Sentenza n. 95 del 1976
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SENTENZA N. 95

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 164 del codice penale, come modificato dall'art. 12 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 220, concernente provvedimenti urgenti sulla giustizia penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 18 aprile 1974 dal pretore di Gubbio nel procedimento penale a carico di Mannucci Ramiro, iscritta al n. 337 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 277 del 23 ottobre 1974;

2) ordinanza emessa il 27 novembre 1974 dal tribunale di Locri nel procedimento penale a carico di Moio Sebastiano, iscritta al n. 69 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 88 del 2 aprile 1975;

3) ordinanza emessa il 10 giugno 1974 dal tribunale di Biella nel procedimento penale a carico di Minganti Emilio, iscritta al n. 290 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 228 del 27 agosto 1975;

4) ordinanza emessa il 5 maggio 1975 dal tribunale di Lucera nel procedimento penale a carico di Cicilano Antonio, iscritta al n. 303 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 235 del 3 settembre 1975.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1976 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 18 aprile 1974 nel procedimento penale a carico di Mannucci Ramiro, già condannato in precedenza a pena detentiva per delitto non sospesa, il pretore di Gubbio ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione questione di legittimità costituzionale dell'art. 164, ultimo comma, del codice penale (concernente i limiti entro i quali può essere concessa la sospensione condizionale della pena), nel nuovo testo risultante dall'art. 12 dcl d.l. 11 aprile 1974, n. 99.

Secondo il giudice a quo la norma impugnata consentirebbe di concedere la sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto solo nel caso in cui l'esecuzione della predetta condanna sia stata già sospesa ed opererebbe, conseguentemente, un'irragionevole discriminazione in danno di coloro che hanno subito una precedente condanna senza fruire del beneficio.

Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, assistito dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata in quanto non vi sarebbe uguaglianza di posizioni tra colui cui sia stata già concessa la sospensione condizionale della pena e colui cui tale beneficio sia stato negato.

2. - Analoga questione é stata sollevata dal tribunale di Biella nel corso del procedimento penale a carico di Minganti Emilio, dal tribunale di Locri e dal tribunale di Lucera nel corso di procedimenti penali rispettivamente a carico di Moio Sebastiano e Cicilano Antonio, tutti già condannati, in precedenza, per delitto a pena detentiva la cui esecuzione non era stata sospesa. La questione sollevata dal tribunale di Biella, al pari di quella del pretore di Gubbio, ha riferimento al testo dell'art. 164 codice penale così come modificato dall'art. 12 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99. Le ordinanze del tribunale di Locri e del tribunale di Lucera riguardano invece il predetto art. 164 codice penale nella formulazione risultante dagli emendamenti apportati dalla legge 7 giugno 1974, n. 220 che ha convertito in legge il decreto legge n. 99 del 1974 sopra citato.

In tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni sollevate.

Considerato in diritto

1. - Le quattro ordinanze in epigrafe sollevano questioni di legittimità costituzionale identiche o comunque connesse: si ravvisa pertanto utile la riunione dei rispettivi giudizi onde dar luogo a decisione con unica sentenza.

2. - L'art. 164 del codice penale prima della riforma attuata con il d.l. 11 aprile 1974, n. 99 (poi convertito, con emendamenti, nella legge 7 giugno 1974, n. 220), vietava, fra l'altro, la concessione della sospensione condizionale della pena a chi avesse già riportato una condanna a pena detentiva per delitto.

La sospensione non poteva essere concessa più di una volta salvo che nel caso di condanna a pena detentiva preceduta da condanna a pena pecuniaria sospesa.

Con sentenza n. 86 del 1970 questa Corte ammise la possibilità della concessione quando il secondo reato si legasse con vincolo della continuazione a quello già precedentemente punito con pena sospesa. Quindi con altra sentenza n. 73 del 1971 ritenne tale possibilità anche nel caso di nuova condanna per un delitto commesso anteriormente alla precedente e sempre che la pena da infliggere, cumulata con quella già sospesa, non sorpassasse i limiti stabiliti per l'applicabilità del beneficio.

Con l'art. 12 del sopra citato decreto legge, l'art. 164 venne riformulato. Nel nuovo testo si mantenne il divieto di concedere la sospensione condizionale a chi avesse già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, ma nell'ultimo comma, dopo aver ribadito il principio per cui il beneficio in questione poteva essere concesso solo una volta, si stabilì testualmente: "Tuttavia nel caso che per una precedente condanna sia stata già ordinata la sospensione dell'esecuzione, il giudice può, nell'infliggere una nuova condanna, disporre la sospensione condizionale, qualora la pena, cumulata a quella precedentemente sospesa, non superi i limiti stabiliti nell'art. 163". E, cioè, i limiti che nella nuova disciplina risultante dalle innovazioni apportate nell'art. 11 del citato decreto legge, tuttora in vigore, sono, in via generale, di due anni di pena detentiva, originariamente irrogata o risultante dalla conversione di pena pecuniaria; limiti elevati a tre anni per i minori degli anni diciotto e a due anni più sei mesi per gli ultrasettantenni e per le persone di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno.

In sede di conversione vennero apportati emendamenti all'ultimo comma del predetto art. 12 ed il suo testo definitivo, tuttora vigente, risultante dalla citata legge n. 220 del 1974, é il seguente:

"La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice può, nell'infliggere una nuova condanna, disporre la sospensione condizionale della pena, qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'art. 163".

3. - Le ordinanze del pretore di Gubbio e del tribunale di Biella sono antecedenti alla conversione del decreto legge e quindi non tengono conto delle modifiche apportate con la legge suddetta.

Quelle del tribunale di Locri e del tribunale di Lucera sono state invece emanate dopo la pubblicazione della legge di conversione ed hanno quindi riferimento al testo dell'art. 164 codice penale attualmente in vigore.

Tutte le predette ordinanze riguardano procedimenti penali a carico di soggetti già condannati per delitto a pena detentiva non sospesa sia perché, come nel caso sottoposto all'esame del pretore di Gubbio, la sua durata eccedeva il limite stabilito dalla legge allora in vigore, sia perché, come nella fattispecie relativa alle tre altre ordinanze, il giudice non aveva ritenuto di applicare il beneficio. I giudici a quibus muovono dal presupposto che, secondo la nuova disciplina, chi ha subito una precedente condanna a pena detentiva per delitto, può fruire del beneficio della sospensione condizionale, in occasione della seconda condanna, solo se l'esecuzione della prima é stata sospesa e assumono che ciò determini un irragionevole disparità di trattamento, lesiva del principio di uguaglianza, in pregiudizio di coloro che hanno già subito una condanna a pena detentiva per delitto senza però fruire del beneficio.

L'Avvocatura dello Stato osserva, nell'atto d'intervento relativo all'ordinanza del tribunale di Lucera (reg. ord. n. 303/75), che, a seguito delle modifiche apportate con la legge di conversione n. 220 del 1974, e tenuto conto dei lavori preparatori, si potrebbe, nel concorso degli altri presupposti stabiliti dalla legge, concedere la sospensione condizionale anche all'imputato già condannato per delitto ad una pena detentiva la cui esecuzione non sia stata sospesa. E con tale interpretazione sarebbero dissolti i dubbi delle ordinanze, risultandone per tal verso, infondata la questione.

4. - Orbene é certo esatto che il testo dell'ultimo comma dell'art. 164 codice penale oggi vigente é diverso da quello di cui all'art. 12 del d.l. sopra citato ed é altrettanto vero che gli emendamenti, in sede di conversione, furono apportati proprio al fine di allargare la portata della norma onde rendere possibile la concessione della sospensione condizionale della pena anche a chi avesse riportato una condanna per delitto a pena detentiva e tale condanna non fosse stata oggetto di sospensione.

Non può negarsi, peraltro, che la dizione finale della norma presenti delle ambiguità tali da legittimare il dubbio che il suo significato originario, non ostante le modifiche apportate, sia rimasto immutato.

Infatti la proposizione normativa del cui significato si discute, e che letteralmente riguarda la possibilità di concedere la sospensione in caso di una nuova condanna, non solo non é separata in un comma autonomo da quella che enuncia il principio per cui la sospensione condizionale non può essere concessa più di una volta ma é anzi ad essa collegata dall'avverbio avversativo "tuttavia".

Sicché, accordandosi prevalenza all'elemento letterale e non riconoscendo efficacia decisiva ai lavori preparatori, potrebbe ritenersi, come si fa nelle ultime due ordinanze, che il beneficio per chi abbia riportato una precedente condanna per delitto non possa essere concesso che nell'ipotesi in cui l'esecuzione di detta condanna sia stata sospesa, mentre nel caso di mancata sospensione opera il limite di cui al secondo comma, n. 1 (impedimento derivante da precedente condanna per delitto a pena detentiva).

5. - La Corte ritiene di prendere atto di quest'ultima interpretazione basata sul senso fatto palese dal significato proprio delle parole usate dal legislatore secondo la connessione di esse (art. 2 preleggi) in quanto risulta espressamente accolta dalla Corte di cassazione in una recente decisione, fra l'altro in base al rilievo che se la sospensione non era applicabile in occasione della prima condanna, tanto meno poteva ritenersi che lo fosse in occasione della seconda.

Orbene le norme vivono nell'ordinamento nel contenuto risultante dall'applicazione fattane dal giudice, come più volte ha ritenuto questa Corte.

Ma se il significato dell'art. 164 cod. pen., anche nel testo attualmente in vigore, é quello surriportato non può non riconoscersi la fondatezza della questione sollevata dal tribunale di Locri e dal tribunale di Lucera.

Non si comprende infatti come possa essere giustificata la mancata previsione della possibilità di concedere la sospensione condizionale a chi ha riportato una precedente condanna per delitto a pena detentiva, la cui esecuzione non sia stata sospesa, quando tale possibilità é invece prevista nell'ipotesi in cui la precedente condanna alla reclusione sia stata sospesa.

A giustificarla non é certo idonea l'affermazione che nel secondo caso già esiste una valutazione prognostica positiva che spetta al nuovo giudice verificare, alla luce del nuovo fatto intervenuto, mentre nel primo caso esiste, al contrario, un giudizio negativo che potrebbe ritenersi convalidato e confermato dai fatti successivamente intervenuti.

La commissione di un nuovo reato da parte di chi ha riportato una precedente condanna, potrebbe semmai dimostrare, coi fatti, l'erroneità della valutazione, compiuta dal primo giudice, di non recidività del reo e che quest'ultimo non merita un trattamento più favorevole di quello riservato a chi di tale valutazione non abbia a giovarsi.

D'altra parte, e ciò sembra decisivo, poiché la personalità umana é soggetta ad evoluzione e cambiamenti, non appare ragionevole condizionare l'apprezzamento sulla proclività al delitto del colpevole da formularsi in occasione della seconda condanna, alla valutazione effettuata in tempo precedente o addirittura remoto da altro giudice. E non é da escludersi che l'esecuzione di una precedente condanna possa avere determinato l'evoluzione in senso positivo della personalità del condannato.

6. - Quanto infine alla questione sollevata dal pretore di Gubbio e dal tribunale di Biella (che, come si é già detto, ha riferimento al testo dell'art. 164 c.p. risultante dal d.l. 11 aprile 1974, n. 99, prima della conversione) appare evidente che essa é assorbita da quella appena esaminata e proposta dal tribunale di Locri e dal tribunale di Lucera attesi gli effetti novativi e sostitutivi della legge di conversione rispetto alla norma del decreto legge.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 164, ultimo comma, del codice penale (così come modificato dall'art. 12 del d.l. 11 aprile 1974, n. 99, convertito in legge 7 giugno 1974, n. 220), nella parte in cui non consente la concessione della sospensione condizionale della pena a chi ha già riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non sospesa, qualora la pena da infliggere cumulata con quella irrogata con la condanna precedente non superi i limiti stabiliti dall'art. 163 del codice penale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 28 aprile 1976.