Sentenza n. 225 del 1975
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SENTENZA N. 225

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 25 giugno 1973 dal pretore di Poggibonsi nel procedimento penale a carico di Urbani Ilio, iscritta al n. 388 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 14 novembre 1973;

2) ordinanza emessa il 5 febbraio 1974 dal pretore di Napoli nel procedimento penale a carico di Perna Massimo, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 324 dell'11 dicembre 1974.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 1975 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

 

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento penale a carico di Ilio Urbani, il pretore di Poggibonsi, con ordinanza emessa il 25 giugno 1973, rilevato che i precedenti penali dell'imputato avrebbero impedito la concessione del beneficio della non menzione della condanna nei certificati da rilasciare a privati, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice penale e delle norme su cui la Corte ritenga di estendere il suo giudizio, in riferimento agli art. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione.

Secondo il giudice a quo l'iscrizione della condanna, anche dopo l'espiazione della pena, pone il condannato in posizione deteriore rispetto agli altri cittadini e contraddice al principio per cui con l'espiazione devesi ritenere verificata la rieducazione del condannato, voluta dall'art. 27 della Costituzione. Rileva inoltre che apparirebbe in ogni caso contrario alla Costituzione l'obbligatorietà dell'effetto penale in questione, indipendentemente dalla natura del reato commesso, senza che il giudice possa compiere alcuna valutazione al riguardo.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. É intervenuto il Presidente del Consiglio rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

L'Avvocatura, dopo aver premesso alcune considerazioni in ordine all'ammissibilità della questione, poiché il giudice a quo ha espressamente denunciato l'art. 175 c.p. che prevede il potere di evitare in determinati casi l'iscrizione al casellario giudiziario e non gli articoli 607 cpv. e 608 c.p.p. che regolano il rilascio dei certificati ai privati, chiede che la questione venga dichiarata infondata.

Si osserva, in relazione al principio d'eguaglianza, che la iscrizione della condanna é regolata in modo assolutamente oggettivo dalle norme ricordate, poiché risulta oggettivamente diversa la posizione di coloro che abbiano subito condanne rispetto a quelli che condanne non abbiano subito. Il problema dell'estensione del beneficio della non menzione ad altre ipotesi non inciderebbe comunque sul principio d'eguaglianza e non costituirebbe questione di natura costituzionale ma riguardante solo il legislatore ordinario nella sua ampia discrezionalità.

Per quanto attiene all'art. 27, terzo comma, esso secondo l'Avvocatura non sarebbe invocabile, riguardando soltanto la pena e non gli altri effetti penali della condanna. Infatti con la menzione della condanna nel certificato rilasciato a privati il legislatore persegue un fine di certificazione unito a quello di un'ulteriore rieducazione del condannato, quando questi abbia riacquistato la libertà, attraverso un istituto latamente affluitivo. L'esigenza di reinserimento del reo nella vita civile sarebbe invece soddisfatta dall'istituto della riabilitazione che presuppone il piano e collaudato recupero alla vita sociale.

3. - Anche il pretore di Napoli, con ordinanza emessa il 5 febbraio 1974, nel procedimento penale contro Massimo Perna, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice penale, in relazione all'art. 3 della Costituzione. Rifacendosi al precedente costituito dalla sentenza n. 73 del 1971, relativo alla sospensione condizionale della pena, il pretore denunzia la norma suindicata nella parte in cui esclude possa concedersi una seconda non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario spedito a richiesta di privati, nel caso di condanna per reato anteriormente commesso a pena che, cumulata con la prima, non superi i limiti di applicabilità del beneficio.

4. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Nessuno si é costituito dinanzi alla Corte costituzionale.

Considerato in diritto

1. - I due giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza, stante che sollevano questioni di legittimità costituzionale rispetto alla medesima norma.

2. - Con la sua ordinanza il pretore di Poggibonsi denunzia l'illegittimità della norma dell'art. 175 del codice penale e delle altre norme "cui la Corte vorrà estendere il suo giudizio" in ordine all'obbligatorietà, indipendentemente dalla natura del reato commesso, dell'iscrizione della condanna anche dopo l'espiazione della pena nei certificati del casellario giudiziale da rilasciare ai privati. Secondo il giudice a quo tale iscrizione attribuirebbe al condannato uno status deteriore rispetto agli altri cittadini, con violazione dell'articolo 3 della Costituzione, e contraddirebbe al principio di cui all'art. 27, dovendosi presumere che con l'espiazione della pena si é realizzata la rieducazione del condannato. In ogni caso, gli stessi principi costituzionali indicati imporrebbero che al giudice fosse riservata ampia discrezionalità nel disporre o meno l'iscrizione della condanna nel certificato da rilasciare a privati.

3. - Benché il giudice a quo abbia formalmente omesso di indicare gli artt. 607 e 608 del codice di procedura penale, che, insieme all'art. 175 del codice penale, concorrono a formare il complesso normativo denunziato, la questione proposta é ammissibile, risultando con sufficiente chiarezza e sicura univocità l'oggetto del giudizio sottoposto alla Corte.

La questione comunque non é fondata.

Non é infatti configurabile che la normativa denunziata confligga con il principio di uguaglianza, essendo diversa la posizione di coloro che abbiano subito condanne da coloro che non ne abbiano subito ed essendo regolati in modo del tutto oggettivo dagli artt. 604, 607 e 608 del codice di procedura penale le modalità della iscrizione e le pronunzie giudiziarie e i provvedimenti amministrativi che devono essere iscritti nei certificati da rilasciare a privati.

Parimenti la non menzione della condanna, é sottoposta dal medesimo art. 175 c.p. a determinate e precise condizioni oggettive ed é applicabile soltanto ai condannati che si trovano in date situazioni, lasciando così una rilevante discrezionalità al giudice in ordine alla concessione del beneficio, in limiti ragionevolmente predeterminati dal legislatore.

La natura giuridica e lo scopo che persegue l'istituzione della iscrizione della condanna nel certificato del casellario giudiziale sono già stati oggetto di esame da parte di questa Corte, la quale (sentenze n. 182 del 1972) ha dichiarato che esso risponde ad esigenze di documentazione di rilevante pubblico interesse, qualificandolo "un effetto non penale della precedente condanna".

Data la natura e la funzione dell'iscrizione, la quale del resto certifica pronunzie e provvedimenti che sono stati oggetto di pubblicazione e che ciascuno pertanto potrebbe accertare direttamente per proprio conto, non può ravvisarsi alcun contrasto della normativa denunziata con l'art. 27 della Costituzione relativo alle pene ed alla funzione di queste. L'iscrizione infatti non aggiunge di per sé alcun ulteriore effetto afflittivo penale alla persona del condannato, le eventuali conseguenze di essa derivano esclusivamente dalla libera valutazione di ciascuno in ordine alla condanna giudiziaria infitta o al provvedimento amministrativo emanato.

Va ancora rilevato che il nostro sistema contempla l'istituto della riabilitazione, il quale si applica a richiesta dell'interessato ed ha a presupposto, oltre all'emenda del condannato, anche il recupero sociale dello stesso, istituto di cui uno degli effetti rilevanti é appunto l'obbligo di non iscrizione della condanna nei certificati rilasciati ai privati.

4. - In riferimento all'art. 3 della Costituzione, il pretore di Napoli denunzia il comma primo del medesimo art. 175 del codice penale nella parte che esclude possa concedersi una seconda non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanna, per reato anteriormente commesso a pena, che, cumulata con la prima, non superi i limiti di applicabilità del beneficio.

Osserva il giudice a quo che la norma in esame può determinare una disparità di trattamento per gli imputati processati per più reati, di cui taluno anteriormente commesso, che siano condannati a pene che, complessivamente considerate, non eccedono i limiti di applicabilità del beneficio. Infatti, mentre gli imputati perseguiti con un unico giudizio, possono giovarsi del beneficio per tutti i reati per i quali siano stati condannati con un'unica sentenza, gli imputati invece perseguiti con procedimenti distinti, e che quindi riportino distinte condanne, possono giovarsi del beneficio solo per la prima di esse, restandone esclusi per quei reati, anteriormente commessi, che abbiano formato oggetto di condanne successive.

5. - La questione é fondata.

L'innegabile disparità di trattamento denunziata dalla ordinanza in epigrafe confligge con il principio di uguaglianza dichiarato nell'art. 3 della Costituzione e non trova alcuna giustificazione razionale.

L'illegittimità costituzionale di norme che riguardano situazioni analoghe é stata dichiarata da questa Corte (sent. 73 del 1971) nei confronti degli artt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del codice penale, dai quali derivava una disparità di trattamento, in ordine all'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, per gli imputati giudicati con un'unica sentenza e gli imputati perseguiti con procedimenti distinti, i quali, a differenza dei primi, non potevano beneficiare della sospensione per reato anteriormente commesso. La Corte ha infatti osservato che per quanto riguarda l'art. 164 "il principio di uguaglianza e la razionalità appaiono vulnerati, poiché la pronunzia di un'unica sentenza afferente a più reati... viene a dipendere da circostanze meramente occasionali o da valutazioni discrezionali (insindacabili) circa lo svolgimento del processo".

Analoghe considerazioni in base alla medesima ratio mostrano che anche l'art. 175 del codice penale nella parte denunziata dal giudice a quo é costituzionalmente viziato in quanto l'applicabilità del beneficio della non iscrizione agli uni e agli altri imputati dipende anch'essa, come nel caso del beneficio della sospensione condizionale della pena, da circostanze non oggettive uguali per tutti, ma occasionali o da statuizioni discrezionali circa la riunione di vari procedimenti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

1) l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 175 del codice penale nella parte che esclude possano concedersi ulteriori non menzioni di condanne nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, nel caso di condanne per reati anteriormente commessi a pene che, cumulate con quelle già irrogate, non superino i limiti di applicabilità del beneficio;

2) non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice penale, sollevate dal pretore di Poggibonsi in riferimento agli artt. 3 e 27, comma terzo, della Costituzione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1975.