Sentenza n. 33 del 1974

SENTENZA N. 33

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Dott. LUIGI OGGIONI

Dott. ANGELO DE MARCO

Avv. ERCOLE ROCCHETTI

Prof. ENZO CAPALOZZA

Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI

Prof. VEZIO CRISAFULLI

Dott. NICOLA REALE

Prof. PAOLO ROSSI

Avv. LEONETTO AMADEI

Dott. GIULIO GIONFRIDA

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 67, primo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, dell'art. 16, primo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15, e dell'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, recanti disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1970 dal tribunale di Caltanissetta nel procedimento civile vertente tra Nicastro Giovanni e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 440 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 del 19 gennaio 1972.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

udito nell'udienza pubblica del 18 dicembre 1973 il Giudice relatore Paolo Rossi;

uditi gli avvocati Valerio Flamini e Vincenzo Cataldi, per l'INAIL, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di una controversia promossa da Giovanni Nicastro contro l'INAIL, al fine di ottenere il riconoscimento del diritto alla rendita vitalizia conseguente a malattia professionale, eccependosi, da parte convenuta, l'inammissibilità della domanda per avvenuta prescrizione triennale ex art. 67, primo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, il tribunale di Caltanissetta ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 67, primo comma, del citato r.d. n. 1765 del 1935, 16, primo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15, e 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, in riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione.

Osserva il giudice a quo che le norme impugnate, nella parte in cui sanciscono la prescrizione triennale dell'azione per conseguire la rendita per inabilità permanente, contrastano con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, secondo cui i lavoratori hanno diritto a che siano loro assicurati adeguati mezzi di vita in caso di infortunio e malattia, giacché il diritto così garantito dovrebbe essere annoverato tra quelli della personalità, di per sé imprescrittibili.

L'ordinanza di rimessione prosegue rilevando che seppure le singole pretese patrimoniali possono essere prescrittibili, non sarebbe legittima la prescrittibilità del diritto al riconoscimento della rendita.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto del 26 luglio 1971, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.

Premette la difesa dello Stato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 116 del 1969, illustrate le finalità proprie della prescrizione in esame, ha espressamente riconosciuto che la norma impugnata assicura pienamente "il diritto dei lavoratori acché siano garantiti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di malattia" (art. 38, secondo comma, della Costituzione), con la sola eccezione di quella parte della norma che "dispone che l'azione per conseguire dall'INAIL la rendita per inabilità permanente si prescrive con il decorso del termine ivi previsto anche nel caso in cui entro lo stesso termine tale inabilità non abbia ridotto l'attitudine al lavoro in misura superiore al minimo indennizzabile", disposizione, questa, dichiarata conseguentemente illegittima.

Prosegue quindi l'Avvocatura generale rilevando che l'articolo 38, secondo comma, della Costituzione nulla dispone circa l'assoggettamento a prescrizione del diritto da esso garantito, mentre la stessa Corte costituzionale ha già precisato, con la sentenza n. 63 del 1966 "che la garanzia costituzionale di un diritto non vieta, di per sé, che esso si estingua per il decorso del tempo... poiché se alla base della prescrizione sta un'esigenza di certezza dei rapporti giuridici, questa tocca di regola qualunque diritto, compresi quelli costituzionalmente garantiti". Né la Costituzione inibisce al legislatore ordinario di stabilire termini prescrizionali diversi, come risulta dalla sentenza n. 57 del 1962, mentre nessun argomento potrebbe trarsi dal principio secondo cui sono imprescrittibili i diritti indisponibili, essendo esso desunto dall'art. 2934 del codice civile, che é norma ordinaria.

Si é costituito innanzi a questa Corte l'INAIL, in persona del suo Presidente, rappresentato e difeso dagli avvocati Valerio Flamini e Vincenzo Cataldi, con atto del 22 gennaio 1972, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.

La difesa dell'INAIL, ricordate le precedenti decisioni della Corte costituzionale nella materia in esame, osserva che le norme impugnate si inquadrano pienamente nell'ambito della tutela assicurata dall'art. 38, secondo comma, della Costituzione, mentre l'imposizione di un termine entro cui far valere il diritto al riconoscimento dell'indennizzabilità dell'evento lesivo, trova giustificazione nella necessità che gli accertamenti obiettivi per stabilire l'esistenza e la gravità del danno non siano esperiti a troppa distanza di tempo dall'evento produttivo del danno. La determinazione triennale del termine di prescrizione appare congrua sia per assicurare l'effettivo esercizio del diritto del lavoratore, sia per garantire la speditezza del procedimento di erogazione delle prestazioni.

Alla pubblica udienza le parti hanno insistito nelle conclusioni prese.

 

Considerato in diritto

 

La Corte costituzionale é chiamata a decidere se gli artt. 67, primo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, 16, primo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15, e 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui dispongono che l'azione per conseguire dall'INAIL la rendita per l'inabilità permanente si prescrive nel termine triennale, contrastino o meno con il diritto dei lavoratori ad ottenere adeguati mezzi di vita in caso di infortunio o malattia, di cui all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, assumendosi che il diritto alla rendita dovrebbe essere imprescrittibile.

La questione non é fondata.

Questa Corte, in numerose decisioni, ha già affermato che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione "attiene all'adeguamento dei mezzi di carattere previdenziale alle esigenze di vita dell'infortunato, piuttosto che alle modalità necessarie a conseguirli, a meno che esse siano tali da comprometterne il conseguimento". Ha pure ritenuto pienamente legittime le regole con cui, nel rispetto degli altri precetti costituzionali, "viene condizionata l'insorgenza di dati diritti o di questi é disciplinato l'esercizio" (

sentenze n. 10 del 1970 e n. 80 del 1971). Da tali principi consegue facilmente la soluzione del caso in esame. La norma impugnata, invero, nel sancire il termine triennale di prescrizione decorrente, di regola, dalla manifestazione della malattia professionale, assolve, nel contempo, a due esigenze facenti capo all'INAIL e all'assicurato: quella di mettere l'istituto in condizioni di dar corso alla procedura di accertamento dell'indennizzabilità della malattia professionale, poco tempo dopo che questa si sia in fatto manifestata, e quell'altra, propria dell'assicurato, di conseguire con prontezza le prestazioni, tra cui la rendita per inabilità permanente.

Non sussiste quindi l'illegittimità prospettata, posto che questa Corte, esaminando altra volta con la sentenza n. 116 del 1969 le disposizioni oggi nuovamente impugnate, ha già dichiarato l'incostituzionalità di quella parte della norma che consentiva il decorrere dei termini di prescrizione anche nei casi in cui la malattia professionale non si fosse immediatamente manifestata in tutta la sua gravità. É stato così eliminato il rischio di una vanificazione dei diritti dell'assicurato che sono concretamente esercitabili nel termine triennale. D'altronde non può ignorarsi il principio generale, pure espressamente affermato da questa Corte, secondo cui, essendo la prescrizione un modo generale d'estinzione dei diritti, ed attesa l'esigenza di certezza che é alla base della prescrizione e che tocca qualunque diritto, essa opera anche nei confronti di quelli costituzionalmente garantiti (sentenza n. 63 del 1966).

Neppure può farsi riferimento ai diritti inviolabili dell'uomo, come é adombrato nell'ordinanza di remissione pur senza esplicito richiamo all'art. 2 della Carta. L'art. 2 proclama l'inderogabile valore di quei sommi beni che formano il patrimonio irretrattabile della persona umana, rimettendone la tutela specifica ad altre norme costituzionali o a leggi ordinarie: nella specie all'art. 38 della Costituzione che non risulta affatto violato dalle norme impugnate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 67, primo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765,16, primo comma, della legge 19 gennaio 1963, n. 15, e 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, recanti disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sollevata, in riferimento all'art 38, secondo comma, della Costituzione, con l'ordinanza del tribunale di Caltanissetta in epigrafe indicata.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1974.

FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, PRESIDENTE

PAOLO ROSSI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1974.