SENTENZA N. 80
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 718, primo comma, e 720, primo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1969 dal pretore di Cingoli nel procedimento penale a carico di Leoni Guido ed altri, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 dell'11 marzo 1970.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1972 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 29 novembre 1969, nel corso di un procedimento penale a carico di Leoni Guido ed altri, il pretore di Cingoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 718, primo comma, e 720, primo comma, del codice penale, in riferimento all'art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, per il diverso trattamento - privo di giustificazioni oggettive - disposto nei confronti dei cittadini che tengono od agevolano un gioco d'azzardo e di coloro che vi prendono parte in qualsiasi località del territorio nazionale, rispetto ai soggetti che sono autorizzati invece ad esercitare tali giochi ed a parteciparvi nei Comuni di Venezia, San Remo e Campione d'Italia, in virtù rispettivamente del r.d.l. 16 luglio 1936, n. 1404, convertito nella legge 14 gennaio 1937, n. 62, del r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2248, convertito nella legge 27 dicembre 1928, n.3125, e del r.d.l. 2 marzo 1933, n. 201, convertito nella legge 8 maggio 1933, n. 505; tanto più che la lamentata disparità si realizzerebbe a danno dei cittadini che, a cagione di un’inferiore capacità economica, non sono in grado di svolgere, nelle sedi privilegiate, dei comportamenti che sono altrove considerati reati.
Considerato che le disposizioni del codice penale denunziate nell'ordinanza pongono norme incriminatrici di carattere generale, cui le singole speciali disposizioni legislative rammentate dal pretore derogano nei riguardi di determinate e particolari situazioni;
che, come esattamente osservato dall'Avvocatura generale dello Stato, nel rapporto tra norme generali e norme derogatorie, questioni di legittimità costituzionale per violazione del principio d’eguaglianza, sotto l'uno o l'altro degli aspetti cui hanno riferimento il primo e il secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, possono eventualmente sorgere soltanto in ordine a queste ultime, e non certamente alle prime, che dettano la disciplina comune a tutti i cittadini.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 718, primo comma, e 720, primo comma, del codice penale, sollevata, con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1972.
Giuseppe CHIARELLI - Vezio CRISAFULLI
Depositata in cancelleria il 4 maggio 1972.