SENTENZA N. 50
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Dott. Luigi OGGIONI, Presidente
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (sospensione dei termini processuali nel periodo feriale), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1974 dal tribunale supremo militare nel procedimento penale a carico di Bertin Egidio, iscritta al n. 93 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 114 del 30 aprile 1975.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1975 la relazione del Presidente;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Gozzi, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Il brigadiere di p.s. Bertin Egidio veniva assolto dal tribunale militare territoriale di Padova dalla imputazione del reato di abbandono di posto (art. 120 codice penale militare di pace) e la sentenza veniva impugnata dal Procuratore militare.
Il tribunale supremo militare, con ordinanza 29 novembre 1974, assumendo che, siccome non era stato rispettato, ai fini della notifica dell'impugnazione all'imputato, il termine di trenta giorni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 199 bis codice procedura penale e 261 codice penale militare di pace, e non potendosi applicare alla giurisdizione militare la sospensione di termini nel periodo feriale prevista dall'art. 1 legge 7 ottobre 1969, n. 742, il ricorso stesso avrebbe dovuto dichiararsi inammissibile per tardiva notificazione all'imputato.
Sennonché, prosegue l'ordinanza, l'esclusione dell'applicabilità della sospensione dei termini processuali alla giurisdizione militare, implicitamente disposta dalla norma citata, che fa riferimento soltanto alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle amministrative (tra le quali, secondo il giudice a quo, non potrebbe rientrare quella militare, di carattere speciale), condurrebbe ad un contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Ed invero, sempre secondo il giudice a quo, le esigenze che hanno dettato la legge sulla sospensione dei termini nel periodo feriale, riguarderebbero anche i processi militari, le cui pur riconosciute caratteristiche di agibilità e speditezza non varrebbero a giustificare il sacrificio delle garanzie della difesa. Tali argomentazioni, che sarebbero valide, anche se, nella specie, si verte in materia di ricorso del P.M., "perché nella maggior parte dei casi é la difesa a soffrire" della eccezione, escluderebbero la sussistenza di una valida giustificazione della limitazione in ragione della specialità del rito, e darebbero così fondamento alla censura.
L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 30 aprile 1975.
Avanti a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha ritualmente depositato le proprie deduzioni in cancelleria.
L'Avvocatura eccepisce anzitutto l'irrilevanza della questione poiché, nel processo a quo, verrebbe in considerazione solo la tardività della notifica del ricorso del P.M., al quale non sarebbero riferibili i principi costituzionali invocati nell'ordinanza di rinvio, che riguarderebbero soltanto i cittadini e non gli organi giurisdizionali.
Nel merito, l'Avvocatura osserva che la peculiare natura del processo militare esigerebbe particolare speditezza di trattazione e fornirebbe così adeguata giustificazione della diversità di disciplina, mentre non potrebbe venire, comunque, in considerazione la garanzia della difesa che non verrebbe menomata dall'esclusione censurata, risolventesi solo in un maggior onere professionale per i difensori nei procedimenti militari.
Considerato in diritto
1. - Con la suindicata ordinanza di rimessione a questa Corte, il tribunale supremo militare ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, sulla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
L'ordinanza premette che, in relazione a sentenza assolutoria emessa, nel luglio 1974, dal tribunale militare territoriale di Padova nei confronti del brigadiere di p.s. Bertin Egidio, il Procuratore militare aveva proposto tempestivo ricorso, notificato tuttavia fuori termine. Ciò posto, il tribunale supremo ha osservato che la inapplicabilità, al caso, del computo della sospensione di diritto dei termini processuali, riservato soltanto alle giurisdizioni ordinarie e amministrative dalla citata legge del 1969 e non alla giurisdizione militare, che ha carattere speciale, condurrebbe al riconoscimento che il predetto sistema normativo sarebbe viziato da illegittimità, sia in relazione all'art. 3 Cost. (non razionale diversità di trattamento) sia in relazione all'art. 24 Cost. (difficoltà di esercizio del diritto di difesa dell'imputato durante il decorso del periodo feriale).
2. - L'Avvocatura dello Stato eccepisce preliminarmente la inammissibilità della questione perché irrilevante, in quanto nel processo a quo sarebbe oggetto di esame soltanto la tempestività del ricorso del pubblico ministero, mentre "le norme costituzionali in discussione riguarderebbero soltanto le posizioni dei cittadini e non degli organi giurisdizionali".
L'eccezione non é fondata.
Basti ricordare che questa Corte ha più volte avuto occasione di raffrontare la posizione giuridica del pubblico ministero e quella delle parti, ai fini del controllo sulla tutela del principio di eguaglianza, considerando parimenti l'uno e le altre, nella dialettica del processo, come parti (sentenze n. 190 del 1970, n. 177 del 1971, n. 27 del 1972).
Pertanto, sono da escludere l'asserita dualità di posizioni e la conseguenza che se ne vorrebbe trarre, ai fini della rilevanza.
3. - Nel merito, la questione non é fondata.
La dedotta differenziazione di disciplina non comporta violazione del principio di uguaglianza.
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tanto può ritenersi sussistente tale violazione, in quanto si tratti di giudicare di regolamentazioni diverse di situazioni obbiettivamente omogenee, e in quanto non possa rilevarsi una razionale giustificazione per la detta differenziazione. Il limite alla discrezionalità del legislatore é, quindi, segnato esclusivamente dalla ragionevolezza della differenziazione, limite che, nella specie, é certamente salvo in vista delle peculiari caratteristiche del processo penale militare nel quale si inserisce la figura di quel pubblico ministero, ripetendone ovviamente la peculiarità.
La legge processuale penale militare, invero, tende a garantire l'osservanza dell'ordine giuridico militare, cioè di uno dei dati salienti della funzionalità delle Forze armate, strumento di attuazione del principio proclamato con forza tutta particolare dall'art. 52 Cost., secondo cui "La difesa della Patria é sacro dovere del cittadino". E la portata di tale principio non si limita alla conservazione dell'organismo militare come tale, bensì si estende alla garanzia dell'intera comunità statuale dalle offese che, comunque, possano esserle arrecate. Risponde, fra l'altro, all'importanza tutta particolare della funzione così garantita, la speciale composizione dei tribunali militari, in relazione alla quale é sancita l'investitura di ufficiali ordinari come giudici, nonché la sollecitudine delle relative procedure, la cui peculiarità é, d'altra parte, caratterizzata da alcune fondamentali connotazioni, quali la esclusione della possibilità di costituzione di parte civile e la mancanza del giudizio di appello.
Le descritte caratteristiche, unitamente al fatto che le norme penali militari sono contenute in un codice diverso dal codice penale comune e sono intese a disciplinare la condotta di persone che rivestono la particolare qualità di militari, sono sufficienti per ritenere la specialità del diritto penale militare, ed escludono, quindi, l'applicabilità al processo penale militare della sospensione dei termini durante il periodo feriale.
D'altra parte, il legislatore stesso, pur seguendo lo scopo di tutelare il riposo feriale, ciò intese fare "non in modo totalitario ed incondizionato ma tenendo anche conto dell'esigenza di non sacrificare a tali fini anche situazioni che più gravemente avrebbero inciso sui diritti delle parti" (sent. n. 130 del 1974), ed all'uopo ha sancito una serie di eccezioni alla sospensione (artt. 2 e 3 legge 7 ottobre 1969, n. 742). É, quindi, del pari, ed anzi a maggior ragione, giustificabile l'esclusione dalla sospensione per i processi penali militari, la cui peculiarità é, appunto, segnata da riflessi su interessi di ordine generale, di quella penetrante portata ed incisività sopra indicate.
4. - Infine, con particolare riguardo alla pretesa lesione dell'esercizio del diritto di difesa dell'imputato davanti ai tribunali militari che la norma impugnata comporterebbe, come conseguenza del vizio denunciato, é appena il caso di osservare che la garanzia costituzionale sancita dall'art. 24 Cost. concerne la possibilità di svolgere a tutti i livelli la propria difesa in ogni stato e grado del procedimento, intendendo questa possibilità come la concretizzazione del diritto alla protezione giurisdizionale. Il che, per i motivi indicati al numero precedente, esclude che tale garanzia, così intesa, possa dirsi, nel caso, menomata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 (sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale), nella parte in cui la sospensione é esclusa nei processi penali militari: questione sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal tribunale supremo militare, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1976.
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 16 marzo 1976.