Sentenza n. 208 del 1975
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SENTENZA N. 208

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 21 dicembre 1974, concernente "Integrazioni e modifiche di norme finanziarie", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 30 dicembre 1974, depositato in cancelleria il 7 gennaio 1975 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 1975.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1975 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Salvatore Villari, per la Regione siciliana.

Ritenuto in fatto

Nella seduta del 21 dicembre 1974, l'Assemblea regionale siciliana approvava il disegno di legge n. 531 bis in tema di "Integrazioni e modifiche di norme finanziarie", che dispone una serie di interventi e provvidenze diretti alla realizzazione di opere di pubblico interesse, alla incentivazione ed al miglioramento di strutture fondiarie nei settori dell'agricoltura e delle foreste, dei lavori pubblici, e del credito alle aziende artigiane.

Il Commissario dello Stato, cui veniva trasmesso il provvedimento legislativo ai sensi dell'art. 28 dello Statuto della Regione siciliana, impugnava dinanzi a questa Corte, per violazione dell'art. 17 dello Statuto, la norma contenuta nell'art. 9, terzo comma, la quale demanda al Comitato regionale per il credito e il risparmio il compito di determinare periodicamente la misura del tasso di interesse per le operazioni di prestito indicate nei comma precedenti.

Secondo il Commissario dello Stato, dall'esame coordinato della normativa statutaria e delle disposizioni di attuazione in materia di credito e risparmio contenute nel d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133, risulterebbe che la funzione di determinare il tasso di interesse non é stata devoluta agli organi regionali, ma é stata riservata, implicitamente ma sicuramente, allo Stato allo scopo di garantire, nello specifico settore, l'uniformità degli indirizzi e l'armonica disciplina della politica creditizia nell'ambito di tutto il territorio nazionale.

Conseguentemente, il provvedimento legislativo impugnato, in quanto non si conforma ai principi e agli interessi cui si ispira la legislazione dello Stato nella disciplina del credito e del risparmio, esorbiterebbe dai poteri attribuiti alla Regione dall'art. 17 dello Statuto speciale e dalle norme di attuazione, contenute nel citato decreto n. 1133 del 1952.

Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Villari, che, con deduzioni del 15 gennaio 1975, sostiene la infondatezza della questione proposta dal Commissario dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Secondo la difesa della Regione, la ricostruzione del sistema legislativo delineato dal Commissario ricorrente pretende di dedurre una delimitazione della competenza legislativa regionale dalla semplice indicazione delle competenze amministrative trasferite con le norme di attuazione in materia di credito e risparmio alle autorità regionali. Tra le due normative, invece, non sussisterebbe una necessaria coincidenza, in quanto i contenuti possibili della legislazione regionale non dipenderebbero dalla elencazione di cui alle norme di attuazione, ma troverebbero la loro disciplina e i loro limiti unicamente nell'art. 17 dello Statuto.

Ciò posto, la Regione ritiene che la norma impugnata non sia censurabile sotto alcun aspetto; questa conclusione varrebbe sia nel caso che la norma in esame venga inquadrata nella disciplina relativa ai così detti crediti speciali, i cui tassi, essendo forme tecniche di finanziamento, attengono in realtà alla materia sulla quale incidono e rispetto alla quale si pongono in funzione servente; sia nella ipotesi in cui essa venga ricondotta alla materia disciplinata dalla legge bancaria. Ed invero, il terzo comma dell'art. 9 non stabilisce né il limite entro cui va determinato il così detto tasso di interesse, né la misura del tasso spettante all'istituto di credito, ma stabilisce soltanto il criterio di ripartizione, tra il bilancio della Regione e il beneficiario del finanziamento, dell'onere complessivo corrispondente al tasso di interesse dovuto all'istituto di credito per la operazione di finanziamento prevista dalla legge.

All'udienza di discussione le parti hanno ulteriormente illustrato le loro deduzioni e difese.

Considerato in diritto

1. - Con la legge approvata dall'Assemblea il 21 dicembre 1974, recante il titolo "Integrazione e modifiche di norme finanziarie", la Regione siciliana adottava una serie di interventi in vari settori dell'economia e specialmente in quelli dell'agricoltura.

Nell'art. 9, commi primo e secondo, della detta legge veniva disposto un ampliamento dell'ambito di applicazione degli interventi e delle garanzie previsti dagli art. 9 e 10 della precedente legge regionale 9 maggio 1974, n. 9, mentre nel terzo comma si stabiliva che "per la determinazione della misura del tasso di interesse per le operazioni di cui ai commi precedenti (e quindi per quelle ivi richiamate e di cui agli art. 9 e 10 della anzidetta legge n. 9 del 1974) si provvede periodicamente con determinazione del comitato regionale per il credito e il risparmio".

2. - Con ricorso notificato il 30 dicembre 1974, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugnava il sopra trascritto terzo comma dell'art. 9 denunziando la violazione dell'art. 17, lettera e, dello Statuto speciale e degli artt. 1, 2 e 10 delle norme di attuazione approvate con d.P.R. 27 giugno 1952, n. 1133.

Deduceva al riguardo il Commissario che, essendo la competenza legislativa regionale relativa alla "disciplina del credito" prevista soltanto come concorrente con quella statale, essa importava il rispetto dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato e quindi escludeva ogni intervento della Regione nella determinazione dei tassi nelle operazioni bancarie, la cui materia, incidendo in quella della manovra del credito, doveva intendersi come strettamente riservata allo Stato, ai sensi dell'art. 32 della legge bancaria (leggi 7 marzo 1938, n. 141, e 7 aprile stesso, n. 36).

Aggiungeva il Commissario ricorrente che le norme di attuazione di cui al citato decreto presidenziale, le quali avevano istituito presso la Regione un Comitato regionale per il credito e il risparmio (art. 1), ne avevano limitata la competenza ad attività di ordinamento e di organizzazione (art. 2) sotto la stretta vigilanza della Banca d'Italia (art. 3), sì che doveva escludersi ogni sua ingerenza in materia di determinazione dei tassi, rimasta affidata alla competenza dello Stato e regolata dalle "disposizioni" da esso emanate (art. 10).

3. - Replicava la Regione, con l'atto di costituzione in giudizio 15 gennaio 1975, che la norma impugnata riguardava non la generale materia del credito e dei relativi tassi, bensì quella particolare dei crediti speciali da inquadrare, non sotto il paradigma del credito di cui all'art. 17 dello Statuto, ma nelle singole materie cui i crediti speciali ineriscono. Ed aggiungeva la Regione che, con la norma impugnata, essa non intendeva modificare i tassi dovuti agli istituti di credito (così detti tassi di riferimento o tassi base) bensì quelli (agevolati) posti a carico del beneficiario, mediante la cui manovra, in aumento o in diminuzione, essa intendeva determinare (per differenza), i limiti di concorso della Regione nel pagamento degli interessi dovuti per l'operazione.

4. - Come si evince dalla impostazione delle tesi contrastanti, premessa alla risoluzione delle questioni di costituzionalità sulle quali la controversia si fonda é la interpretazione da attribuire alla disposizione impugnata, perché, se dovesse ritenersi esatta quella del Commissario, nessun dubbio potrebbe aversi circa la illegittimità della norma. Se, infatti, per tasso di interesse da regolarsi periodicamente dal Comitato regionale per il credito, dovesse intendersi quello globale della operazione, sarebbe certa l'invasione della competenza statale da parte della Regione perché la manovra dei tassi bancari, anche relativa ai crediti speciali (legge 2 giugno 1961, n. 454, art. 34, legge 17 agosto 1974, n. 397, decreto legge 24 febbraio 1975, n. 26, e legge di conversione 23 aprile 1975, numero 125), é compito esclusivo dello Stato, in quanto incidente sulla circolazione creditizia e il mercato monetario e quindi sullo sviluppo economico e la vita stessa del Paese (Corte costituzionale, sentenza n. 58 del 1958).

5. - Non pare tuttavia che la interpretazione della norma impugnata fornita dal Commissario dello Stato nel suo ricorso possa essere ritenuta esatta.

Ciò perché l'ultimo comma dell'art. 9 che affida al Comitato regionale per il credito e il risparmio la manovra dei tassi, si riferisce alle "operazioni di cui ai commi precedenti" e cioé a quelle indicate negli art. 9 e 10 della legge regionale 9 maggio 1974, n. 9. Ora, in tali articoli si prevedono operazioni "a tasso agevolato" fissati rispettivamente nella misura del 3 e del 2%, e nel primo di essi si aggiunge la precisazione (non ripetuta nell'articolo successivo perché ovviamente ritenuta superflua) che trattavasi del "tasso di interesse da porre a carico del beneficiario".

Perciò, quando, nel terzo comma dell'art. 9 impugnato, si parla di misura del tasso di interesse da determinarsi dal Comitato periodicamente, deve intendersi per tasso quello agevolato, da corrispondersi dal beneficiario.

6. - Né mancano apprezzabili motivi atti a giustificare l'intento del legislatore regionale, volto a determinare periodicamente i tassi, e cioé variare in più o in meno, quelli che nella legge base n. 9 del 1974 erano stabiliti in misura fissa del 2 e del 3%. Tali motivi si rinvengono nella situazione economico-finanziaria del momento in cui la legge impugnata é stata emanata. Va infatti ricordato che alla fine del 1974 i tassi bancari crescevano oltre ogni limite conosciuto nella esperienza del passato e quelli dei crediti speciali, e cioé i tassi base o di riferimento, li seguivano a non grande distanza. Il carico che gli enti pubblici si erano addossati per assicurare al beneficiario un tasso fisso, ordinariamente assai modesto, e cioé la somma stanziata a tale scopo in bilancio, diveniva largamente insufficiente, perché l'onere differenziale cui dovevasi far fronte cresceva in modo rilevante con il crescere del tasso di riferimento.

Per ovviare a tali conseguenze non vi erano che tre vie: lasciare invariata la somma stanziata, riducendo l'importo globale delle operazioni; aumentare, e rilevantemente, la somma stanziata, lasciando invariato l'importo globale delle operazioni; ovvero lasciare invariata la somma stanziata - o aumentarla di quanto possibile - pur lasciando invariato l'importo globale delle operazioni, ma, in tal caso, variando in aumento il tasso dell'interesse posto a carico del beneficiario, salvo poi a diminuirlo quando il tasso globale delle operazioni, e cioé quello di riferimento, si fosse ridotto.

La norma impugnata ha prescelto la terza soluzione, facendo ricorso a un meccanismo di variabilità dei tassi agevolati, analogo a quello che lo Stato aveva già adottato, con la legge 17 agosto 1974, n. 397, nella quale (art. 1, comma secondo) é appunto disposto che: "la misura dei tassi agevolati (fissati dal Ministero del tesoro di concerto con quelli competenti per la materia, sentito il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio) sarà stabilita in modo che sia conservata rispetto al tasso base di riferimento, deliberato dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, la stessa proporzione prima esistente tra tali tassi e i tassi base vigenti anteriormente al 18 luglio 1974". Tale normativa é stata poi confermata e completata con decreto legge n. 26 del 1975 e la legge di conversione 125 del 1975, citati.

7. - In sostanza, si é portati a ritenere che la Regione abbia inteso, con la norma impugnata, di assumere un provvedimento analogo a quello già adottato dallo Stato. Il che non significa ancora che la Regione avesse il potere di farlo - questione che sarà esaminata più avanti - ma apporta alla tesi della interpretazione della norma impugnata, nel senso che essa si riferisca, per attuarne la variazione, ai tassi agevolati e non a quelli di riferimento, un notevole contributo.

E non va trascurato che alla stessa soluzione, in tema di interpretazione della norma, conduce il principio ermeneutico secondo il quale, tra più interpretazioni possibili, deve prescegliersi quella più conforme a Costituzione, dopo che, per quanto s'é visto innanzi, la norma, ove si intendesse volta alla variazione dei tassi di riferimento, sarebbe certamente ad essa contraria.

8. - Deve pertanto accogliersi, per il significato da conferirsi alla norma impugnata, la interpretazione fornita dalla Regione e ritenersi, così come essa afferma nelle sue difese, che i tassi, rispetto ai quali si conferiva al Comitato regionale per il credito e il risparmio il compito di variarli, non erano già quelli base o di riferimento, bensì quelli agevolati posti a carico del beneficiario nelle operazioni autorizzate dalle leggi richiamate e, ovviamente, non ancora concluse.

9. - A questo punto due profili di costituzionalità devono essere esaminati: il primo attinente al potere della Regione di variare i tassi agevolati, già fissati in una legge regionale, e il secondo relativo alla competenza e legittimazione dell'organo (il Comitato regionale del credito) prescelto per procedere alle relative variazioni.

Quanto al primo profilo, la risposta si ritiene debba essere favorevole alla Regione la quale, se aveva il potere di fissare con una sua legge quei tassi, non si comprenderebbe perché non potesse variarli con un procedimento che trovava in altra legge regionale il suo fondamento e la sua strutturazione.

Quanto al secondo profilo, nessun dubbio che il Comitato regionale del credito, istituito con le norme di attuazione, non abbia tra le sue competenze previste, quella di variare i tassi la cui ordinaria determinazione spetti alla Regione.

Ma tale carenza in ordine alla materia de qua non sembra ragione sufficiente per escludere che la Regionepotesse utilizzare quell'organo per affidargli un compito nuovo, non estraneo agli interessi a salvaguardia dei quali esso é stato creato con norme di raccordo dei poteri statali e regionali, come sono appunto quelle di attuazione.

Ammesso e dimostrato infatti che la Regione aveva il potere di variare i tassi a carico dei beneficiari, deve anche ritenersi che, per provvedervi, essa potesse giovarsi di taluno dei suoi organi, previo parere di un organo tecnico consultivo.

Nel caso, l'organo designato a provvedere deve ritenersi sia l'Assessore alle finanze e quello chiamato ad esprimere un parere, che la terminologia usata concernente la "determinazione" dei tassi, induce a ritenere vincolante, é appunto il Comitato regionale per il credito e il risparmio. Ciò in conformità di quanto previsto nell'art. 1 delle norme di attuazione citate, nelle quali é stabilito che al Comitato regionale sono demandate le attribuzioni (entro i limiti di competenza) spettanti al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e all'Assessore alle finanze, ed entro gli stessi limiti, quelli spettanti al Ministro del tesoro e al Governatore della Banca d'Italia.

10. - Tutto ciò, Con riferimento alla normativa del tempo in cui la legge regionale é stata adottata e il ricorso é stato proposto, importa che il ricorso stesso debba essere dichiarato non fondato.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, terzo comma, della legge approvata dall'Assemblea della Regione siciliana nella seduta del 21 dicembre 1974, concernente a Integrazioni e modifiche di norme finanziarie"; questione proposta dal Commissario dello Stato, col ricorso in epigrafe, in riferimento all'art. 17, lettera e, dello Statuto speciale e agli art. 1, 2 e 10 delle norme di attuazione approvate con decreto del Presidente della Repubblica 27 giugno 1952, n. 1133.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO -  Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 15 luglio 1975.