Sentenza n.169 del 1973
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SENTENZA N. 169

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 18 marzo 1971 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Brioschi Germana e l'Industria manifatturiera biellese, iscritta al n. 234 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del 21 luglio 1971;

2) ordinanza emessa il 17 maggio 1971 dal pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Verdauliva Vincenzo e la società Sautto e Liberale, iscritta al n. 418 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 323 del 22 dicembre 1971;

3) ordinanza emessa il 9 ottobre 1971 dalla Corte d'appello di Torino nel procedimento civile vertente tra la società Magazzini Standa e Cristiantielli Antonia, iscritta al n. 449 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 del 19 gennaio 1972,

Visto l'atto di Costituzione della società Standa;

udito nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1973 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

udito l'avv. Antonio Delitala, per la società Standa.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del procedimento civile promosso da Germana Brioschi nei confronti della società I.M.B. (Industria manifatturiera biellese) per sentir dichiarare, con gli effetti di cui all'art. 8 della legge n. 604 del 1966, l'illegittimità del licenziamento intimatole dalla convenuta, il pretore di Milano, con ordinanza 18 marzo 1971, ritenuto pacifico che il rapporto già esistente tra le parti dovesse qualificarsi di tirocinio, sollevava d'ufficio questione di legittimità costituzionale dell'articolo 10 della legge n. 604 citata nella parte in cui esclude l'applicabilità della disciplina del licenziamento, contenuta nella legge medesima, agli apprendisti.

Secondo il pretore la specialità del rapporto di apprendistato non pare giustificare una siffatta esclusione, essendo esso potenzialmente idoneo a protrarsi nel tempo, analogamente a quanto avviene nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Pertanto la rilevata esclusione degli apprendisti dall'ambito di applicazione della legge n. 604, stante la sottolineata assimilabilità del relativo rapporto di lavoro a quello ordinario a tempo indeterminato, sembra essere in contrasto con l'art. 3, comma primo, della Costituzione.

L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Nessuno si é costituito dinanzi alla Corte costituzionale.

2. - Analoga questione é stata proposta dal pretore di Napoli con ordinanza emessa il 17 maggio 1971 nel corso del procedimento civile vertente tra Vincenzo Verdauliva e la società Sautto e Liberale.

In particolare osserva il giudice a quo che la lettera dell'art. 10 della legge n. 604 del 1966 esclude la possibilità di estendere la portata dello stesso fino a ricomprendervi i rapporti di apprendistato.

Ricorda poi che con la sentenza n. 14 del 1970 la Corte costituzionale, dopo aver negato la riconducibilità del contratto di apprendistato alle figure del contratto di lavoro a tempo indeterminato e del contratto in prova, ha statuito che il rapporto di apprendistato, sulla scorta della legge n. 25 del 19 gennaio 1955, delle successive modificazioni e del regolamento di esecuzione, che regolano la materia, deve essere assimilato al rapporto di lavoro ordinario poiché al pari di questo é inserito nel ciclo produttivo della impresa, rende operanti le norme sulla previdenza e sull'assistenza sociale e comporta per l'apprendista l'obbligo della collaborazione mediante prestazione d'opera, la subordinazione e il rispetto dell'orario di Savoro e per il datore di lavoro l'obbligo della retribuzione anche durante l'annuale periodo di ferie, mentre la funzione che lo caratterizza ossia l'insegnamento che l'apprendista deve ricevere per diventare lavoratore qualificato, rappresenta una causa del contratto che si aggiunge, senza assorbirla, all'altra concernente la prestazione del lavoro.

Deriva da ciò che l'esclusione degli apprendisti dall'ambito di applicazione delle norme sui licenziamenti individuali, dettate per gli impiegati e gli operai, consentendo al datore di lavoro di risolvere in qualsiasi momento ed in base ad una valutazione del tutto discrezionale il rapporto di apprendistato, crea, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, una disparità fra le varie categorie di lavoratori subordinati cui non corrisponde una diversità di situazioni di fatto e di diritto nei soggetti destinatari delle norme stesse.

Anche in questo procedimento nessuno si é costituito dinanzi alla Corte costituzionale.

3. - Identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 della legge n. 604 citata é stata infine sollevata dalla Corte di appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Antonia Cristiantielli e la società Magazzini Standa, con ordinanza emessa il 9 ottobre 1971.

La Corte sottopone alla Corte costituzionale la questione se l'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, già dichiarato illegittimo nella parte in cui non comprende gli apprendisti tra i beneficiari della indennità dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge, sia incostituzionale anche nella parte riguardante l'esclusione degli apprendisti dall'applicazione delle rimanenti disposizioni della legge ed in particolare degli artt. 6 e 8, perché in violazione alla norma di cui all'art. 3 della Costituzione.

4. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Si é costituita dinanzi alla Corte costituzionale la società Magazzini Standa rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Delitala e Cesare Fedrazzi.

La società osserva che nella sentenza n. 14 del 1970 la Corte, pur sottolineando gli elementi che consentono di assimilare (che é concetto diverso dall'identificare) il rapporto di apprendistato all'ordinario rapporto di lavoro, non ha mancato di riconoscere la "specialità" del rapporto stesso, d'altronde già sottolineata dall'art. 2134 del codice civile.

É dunque alla luce di tale specialità che si deve valutare se l'esclusione dell'apprendista dai benefici di cui agli artt. 6 e 8 della legge n. 604 rappresenti una discriminazione inspiegabile e irrazionale, e quindi violatrice del principio costituzionale di eguaglianza, o se, invece la disparità di trattamento non trovi sufficiente giustificazione, questa volta, nelle caratteristiche peculiari del rapporto di apprendistato.

In effetti non si potrebbe misconoscere che, nella disciplina del rapporto di apprendistato, quale risulta soprattutto dalla legge 19 gennaio 1955, n. 25, la funzione didattica e formativa rappresenta l'elemento dominante, tanto da informare di sé tutto il rapporto, compreso lo stesso momento della prestazione lavorativa che, con piena conseguenzialità, viene considerato dalla stessa legge sub specie di un addestramento pratico.

Ne conseguirebbe che l'apprendista, quale lavoratore in via di formazione, non ancora provvisto dell'abilità richiesta nel lavoro al quale deve essere avviato e ancora privo della "piena capacità professionale" (art. 16, comma terzo), si colloca in una posizione di fatto e di diritto ben distinta da quella del soggetto di un rapporto di lavoro ordinario, anche se ad essa assimilabile sotto molti aspetti.

Questa specialità di situazione giuridica assumerebbe un incontestabile rilievo proprio in rapporto alla normativa sottoposta all'esame della Corte. Dato che l'apprendista non partecipa alla comunità di lavoro se non in funzione di un suo preminente interesse personale, dato il carattere preparatorio e transitorio della sua posizione nell'impresa, sarebbe comprensibile che la legge non gli riconosca il diritto alla stabilità del posto di lavoro, quale é tutelato dalla normativa in discussione.

Aggiunge infine che l'apprendista, se non può invocare il principio della giusta causa o del giustificato motivo, gode di una tutela sostitutiva, commisurata alla sua speciale situazione: i limiti di durata di cui agli artt. 7 e 8 della legge 19 gennaio 1955, hanno la loro giustificazione nei punti di svantaggio che la disciplina del rapporto di tirocinio presenta a paragone del rapporto di lavoro ordinario.

5. - La parte costituita ha successivamente presentato memoria ribadendo le argomentazioni già svolte.  

Considerato in diritto

1. - I tre giudizi di cui alle ordinanze dei giudici a quo vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza, stante l'identità dell'oggetto delle questioni di legittimità costituzionale ivi prospettate, in base ad analoghi motivi in relazione alla stessa disposizione di legge.

2. - Le tre ordinanze dei giudici a quo partono dalla constatazione che il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 14 del 1970, dichiarante l'incostituzionalità dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, nella parte in cui non comprendeva gli apprendisti fra i beneficiari dell'indennità dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge, non può avere interpretazione estensiva, ma che in base alla motivazione della stessa sentenza é inspiegabile l'esclusione dell'apprendista dalla tutela integrale della legge citata, in quanto il rapporto di apprendistato nella sua struttura partecipa di tutte le caratteristiche del contratto di lavoro subordinato.

Sollevano pertanto la questione di legittimità costituzionale del medesimo articolo 10 anche nella parte riguardante l'esclusione degli apprendisti dall'applicazione delle rimanenti disposizioni della legge ed in particolare degli artt. 6 e 8 perché in violazione alla norma di cui all'art. 3 della Costituzione.

3. - La questione, prospettata in termini precisi e di dimostrata rilevanza, rispetto all'art. 10 della legge 604 del 1966 nel corso del rapporto di apprendistato, é fondata.

La citata sentenza n. 14 del 1970 della Corte costituzionale, esaminando la costituzionalità dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sui licenziamenti individuali per quanto concerneva l'esclusione del rapporto di apprendistato dal novero di quelli ai quali sia assicurato il diritto all'indennità di anzianità in caso di risoluzione, ha delineato la struttura e la natura giuridica del rapporto di apprendistato, precisando che la specialità di questo "é data dal fatto che il periodo di tirocinio deve essere dall'imprenditore utilizzato anche per impartire o far impartire all'apprendista l'insegnamento necessario affinché diventi lavoratore qualificato. É questa", prosegue la sentenza, "una causa del contratto che non si sovrappone all'altra riguardante la prestazione di lavoro, tanto da assorbirla. Si tratta di un rapporto complesso, costituito da elementi che, componendosi, non perdono la loro individualità".

E la Corte, indicando la sostanziale differenza fra l'assunzione in prova che "ha una funzione di conferma di qualificazioni tecniche che si presuppongono già formalmente acquisite" e l'apprendistato che ha per funzione l'acquisizione di tali qualificazioni, ha affermato che il rapporto di apprendistato é assimilabile all'ordinario rapporto di lavoro.

Da queste premesse risulta evidente l'incostituzionalità dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, anche nella parte in cui non comprende gli apprendisti fra i beneficiari delle norme di cui agli artt. 1-8, 11-13 della legge citata e in particolare degli artt. 6 e 8.

Data infatti l'assimilabilità del rapporto di apprendistato all'ordinario rapporto di lavoro non sussiste alcun razionale motivo per giustificare l'esclusione del rapporto di apprendistato dalla tutela di cui alle richiamate norme.

Va ancora aggiunto che, come ha dichiarato la Corte nella sentenza n. 14 del 1970, trattasi di un rapporto complesso nel quale l'imprenditore non ha soltanto nei confronti dell'apprendista la funzione di datore di lavoro, ma ha anche quella di fornire al lavoratore apprendista l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità per diventare lavoratore qualificato. Il rapporto di apprendistato pertanto non soltanto é assimilabile al rapporto ordinario di lavoro, ma in esso vi é anche un rapporto vincolativo fra docente e discente in forza del quale l'imprenditore "é obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all'apprendista assunto alle sue dipendenze", l'insegnamento di cui sopra (articoli 2 e 11, lett. a, della legge 19 gennaio 1955, n. 25), nonché di "informare periodicamente la famiglia dell'apprendista o chi esercita legalmente la patria potestà sui risultati dell'addestramento" (art. 11, lett. i, stessa legge), mentre l'apprendista "deve obbedire all'imprenditore o alla persona da questi incaricata della sua formazione professionale e seguire gli insegnamenti che gli vengono impartiti" nonché "frequentare con assiduità i corsi di insegnamento complementare" (art. 12, lettere a e b, stessa legge).

Trattasi pertanto di un rapporto sinallagmatico in forza del quale imprenditore e lavoratore apprendista sono obbligati ciascuno a osservare dati comportamenti fissati dalla legge allo scopo di raggiungere il risultato che si propone il contratto, cioè il conseguimento da parte dell'apprendista della capacità a divenire lavoratore qualificato.

Ulteriori elementi che ancor meglio qualificano sotto questo profilo il rapporto sono le norme che stabiliscono la durata dell'apprendistato (art. 7 della legge n. 25 del 1955), le prove di idoneità all'esercizio del mestiere che ha formato oggetto dell'apprendistato e il diritto dell'apprendista di essere ammesso a sostenere le prove medesime (art. 18 della stessa legge), il mantenimento in servizio del lavoratore con la qualifica conseguita qualora al termine del periodo di apprendistato non sia data disdetta a norma dell'art. 2118 del codice civile (art. 19 della stessa legge).

Non sarebbe pertanto razionale che l'imprenditore potesse troncare ad libitum e senza un giustificato motivo inerente alla natura dell'apprendistato o anche a condizioni e situazioni personali del datore di lavoro o dell'apprendista, questo rapporto vincolativo, interrompendo l'insegnamento e l'addestramento e impedendo arbitrariamente il realizzarsi del fine cui é indirizzato il rapporto e che costituisce l'essenza di questo. Con ciò si creerebbe una nuova disparità di trattamento dell'apprendista in confronto con gli altri lavoratori, disparità che sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Ed infatti, se é vero che il rapporto di apprendistato presenta, rispetto al normale rapporto di lavoro, peculiarità sue proprie, da ciò non consegue affatto che con queste risultino incompatibili le limitazioni che la legge n. 604 del 1966 ha imposto al potere di recesso del datore di lavoro: quelle peculiarità danno certamente un diverso contenuto alla "giusta causa" od al "giustificato motivo" che possano rendere legittimo il licenziamento, ma non giustificano affatto l'esclusione di ogni e qualsiasi sindacato sul licenziamento stesso.

D'altra parte, coerentemente alla natura del rapporto di apprendistato, resta integra la facoltà del datore di lavoro di avvalersi del diritto di cui all'art. 19 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, e di dare disdetta a norma dell'art. 2118 del codice civile al termine del periodo di apprendistato.

4.- Non fondate appaiono le eccezioni opposte dalla difesa della S.p.a. Standa, la quale sostiene che nella disciplina del rapporto di apprendistato la funzione didattica e formativa rappresenterebbe l'elemento dominante tanto da informare di sé tutto il rapporto, compreso lo stesso momento della prestazione lavorativa. Su questo punto la richiamata sentenza n. 14 del 1970

, dichiarando l'assimilabilità del rapporto di apprendistato all'ordinario rapporto di lavoro, ha esplicitamente affermato che l'impartimento dell'insegnamento necessario perché l'apprendista divenga lavoratore qualificato é una causa del contratto che non si sovrappone all'altra tanto da assorbirla, ma é un rapporto complesso, i cui elementi, componendosi fra loro, non perdono la loro individualità. Quale rapporto lavorativo non può pertanto essere escluso dalla tutela disposta dalla legge 15 luglio 1966, n. 604.

5. - Devesi pertanto dichiarare l'illegittimità costituzionale rispetto all'art. 3 della Costituzione dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, già dichiarato incostituzionale nella parte in cui non applica agli apprendisti la disposizione dell'art. 9, anche nella parte riguardante l'esclusione degli apprendisti dalle rimanenti disposizioni della medesima legge.

Tale dichiarazione di illegittimità va limitata, peraltro, al solo licenziamento adottato nel corso del rapporto di apprendistato, giacché, una volta che questo si sia esaurito, il datore di lavoro resta libero di assumere o meno l'ex apprendista e di stringere con lui un normale rapporto di lavoro o di dare disdetta a mente dell'art. 2118 del codice civile: il che é assicurato dall'art. 19 della legge 19 gennaio 1955, n. 25.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (norme sui licenziamenti individuali), nella parte in cui esclude gli apprendisti dall'applicabilità nei loro confronti degli artt. l, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 11, 12, 13 della medesima legge, nel corso del rapporto di apprendistato.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 28 novembre 1973.