Sentenza n.171 del 1973
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SENTENZA N. 171

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco  PAOLO BONIFACIO  Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 378, secondo comma, 479, terzo comma, 604 e 606 del codice di procedura penale e dell'art. 64, primo comma, delle disposizioni di attuazione dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa l'11 luglio 1972 dal pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Caragliano Giuseppe, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 254 del 27 settembre 1972.

Udito nella camera di consiglio del 18 ottobre 1973 il Giudice relatore Nicola Reale.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento penale a carico di Caragliano Giuseppe, il pretore di Padova, premesso che le risultanze dibattimentali nella specie inducevano ad assolvere l'imputato per insufficienza di prove, sollevava, con ordinanza 11 luglio 1972, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 378, 479, 604, 606 del codice di procedura penale e 64, primo comma, del r.d. 28 maggio 1931, n. 602, disp. att. cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 25, 35 e 41 della Costituzione.

Ad avviso del giudice a quo, le norme impugnate, rendendo possibile che l'imputato, assolto per insufficienza di prove, subisca conseguenze a lui sfavorevoli, sancirebbero a carico di lui una grave ed irreparabile menomazione non suffragata da alcuna ragionevole causa di discriminazione, atteso che il procedimento penale si esaurisce, anche in questa ipotesi, con il riconoscimento della non fondatezza dell'azione penale.

L'art. 378 che prevede la formula di proscioglimento per insufficienza di prove nella fase istruttoria, dovrebbe, infine, essere travolto da incostituzionalità per analoghe ragioni.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi è stata costituzione di parte, né intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Padova dubita, innanzitutto, che l'assoluzione per insufficienza di prove (in giudizio: art. 479, terzo comma, cod. proc. pen.), in quanto possa costituire limitazione della capacità dell'imputato assolto, attese le conseguenze sfavorevoli che a lui ne deriverebbero, contrasti: con la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo e con il principio di eguaglianza (artt. 2 e 3 Cost.); con il riconoscimento del diritto al lavoro e della tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (artt. 4 e 35 Cost.); con il principio di legalità (art. 25 Cost.), sul presupposto che le suddette conseguenze sfavorevoli possano inquadrarsi tra i c.d. effetti penali della condanna; con il riconoscimento, infine, della libertà d'iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).

La questione non è fondata sotto alcun profilo.

2. - Questa Corte ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 479, terzo comma, cod. proc. pen., in riferimento all'art. 27, secondo comma, Cost., precisando, tra l'altro, che "l'assoluzione per insufficienza di prove presuppone una serie incompleta di elementi di responsabilità, ovvero di elementi probatori di accusa che possano di per sé stessi giustificare una affermazione di colpevolezza e, insieme, quella di altri elementi favorevoli che, pur senza svalutare i primi, siano tali da legittimare l'incertezza. La quale rispecchia nel giudice di merito l'impossibilità a vincere gli ostacoli che la realtà processuale frappone alla scoperta e alla ricostruzione della verità..."; che "non va dimenticato che, nella realtà, l'insufficienza di prove puٍ riguardare una vasta gamma di situazioni..."; che "l'assoluzione per insufficienza di prove... è il risultato concreto di un giudizio, che non sempre può superare la perplessità, manifestazione di raziocinio e momento ineliminabile del pensiero..."; che, infine, per l'imprescindibilità della motivazione (art. 111 Cost.) "la valutazione e la enunciazione della insufficienza di prove per la condanna dovrebbero pur sempre essere contenute nella sentenza, anche se la legge non prevedesse l'assoluzione con formula dubitativa..." (sent. n. 124 del 1972).

Quanto all'art. 3 Cost., è da osservare che non è identica la posizione dell'imputato, nei cui confronti vi è la prova che il fatto non sussiste o che egli non lo ha commesso ovvero manca del tutto la prova che il fatto sussiste o che egli lo ha commesso, e quella dell'imputato in ordine al quale non risultano sufficienti prove per la condanna. Il giudice dovrà pronunciare, nel primo caso, sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso e, nel secondo caso, sentenza di assoluzione per insufficienza di prove. E, per la necessità della motivazione (art. 111 Cost.), la valutazione e la enunciazione della pienezza delle prove dell'innocenza ovvero dell'insufficienza delle prove per la condanna dovrebbero pur sempre essere contenute nella sentenza, anche se la legge (art. 479, secondo e terzo comma, codice di procedura penale) non prevedesse le citate formule di assoluzione.

Manca, dunque, quella diversità di trattamento caratterizzante l'irrazionalità cui tende ovviare il precetto costituzionale di raffronto.

3. - Circa le altre censure, relative alla violazione degli artt. 2, 4, 25, 35 e 41 Cost., è da osservare che esse, se pur formalmente dirette nei confronti dell'art. 479, terzo comma, cod. proc. pen., riguardano, in realtà, le altre norme impugnate. Non è dubbio, peraltro, alla stregua delle suesposte considerazioni, che l'assoluzione con formula dubitativa di per sé - non può considerarsi lesiva dei suddetti principi costituzionali.

4. - Da un'attenta lettura dell'ordinanza in epigrafe s'evince che sono oggetto principale dell'impugnativa alcune disposizioni di legge, da cui discenderebbero conseguenze sfavorevoli all'imputato prosciolto per non provata reità: art. 604 cod. proc. pen. (nella parte che attiene all'iscrizione nel casellario giudiziale delle sentenze di proscioglimento per insufficienza di prove); art. 606 dello stesso codice (per quanto concerne la certificazione rilasciata ad "ogni autorità avente giurisdizione penale" e "a tutte le amministrazioni pubbliche ed alle aziende incaricate di pubblico servizio... per provvedere ad un atto delle loro funzioni"); art. 64, primo comma, disp. att. cod. proc. pen., r.d. 28 maggio 1931, n. 602 (che, in sede di coordinamento, limita l'eventuale "incapacità giuridica da sentenza di proscioglimento", derivante da leggi, decreti o convenzioni internazionali, alla sola "sentenza di proscioglimento per insufficienza di prove").

Ma, quanto all'asserito contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 25, 35 e 41 Cost. delle suddette disposizioni di legge, le questioni sollevate dal pretore di Padova devono dichiararsi inammissibili per assoluto difetto di rilevanza nel giudizio di merito in corso.

Ed invero, la declaratoria di illegittimità costituzionale delle citate disposizioni di legge non avrebbe alcuna influenza sulle decisioni che il giudice a quo dovrà adottare in ordine alla controversia sottoposta alla sua cognizione. La soluzione delle questioni prospettate non riveste, cioè, il carattere di necessaria pregiudizialità rispetto alla definizione del giudizio di merito (qual'è, invece, richiesto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87); giudizio, cui rimangono estranee eventuali controversie sulle iscrizioni ed i certificati del casellario giudiziale.

5. - Parimenti inammissibile è, infine, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 378, secondo comma, cod. proc. pen., il quale prevede il proscioglimento per insufficienza di prove a conclusione dell'istruttoria che costituisce fase diversa da quella dibattimentale, nel cui corso, con palese irrilevanza, è stata sollevata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 378, secondo comma, 604 e 606 del codice di procedura penale, nonché dell'art. 64, primo comma, del r.d. 28 maggio 1931, n. 602, recante disposizioni di attuazione del codice di procedura penale; questioni sollevate dal pretore di Padova con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 25, 35 e 41 della Costituzione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 479, terzo comma, del codice di procedura penale, sollevata con la medesima ordinanza, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 25, 35 e 41 della Costituzione.

Cosi deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1973.

Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI – Cancelliere

 

Deposito in cancelleria: 28 novembre 1973