Sentenza n. 112 del 1976
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SENTENZA N. 112

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 76, 369 e 372 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 31 dicembre 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Pisa nel procedimento penale a carico di Androvandi Giuseppe ed altri, iscritta al n. 320 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 263 del 9 ottobre 1974.

Udito nella camera di consiglio dell'11 marzo 1976 il giudice relatore Guido Astuti.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di Androvandi Giuseppe il giudice istruttore del tribunale di Pisa ha sollevato, accogliendo l'eccezione proposta dalla difesa dell'imputato, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 76, 369 e 372 del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione.

Le norme impugnate, prevedendo un termine per la presentazione delle conclusioni da parte del difensore, limiterebbero il diritto di difesa, creando altresì, per la mancata previsione del termine per la pubblica accusa, una situazione di vantaggio a favore di quest'ultima con lesione dell'interesse dell'imputato ad una sollecita definizione del procedimento.

Non vi é stata costituzione della parte privata né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza di rimessione viene sollevata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 76, 369 e 372 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione. Secondo il giudice a quo, la disposizione dell'art. 372, che impone al difensore dell'imputato un termine di cinque giorni, prorogabile una sola volta, per presentare le sue istanze e memorie, sarebbe lesiva del diritto di difesa; e la questione dovrebbe essere esaminata anche in relazione agli artt. 76 e 369, che non prefiggono al pubblico ministero, nei casi in cui deve proporre le sue conclusioni per iscritto, un termine perentorio, scaduto il quale il giudice possa deliberare anche in mancanza di dette conclusioni. Ne conseguirebbe "una ingiustificata disparità di trattamento tra accusa e difesa", che potrebbe "ledere il diritto di difesa inteso non solo come garanzia di contraddittorio e di assistenza tecnico-professionale, ma anche come interesse ad una sollecita definizione del procedimento".

2. - La questione, come proposta in riferimento agli articoli 76 e 369 del codice di rito, é inammissibile per difetto di rilevanza in ordine alla decisione del giudizio a quo, non discutendosi in esso dell'applicabilità di dette norme. Ciò a prescindere dal fatto che la legittimità della disposizione dell'art. 369, in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, é già stata dichiarata da questa Corte con sentenza n. 93 del 1974, e che inoltre l'art. 369 é stato successivamente modificato con la legge 22 maggio 1975, n. 152, imponendo anche al pubblico ministero un termine, prorogabile una sola volta, scaduto il quale il giudice istruttore procede ugualmente agli adempimenti previsti dall'art. 372.

Per quanto concerne la denunciata disposizione dell'articolo 372, la questione non é fondata. Il termine ivi previsto può essere prorogato dal giudice "per quel tempo che egli ritiene assolutamente indispensabile", e d'altra parte, come lo stesso tribunale di Pisa già aveva riconosciuto nella sua precedente ordinanza dell'8 gennaio 1971, ricordata dal giudice a quo, eliminare quel termine di decadenza "equivarrebbe a lasciare al beneplacito del difensore la chiusura della fase istruttoria, e questo é senza dubbio un risultato eccessivo rispetto all'obbiettivo di garantire l'esercizio del diritto di difesa".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 76 e 369 del codice di procedura penale, sollevata dall'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 372 dello stesso codice, sollevata dall'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Luigi BROSIO - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.