SENTENZA N. 100
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 205 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette), promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1973 dal pretore di Sarzana nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e Gianfranchi Anna Maria ed altro, iscritta al n. 230 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1 agosto 1973.
Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;
udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Michele Rossano;
udito l'avv. Sergio Traverso, per l'INPS.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento esecutivo mobiliare - promosso nei confronti di Anna Maria Gianfranchi su istanza dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, creditore dell'importo di contributi previdenziali non versati e delle conseguenti sanzioni civili - l'Esattore delle imposte dirette di Sarzana, con atto 28 marzo 1973, dichiarava al pretore di Sarzana, quale giudice dell'esecuzione - ai sensi dell'art. 205 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, delle leggi sulle imposte dirette - di volersi surrogare all'INPS.
Il pretore di Sarzana, con ordinanza 24 aprile 1973, riteneva rilevante e non manifestamente infondata - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - la questione, sollevata dall'INPS, concernente la legittimità costituzionale dell'art. 205 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette) nella parte in cui non prevede l'esclusione della facoltà di surroga dell'esattore qualora il creditore procedente vanti un credito per contributi previdenziali, che - ai sensi dell'art. 66 legge 30 aprile 1969, n. 153 - é collocato al primo posto nell'ordine di prelazione di cui all'art. 2778 del codice civile e precede i crediti per tributi.
L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 198 del 1 agosto 1973.
Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito solo l'INPS, depositando comparsa in data 9 agosto 1973, con la quale ha chiesto che venga dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 205 t.u. delle leggi sulle imposte dirette " nella parte in cui non prevede alla contemplata facoltà di surroga dell'esattore alcuna limitazione per le ipotesi in cui l'originario creditore procedente vanti un credito privilegiato potiore a quello rappresentato dall'esattore stesso".
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il pretore ha ritenuto rilevante e non infondata la questione se l'art. 205 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette) sia in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in quanto "non prevede alla facoltà di surroga dell'esattore alcuna limitazione nell'ipotesi in cui l'originario creditore procedente vanti un credito di privilegio assoluto e potiore rispetto a quelli tributari". Secondo il pretore, l'art. 66 legge 30 aprile 1969, n. 153, sulla revisione degli ordinamenti pensionistici e in materia di sicurezza sociale, avendo modificato il n. 1 dell'art. 2778 cod. civ. nel senso di collocare i crediti per contributi di previdenza sociale in primo grado in luogo di quelli tributari, avrebbe posto sullo stesso piano situazioni giuridiche profondamente diverse e diversamente realizzabili in sede esecutiva, in quanto il grado di privilegio, per effetto della modifica legislativa, di cui all'art. 66 citato, escluderebbe "sia sul piano formale che su quello sostanziale un razionale fondamento della facoltà di surroga prevista dall'art. 205 t.u. citato e violerebbe, quindi, l'art. 3 della Costituzione".
2. - La questione non é fondata.
La legge 29 luglio 1975, n. 426, entrata in vigore nel corso di questo giudizio, stabilisce che le sue disposizioni si applicano "anche per i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore e se il privilegio é stato fatto valere anteriormente".
Essa, che ha modificato l'ordine dei privilegi stabiliti dal codice civile, con l'art. 12 ha sostituito l'art. 2778 cod. civ., affermando, nella nuova formula, la stessa salvezza concernente i privilegi indicati nell'art. 2777 stesso codice e, quindi, anche quelli relativi ai crediti di istituti, enti e fondi speciali nella formula stessa indicati al n. 1 e già previsti dall'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nonché quelli indicati nell'art. 2753 codice civile.
Da tali disposizioni emerge che l'ordine di prelazione stabilito nel n. 1 dell'art. 2778 per contributi dovuti ad enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, ivi indicate, non ha alterato la posizione, ad essi potiore, dei crediti dichiarati da leggi speciali genericamente preferiti ad ogni altro credito nei limiti stabiliti dall'art. 2777, come già ebbe ad affermare la Corte di cassazione con riguardo all'art. 66 della legge 30 aprile 1969, n. 153, ora abrogato dall'art. 16 della legge 29 luglio 1975, n. 426.
Alla stregua di tale disciplina - anteriore ed attuale - va considerato che il diritto di surroga dell'esattore a termini dell'art. 205 t.u. citato, in quanto volto alla sollecita riscossione dei tributi e non collegato al grado del privilegio, non incide affatto sull'ordine dei privilegi che deve essere accertato dal giudice, a termini di legge, nei casi concreti.
D'altra parte, non va trascurato che neppure nei casi in cui il credito privilegiato per tributi sia di grado posteriore a quello previsto nel n. 1 dell'art. 2778 cod. civ. é ammessa una indagine preliminare circa la prevedibile possibilità di soddisfacimento in concreto del credito tributario. Come questa Corte ebbe a rilevare con sentenza 4 giugno 1970, n. 95, l'art. 3 della Costituzione é applicabile quando vi sia omogeneità di situazioni da regolare legislativamente in modo unitario e coerente, non quando si tratti di situazioni che, pur derivanti da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari: come nel caso in esame, caratterizzato dalla finalità di natura pubblicistica di agevolare la sollecita riscossione di tributi erariali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 205 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (testo unico delle leggi sulle imposte dirette), sollevata dal pretore di Sarzana, con ordinanza 24 aprile 1973, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1976