SENTENZA N. 220
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 33 e 46, quinto comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (Attuazione delle deleghe conferite al Governo con gli artt. 27 e 29 della legge 30 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa il 30 dicembre 1971 dal tribunale di Trapani nel procedimento civile vertente tra Sancetta Antonia e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 267 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972.
Visti gli atti di costituzione di Sancetta Antonia e dell'INPS, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 giugno 1974 il Giudice relatore Angelo De Marco;
udito l'avv. Benedetto Bussi, per Sancetta Antonia, l'avv. Giovanni Battista Rossi Doria, per l'INPS, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Antonia Sancetta, in data 21 novembre 1969, chiedeva alla sede dell'INPS di Trapani che le venisse liquidata la pensione di riversibilità quale coniuge superstite di Melchiorre Scalia, richiesta che non veniva accolta per il motivo che la istante risultava titolare di pensione diretta.
La Sancetta proponeva ricorso al Comitato provinciale che, come da nota 16 febbraio 1971, lo rigettava, avvertendo la interessata che aveva facoltà di proporre gravame al Comitato regionale, entro novanta giorni.
Prima che tale termine scadesse, dichiarando di non ritenere di essere tenuta a proporre tale gravame, la Sancetta, con atto notificato il 22 marzo 1971, conveniva l'INPS davanti al tribunale di Trapani chiedendo che ne venisse dichiarato l'obbligo a corrisponderle la richiesta pensione di reversibilità, con gli interessi dalla data di rigetto della domanda relativa e con vittoria di spese ed onorari.
In via pregiudiziale, il patrocinio della Sancetta, con lo stesso atto di citazione, chiedeva che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 33 e 46 del decreto legislativo delegato 30 aprile 1970, n. 639, rispettivamente in riferimento all'art. 87 (sic) della Costituzione, per eccesso di delega, ed in riferimento all'art. 24 della Costituzione, in quanto gli artt. 27 e 29 della legge di delegazione 30 aprile 1969, n. 153, non prevedono l'istituzione dei Comitati regionali dell'INPS e, comunque, non dettano alcun criterio direttivo circa il numero dei suoi componenti e la procedura per la loro scelta, ed in quanto l'art. 46 dispone che il termine per la proposizione dei gravami contro i provvedimenti decorrano dalla data della relativa comunicazione e non da quella della ricezione da parte dell'interessato.
Il Tribunale adito, con ordinanza 30 dicembre 1971 (pervenuta a questa Corte il 12 luglio 1972) dichiarava entrambe le questioni, nei termini sopra riassunti, non manifestamente infondate, senza, peraltro, motivare circa la rilevanza.
É intervenuto nel giudizio, come sopra promosso, il Presidente del Consiglio dei ministri, debitamente autorizzato e rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che con l'atto d'intervento, depositato il 10 giugno 1972, chiede che le prospettate questioni vengano dichiarate inammissibili o, comunque, non fondate.
L'inammissibilità viene eccepita per l'assoluta omissione di motivazione circa la rilevanza.
La infondatezza della questione riguardante l'asserito eccesso di delega viene prospettata in considerazione che l'art. 29, lett. a, della legge delegante, nell'indicare le funzioni da attribuire al Comitato speciale preposto al Fondo pensione lavoratori dipendenti, testualmente dispone: "Al Comitato dovranno essere attribuiti i seguenti compiti... decidere in secondo grado - qualora non si provveda ad affidare tale facoltà decisionale a costituendi organi regionali - sui ricorsi in materia di prestazioni dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei dipendenti avverso le decisioni dei Comitati provinciali".
La infondatezza della questione riguardante l'art. 46 non viene motivata con la considerazione che quando venne pronunziata l'ordinanza di rinvio era già entrato in vigore l'art. 2 del d.l. 20 aprile 1971, n. 161, convertito nella legge 18 giugno 1971, n. 374, che dispone: "Ai fini del decorso dei termini di cui all'art. 46, comma quinto, del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, deve intendersi per data utile quella risultante dal timbro apposto sull'avviso di ricevimento dell'ufficio postale tenuto alla restituzione dell'avviso medesimo al destinatario".
Si é costituita in giudizio la Sancetta il di cui patrocinio, con memoria depositata il 21 luglio 1972, riproduce le argomentazioni già fatte proprie dall'ordinanza di rinvio in ordine all'asserito eccesso di delega, insistendo, soprattutto, nella mancanza di qualsiasi indicazione nella legge delegante circa la costituzione del Comitato regionale, mentre, per quanto riguarda l'art. 46, aggiunge che il d.l. n. 161 del 1971 e la legge di conversione n. 374 dello stesso anno ne confermano la illegittimità, ma non rendono inammissibile la relativa eccezione dato che ne rimane l'applicabilità nel testo non modificato ai ricorsi proposti prima del 21 aprile 1971.
Si é costituito in giudizio anche l'INPS, il quale a sua volta ha chiesto - nell'atto di costituzione e in successiva memoria - che le questioni prospettate siano ritenute irrilevanti o comunque infondate.
Il patrocinio della Sancetta ha ulteriormente insistito nelle sue deduzioni anche in una successiva memoria depositata il 30 maggio 1974.
Considerato in diritto
1. - Come ha esattamente rilevato l'Avvocatura generale, il giudice a quo non ha in alcun modo motivato circa la rilevanza delle questioni sottoposte all'esame di questa Corte, ai fini della decisione del giudizio davanti ad esso pendente.
Da questa omissione, peraltro, non può derivare la dichiarazione di inammissibilità di entrambe le questioni o, quanto meno, il rinvio a detto giudice, perché motivi al riguardo, secondo la richiesta dell'Avvocatura stessa.
S'impongono, invece, due opposte soluzioni, come risulta dalle seguenti considerazioni:
a) La questione di legittimità costituzionale dell'art. 33 del d.P.R. n. 639 del 1970 é manifestamente pregiudiziale ai fini della decisione del giudizio a quo, dato che soltanto ove venga dichiarata fondata potrà trovare ingresso l'azione in quella sede proposta, che in caso diverso dovrebbe essere dichiarata improponibile (art. 439 c.p.c.): di qui l'evidente rilevanza, senza necessità di apposita motivazione;
b) Viceversa la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46 dello stesso decreto n. 639 del 1970, indipendentemente dalla modificazione apportatavi dal d.l. n. 161 del 1971, convertito nella legge n. 374 dello stesso anno, risulta ictu oculi irrilevante.
Difatti, come si evince dall'atto di citazione notificato il 22 marzo 1971, la Sancetta non ha proposto ricorso al Comitato regionale, non perché fosse decorso il relativo termine (decorso sul quale avesse avuto influenza la data apposta dall'ufficio postale stabilita dall'originaria disposizione dell'articolo 46, comma sesto), ma perché riteneva di non essere tenuta a continuare la via dei ricorsi amministrativi, per la sostenuta illegittimità del pure impugnato art. 33; di qui l'assoluta estraneità dell'art. 46 dall'oggetto del giudizio a quo e conseguentemente la manifesta irrilevanza della questione ai fini della decisione di tale giudizio.
Resta così dimostrato come la questione riguardante l'art. 33 sia ammissibile, mentre quella riguardante l'art. 46 deve essere senz'altro dichiarata inammissibile per manifesta irrilevanza.
2. - Secondo l'ordinanza di rinvio l'art. 33 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 - attuazione delle deleghe conferite al
Governo con gli artt. 27 e 29 della legge 10 aprile 1969, n. 153, concernente revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale - con il quale é stato istituito in ogni capoluogo di regione un Comitato regionale dell'INPS, avente competenza a decidere in seconda e definitiva istanza i ricorsi avverso le decisioni dei Comitati provinciali in materia di pensioni sociali, sarebbe illegittimo costituzionalmente per eccesso di delega, in quanto né l'art. 27 né l'art. 29 della legge di delegazione ne prevedevano l'istituzione e soprattutto dettavano criteri per la sua composizione: come norma della Costituzione a riferimento si indica l'art. 87.
Il richiamo a tale norma é poco appropriato, in quanto, al riguardo, dovevano essere richiamati gli artt. 76 e 77 ma non sorge alcun dubbio che appunto di tali norme si denunzia in sostanza la violazione, cosicché l'oggetto del giudizio risulta sufficientemente individuato e secondo una ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sentenza n. 50 del 1967) ne va dichiarata la ritualità.
3. - Si può, quindi, passare all'esame della questione che, peraltro, risulta non fondata.
L'art. 27 della legge n. 153 nel delegare il Governo della Repubblica ad emanare norme per il riordinamento degli organi di amministrazione dell'INPS stabiliva, tra gli altri, i criteri direttivi relativamente:
a) alla composizione e alla nomina degli organi direttivi;
b) al decentramento amministrativo, prevedendo il riordinamento dei Comitati provinciali con una composizione che riflettesse proporzionalmente, per quanto riguarda le rappresentanze delle categorie, quella del Consiglio di amministrazione;
c) alla disciplina delle procedure dei ricorsi in relazione al decentramento preveduto al punto b.
L'art. 29, poi, delegava il Governo ad emanare norme aventi valore di legge per la costituzione ed il funzionamento di un comitato speciale per la gestione del "Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti", ne stabiliva la composizione e, tra i compiti che avrebbero dovuto essergli attribuiti, stabiliva testualmente al punto a "predisporre i bilanci annuali preventivo e consuntivo della gestione e deliberare sui regolamenti tecnici relativi alla stessa, decidere in secondo grado qualora non si provveda ad affidare tale facoltà decisionale a costituendi organi regionali - sui ricorsi in materia di prestazioni della assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti avverso le decisioni dei Comitati provinciali".
É da notare che l'inciso - qualora non si provveda ecc. - fu introdotto nel disegno di legge governativo dal Senato dopo un'ampia discussione durante la quale fu messo, soprattutto, in evidenza che la costituzione di comitati regionali avrebbe meglio soddisfatto l'esigenza di decentramento amministrativo che il legislatore si proponeva perseguire, come dal punto c dell'art. 27.
Dal semplice confronto tra le parti degli artt. 27 e 29 sopra riportate risulta, quindi, chiaramente che il legislatore delegante ha, meditatamente, affidato al Governo la facoltà di scelta circa l'organo al quale affidare la decisione dei ricorsi avverso le decisioni dei Comitati provinciali, mentre dai lavori preparatori risulta, altresì, che il criterio direttivo della scelta avrebbe dovuto essere quello della più completa attuazione del decentramento amministrativo.
Non é esatto, poi, che manchi nelle norme di delegazione qualsiasi criterio direttivo circa la composizione del nuovo organo.
Tale criterio infatti é facilmente desumibile dal punto b dell'art. 27 ed é quello di "una composizione che rifletta proporzionalmente, per quanto riguarda le rappresentanze delle categorie, quella del consiglio di amministrazione".
La composizione del Comitato regionale preveduta dall'impugnato art. 33 riflette appunto, proporzionalmente per quanto riguarda la rappresentanza delle categorie, un numero di membri con sufficiente approssimazione intermedio fra quelli del consiglio di amministrazione e dei Comitati provinciali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, nella pàrte in cui prevede che i termini per proporre gravame contro i provvedimenti dell'INPS decorrono dalla data di spedizione della relativa comunicazione e non da quella della ricezione, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 24 della Costituzione;
b) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, sollevata con l'ordinanza stessa, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 9 luglio 1974.