Sentenza n. 237 del 1975

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SENTENZA N. 237

 

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

         Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

         Dott. Luigi OGGIONI

         Avv. Angelo DE MARCO

         Avv. Ercole ROCCHETTI

         Prof. Enzo CAPALOZZA

         Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI 

         Prof. Vezio CRISAFULLI

         Dott. Nicola REALE

         Prof. Paolo ROSSI

         Avv. Leonetto AMADEI

         Dott. Giulio GIONFRIDA

         Prof. Edoardo VOLTERRA

         Prof. Guido ASTUTI

         Dott. Michele ROSSANO.

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 718 e 720 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

 1) ordinanza emessa il 9 dicembre 1972 dal pretore di Avigliano nel procedimento penale a carico di Rosiello Rocco ed altri, iscritta al n. 165 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 4 luglio 1973;

 2) ordinanza emessa il 9 dicembre 1971 dal pretore di Pesaro nel procedimento penale a carico di Candiracci Leo ed altri, iscritta al n. 177 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 dell'11 luglio 1973;

 3) ordinanza emessa il 17 aprile 1973 dal pretore di Viadana nel procedimento penale a carico di Favagrossa Vittoria ed altri, iscritta al n. 256 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973.

 Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

 udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Rosiello Rocco ed altri, imputati del reato di cui all'art. 720 del codice penale, il pretore di Avigliano ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale della precitata norma penale, in riferimento agli artt. 3,14,17, 18 e 41 della Costituzione.

 Il giudice a quo, pur prendendo atto che la Corte, con sentenza n. 80 del 1972, si è pronunciata già sulla questione in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dichiarandola non fondata, ha ritenuto doverla riproporre, anche in relazione a detto articolo, sulla base di nuove considerazioni.

 Si assume, nell'ordinanza, che il principio di eguaglianza risulterebbe violato sotto il profilo che la diversa disciplina normativa stabilita dal legislatore in tema di gioco a seconda la natura dei soggetti che ad esso partecipano o dei soggetti ai quali viene riconosciuta la facoltà di esercitarlo o di organizzarlo, non troverebbe valida giustificazione. In particolare, non avrebbe logico fondamento la distinzione tra gioco e gioco operata dal primo comma dell'art. 721 cod. pen., come non avrebbero logico fondamento le varie disposizioni di legge che, per una ragione o per l'altra, consentono ad enti e a privati la gestione di giochi, qualunque ne siano le peculiari caratteristiche, ad altri vietati.

 In ogni tipo di gioco, ad avviso del proponente, sarebbero presenti, sia dal punto di vista oggettivo, sia dal punto di vista soggettivo, quegli elementi di base che, per l'art. 721 cod. pen., caratterizzerebbero il gioco d'azzardo. In effetti, tutti i tipi di gioco, compresi quelli "a pronostico", oltre a poggiare sul fine di lucro, dipenderebbero esclusivamente da fattori al di fuori della influenza del giocatore. In sostanza, obbiettivamente, nessuna differenza sostanziale sarebbe rilevabile tra giochi proibiti e giochi consentiti, essendo comuni l'aleatorietà e il fine di lucro.

 Non varrebbero, infine, a legittimare una diversa disciplina penale per un gioco rispetto ad un altro le finalità di ordine pratico od utilitario perseguite in alcuni casi dal legislatore ordinario, in quanto tali finalità non potrebbero, nell'ambito del principio di eguaglianza, costituire ragionevole fonte di disparità di trattamento trattandosi di situazioni giuridiche sostanzialmente identiche.

 La questione avrebbe anche un apprezzabile fondamento in riferimento agli altri articoli richiamati nell'ordinanza.

 Si osserva, a riguardo, che mentre da una parte viene riconosciuta piena liceità alla partecipazione a giochi aleatori per la loro connessione con interessi economici pubblici, dall'altra viene perseguita la partecipazione agli stessi giochi al di fuori di quelle strutture e organizzazioni beneficiate, anche se essi si svolgono privatamente, come nei circoli riservati esclusivamente ai soci. Ciò inciderebbe "oltre ogni ragionevolezza" sul diritto di ognuno di svolgere privatamente le attività che meglio soddisfino, da un punto di vista soggettivo, le proprie esigenze, nonché sul diritto di disporre liberamente del proprio patrimonio secondo una libera scelta d'impiego.

 Non vi è stata costituzione di parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 2. - Altra questione di legittimità costituzionale dell'articolo 720 del codice penale è stata sollevata dal pretore di Pesaro, su istanza della difesa, limitatamente alla parte in cui prevede la punizione della partecipazione al gioco d'azzardo in circoli privati di qualsiasi specie, in riferimento all'art. 41 della Costituzione.

 Per il proponente la posizione di colui che partecipa al gioco in circoli privati si differenzia sostanzialmente da quella di coloro che invece tengono o agevolano il gioco stesso. Solo in questo secondo caso si avrebbe una aggressione a quei beni che lo Stato ha ritenuto, nel suo libero apprezzamento, tutelare penalmente nell'interesse della collettività sotto il profilo della utilità e della sicurezza sociale.

 Nel primo caso, invece, chi partecipa al gioco d'azzardo danneggerebbe solo se stesso e il proprio patrimonio, in quanto non sussisterebbe alcun interesse dello Stato ad impedire al cittadino di "impiegare liberamente i propri risparmi in quelle attività economiche che più gli aggradano, non escluso il gioco d'azzardo, caratterizzato, come tutte le attività economiche, dal fine di lucro".

 Vi è stata costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

 L'Avvocatura dello Stato contesta la validità di un inquadramento del gioco d'azzardo nel concetto di iniziativa economica privata.

 La partecipazione al gioco d'azzardo costituirebbe, invero, proprio l'antitesi del concetto espresso dall'art. 41 della Costituzione. Tale partecipazione, oltre a danneggiare la sicurezza e la dignità di chi vi prende parte, costituirebbe anche un attentato alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e alla utilità sociale, e ciò in piena antitesi col fondamento dell'iniziativa economica, che presuppone pur sempre una attività operativa non solo diretta a creare e costituire una azienda, ma anche inerente alla vita e allo svolgimento di essa.

 3. - Una terza questione di legittimità costituzionale degli artt. 718 e 720 del codice penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, è stata proposta altresì dal pretore di Viadana con ordinanza del 17 aprile 1973.

 Il complesso normativo che regola e disciplina il gioco d'azzardo costituirebbe, per il proponente, violazione del principio d'eguaglianza sotto il profilo che, mentre le disposizioni contenute nel codice penale puniscono, in via generale, il gioco d'azzardo, lo Stato, d'altra parte, riserverebbe a se stesso la monopolizzazione, in alcuni casi, del gioco stesso e, in altri casi, autorizzerebbe addirittura enti o privati ad esercitarlo (Comuni di Sanremo, Campione d'Italia, Venezia; C.O.N.I., U.N.I.R.E. ecc.) privilegiando nel contempo coloro che vi partecipano.

 Il principio di eguaglianza esigerebbe che, in linea di principio, il gioco fosse consentito a tutti di organizzarlo e praticarlo, sottoponendolo, peraltro, ad una disciplina regolamentare uniforme, non discriminatoria o privilegiata, come attualmente avviene.

 Non vi è stata costituzione di parte e non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

 1. - Le questioni di legittimità costituzionale proposte con le ordinanze dei pretori di Avigliano, di Pesaro e di Viadana si riferiscono alle stesse disposizioni di legge e conseguentemente le relative cause vengono decise con unica sentenza.

  2. - Per il pretore di Avigliano la disciplina a cui il legislatore ha sottoposto il giuoco d'azzardo, oltre a costituire una non ragionevole fonte di disparità di trattamento (art. 3 della Cost.) per le distinzioni operate tra giuoco e giuoco, tra i soggetti che ad esso partecipano o ai quali viene riconosciuta o negata la facoltà di esercitarlo, rappresenterebbe, anche, una limitazione al diritto di ognuno di svolgere in privato, associandosi o meno (artt. 14, 17 e 18 Cost.), quelle attività che meglio ne soddisfino le esigenze personali e una compressione inammissibile del diritto di disporre del proprio patrimonio secondo una libera scelta di impiego (art. 41 Cost.).

 3. - Anche per il pretore di Pesaro la repressione penale della partecipazione al giuoco d'azzardo, quando questo venga esercitato in luoghi privati di qualsiasi specie, violerebbe l'articolo 41 Cost., in quanto il diritto da tale articolo riconosciuto ad ogni cittadino di liberamente impiegare i propri beni in quelle attività economiche che "più gli aggradano", sarebbe di natura tale da escludere ogni possibile intervento limitativo da parte dello Stato. In sostanza, la norma costituzionale non consentirebbe di accomunare la posizione di colui che partecipa al giuoco d'azzardo con quella di colui o di coloro che agevolano o tengono il giuoco.

 4. - Per il pretore di Viadana l'attuale disciplina del giuoco d'azzardo violerebbe il principio di eguaglianza nella considerazione che mentre il codice penale punisce in via generale il giuoco stesso, il legislatore, poi, in deroga alle norme di carattere generale, avrebbe, con singole disposizioni legislative, riservato a sé e concesso ad altri la facoltà di organizzarlo e di esercitarlo nelle forme e nei modi più svariati, privilegiando coloro che vi partecipano.

 5. - Nel suo unico intervento, già precisato in epigrafe, l'Avvocatura dello Stato esclude, nel caso, ogni validità al riferimento all'art. 41 della Costituzione, in quanto il concetto costituzionale di libera iniziativa economica si legherebbe alla sua utilità sociale e al non danno per la sicurezza, la libertà e la dignità umana, elementi tutti che contrasterebbero con il giuoco d'azzardo.

 6. - Questa Corte ha già esaminato direttamente o indirettamente alcuni aspetti delle questioni prospettate con le tre ordinanze. In particolare ha ritenuto, con sentenza n. 80 del 1972, alla quale sono seguite ordinanze di conferma, non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 718, primo e secondo comma, e 720, primo comma, del codice penale, proposta, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza per il diverso trattamento disposto dal legislatore nei confronti dei cittadini che tengono o agevolano un giuoco d'azzardo o che vi prendano parte in qualsiasi località del territorio nazionale rispetto a quei soggetti che, invece, sono autorizzati, da un complesso di norme particolari derogatorie della disciplina generale fissata dal codice penale, ad esercitare o a partecipare a tali giuochi. Con tale sentenza la Corte ha affermato il principio che nel rapporto tra norme generali e norme derogatorie, questioni di legittimità costituzionale per violazione del principio di eguaglianza, sotto l'uno o l'altro degli aspetti di cui all'art. 3 della Costituzione, possono eventualmente sorgere soltanto in ordine a quest'ultime e non certamente in ordine alle prime, che dettano una disciplina comune a tutti i cittadini. Poiché la questione proposta dal pretore di Viadana sostanzialmente non si discosta da quella decisa con la sentenza n. 80 del 1972 e non vengono addotti argomenti nuovi, ne deve essere dichiarata la manifesta infondatezza.

 7. - Nuove argomentazioni, invece, sempre con riferimento all'art. 3 Cost. vengono, come già precisato, sviluppate nell'ordinanza del pretore di Avigliano, per il quale il principio di eguaglianza troverebbe violazione non tanto nel raffronto tra le norme generali che regolano e disciplinano il giuoco d'azzardo e le norme particolari derogatorie, quanto nell'ambito della stessa disciplina generale.

 Vale, a riguardo, ricordare che questa Corte ha costantemente ritenuto che, nel rispetto del principio di eguaglianza, il legislatore possa adottare norme differenziate per disciplinare situazioni ritenute obiettivamente diverse e che, per tale principio, la valutazione dei criteri in base ai quali il legislatore ha ritenuto ipotizzare una diversità di situazioni, sia incensurabile nei limiti in cui la valutazione stessa risulti ragionevole e non arbitraria.

 Non è accettabile, pertanto, l'affermazione contenuta nell'ordinanza, ossia che non sarebbe ragionevole la distinzione operata dal legislatore con l'art. 721 del codice penale, con il quale l'impugnato art. 718 deve porsi in correlazione, nel determinare le caratteristiche che differenzierebbero il giuoco d'azzardo da ogni altro tipo di giuoco, in quanto ogni tipo di giuoco presenterebbe identici aspetti di aleatorietà e motivi di lucro. A parte il fatto che i due elementi devono coesistere in concreto ai fini della repressione penale del giuoco d'azzardo, devesi rilevare che se è pur vero che in ogni tipo di giuoco può innestarsi un fine di lucro, non v'è dubbio che l'aleatorietà varia col variare del giuoco stesso e può assumere una incidenza diversa, più o meno accentuata se non addirittura esclusiva o quasi.

 Da questi ultimi aspetti dell'incidenza il legislatore legittimamente e ragionevolmente ha tratto conseguenze giuridiche diverse nell'esercizio del suo potere di libera scelta.

 In ordine alla parte dell'ordinanza riferita agli artt. 14, 17 e 18 della Costituzione, la Corte osserva:

 a) la tutela garantita dall'art. 14 non copre la sfera di quei divieti che la legge penale può imporre al cittadino circa l'uso del luogo adibito a suo domicilio quando l'uso sia penalmente illecito;

 b) la libertà sancita dall'art. 17 e il diritto consacrato nell'art. 18 ben possono trovare dei limiti nella esigenza di prevenzione e di sicurezza sociale e di giustizia.

 8. - Non pertinente, infine, il riferimento all'art. 41 della Costituzione contenuto tanto nell'ordinanza del pretore di Avigliano quanto in quella del pretore di Pesaro.

 Il divieto posto dalle norme penali impugnate non oltrepassa il limite che l'art. 41 consente di porre all'iniziativa economica privata. In effetti le norme in questione concorrono a far sì che l'iniziativa economica privata non si svolga in contrasto con quella utilità sociale che sta a fondamento del precetto costituzionale.

 Questa Corte ha già, in più pronunce, riconosciuto che non contrastano con l'autonomia e l'iniziativa economica privata quei limiti che a queste la legge ponga in funzione della utilità sociale e per impedire che possa derivarne danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, elementi con i quali mali si concilia, per gli aspetti che gli sono propri, il giuoco d'azzardo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara:

 a) la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 718 e 720 del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con l'ordinanza del pretore di Viadana indicata in epigrafe e già dichiarata non fondata con la sentenza n. 80 del 27 aprile 1972;

 b) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 720 del codice penale, sollevate dal pretore di Pesaro e dal pretore di Avigliano, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 14, 17, 18 e 41 della Costituzione.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1975.   

 Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI  - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI  - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 1975