SENTENZA N. 144
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 129, secondo e terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in relazione all'art. 20 della legge 5 giugno 1951, n. 376, promosso con ordinanza emessa il 12 agosto 1975 dal giudice del lavoro del tribunale di La Spezia nel procedimento civile vertente tra Coliola Mario, Burgio Salvatore ed altri e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 532 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 21 gennaio 1976.
Visti gli atti di costituzione di Burgio Salvatore, Barontini Arturo e Gervasi Romeo, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 aprile 1976 il Giudice relatore Enzo Capalozza;
uditi l'avv. Domenico Bevilacqua, per Burgio Salvatore ed altri, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con sentenza di questa Corte n. 117 del 2 maggio 1974, depositata il successivo giorno 8, é stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art, 10, commi secondo e terzo, del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, nella parte in cui, nei confronti dei salariati statali immessi nei ruoli anteriormente all'entrata in vigore della legge 5 marzo 1961, n. 90, e per il tempo di cessazione dal servizio, si disponeva il subingresso dello Stato nei diritti di essi salariati e delle loro vedove e orfani alla pensione relativa all'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti per il periodo valutato anche per la pensione statale, con iscrizione alla predetta assicurazione.
Restituiti gli atti della causa di merito al tribunale di La Spezia, il giudice istruttore disponeva che si procedesse in base al nuovo rito del lavoro e, con ordinanza 12 agosto 1975, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 129, commi secondo e terzo, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 120 del 9 maggio 1974, supplemento ordinario, in relazione all'art. 20 della legge 5 giugno 1951, n. 376, assumendo che le suddette più recenti norme, in quanto ripetono il contenuto di quelle dichiarate costituzionalmente illegittime, manterrebbero l'ingiustificata disparità di trattamento tra i salariati dello Stato immessi nei ruoli con la legge n. 90 del 1961 e quelli immessi anteriormente.
Dinanzi a questa Corte si sono costituiti Salvatore Burgio ed altri attori nel giudizio a quo domandando che anche le nuove disposizioni siano dichiarate illegittime.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata. Richiamati i precedenti legislativi sul trattamento di quiescenza dei salariati statali, l'Avvocatura fa presente che la indicata sentenza di questa Corte trovava la sua ratio nel rilievo che le norme con essa dichiarate costituzionalmente illegittime vietavano per alcuni casi, fra pensione statale e pensione INPS, il cumulo che, per altri casi, relativi alla stessa situazione di fatto e di diritto, era, invece, ammesso da disposizioni allora in vigore.
Quelle ora denunziate, per contro, farebbero parte di una nuova organica disciplina che non consentirebbe in alcun caso il cumulo di due trattamenti pensionistici riferiti allo stesso periodo lavorativo.
Considerato in diritto
1. - La questione sottoposta alla Corte é la seguente: se le disposizioni di cui all'art. 129, secondo e terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nel riprodurre il contenuto dell'art. 10, secondo e terzo comma, del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 20, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 117 del 1974, violino esse pure l'art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento rispetto alla disciplina (art. 20 della legge 5 giugno 1951, n. 376) riguardante i salariati dello Stato ammessi al cumulo della pensione statale e della pensione INPS.
2. - La questione non é fondata.
La precedente sentenza n. 117 del 1974 era pervenuta alla pronunzia di illegittimità delle norme già contenute nell'art. 10, secondo e terzo comma, della legge n. 20 del 1956 sotto il profilo della disparità di trattamento nel regime pensionistico di cumulo per uno stesso periodo lavorativo non esteso a talune categorie di salariati dello Stato.
Orbene, nel riordinamento organico della materia, effettuato col d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (pubblicato il 9 maggio 1974 nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale), é stata ora dettata una disciplina uniforme, intesa ad eliminare il cumulo per le varie categorie di dipendenti statali (art. 6) e, in ispecie, per gli operai (art. 129): con ciò stesso é venuta meno la differenza rilevata con la ridetta sentenza di questa Corte.
Né, tenuto conto del contesto normativo in cui si inquadra la nuova disposizione, può avere incidenza il dato puramente formale che siano state ripetute, con espressioni sostanzialmente identiche, le disposizioni già dichiarate illegittime.
Nondimeno, poiché l'art. 252 fissa l'entrata in vigore del testo unico al primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, vale a dire al 1 giugno 1974 (con l'abrogazione delle disposizioni ivi non richiamate: art. 254), sino a tale data la più volte citata sentenza n. 117 conserva la sua operatività, ovviamente per i provvedimenti cui é applicabile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 129, secondo e terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in relazione all'art. 20 della legge 5 giugno 1951, n. 376, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 22 giugno 1976.