SENTENZA N. 93
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 369 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 6 aprile 1972 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Passolungo Alessandro, iscritta al n. 259 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972.
Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1974 il Giudice relatore Nicola Reale.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 6 aprile 1972, nel corso del procedimento penale a carico di Passolungo Alessandro, il giudice istruttore presso il tribunale di Milano, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, comma primo, 24, comma secondo, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 369 c.p.p., il quale, a differenza di quanto dispone l'art. 372 c.p.p. per i difensori delle parti private, non assegna alcun termine al pubblico ministero per formulare le conclusioni alla fine dell'istruttoria formale.
Si assume nell'ordinanza di rinvio che la mancata previsione di tale termine creerebbe tra accusa e difesa, una disparità di trattamento nell'esercizio dei rispettivi poteri nel processo penale che non sarebbe giustificata dalla posizione istituzionale e dalle funzioni assegnate al p.m., con conseguente violazione dell'art. 3, comma primo, della Costituzione.
Il contrasto con le altre norme deriverebbe poi dal fatto che l'assenza del predetto termine mentre da un lato finirebbe per porre lo svolgimento del processo alla mercé del p.m. arrecherebbe dall'altro un indiscutibile pregiudizio all'interesse dell'imputato ad una sollecita definizione del procedimento, intesa quale ulteriore specificazione del diritto di difesa.
La questione é stata sollevata dopo la restituzione degli atti da parte del p.m., avvenuta oltre il termine di cinque giorni che, secondo quanto si assume nell'ordinanza, gli si dovrebbe assegnare in correlazione con quello previsto per i difensori delle parti private.
Non vi é stata costituzione di parte né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal giudice istruttore del tribunale di Milano investe l'art. 369 c.p.p., che non assegna alcun termine al pubblico ministero per presentare le proprie requisitorie alla fine dell'istruttoria formale. La Corte é chiamata a decidere se la mancata previsione di tale termine si risolva in una violazione degli artt. 3, 24 e 112 della Costituzione, anche in considerazione del fatto che ai difensori delle parti private é invece assegnato dall'art. 372 c.p.p. il termine di cinque giorni, suscettibile di proroga, e decorrente dalla notifica del deposito degli atti e documenti compresa la requisitoria del p.m., per la presentazione di memorie e istanze.
2. - La questione non é fondata sotto alcun profilo.
Per ciò che concerne la denunziata violazione del principio di uguaglianza va ribadito che la peculiare posizione istituzionale e la funzione assegnata al p.m. (da non considerarsi alla stregua di una parte privata, perché agisce esclusivamente a tutela di interessi generali nell'ambito dell'osservanza della legge) possono giustificare, almeno in linea generale, un regime diverso da quello stabilito per le parti private e per i loro difensori (sent. n. 190 del 1970).
Partendo da tali premesse é stata ritenuta la razionalità dell'art. 199 c.p.p., che concede all'imputato ed al p.m. termini diversi per proporre impugnazione (sent. n. 136 del 1971) e deve ora affermarsi la razionalità della norma in esame, poiché anche in questo caso la disparità di trattamento che da essa discende tra accusa e parti private, mentre non incide sull'esercizio del diritto di difesa, é d'altra parte innegabilmente fondata sulle particolari caratteristiche organizzative dell'ufficio del p.m., che possono rendere non agevole la fissazione di limiti temporali ad ogni sua attività.
Quanto poi all'asserito contrasto con gli artt. 24, secondo comma, e 112 della Costituzione (in base all'assunto che, a causa della mancata prefissione di un termine, per la formulazione delle requisitorie, il processo sarebbe rimesso alla mercé del p.m.) é sufficiente osservare che ciò che maggiormente differenzia la posizione del p.m. da quella delle parti private (che possono agire secondo il metro della propria convenienza) é il fatto che il p.m. esercita poteri - doveri connessi alla sua funzione, la cui osservanza non é esente da controlli (così, a parte la norma generale dell'art. 154 c.p.p., quelli che in materia di istruzione si riconnettono al disposto dell'art. 298 c.p.p.) ed é inoltre garantita, per i casi di inattività ingiustificata, da opportune sanzioni. Onde non si può affermare che lo svolgimento del processo sia in definitiva rimesso alla discrezione del pubblico ministero.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 369 del codice di procedura penale, sollevata dal giudice istruttore del tribunale di Milano in riferimento agli artt. 3, comma primo, 24, comma secondo, e 112 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 marzo 1974