Sentenza n. 153 del 1976
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SENTENZA N. 153

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale:

a) della legge della Regione Umbria 27 giugno 1974, riapprovata il 24 ottobre 1974, recante "Variazioni al bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 1973"; b) delle leggi della Regione Umbria approvate il 6 febbraio 1975, recanti, rispettivamente, "Revoca della deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 1974. Variazioni al bilancio preventivo 1973. Rinvio del Governo. Riadozione" e "Variazioni al bilancio preventivo 1973"; giudizi promossi con due ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, rispettivamente notificati il 13 novembre 1974 e il 25 febbraio 1975, depositati in cancelleria il 19 novembre 1974 e il 4 marzo 1975 ed iscritti al n. 17 del registro ricorsi 1974 e al n. 3 del registro ricorsi 1975.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Umbria (ric. 3/75);

udito nell'udienza pubblica del 7 aprile 1976 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avvocato Aldo Piras, per la Regione.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 13 novembre 1974 e depositato il 19 novembre 1974, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, ha impugnato in via principale la legge della Regione Umbria 24 ottobre 1974, recante "Variazioni al bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 1973".

La legge predetta, già rinviata dal Commissario del Governo, sarebbe in primo luogo in contrasto con l'art. 127, quarto comma, Cost. e con l'art. 62 dello Statuto regionale, per essere stata riapprovata a maggioranza semplice, anziché con la prescritta maggioranza assoluta. Al riguardo il ricorrente, dopo aver osservato che tale vizio del procedimento precluderebbe di per sé la promulgazione della legge, fa presente di essersi determinato al ricorso in considerazione del comportamento della Regione, che, nonostante l'esito sfavorevole della seconda votazione, ha comunicato la relativa deliberazione consiliare al Commissario del Governo, lasciando intendere di voler dar corso alla promulgazione.

Nel merito la legge regionale sarebbe viziata per contrasto con l'art. 75, ultimo comma, dello Statuto regionale e con l'art. 119, primo comma, della Costituzione. Assume, infatti, la difesa dello Stato che la prima approvazione della legge impugnata, avente ad oggetto variazioni al bilancio di previsione per il 1973, non avrebbe potuto aver luogo oltre il 30 aprile dell'anno successivo, termine statutario per la presentazione al Consiglio regionale del conto consuntivo, a norma dell'art. 75 citato.

2. - Con altro ricorso notificato il 25 febbraio 1975 e depositato il 4 marzo 1975, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, ha impugnato in via principale due leggi della Regione Umbria approvate dal Consiglio regionale il 6 febbraio 1975 recanti, l'una (deliberazione n. 1363) "Revoca della deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 1964. Variazioni al bilancio preventivo 1973 - Rinvio del Governo - Riadozione"; l'altra (deliberazione n. 1364) recante "Variazioni al bilancio preventivo 1973".

Le due leggi sarebbero in contrasto con l'art. 134 Cost., essendo in realtà dirette ad eludere il sindacato della Corte costituzionale sulla legge regionale sottoposta a seconda votazione il 24 ottobre 1974, nei confronti della quale il Presidente del Consiglio aveva già proposto ricorso nei termini riassunti al punto che precede. Ed inoltre, la seconda contrasterebbe anche con l'art. 61 ultimo comma (e non 30, come si legge nel ricorso) del regolamento del Consiglio regionale dell'Umbria, in quanto adottata prima del decorso di un semestre a partire dalla data di reiezione del precedente progetto di legge di identico contenuto (24 ottobre 1974); e con l'art. 127, quarto comma, Cost., e 62 dello Statuto regionale, poiché con l'approvazione a maggioranza assoluta del nuovo progetto di contenuto identico al precedente, la Regione avrebbe inteso rinnovare la deliberazione relativa in seconda lettura, che non aveva raggiunto la prescritta maggioranza, sostituendovene una nuova e ulteriore, conforme a quanto stabilito nel citato quarto comma dell'art. 127 della Costituzione.

Nel merito, la difesa dello Stato richiama le stesse censure mosse contro la legge riproposta al Consiglio regionale il 24 ottobre 1974 e sopra riferite.

3. - In quest'ultimo giudizio si é costituito il Presidente della Regione Umbria sostenendo l'inammissibilità del ricorso e chiedendone subordinatamente il rigetto nel merito. L'impugnativa avanti alla Corte costituzionale delle due deliberazioni legislative sarebbe improponibile, essendo mancate per entrambe la fase del rinvio con conseguente riesame da parte del Consiglio regionale, dovendo le dette leggi considerarsi come approvate per la prima volta. La difesa della Regione, inoltre, assume che la norma prescrivente il decorso di un semestre dalla reiezione di un progetto di legge per l'approvazione di altro progetto di contenuto identico non sarebbe vincolante, come pure non potrebbe considerarsi perentorio il termine del 30 aprile per le variazioni al bilancio di previsione dell'esercizio precedente, essendo un dato di comune notorietà che esso non viene mai rispettato neppure dallo Stato.

4. - Nella pubblica udienza, le difese delle parti hanno insistito nelle rispettive conclusioni.

Considerato in diritto

1. - I due ricorsi hanno sostanzialmente lo stesso oggetto ed involgono questioni strettamente connesse. I relativi giudizi vengono perciò riuniti e decisi congiuntamente.

2. - Il primo ricorso denuncia la illegittimità costituzionale della legge della Regione Umbria 24 ottobre 1974, recante "Variazioni al bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 1973", sotto un duplice profilo: a) per essere stata riapprovata nel suo testo originario, a seguito di rinvio, senza la maggioranza assoluta richiesta dall'art. 127 Cost. (e dall'art. 62 dello Statuto della Regione); b) perché, già al momento della prima deliberazione (27 giugno 1974), era scaduto il termine statutario per la presentazione del rendiconto consuntivo dell'esercizio 1973, sicché variazioni al bilancio di previsione relative al medesimo esercizio finanziario non sarebbero più state possibili, ostandovi i principi generali della contabilità pubblica richiamati dall'art. 119 Cost., oltre che la specifica disposizione dell'art. 75 dello Statuto.

3. - Logicamente pregiudiziale é l'esame del primo ordine di censure, che si palesano ammissibili e fondate.

É pacifico tra le parti, e si evince dagli atti del Consiglio regionale allegati al ricorso, che, nella seduta del 24 ottobre 1974, la proposta di riadozione della legge precedentemente rinviata dal Governo ottenne il voto favorevole di 15 consiglieri contro 8, sui 30 assegnati alla Regione, non raggiungendosi pertanto la maggioranza assoluta a tal fine prescritta. Dal che potrebbe anzi argomentarsi, a rigore, che la proposta era da considerare respinta, e la legge, dunque, non approvata (ed in questo senso avrebbe dovuto esprimersi il Presidente dell'Assemblea nel proclamare il risultato della votazione), rendendosene pertanto superflua l'impugnazione da parte dello Stato; con l'ulteriore conseguenza della chiusura del procedimento legislativo, e del divieto, a norma dell'art. 61 del Regolamento consiliare, cui rinvia l'art. 42 dello Statuto, di ripresentazione della stessa proposta di legge se non dopo il decorso di sei mesi.

Senonché, sta di fatto che il Consiglio regionale ha erroneamente ritenuto di avere "riadottata" la legge, della quale é stata data comunicazione al Commissario del Governo come di una legge approvata. Onde la necessità di proporre ricorso davanti a questa Corte, allo scopo di farne accertare erga omnes la invalidità per vizio del procedimento. Nel quale ordine di idee, non sarebbe stato invece configurabile un ulteriore rinvio al Consiglio regionale, perché, nessuna modificazione essendo stata apportata al testo precedente, la legge non avrebbe potuto considerarsi diversa da quella una prima volta approvata e poi rinviata dal Governo, e perciò "nuova" ai fini del terzo comma dell'art. 127 della Costituzione.

Né d'altronde alla ammissibilità della censura può formare ostacolo il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte (v. da ultimo sent. nn. 123, 132 e 221 del 1975), che i motivi di ricorso debbano sostanzialmente corrispondere ai rilievi prospettati nell'atto di rinvio, trattandosi, nella specie, e sempre a seguire la linea argomentativa da ultimo accennata, di vizio formale sopravvenuto ed esclusivamente proprio della fase della seconda deliberazione.

Che poi un siffatto vizio sussista realmente, già risulta dalle considerazioni che precedono, é esplicitamente ammesso dalla Regione e non richiede ulteriore dimostrazione.

4. - Successivamente, il Consiglio regionale, nella seduta del 6 febbraio 1975, con deliberazione n. 1363 approvava una legge (di iniziativa di due consiglieri), recante "revoca della deliberazione n. 1256 adottata dal Consiglio regionale il 24 ottobre 1974" (ossia di quella impugnata con il primo ricorso dello Stato), nonché, con deliberazione n. 1364, su proposta della Giunta, altra legge riproducente integralmente il testo originario.

Avverso queste ultime leggi, comunicate entrambe al Commissario del Governo, si rivolge il secondo ricorso, deducendo violazione degli artt. 134 e 127 Cost. e dell'art. 61, ultimo comma, del regolamento consiliare, sopra richiamato, in quanto, revocando la legge a suo tempo impugnata con il primo ricorso per sostituirvene un'altra, di identico contenuto, ma adottata - questa volta - con la prescritta maggioranza, la Regione avrebbe eluso, da un lato, il controllo di legittimità costituzionale spettante a questa Corte e, d'altro lato, lo "sbarramento" rappresentato dalle condizioni richieste per la validità della seconda deliberazione delle leggi regionali, nonché dal divieto di riproporne l'approvazione, se respinte, prima del decorso di sei mesi, secondo il già detto.

La difesa della Regione eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilità del ricorso, sostenendo che le due leggi avrebbero dovuto formare previamente oggetto di rinvio al Consiglio, in quanto approvate per la prima volta, e cioé leggi nuove.

Ma l'assunto é in contrasto con quanto in fatto é avvenuto, secondo risulta dagli atti consiliari, e con le dichiarate intenzioni della Giunta (proponente della seconda) e dello stesso Consiglio regionale: circostanze, queste, delle quali si può e si deve tenere il massimo conto quando siano denunciati, come nel caso, vizi del procedimento legislativo, e tanto più in sede di sindacato preventivo delle leggi regionali, sospese com'esse sono nella efficacia, perché non promulgate né pubblicate, e da considerarsi quindi più propriamente delibere consiliari legislative, non ancora distaccatesi dai loro autori. E dagli atti si evince con sicurezza che la Giunta regionale aveva deliberato di proporre al Consiglio "la riapprovazione della legge suddetta" (sc., della legge a suo tempo rinviata e non riapprovata, od invalidamente riapprovata, nella seduta del 24 ottobre 1974) "nello stesso testo precedente e con la maggioranza di voti prescritta nell'art. 62 dello Statuto regionale" (art. 127 Cost.): ciò che si é puntualmente verificato nella seduta del 6 febbraio 1975, con la ricordata deliberazione consiliare n. 1364. Nelle premesse della quale, per di più, si "prende atto che con deliberazione n. 1363 di data odierna il Consiglio regionale ha deliberato di revocare la propria deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 1974 concernente lo stesso oggetto"

Non vi ha dubbio, pertanto, che quella del 6 febbraio 1975 é stata una riapprovazione, con la maggioranza assoluta, del testo legislativo a suo tempo adottato una prima volta, rinviato dal Governo e poi non riapprovato (o invalidamente riapprovato dal Consiglio) in seconda lettura nella seduta del 24 ottobre 1974: non una legge nuova, dunque, ma una nuova seconda approvazione della medesima legge. Chiara risulta altresì la funzione che, nell'anomalo procedimento seguito, era destinata ad assumere la "revoca" della deliberazione del 24 ottobre 1974, utilizzandosi anche una certa ambiguità della parola, "deliberazione" potendo significare tanto l'atto del deliberare quanto l'atto deliberato: funzione che consisteva nell'eliminare la votazione intervenuta, con esito negativo, in quella seduta, e con essa l'ostacolo ad una terza votazione che la sostituisse ai fini e per gli effetti dell'art. 127 della Costituzione.

Sostanzialmente, perciò, revoca e riadozione si fondono in unica determinazione, malgrado l'apparente distinzione dei due atti, peraltro immediatamente consecutivi nel tempo, oltre che logicamente collegati. Ed é quindi ammissibile il ricorso che congiuntamente li impugna, nella loro interdipendenza.

5. - Le considerazioni che precedono valgono altresì a dimostrare la fondatezza della censura di violazione dell'articolo 127 Cost., che sicuramente non consente per la riadozione delle leggi regionali rinviate al Consiglio, fermo restandone il testo originario, una serie di successive votazioni, fino al raggiungimento della maggioranza prescritta. Due soltanto sono le fasi previste dall'art. 127: una prima approvazione, a semplice maggioranza, ed una seconda, ove sia intervenuto rinvio governativo e le censure con esso prospettate non siano accolte, con la maggioranza assoluta. E, nella specie, questa seconda fase era stata ormai infruttuosamente percorsa. Tanto basta per dichiarare la illegittimità costituzionale anche delle delibere legislative n. 1363 e n. 1364 del 6 febbraio 1975, rimanendo assorbita ogni ulteriore e diversa censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale:

a) della legge della Regione Umbria recante "Variazioni al bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 1973", approvata il 24 ottobre 1974 con delibera n. 1256;

b) delle leggi della Regione medesima approvate il 6 febbraio 1975 con deliberazioni nn. 1363 e 1364, recanti rispettivamente "Revoca della deliberazione n. 1256 del 24 ottobre 1974" e "Variazioni al bilancio preventivo per l'esercizio finanziario 1973".

          Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 7 luglio 1976.