive e soggettive di natura variabile, per cui, se é pur lecito formulare previsioni logicamente valide ed attendibili, non é peraltro consentito trasformare tali previsioni in certezze assolute, imperativamente statuite senza la possibilità che si ammetta la prova del contrario e si salvaguardi, quindi, accanto all'esigenza indiscutibile di garantire l'interesse della pubblica finanza alla riscossione delle imposte, il ricordato ed altrettanto indiscutibile diritto dei contribuente alla prova della effettività del reddito soggetto all'imposizione.
Né varrebbe obbiettare, come l'Avvocatura, che con il sistema impugnato, il contribuente, che non abbia prodotto reddito nel periodo per cui deve l'imposta, finirebbe con l'avvantaggiarsi, in prosieguo di tempo, della esenzione da imposta correlativa a tale circostanza, che andrebbe ad incidere in un periodo in cui egli potrebbe essere, invece, tornato percettore di redditi. Ed invero trattasi di prospettazioni soltanto ipotetiche che non tengono conto della aleatorietà dei ventilati recuperi e, comunque, non appaiono tali da incidere sulla strutturazione del descritto sistema presuntivo, in forza del quale il soggetto passivo deve, in ogni caso, l'imposta per un periodo cui, in concreto, può non corrispondere un reddito effettivo. Il che costituisce, in base alle sopra svolte considerazioni, elemento sufficiente a rilevare l'incompatibilità del sistema stesso con l'art. 53 Cost., indipendentemente da future ed eventuali compensazioni del tipo di quelle accennate dall'Avvocatura, che, si ripete, non escludono l'assoggettamento a titolo definitivo del contribuente ad una imposta dovuta per un periodo in cui egli può non aver prodotto reddito.
4. - Dovendosi per le esposte ragioni pronunziare l'illegittimità costituzionale delle norme impugnate in quanto contrastanti con l'art. 53 Cost., restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità prospettati nell'ordinanza di rinvio in relazione all'art. 3 della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 legge 11 gennaio 1951, n. 25 (norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale straordinario), nella parte in cui dispone che le imposte dirette, accertate in confronto dei contribuenti non tassati in base a bilancio, sono commisurate sui redditi conseguiti nell'anno solare precedente;
b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma secondo, del d.P.R. 5 luglio 1951, n. 573 (testo unico delle norme sulla dichiarazione unica annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette): questioni sollevate con l'ordinanza di cui in epigrafe dalla Corte d'appello di Milano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1976.