Sentenza n. 108 del 1975
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SENTENZA N. 108

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale della Campania il 5 giugno 1974 e riapprovata il 12 novembre 1974, recante "Inquadramento del personale del CIAPI di San Nicola La Strada nel ruolo del personale della Giunta regionale della Campania", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 30 novembre 1974, depositato in cancelleria il 9 dicembre successivo ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 1974.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Campania;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1975 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avv. Giuseppe Abbamonte, per la Regione.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso del 30 novembre 1974 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, ha chiesto a questa Corte di voler dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge, approvata il 5 giugno 1974 e riapprovata il 12 novembre dello stesso anno dal Consiglio regionale della Campania, recante "Inquadramento del personale del CIAPI di San Nicola La Strada nel ruolo del personale della Giunta regionale della Campania", per contrasto con gli artt. 117, 97 e 81 della Costituzione e con l'art. 68 dello Statuto della Regione Campania.

Ha premesso in punto di fatto che prima dell'attuazione dell'ordinamento delle Regioni a statuto ordinario, l'istruzione professionale era curata da Enti pubblici, quali l'INAPLI, l'ENALC e l'INIASA, e da organismi di natura privata che svolgevano la loro attività a carattere settoriale, ricevendo contributi dallo Stato e dalle Regioni. Rientrava tra codesti organismi il CIAPI di San Nicola La Strada, associazione di diritto privato costituita il 4 maggio 1964 tra la Cassa per il Mezzogiorno, la Confindustria, l'Unione industriali di Caserta, il Comune di Caserta, la Camera di Commercio di Caserta, la Face Standard e l'Olivetti, ed alla quale potevano partecipare imprese ed enti che si fossero impegnati a contribuire finanziariamente nella gestione per almeno tre anni.

I detti Enti pubblici sono stati sciolti, ed il relativo personale trasferito alle Regioni a statuto ordinario, a seguito del trasferimento delle funzioni amministrative in materia di istruzione artigiana e professionale, di cui al d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10.

In attuazione dell'art. 4 della legge 6 ottobre 1971, n. 853, per cui gli interventi straordinari della Cassa per il Mezzogiorno, relativi alle materie di competenza regionale, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, debbono essere realizzati dalle Regioni, il CIPE, con deliberazione del 12 dicembre 1972, ha stabilito di trasferire, entro il 31 dello stesso mese, i CIAPI alle Regioni meridionali, che sarebbero subentrate alla Cassa per il Mezzogiorno in tutte le funzioni amministrative da questa esercitate, nonché nella proprietà dei beni mobili ed immobili dei Centri stessi.

La legge n. 853 del 1971 e la deliberazione del CIPE, infine, non hanno previsto affatto che i predetti Centri interaziendali di addestramento professionale nell'industria dovessero essere assorbiti dalle Regioni e che il relativo personale dovesse essere inquadrato nei ruoli regionali.

Ciò premesso in punto di fatto, il ricorrente ha dedotto che la legge impugnata ha violato anzitutto l'art. 117 della Costituzione sotto il duplice profilo della incompetenza della Regione "a provvedere per l'assorbimento del Centro nella sua struttura organizzatoria" e "a disporre l'inquadramento del personale del Centro nei ruoli regionali".

Rilevato che l'art. 1 di detta legge non parla direttamente di trasferimento del Centro alla Regione, ma fa richiamo ad una precedente delibera di Giunta, del 24 gennaio 1973, n. 240, che tale trasferimento avrebbe disposto in conformità della indicata delibera del CIPE, e che quest'ultima delibera ha un significato tutt'affatto diverso da quello che la Regione intende, perché vuole solo che le Regioni a statuto ordinario si sostituiscano alla Cassa per il Mezzogiorno in tutte le funzioni fino allora da questa espletate relativamente ai Centri, funzioni di natura meramente privatistica o di natura pubblicistica, il ricorrente ha osservato che la delibera di Giunta é indifferente ai fini del decidere se ha inteso solo significare un trasferimento di funzioni dalla Cassa alla Regione nei confronti del Centro, ed é invece assorbita e fatta propria dalla legge se per attuare un (illegittimo) trasferimento del Centro e del relativo personale alla Regione, si é dovuta appoggiare ad una norma di rango legislativo.

La Regione Campania, con la legge impugnata, come si é già detto, assorbendo Enti pubblici operanti nel settore, ha esorbitato dal limite della materia istruzione artigiana e professionale: ha, infatti, assorbito associazioni private che sono disciplinate dal codice civile e dall'atto costitutivo e relativamente alle quali lo Stato non ha trasferito o delegato alcuna delle sue funzioni.

É andata, inoltre, al di là del limite posto dall'art. 65 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, in correlazione con l'VIII disposizione transitoria della Costituzione, e cioé contro il divieto fatto alle Regioni di assumere personale di provenienza diversa da quella dello Stato e degli Enti locali: e nella specie si tratta di primo impianto organico del personale della Regione tanto é che per l'immissione dei dipendenti del Centro si modifica appositamente la tabella organica del personale regionale all. B alla legge regionale 16 marzo 1974, n. 11. E nel contempo la Regione Campania non ha rispettato l'art. 68, comma primo, dello Statuto regionale che implicitamente esclude la possibilità di inquadramento, nei ruoli della Regione, di personale di enti o associazioni private.

La Regione stessa, d'altra parte, non ha osservato il precetto posto dall'art. 97, ultimo comma, della Costituzione e riconfermato dall'art. 68, terzo comma, dello Statuto regionale, dell'accesso ai pubblici impieghi mediante concorso; e la specie non si presta a rientrare tra i casi stabiliti dalla legge, per cui é possibile la deroga al detto precetto.

La legge impugnata, infine, secondo il ricorrente ha violato l'art. 81, ultimo comma, della Costituzione, perché con l'art. 5 non dà copertura per la somma di lire 180 milioni relativa al personale inquadrato nei ruoli regionali e dispone solo che la spesa graverà sul cap. 19, tit. I, rubrica 3, categoria II. Il fatto che tale voce del bilancio preventivo possa essere capiente per assorbire anche il maggiore onere di lire 180 milioni non fa venir meno la sostanziale elusione del precetto posto dalla norma costituzionale, dato che la legge di bilancio non é idonea ex se a creare situazioni di entrata o di spesa, senza il supporto di leggi sostanziali sottostanti.

2. - La Regione Campania, costituitasi a mezzo dell'avv. prof. Giuseppe Abbamonte, ha chiesto il rigetto del ricorso con le conseguenze di legge.

Contro la tesi che in relazione ai CIAPI siano passate alle Regioni solo le funzioni già spettanti alla Cassa per il Mezzogiorno, ha osservato che rispetto a dette funzioni nonché a quelle dei CIAPI le Regioni sono subentrate in forza dell'art. 117 della Costituzione per competenza propria, e circa l'esercizio dei poteri relativi é escluso che le Regioni possano delegarli alle associazioni di diritto privato. E che si é avuto, in sostanza, un fatto di successione regolato da apposite norme.

I Centri non sono rimasti quali erano durante la gestione della Cassa conservando come tali le funzioni in precedenza esercitate nella materia dell'istruzione artigiana e professionale, a seguito della detta attribuzione di competenza propria alle Regioni, della sostituzione per legge di queste alla Cassa nelle funzioni che questa svolgeva nei Centri interaziendali e della attribuzione alle Regioni per espressa delibera del CIPE della proprietà dei beni mobili ed immobili dei Centri, che di detti beni si servivano quali strumenti operativi (con il conseguente venir meno dell'elemento patrimoniale). D'altra parte non é pensabile che l'art. 4 della legge n. 853 del 1971 abbia espresso l'intento di conservare ai centri come tali le precedenti funzioni perché in tal caso sarebbe stato in contrasto con la competenza attribuita alle Regioni e quindi costituzionalmente illegittimo.

Non può in secondo luogo - ha osservato ancora la Regione - sostenersi per i CIAPI, in quanto associazioni di diritto privato, l'impossibilità che siano assorbiti nella o dalla Regione. In dipendenza dell'attribuzione alle Regioni della proprietà dei beni mobili ed immobili dei Centri e quindi del venir meno dell'elemento patrimoniale, i detti Centri si sarebbero trovati nell'impossibilità di funzionare e di essi potrebbe essere dichiarata la estinzione per sopravvenuta impossibilità di raggiungere lo scopo, da parte delle Regioni a cui a norma dell'art. 5 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10, sono passati i poteri di vigilanza e di tutela sugli enti che operano nella materia dell'istruzione artigiana e professionale. Non rileverebbe comunque il limite del diritto privato perché il CIAPI di cui si tratta é stato costituito da soci in stragrande maggioranza, per numero, e, nella quasi totalità, per conferimenti, enti pubblici; e, essendosi avuta una successione tra enti pubblici, per accertare se vi sia da parte della Regione lesione della sfera dell'autonomia privata, rileverebbero solo il contenuto dei rapporti e l'imputazione effettiva degli interessi.

Per quanto concerne il trasferimento del personale, premesso che il secondo comma dell'art. 65 della legge n. 62 del 1953 va interpretato in connessione con il primo comma e che quindi solo in sede di prima costituzione degli uffici regionali le Regioni debbono provvedere esclusivamente con personale comandato proveniente dagli uffici dello Stato e degli enti locali, la Regione ha osservato che nella specie non si tratta di prima costituzione di uffici regionali: sono tutte le strutture del CIAPI che passano alla Regione, perché siano svolti gli stessi interventi della Cassa e con gli stessi mezzi finanziari e non si costituiscono nuovi uffici. Per ciò l'art. 65 che in via principale può essere ritenuto costituzionalmente illegittimo, in subordine sarebbe inapplicabile perché le fattispecie sono diverse. E poi come sarebbe possibile negare nella specie la situazione di necessità di cui parla l'VIII disposizione transitoria, ultimo comma, ultima parte?

In ordine, infine, alla asserita violazione degli artt. 97, ultimo comma, della Costituzione, e dell'art. 68 dello Statuto regionale, la Regione ha dedotto che c'é da controllare nella specie la legittimità costituzionale di una legge che proprio dispone diversamente ed ancora che le richiamate norme sarebbero inapplicabili perché non c'é da regolare l'accesso agli impieghi delle pubbliche amministrazioni ma la successione di un ente nelle funzioni e nell'organizzazione di altro ente e a quest'ultimo riguardo la Regione vanterebbe due titoli costituzionali.

3. - All'udienza del 20 marzo 1975 il sostituto avvocato generale dello Stato Savarese e l'avv. Abbamonte hanno svolto le ragioni a sostegno delle richieste rispettivamente avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla Regione Campania.

Considerato in diritto

1. - Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che sia dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con gli artt. 117, 97 e 81 della Costituzione e con l'art. 68 dello Statuto della Regione Campania, la legge approvata il 5 giugno 1974 e riapprovata il 12 novembre dello stesso anno dal Consiglio regionale della Campania, recante: "Inquadramento del personale del CIAPI di San Nicola La Strada nel ruolo del personale della Giunta regionale della Campania".

2. - Si assume, anzitutto, da parte del ricorrente che con la legge impugnata l'art. 117 della Costituzione sarebbe stato violato sotto un duplice profilo, perché la Regione Campania avrebbe provveduto per l'assorbimento del detto centro interaziendale di addestramento professionale per l'industria, nella sua struttura organizzatoria ed avrebbe disposto l'inquadramento del relativo personale nei ruoli regionali: la Regione, così facendo, avrebbe esorbitato dal limite della materia "istruzione artigiana e professionale" in quanto che i centri interaziendali, tra cui quello de quo, operanti nel settore, erano associazioni private disciplinate dal codice civile e dall'atto costitutivo e relativamente ad essi lo Stato non aveva trasferito o delegato alcuna delle sue funzioni.

La denuncia così proposta appare fondata.

3. - Prima dell'attuazione dell'ordinamento delle Regioni a statuto ordinario, erano sorti ed operavano enti destinati a curare a livello tecnico, esecutivo ed amministrativo determinati interventi previsti dal piano straordinario e quindi da quello di coordinamento affidato per l'attuazione alla Cassa per il Mezzogiorno. Tra tali Enti rientravano i centri interaziendali di addestramento professionale per l'industria (CIAPI), che erano costituiti ad iniziativa della Cassa, giusta la possibilità prevista nell'art. 20, ultimo comma, della legge 26 giugno 1965, n. 717 (e successivamente nell'art. 131, comma quinto, del t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con il d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523) per la formazione, l'aggiornamento ed il perfezionamento dei lavoratori e dei quadri direttivi ed intermedi aziendali e per conseguente assorbimento, nelle attività produttive e soprattutto nelle aziende che partecipavano alla gestione, degli elementi addestrati nei centri stessi.

I CIAPI (come risulta dagli Statuti) erano associazioni senza fine di lucro, avevano come associati la Cassa (e non necessariamente), amministrazioni ed enti pubblici, e privati (associazioni, imprese, ecc.); perseguivano i detti scopi e per il raggiungimento degli stessi, costituivano e gestivano i necessari corsi di addestramento e di qualificazione, di specializzazione e di perfezionamento, e promuovevano e curavano le attività idonee ad assicurare la migliore formazione professionale; per tutta la loro durata (fissata al 31 dicembre 1980) avevano da parte della Cassa l'uso gratuito degli immobili, degli impianti fissi, dell'arredamento e delle attrezzature; disponevano di un fondo di gestione costituito dai contributi erogati dal Ministero del lavoro, dai contributi della Cassa e degli altri soci, dalle eventuali elargizioni da parte di terzi e da altri proventi, ed in caso di non sufficienza di codesti mezzi, per gli oneri di gestione ricevevano dalla Cassa la copertura della differenza; ed avevano come organi l'assemblea dei soci (che poteva approvare le modifiche allo Statuto, la proroga della durata e lo scioglimento dell'associazione solo con almeno due terzi dei voti, previo parere conforme della Cassa), il consiglio d'amministrazione, il presidente ed il collegio dei revisori dei conti.

Codesti centri erano collegati alla Cassa in vario modo: ed infatti questa poteva fare quanto già ricordato ed inoltre dare altri pareri (vincolanti) (artt. 9, 15, lett. b), nominare il Presidente e designare tre consiglieri (art. 14), nominare due revisori dei conti (art. 21) e far parte, come socio, dell'assemblea (art. 12). Relativamente ad essi, quindi, la posizione della Cassa era rilevante e di indubbia preminenza.

Ma tutto ciò non poteva far ritenere che tali centri fossero degli organi della Cassa (così come invece sostiene nel presente giudizio la difesa della Regione) perché, valutati nei loro aspetti istituzionali, nella loro struttura organizzativa e nella loro attività, risultavano essere semplici associazioni private con intervento pubblico (e, peraltro, non sottoposte alla diretta ingerenza del Ministro per gli interventi straordinari per il Mezzogiorno) che, pur servendo alla realizzazione di scopi della Cassa (e per ciò assumendo la posizione di enti strumentali), non ne esprimevano la volontà, e che operavano esternamente a mezzo di soggetti (i Presidenti) che erano loro rappresentanti e non titolari di uffici.

4. - Tali essendo la natura e la funzione dei detti centri, e quindi anche di quello in relazione al quale é questione, in occasione ed in dipendenza del trasferimento alle Regioni a statuto ordinario (e per quel che qui interessa, alla Regione Campania) delle funzioni legislative e amministrative in materia di "istruzione artigiana e professionale" codesti centri non hanno subito modifiche ed assunto diversa natura, e tanto meno sono stati sciolti o comunque hanno cessato di esistere.

In particolare, a proposito del centro interaziendale di San Nicola La Strada, basta rilevare che, a parte che é mancato qualsiasi atto formale di scioglimento dell'associazione, non ne é venuto meno lo scopo né, per pretesa cessazione dell'elemento patrimoniale, si é avuta l'impossibilità di conseguirlo.

I compiti che lo caratterizzavano, non sono stati soppressi o vietati. Alla contraria conclusione (come invece sostiene la difesa della Regione, secondo cui proprio la Regione sarebbe subentrata in detti compiti), non si può accedere sulla base dell'art. 117 della Costituzione, dell'art. 4 della legge 6 ottobre 1971, n. 853, o del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 10. Il fatto che alla Regione sia stata attribuita una competenza propria (nella materia in oggetto) non significa né comporta necessariamente che essa sia subentrata nei compiti del CIAPI perché ciò non sarebbe potuto avvenire in relazione a soggetti o gruppi, che di fronte allo Stato ed agli enti che con esso o per esso operavano nel settore, godevano di autonoma considerazione giuridica. Né alcun elemento in contrario può dedursi dalla legge n. 853 del 1971 o dal d.P.R. n. 10 del 1972: il citato art. 4 della legge non si presta ad essere invocato a sostegno della detta tesi così come vorrebbe la difesa della Regione, perché nella stessa legge sono previsti in sostituzione dello strumento di piano di coordinamento, i progetti speciali di interventi organici riservati per l'esecuzione alla Cassa ed agli enti ad essa collegati (tra questi rientrano i CIAPI) (artt. 2 e 3 di detta legge) e parimenti é detto che le Regioni, sostituendosi, per quanto di ragione alla Cassa, si sarebbero dovute attenere, tra l'altro, alle direttive del CIPE (e queste, come si dirà in seguito, sono, in relazione al punto in esame, abbastanza significative); e perché nel d.P.R. n. 10 del 1972 si trova tra l'altro una netta differenza di disciplina nei confronti degli enti pubblici (INAPLI, ENALC e INIASA) e nei confronti degli "altri enti, istituzioni ed organizzazioni locali operanti nella Regione" nel ripetuto settore, ed a proposito del secondo gruppo di enti non sono specificamente previsti né lo scioglimento e neppure l'assorbimento del personale da parte della Regione.

D'altra parte non é venuto meno l'elemento patrimoniale del centro e non si sono avute le "conseguenze sul perdurare della soggettività" del centro stesso prospettate dalla Regione. E ciò perché, anche ammesso che il fenomeno fosse stato possibile (ed al riguardo ci sarebbe da dubitare per il solo fatto che non tutti i contributi e proventi provengono dalla Cassa), non rileva la circostanza che alle Regioni competenti sia stata trasferita la proprietà dei beni mobili ed immobili che la Cassa aveva concesso ai centri in uso gratuito (delibera del CIPE del 12 dicembre 1972, di cui ha dato atto la Giunta regionale della Campania con deliberazione n. 240 del 24 gennaio 1973); tale circostanza, infatti, sta a significare solamente che la Regione é subentrata alla Cassa in posizioni giuridiche patrimoniali che questa aveva nei confronti dei centri. Pertanto, questi hanno mantenuto la loro "soggettività".

In relazione a ciò, infine, non ha importanza che alle Regioni siano state trasferite (oltre la detta proprietà dei beni mobili ed immobili) le funzioni e le attività che a proposito dei centri svolgeva la Cassa, perché, anzi, il semplice subingresso di un ente (Regione) ad altro (Cassa) in date posizioni giuridiche nei confronti di un terzo ente (CIAPI) é di per sé confermativo della permanenza di quest'ultimo (sempre che per questo non si verifichi - e nella specie non si é verificato - un fatto estintivo o modificativo che ne concerna l'esistenza).

5. - Stando così le cose, quando hanno avuto luogo le approvazioni della legge in questione, il centro interaziendale da questa considerato era un'associazione privata la quale era collegata alla Regione Campania per la realizzazione degli interventi straordinari alla stessa attribuiti, e che, come si legge nella citata delibera del CIPE, per i suoi compiti istituzionali avrebbe potuto giovarsi, anche se a richiesta della Regione, della collaborazione tecnica, finanziaria ed amministrativa della Cassa e altresì avrebbe potuto essere utilizzata dalla Cassa stessa per la realizzazione dei progetti speciali.

Nonostante che il centro de quo avesse la natura giuridica, la struttura e la funzione anzidette, la Regione Campania ne ha sostanzialmente effettuato l'assorbimento nella propria struttura organizzatoria.

Ed infatti: ha equiparato a tutti gli effetti il centro alle strutture periferiche dell'INAPLI, dell'ENALC e dell'INIASI, trasferite ad essa Regione ai sensi del d.P.R. n. 10 del 1972, ha attribuito al centro una nuova denominazione ed ha inquadrato il personale in servizio presso il centro nel ruolo del personale della Giunta. E con la detta equiparazione ha presupposto come esistente un dato che invece non ricorreva, e cioé che nei compiti del centro essa Regione era subentrata, e comunque ha posto in essere una base formale per l'inquadramento del personale nel detto ruolo regionale.

Così facendo, la Regione, pur legiferando nel settore dell'istruzione professionale, ha esorbitato dalla competenza segnata dall'art. 117 della Costituzione.

La contraria tesi sostenuta, in questa sede, dalla resistente non appare accettabile. Non può, infatti, dirsi non pertinente il richiamo all'argomentazione del limite del diritto privato effettuato dallo Stato, e che la giurisprudenza costituzionale al riguardo sarebbe fuori discussione, perché il centro sarebbe un'associazione tra enti pubblici e si sarebbe avuta la sostituzione della Regione alla Cassa nella soggettività di determinati rapporti: da quanto precede discende con certezza il carattere privato dell'associazione (non rilevando, oltre tutto, per mancanza dei necessari e sufficienti presupposti e delle conseguenti implicazioni, la partecipazione ad essa della Cassa e di enti pubblici), e che il subingresso della Regione nelle funzioni ed attività della Cassa non presuppone e non comporta lo stesso fenomeno a proposito dei compiti del centro.

É consentito, invece, di ritenere che la Regione, con il suo atto legislativo, ha inciso sulla struttura e funzione di un'associazione regolata dal codice civile, annullandone o menomandone la preesistente autonomia (sul terreno soggettivo e patrimoniale), ne ha mutato la denominazione, ne ha fatto venir meno la caratteristica di centro interaziendale, ed ha inquadrato il personale (di un ente privato) nei ruoli di altro ente (pubblico) e cioé della Regione stessa.

E si può per ciò concludere nel senso che le norme della legge impugnata hanno ad oggetto rapporti di diritto privato, e quindi sono relative ad una materia che é stata riconosciuta di competenza dello Stato (sentenza n. 154 del 1972) e non può non essere confermata tale.

Ne discende che la legge de qua sul punto in esame é costituzionalmente illegittima. Ed essendo codesta parte della legge la logica premessa o base nei confronti delle altre, queste vengono a subire la stessa sorte.

Stante l'illegittimità costituzionale della legge nella sua portata sostanziale per violazione dell'art. 117 della Costituzione, rimangono assorbite le denunce relative alla dedotta contrarietà di essa agli artt. 97 e 81 della Costituzione ed all'art. 68 dello Statuto della Regione Campania.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge approvata il 5 giugno 1974 e riapprovata il 12 novembre dello stesso anno, dal Consiglio regionale della Campania, recante: "Inquadramento del personale del CIAPI di San Nicola La Strada nel ruolo del personale della Giunta regionale della Campania".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1975.