SENTENZA N. 110
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1973 dal pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Misuri Mario, iscritta al n. 49 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 75 del 20 marzo 1974.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1976 il Giudice relatore Guido Astuti;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento penale a carico di Misuri Mario, il pretore di Livorno ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale dell'art. 41, r.d. 18 giugno 1931, n. 773, t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, in riferimento agli artt. 14 e 24 della Costituzione.
La norma impugnata, nel consentire la possibilità di perquisizione domiciliare e di sequestro senza mandato del giudice, violerebbe l'art. 14 Cost., mentre si porrebbe in contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui non é previsto il diritto di assistenza del difensore alla perquisizione ed il diritto dei medesimo di essere presente alla stessa anche se non preavvisato.
É intervenuto in giudizio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo l'infondatezza della questione proposta.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza di rimessione il pretore di Livorno solleva d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, in riferimento agli artt. 14 e 24 della Costituzione. La norma impugnata, la quale dispone che gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio dell'esistenza in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, debbono procedere "immediatamente a perquisizione e sequestro", confliggerebbe con l'art. 14, in quanto prevede la possibilità di perquisizione personale e di sequestro senza mandato del giudice né rispetto delle garanzie prescritte per la tutela della libertà personale; e con l'art. 24, in quanto consente l'assunzione di vere prove di reità, e quindi la formazione di atti da utilizzarsi nel successivo giudizio, escludendo la partecipazione difensiva dell'interessato, dato che non prevede il diritto di assistenza del difensore alla perquisizione, né la possibilità per il difensore di presenziare alla stessa, pur senza essere preavvisato.
2. - La questione non é fondata. Questa Corte ha già avuto occasione di dichiarare che la tutela accordata alla libertà di domicilio non é assoluta, ma trova dei limiti stabiliti dalla legge ai fini della tutela di preminenti interessi costituzionalmente protetti, come emerge dalle stesse disposizioni dell'art. 14, e in specie dall'espresso riferimento del terzo comma agli accertamenti ed ispezioni per motivi di incolumità pubblica. Conseguentemente, questa Corte ha riconosciuto la piena legittimità della norma denunciata, con sentenza 12 giugno 1974 n. 173, nella quale é stato altresì precisato che anche nelle ipotesi contemplate dall'art. 41 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, gli ufficiali ed agenti procedenti sono tenuti, à sensi degli artt. 224 e 227 del codice di procedura penale, a verbalizzare tutte le operazioni compiute e a trasmettere entro le 48 ore successive i verbali di perquisizione e sequestro all'autorità giudiziaria, a cui spetta di verificare la legittimità degli atti compiuti dagli organi di polizia giudiziaria nell'esercizio delle loro funzioni.
3. - Non sussiste nemmeno il preteso contrasto con la garanzia del diritto di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione, per il fatto che l'art. 41 non prevede il diritto di assistenza del difensore alla perquisizione. La disposizione denunciata sostanzialmente non si discosta da quella generale contenuta nell'art. 224 del codice di procedura penale, così come modificato con legge 18 giugno 1955, n. 517, per quanto attiene ai presupposti che eccezionalmente consentono in caso di necessità ed urgenza la ricerca e l'assicurazione delle prove da parte della polizia giudiziaria. Essa appare pertanto rispondente all'esigenza di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni quali la detenzione clandestina o abusiva di armi, munizioni, o materie esplodenti, idonee, per la loro stessa natura, ad esporre a grave pericolo la sicurezza e l'ordine sociale (sentenza n. 173 del 1974); situazioni di fronte alle quali il legislatore ha ritenuto di dover ulteriormente intervenire con la legge 18 aprile 1975, n. 110, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi.
D'altra parte, questa Corte ha già osservato che "la perquisizione é atto, per sua natura, sempre urgente e riservato, perché ha come presupposto, ai fini della sua efficacia, l'elemento sorpresa"; il quale non consente ovviamente la possibilità di preavvertire l'indiziato né di attendere l'assistenza d'un difensore, perché "anche una pausa nello svolgimento delle operazioni di perquisizione, nonostante ogni oculata vigilanza, può rendere più agevole la fuga dell'indiziato ovvero la sottrazione e l'occultamento degli oggetti da sequestrare" (sentenza n. 123 del 1974). La garanzia del diritto di difesa nelle perquisizioni domiciliari trova nella fattispecie limiti necessari in relazione alle esigenze costituzionalmente rilevanti di tutela della incolumità e sicurezza pubblica, le quali. giustificano pienamente, sotto il profilo della ragionevolezza, la disposizione denunciata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773, testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 14 e 24 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Luigi BROSIO - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.